Moda

  • China probes Calvin Klein over Xinjiang cotton

    China has announced it is investigating the company that owns US fashion brands Tommy Hilfiger and Calvin Klein for suspected “discriminatory measures” against Xinjiang cotton companies.

    The move marks a new effort by Beijing to fight back against allegations from western officials and human rights activists that cotton and other goods in the region have been produced using forced labour from the Uyghur ethnic group.

    The US banned imports from the area in 2021, citing those concerns.

    China’s Ministry of Commerce accused the firm of “boycotting Xinjiang cotton and other products without any factual basis”.

    PVH, which owns the two brands and has a significant presence in China as well as the US, said it was in contact with Chinese authorities.

    It has 30 days to respond to officials, at which point it could be added to the country’s “unreliable entities” list, raising the prospect of further punishment.

    “As a matter of company policy, PVH maintains strict compliance with all relevant laws and regulations in all countries and regions in which we operate,” the company said. “We are in communication with the Chinese Ministry of Commerce and will respond in accordance with the relevant regulations.”

    On Wednesday, a Chinese Ministry of Commerce official denied that the probe was linked to US plans to ban certain Chinese electric vehicle technology.

    “China has always handled the issue of the unreliable entity list prudently, targeting only a very small number of foreign entities that undermine market rules and violate Chinese laws,” they said.

    “Honest and law-abiding foreign entities have nothing to worry about.”

    Cullen Hendrix, senior fellow at the Peterson Institute of International Economics, said it was not clear exactly what prompted the investigation into PVH now.

    But he said the announcement was likely to hurt the firm’s reputation among Chinese shoppers – and send a wider warning to global firms of the risks of simply bowing to western concerns.

    “China is, to a certain extent, flexing its muscle and reminding, not necessarily western governments, but western firms… that actions have consequences,” he said.

    “This same kind of naming-and-shaming tactic, that human rights organisations in the west have used, can be weaponised here.”

    The investigation of PVH comes as tensions between China and the west have been growing on a range of issues, including electric cars and manufacturing.

    On Monday, the US proposed rules to ban the use of certain technology in Chinese and Russian cars, citing security threats.

    China has previously put US firms on its unreliable entities list, which it created as trade tensions heated up between Beijing and Washington.

    Those firms were major defence contractors, such as Lockheed Martin and Raytheon, over their business in Taiwan.

    Mr Hendrix said the decision to target PVH – a consumer-facing firm with a clearly recognisable US brand – showed the two countries’ disputes were widening beyond areas such as defence and advanced technologies.

    “These things have a way of spilling over,” he said. “It’s affecting a growing number of supply chains across different sectors of the economy.”

    In its annual report, PVH warned investors of revenue and reputational risks stemming from the fight over Xinjiang.

    It noted that the issue had been “subject to significant scrutiny and contention in China, the United States and elsewhere, resulting in criticism against multinational companies, including us”.

    The company was named in a 2020 report by the Australian Strategic Policy Institute that identified dozens of firms that were allegedly benefiting from labour abuses in Xinjiang.

    At the time PVH said it took the reports seriously and would continue to work to address the matter.

    PVH employs more than 29,000 people globally and does more than 65% of its sales outside of the US.

  • Sfilata di moda davanti alle rovine ateniesi al British Museum innesca un caso diplomatico

    La Grecia ha espresso reiterate proteste per una sfilata che si è tenuta il 18 febbraio a Londra, in occasione della Settimana della moda, dinnanzi ai fregi del Partenone di Atene custoditi al British Museum. Il designer Erdem Moralioglu ha scelto l’imponente cornice della sala espositiva di queste prestigiose opere d’antiquariato per presentare la sua nuova collezione di marchi di moda, ispirati alla cantante greca Maria Callas. “Organizzando una sfilata di moda nella sala espositiva dove sono esposti i fregi del Partenone, il British Museum, ancora una volta, dimostra di non avere rispetto per i capolavori dello scultore Fidia”, ha dichiarato la ministra della Cultura greca, Lina Mendoni, in un comunicato. “I responsabili del British Museum svalutano e insultano non solo il monumento, ma anche i valori universali che rappresenta. Le condizioni di esposizione delle sculture nella Galleria Duveen si stanno deteriorando di giorno in giorno. È tempo che questo reperto di architettura rubato e il lavoro maltrattato tornino a risplendere sotto la luce dell’Attica”, ha aggiunto la ministra.

    La Grecia chiede da decenni la restituzione di questo fregio di 75 metri staccato dal Partenone, che è uno dei pezzi centrali esposti al British Museum. Le autorità di Londra, tuttavia, sostengono che le sculture furono “acquisite legalmente” nel 1802 dal diplomatico britannico Lord Elgin, che le vendette al British Museum. La Grecia sostiene, invece, che furono oggetto di “saccheggi” mentre il Paese era sotto il dominio ottomano. L’ultimo capitolo dello scontro fra Londra e Atene ha avuto luogo lo scorso novembre quando l’incontro bilaterale previsto a Londra tra il primo ministro Rishi Sunak e l’omologo greco, Kyriakos Mitsotakis, è stato annullato dal capo del governo britannico in seguito a una dichiarazione rilasciata dal premier ellenico all’emittente radiotelevisiva “Bbc” relativa proprio alla restituzione dei fregi del Partenone.

  • Export di moda maschile italiana cresciuto del 24,7% nel 2022

    Nel 2022 la moda maschile italiana ha evidenziato una performance positiva sui mercati esteri, proseguendo con il trend favorevole che si era già registrato nel 2021. Lo riporta una nota di Sistema moda Italia diffusa oggi durante la conferenza stampa di Pitti Uomo 104.

    Secondo i dati Istat, l’export relativo al periodo gennaio-dicembre 2022 ha messo a segno un incremento del +24,7%, per un totale di circa 8,9 miliardi di euro; l’import ha palesato un aumento del +43,9%, passando a 7,0 miliardi di euro. Con riferimento agli sbocchi commerciali, nella nota si sottolinea come sia le aree Ue sia quelle extra-Ue si siano rivelate favorevoli per il comparto, crescendo rispettivamente del +25,6% e del +24,0%. Analogamente, nel caso delle importazioni, dalla Ue proviene il 41,4% della moda maschile in ingresso nel nostro paese, mentre l’extra-Ue garantisce il 58,6%.

    Nel periodo in esame la prima destinazione del menswear made in Italy è risultata la Svizzera, in aumento del +14,1%, confermandosi hub logistico-commerciale per le principali griffe del settore. Seguono Francia e Germania, interessate entrambe da una dinamica positiva, rispettivamente pari al +29,8% e al +21,9%. Al quarto posto troviamo gli Stati Uniti, in virtù di un aumento molto sostenuto, ovvero pari al +68,6%, per un totale di 858 milioni di euro. La Cina in crescita dell’8,6% raggiunge i 568 milioni di euro (6,4% sul totale); di contro Hong Kong, in undicesima posizione, mostra una flessione dell’export italiano di comparto nella misura del 3,6%. Il Regno Unito, in sesta posizione, fa registrare un incremento su buoni tassi, ovvero +12,2%; seguono Spagna, Corea del Sud e Paesi Bassi che sperimentano vivaci variazioni, pari rispettivamente al +25,1%, +40,7% e +37,5%. Troviamo poi il Giappone, che registra un +8,7% assicurandosi il 3,2% delle esportazioni di comparto.

    Relativamente alle importazioni, da gennaio a dicembre 2022 tutti i principali mercati di approvvigionamento hanno evidenziato vivaci trend positivi, superiori al +20%; la Cina è il top supplier di moda uomo con un’incidenza del 15,8% e registra un’importante crescita del 67,2%; seguono il Bangladesh – sceso in seconda posizione, sebbene in aumento del 71,7% – e la Francia, con un incremento del 20,4%. Anche relativamente all’import, tutti i prodotti registrano variazioni positive a doppia cifra. Il ritmo più vivace, pari a +52,7%, interessa le cravatte; seguono camiceria e confezione, in aumento rispettivamente del +47,6% e del +46,3%. L’import di maglieria ha registrato una dinamica pari al +41,9%; infine l’abbigliamento in pelle cresce del +17,5%.

  • Moda uomo 2022 in crescita del 20,5%, bene l’export

    Continua la ripresa della moda maschile italiana: dopo un 2021 chiusosi con un aumento del 15,2%, anche nel 2022 il segmento dovrebbe mettere a segno un valore positivo. Secondo i dati di Sistema moda Italia diffusi a Firenze, alla vigilia di Pitti Uomo 103, il settore dovrebbe archiviare l’anno con un fatturato attorno agli 11,3 miliardi di euro, in crescita del 20,5% sull’anno precedente. Il comparto ha così superato i livelli pre-Covid: il fatturato del 2019 era pari infatti a 10,1 miliardi di euro.

    Per il commercio con l’estero, dopo il brusco stop registrato nel 2020 (-16,7%), le esportazioni di moda uomo nel 2021 sono tornate in territorio positivo (+13,4%) e nel 2022 si stima una variazione pari al +26,1%. Anche relativamente all’import (crollato del -20,1% nel 2020 ma in parziale recupero nel 2021, +8%) si profila una crescita, ben più vivace rispetto a quella dell’export, stimata al +44,3%.

    Previsioni che trovano riscontro nei dati Istat: da gennaio a settembre 2022 l’export di menswear ha messo a segno un +26,3% portandosi a quota 6,5 miliardi di euro, mentre l’import un aumento del 47,9%, per un totale di 5,2 miliardi circa. Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree Ue sia quelle extra-Ue si siano rivelate favorevoli per il comparto, crescendo rispettivamente del 27,7% e del 25,1%. Su quelle che sono le principali destinazioni, il primo mercato è risultato la Germania (+24,9%); seguono la Francia, che mette a segno una crescita del +31,1% e la Svizzera, principale hub logistico-commerciale del lusso (+15,8%). I flussi verso gli Usa, quarto mercato, salgono a 608 milioni di euro ed evidenziano una variazione del +70,9%. La Cina si mantiene al quinto posto con una crescita del 17,4%.

    Focalizzandosi sulle vendite oltre confine, la camiceria maschile risulta best performer, sperimentando una crescita del 41,2%; le cravatte evidenziano una dinamica pari al +32,4%. Seguono il vestiario esterno, in aumento del 26,8%, la maglieria con un +23,7% e l’abbigliamento in pelle con un +23%.

  • La cultura muove l’Europa: il più grande programma di mobilità dell’UE offre nuove opportunità agli artisti e ai professionisti della cultura

    La Commissione ha avviato La cultura muove l’Europa, il suo nuovo programma di mobilità permanente per gli artisti e i professionisti della cultura, nonché un primo invito alla mobilità individuale. Beneficiando di un bilancio totale di 21 milioni di € nell’ambito del programma Europa creativa per un periodo di tre anni (2022-2025), il programma La cultura muove l’Europa diventa il più grande programma europeo di mobilità per artisti e professionisti della cultura destinato a tutti i paesi e i settori di Europa creativa contemplati dalla sezione Cultura del programma.

    Tra i partecipanti figureranno rappresentanti delle istituzioni dell’UE, dei portatori di interessi e delle organizzazioni del settore culturale. Il programma La cultura muove l’Europa risponde alle esigenze dei settori culturali e creativi in termini di opportunità di mobilità inclusiva e sostenibile, con una particolare attenzione agli artisti emergenti.

    Attuato dal Goethe-Institut per conto della Commissione, La cultura muove l’Europa prevede due azioni: mobilità individuale e residenze. Grazie alle borse di mobilità, offrirà a circa 7.000 artisti e professionisti della cultura l’opportunità di recarsi all’estero, nell’UE e nel resto del mondo, per lo sviluppo professionale o le collaborazioni internazionali, per partecipare a residenze artistiche o per ospitare artisti e professionisti della cultura. L’azione relativa alle residenze sarà avviata all’inizio del 2023.

    Il primo invito alla mobilità individuale è rivolto ad artisti e professionisti della cultura che operano nei seguenti settori: architettura, patrimonio culturale, design, moda, traduzione letteraria, musica, arti visive e arti dello spettacolo dai paesi che partecipano al programma Europa creativa e che si recano in un altro paese del programma Europa creativa, per una durata compresa tra 7 e 60 giorni per i singoli artisti e tra 7 e 21 giorni per i gruppi (da 2 a 5 persone).

    L’attuale invito è aperto dal 10 ottobre 2022 al 31 maggio 2023. L’azione di mobilità individuale opererà sulla base degli inviti a presentare proposte aperti ogni anno, dall’autunno alla primavera, con valutazioni mensili.

    La sovvenzione per la mobilità del programma La cultura muove l’Europa comprende: spese di viaggio standard (350 € per i viaggi di andata e ritorno per le distanze inferiori a 5.000 km e 700 € per quelle superiori a 5.001 km) e 75 € di indennità giornaliera per contribuire alle spese di soggiorno e alloggio.

    Inoltre sono previste diverse integrazioni, in linea con le priorità orizzontali del programma, quali l’inclusione e la sostenibilità.

    • Integrazione “verde”: ulteriori 350 € per incoraggiare gli artisti e i professionisti della cultura a non utilizzare il trasporto aereo.
    • Sostegno agli artisti e agli operatori culturali con esigenze particolari legate alla disabilità.
    • Sostegno ai richiedenti provenienti da paesi, territori e regioni ultraperiferici o che viaggiano verso tali destinazioni.
    • Integrazione familiare per artisti che hanno un figlio di età inferiore a 10 anni.
    • Integrazione per l’acquisto di un visto.

    Inoltre gli artisti ucraini, che potrebbero non essere in grado di lasciare il paese, avrebbero la possibilità, in via eccezionale, di chiedere direttamente la mobilità virtuale. In tal caso, essi riceverebbero 35 € di indennità giornaliera.

  • Il mercato della moda in Italia vale 53 miliardi e il 2022 appare promettente

    Il 2022 si apre in crescita per il mondo del tessile e abbigliamento Made in Italy ma la ripresa è resa fragile e incerta dallo scenario geopolitico internazionale. Dopo aver chiuso il 2021 con un fatturato che sfiora i 53 miliardi (+18,4% sul 2020) e un export in crescita del 18% a 32,4 miliardi, nei primi due mesi dell’anno il comparto ha messo a segno esportazioni per 5,3 miliardi con un aumento del 15,9% rispetto a gennaio-febbraio 2021 (ancora caratterizzato da pesanti contrazioni). Ma rispetto ai livelli pre-Covid del 2019 le vendite complessive restano ancora al di sotto del -5,4%. Il sentiment degli imprenditori della moda è positivo: nel primo trimestre 2022, l’83% registra una dinamica positiva delle vendite con una crescita media del fatturato del 22,7%. Anche tra aprile e giugno è atteso un incremento, nell’ordine del 16,3%. E’ la fotografia che emerge dai dati di Smi-Sistema Moda Italia, secondo cui, il trend “si mantiene positivo ma sperimenta un’attenuazione”, anche alla luce “delle incertezze legate al deterioramento dello scenario internazionale gravato dal conflitto russo-ucraino”. Se il 57% delle aziende confida in una stabilità delle condizioni di mercato, da qui a giugno, aumentano quelle che temono un peggioramento (sono il 32%).

    “Nel 2021 il settore si è ripreso, guadagnando la maggior parte di quanto si era perso nel 2020”, ma mancano all’appello “circa 3 miliardi per ritornare ai valori pre-covid”, commenta il presidente di Smi, Sergio Tamborini evidenziando che “i risultati del primo bimestre 2022 confermano il trend di ripresa, ma ci sono complessità da gestire”, a partire dalla guerra e dalle materie prime. La parola d’ordine è “coesione” per non cedere terreno ai competitor europei. Anche il presidente di Confindustria Moda richiama alla collaborazione sottolineando che il settore della moda “è in forte ripresa e torna a trainare il Paese”.

  • A Milano tornano Micam e Mipel, le fiere di calzatura e pelletteria

    Un settore che ha vissuto un 2021 di generale ripresa quello della moda made in Italy, che però ancora non ha raggiunto i livelli pre-pandemia e guarda con preoccupazione agli eventi legati alla guerra tra Russia e Ucraina. Questo quanto emerso oggi a Milano alla presentazione di quattro fiere del settore moda, fashion e accessori che hanno unito le forze per trarre il massimo di rispettivi appuntamenti al polo fieristico di Rho di metà marzo. Micam, Salone Internazionale della Calzatura; Mipel, Evento internazionale dedicato alla pelletteria e all’accessorio moda; The One Milano, Salone dell’Haut-à-Porter; avranno luogo infatti in contemporanea, dal 13 al 15 marzo 2022, mentre Homi Fashion&Jewels Exhibition, evento dedicato al gioiello moda e all’accessorio sarà in parziale sovrapposizione dall’11 al 14 marzo, sempre all’interno del polo fieristico di Fiera Milano a Rho. Uniti dall’#BetterTogether, gli eventi più importanti del mondo fashion e dell’accessorio, porteranno in fiera oltre 1.400 brand in totale, aziende italiane e internazionali che trasformeranno il quartiere fieristico nell’avanguardia dello stile e della creatività. Nello specifico, il comparto calzaturiero italiano ha registrato nel 2021 un incremento del fatturato del +18,7% sul 2020 attestandosi a 12,7 miliardi di euro. Un valore però ancora inferiore all’epoca pre-covid (-11 per cento rispetto al 2019). L’export (+17,5 per cento nei confronti dell’anno precedente) ha raggiunto in valore (10,3 miliardi di euro a consuntivo) il secondo miglior risultato di sempre, anche al netto dell’inflazione. Bene, in particolare, le prime due destinazioni, ovvero Svizzera (+16,2% in valore sul 2020, nei primi 11 mesi) e Francia (+24%), tradizionalmente legate al terzismo; ma anche Usa (+42%) e Cina (+37,5%) che ha già abbondantemente superato i livelli 2019. Per quanto riguarda invece l’export italiano dei prodotti della filiera Fashion&Bijoux, 2021 è avvenuto un significativo recupero (+11.5% nei valori in euro), anche se parziale, dopo le penalizzazioni del 2020 (-14.7%), attestandosi attorno ai 3.5 miliardi di euro. “Milano per la moda è una delle città simbolo in assoluto – ha detto l’assessore comunale al lavoro e allo sviluppo economico Alessia Cappello -. La fashion week appena conclusa è andata molto bene, ha avuto moltissimi ospiti internazionali e ancora di più con queste fiere abbiamo la possibilità di aprire la città al mondo”. “L’altra cosa bellissima – ha aggiunto l’assessore – è poterlo fare assieme, con quattro fiere internazionali che decidono di fare squadra, perché alla fine è questo che dobbiamo fare tutti assieme per il Paese”.

    “Rappresentare Fiera Milano è rappresentare una piattaforma dove le imprese possono tornare a incontrare i loro mercati di riferimento. Da quando siamo ripartiti, il 15 di giugno, è stato un crescendo, con oltre 1 milione di spettatori in tre mesi, oltre 30 manifestazioni, e un grande riscontro pubblico e aziende”, ha dichiarato Luca Palermo, amministratore delegato di Fiera Milano SpA. Ora, con la crisi pandemica che lascia il posto a quella ucraina, però, le preoccupazioni degli addetti ai settori moda, pelletteria e fashion non finiscono. “Siamo riusciti a fare un grosso recupero quest’anno, malgrado tutto quello che è successo, arrivando rispetto al 2020 a un +22,7% di fatturato. I nostri mercati di riferimento, però’, son proprio l’area Russa e i paesi limitrofi”, ha dichiarato non senza preoccupazione Norberto Albertalli, presidente “The One Milano”. “Il settore nel 2021 ha avuto una buona ripresa – ha poi confermato Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici -, anche se il primo trimestre ci ha fatto un po’ penare, poi abbiamo avuto dati alquanto positivi. Sono comunque ancora dati che non raggiungono il 2019, restando sotto di circa 11 punti percentuali. Abbiamo la parte concentrata con le case di moda internazionali con risultato positivo mentre abbiamo una sofferenza delle piccole industrie”. Questa sofferenza delle piccole e medie imprese di settore è stata confermata anche dal presidente di Assopellettieri Franco Gabbrielli, che ha parlato di un andamento “a due velocità”, con da una parte “le aziende a marchio proprio che stanno soffrendo molto, perché affrontano un mercato globale difficile con investimenti grandi che a volte non possono fare”, e dall’altra le grandi aziende, che “stanno ricevendo molte richieste e hanno un incremento importante».

  • Anche i tacchi alti tra le vittime della pandemia

    Ariana Grande è tornata a volare sui 12 centimetri dei nuovi sandali Versace e così Katie Holmes, Cardi B. e Dua Lipa, più alte di un paio di spanne rispetto al lungo anno della pandemia. Le influencer non hanno dubbi (o scelta), ma per la maggioranza delle donne il futuro del tacco, e soprattutto del tacco a spillo, è in pericolo. “Barcollante, almeno per ora”: così, cifre alla mano, lo definisce oggi il Wall Street Journal.

    Mesi passati a casa in pantofole, flip flops, sneaker o ballerine hanno creato abitudini difficili da cancellare. Nel corso del 2020 le vendite di scarpe col tacco sono quasi dimezzate (meno 45%) secondo il gruppo di ricerche di mercato Npd, ed è evidente la ragione, senza uffici, bar, feste dove andare vestite di tutto punto. Secondo Beth Goldstein, che per Npd cura il settore delle calzature, se ripresa ci sarà nel 2021, sarà limitata: liberate dalla tirannia dei tacchi, le donne rifiutano di tornare a soffrire in cambio di quei centimetri di autostima garantiti dal non camminare rasoterra.

    E’ un rapporto complicato, quello delle donne con i tacchi: “Alcune sono grate di averli lasciati nell’armadio, ad altre mancano e non vedono l’ora di tornare a indossarli”, ha detto al “Wall Street Journal” Marjorie Jolles che insegna Gender Studies alla Roosevelt University.

    La pausa forzata nell’abbigliamento formale ha d’altra parte indotto a un ripensamento più ampio: non è solo una questione di look o di comodità, sono in molte oggi che considerano il tacco, letteralmente e figurativamente, un simbolo di repressione, l’equivalente del corsetto delle loro antenate. A New York tra le accuse al governatore Andrew Cuomo è stato citato un certo dress code, che includeva i tacchi, imposto alle sue segretarie. C’è in gioco un pizzico di politica, con la vicepresidente Kamala Harris che indossa le Converse anche in occasioni ufficiali, contro Melania Trump e i suoi stiletti killer: messi in ogni occasione, anche nelle condizioni più scomode.

    Perché certo, il tacco alto questo regala a chi lo indossa: altezza, postura, falcata si traducono in immagini di potere, regalità: “Tutte vogliamo tirarci su, sognare un poco”, ha detto a FootwearNews la stilista Maria Cornejo, che nella collezione autunno 2021 ha incluso ragionevoli ma pur vertiginosi tacchi a blocco. Altri stilisti celebri per gli stiletti da paradiso (ma anche inferno, a seconda delle prospettive) hanno discretamente cambiato rotta: nelle proposte di Christian Louboutin e Stuart Weitzman sui rispettivi profili Instagram si sono intrufolati sandali a suola piatta, sneakers, mocassini, mentre a marzo Valentino ha mandato in passerella stivali da combattimento sotto un etereo abito da sera di pizzo.

    E se tacco 12 deve essere, come quelli scelti dalla stylist Mimi Cuttrell per Ariana Grande, è del tipo a blocco, con doppia piattaforma e la punta quadrata: un trend che secondo Vogue dominerà nella prossima stagione. In vista della quale podologi come Suzanne Levine di New York consigliano di “partire per gradi e dal basso per riabituare i muscoli della caviglia e del piede” oltre a esercizi su glutei e addominali per migliorare postura ed equilibrio.

  • Accordato lo sconto, le nozze tra Lvmh e Tiffany si faranno nel 2021

    Le nozze tra il colosso francese del lusso Lvmh e la storica gioielleria americana Tiffany non sono più un miraggio. Il periodo è fissato per l’inizio del 2021, ora che le due società hanno trovato un accordo sul prezzo, che in sostanza farà risparmiare a Lvmh 420 milioni di dollari sull’acquisizione.

    L’accordo è infatti per 15,96 miliardi di dollari, a fronte dei precedenti oltre 16 miliardi. Erano 135 dollari per azione e il nuovo prezzo è di 131,5. Un leggero premio (+1,2%) rispetto alla chiusura in Borsa a New York del giorno precedente, ma anche rispetto a quello che sembra prospettarsi nella giornata del via libera (+0,7% a 130,8 dollari a mercati ancora aperti). Lvmh intanto ha chiuso a Parigi a +0,4% a 403,8 euro. “Siamo molto soddisfatti di avere raggiunto con Lvmh un accordo su un prezzo attraente – ha commentato Roger Farah, presidente di Tiffany – e di essere ora in grado di procedere con l’integrazione. Il board ha concluso che era nel miglior interesse dei nostri stakeholder raggiungere una certezza nel closing”. E “continuiamo a credere nel potere e nel valore del brand Tiffany e nei benefici finanziari e strategici di lungo termine di questa integrazione” ha osservato il ceo Alessandro Bogliolo. Come a dire che la convenienza è stata vista da entrambe le parti.

    Il gigante di Bernard Arnault si avvia così a chiudere la più grande acquisizione nel settore del lusso in un trimestre nel quale la paura per le conseguenze dei lockdown per contenere la pandemia da Covid 19 si sta rifacendo concreta. Ed era stata proprio la gestione dell’iconico marchio di preziosi durante la prima ondata di coronavirus ad essere stata messa in discussione a settembre dai francesi: ritenuta non adeguata, oltre ad avere compreso la distribuzione di “sostanziosi dividendi”. Le minacce degli Usa di tassare i beni francesi, evidenziate in una lettera del ministro francese per l’Europa e gli affari esteri aveva fatto il resto. Tiffany aveva risposto con un’azione legale alla Delaware Chancery Court, a cui era seguita quella di Lvmh. Col nuovo accordo, approvato dai Cda di entrambi, cadono anche le cause e il 19 novembre si prevede che Tiffany paghi il dividendo trimestrale di 0,58 dollari.

    “Questo accordo bilanciato raggiunto col cda di Tiffany – ha sottolineato Arnault, presidente e ceo di Lvmh – permette a Lvmh di lavorare all’acquisizione con fiducia e di riprendere le discussioni col management di Tiffany sui dettagli dell’integrazione. Siamo sempre convinti del potenziale formidabile del marchio Tiffany e pensiamo che Lvmh sia la casa giusta per Tiffany e i suoi dipendenti in questo prossimo eccitante capitolo”.

  • EMME22: raccontare all’antica ma con animo nuovo

    “Il nero è l’inizio di tutto, il grado zero, il profilo, il contenitore e il contenuto. Senza le sue ombre, il suo rilievo e il suo sostegno avrei l’impressione che gli altri colori non esistano”. La citazione è di Christian Lacroix, il nero al quale si fa riferimento, in questo caso, è l’elegante sfondo, il fil rouge che lega gli elementi della rivista telematica EMME22 della giornalista Clementina Speranza, nata da pochi giorni ma che promette, con classe, di raccontare il bello, l’eleganza, l’arte, la cultura che animano Milano, e non solo. Una bella sfida dopo il lungo periodo di lockdown e in tempi di grandi incertezze, ma, come si suol dire in certi casi, le migliori idee nascono proprio quando tutto sembra più difficile. Ci siamo incuriositi e abbiamo deciso di saperne di più dalla fondatrice di questa rivista glamour e scoppiettante al tempo stesso.

    Perché EMME22?

    Emme sta per Moda, Milano, Magazine. La rivista nasce a Milano ma tratta articoli a carattere nazionale e non solo. Con 22 si fa riferimento a Lettera 22, la macchina da scrivere dell’Olivetti, simbolo del giornalismo.

    E anche alla macchina da scrivere con la quale da bambina ho iniziato a battere le prime lettere che dedicavo a mio nonno.  Un’Olivetti Lettera 22 era custodita nel suo studio, rimasto, dopo la sua morte, così come lui l’aveva lasciato. Nonno era docente universitario e con quella macchina aveva scritto le sue pubblicazioni. A me piaceva l’idea di toccare i tasti che aveva sfiorato lui, purtroppo non l’ho conosciuto, è morto prima che io nascessi. Oggi la conservo gelosamente sulla mia scrivania.

    Da cosa nasce l’idea di una rivista on line?

    Già nel 2004 curavo una rubrica online, e oggi mi rendo conto che l’online costituisce il futuro. Resto comunque innamorata della carta stampata e mi piacerebbe proporre anche la versione cartacea. Nell’impostare EMME22 ho sempre tenuto in mente il formato tradizionale delle riviste: copertina, indice e notizie accompagnate da immagini.

    Emme22 ha una copertina come le riviste classiche, ma consente al lettore di cliccare e introdursi immediatamente nella sezione che più gli interessa.

    Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella realizzazione del tuo progetto?

    Avevo un’idea molto chiara sull’immagine grafica, ma non è stato facile trovare chi la realizzasse. Poi il problema è stato, ed è tutt’ora, trovare chi scrive con passione, chi non fa solo copia-incolla di comunicati stampa, chi davvero legge tutto un libro prima di recensirlo, chi ha voglia di intervistare e sbobinare, chi ancora svolge questo lavoro “all’antica” e con animo nuovo.

    Cosa offre di diverso EMME22 rispetto alle tante pubblicazioni che negli ultimi tempi sono nate anche grazie ai canali social?

    L’eterogeneità delle sezioni. Gli approfondimenti giornalistici tramite interviste e video interviste. Poi ci saranno anche le riprese durante sfilate di moda, presentazioni di nuovi prodotti e brand. Eventi in generale. E questo grazie anche alla collaborazione di bravi fotografi e video maker.

    Siamo sempre alla ricerca di aziende e di realtà interessanti da raccontare. Per eventuali proposte invitiamo a scrivere a: info@emme22.it

    Qual è il tuo pubblico di riferimento?

    Dal primo giorno del mio lavoro al Corriere della Sera mi hanno insegnato a utilizzare un linguaggio semplice per arrivare a tutti.  Propongo per questo anche una varietà di sezioni: Moda, Arte&Design, Salute-Wellness-Beauty, Libri, Food&beverage, No Profit, Sport, Viaggi. Più una per brevi interviste Video.

    Con i video che gireranno sui social desidero catturare l’attenzione e portare alla rivista quanti più lettori sia possibile.

    Arrivi dalla tv, dove hai raccontato storie imprenditoriali di successo, e dal mondo dell’economia. Quanto ha ereditato la rivista dalle tue esperienze passate e in cosa differisce da esse?

    In EMME 22 c’è tutta la mia esperienza. I miei studi passati nell’ambito dell’arte e nella moda, poi la mia conduzione di programmi televisivi e la collaborazione con il Corriere Economia. Ho insegnato giornalismo per 5 anni, a Milano, a contatto con i giovani ho capito cosa più li attrae, e con loro ho esplorato il mondo dei blogger.

    EMME22 vuole essere il punto di incontro di tante esperienze. E poi, sono sempre aperta a nuove idee.

    Quanto c’è della tua Sicilia nel racconto della Milano di EMME22?

    La Sicilia c’è sempre. Anche al Corriere proponevo aziende siciliane. Si fa più fatica a scrivere di loro perché spesso non sono supportate dagli uffici stampa e molti imprenditori non sono abituati alle interviste. Ma in Sicilia ci sono bellissime realtà imprenditoriali e mi piace scovarle e farle conoscere. Nella sezione “Video”, per esempio, tra le sfilate milanesi c’è l’intervista a Pucci Scafidi, il fotografo palermitano che in occasione dei 30 anni di carriera ha presentato, a Milano, l’ultimo suo libro Fimmina. 21 volti di donne siciliane, tra cui l’attrice Maria Grazia Cucinotta, la chef stellata Patrizia di Benedetto, la Presidentessa nazionale di terziario donna di Confcommercio Patrizia di Dio, la scrittrice Stefania Auci. Nella sezione “Food6&Beverage”, a fianco di brand che raccontano di champagne, franciacorta e Brunello, ci sono le storie di alcune cantine siciliane. Attualmente quella di Musita, a Salemi: un’azienda attenta all’ambiente e all’ecosostenibilità, che nel 2015 riceve il premio per il “Miglior Spumante della Sicilia”.

    C’è la storia di Teo Musso e la nascita di Baladin, la birra artigianale che fino a quel momento non esisteva in Italia. A raccontarla Paolo Di Caro, Presidente di Fondazione Italiana Sommelier Sicilia.

    Cosa ti aspetti da questa avventura?

    EMME22 è una mia creatura. Muove adesso i suoi primi passi, mi auguro che cresca, si sviluppi e incontri il favore del pubblico.

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