Porto

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo provvisorio per modernizzare le ispezioni e la sorveglianza delle navi

    La Commissione accoglie con favore l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sull’aggiornamento degli obblighi per il controllo da parte dello Stato di approdo delle navi che fanno scalo nei porti dell’UE e sugli obblighi dello Stato di bandiera per le navi mercantili registrate negli Stati membri dell’Unione.

    Per quanto riguarda la direttiva sullo Stato di bandiera, i colegislatori hanno convenuto di integrare nel diritto dell’UE le norme pertinenti dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) (l’International Instruments Code, o codice III). Ciò garantisce che tali norme possano essere applicate alle navi battenti bandiera di uno Stato membro dell’UE. Gli Stati membri dovranno inoltre effettuare ogni anno un numero concordato di ispezioni dello Stato di bandiera e provvedere alla digitalizzazione dei certificati statutari delle proprie navi, il che a sua volta faciliterà le ispezioni da parte dello Stato di approdo.

    L’accordo sul controllo da parte dello Stato di approdo allineerà il diritto dell’UE all’IMO e al Memorandum d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo in merito agli obblighi relativi all’organizzazione e all’esecuzione dei controlli da parte dello Stato di approdo. Gli Stati membri hanno inoltre convenuto di istituire un regime volontario di controllo da parte dello Stato di approdo per i pescherecci più grandi e di aumentare l’importanza dei requisiti ambientali del controllo da parte dello Stato di approdo, adeguando il profilo di rischio della nave utilizzato per selezionare le navi da ispezionare. La direttiva riveduta prevede anche certificati navali elettronici, che consentiranno agli ispettori di prepararsi meglio prima delle ispezioni e di concentrarsi sulla conformità delle navi alle norme applicabili, piuttosto che su un riesame dei documenti una volta a bordo.

    I controlli da parte dello Stato di bandiera e da parte dello Stato di approdo sono strumenti importanti per un’ampia gamma di questioni relative al trasporto marittimo, quali la sicurezza marittima, la protezione dell’ambiente e le condizioni di lavoro a bordo.

    A seguito dell’accordo politico di ieri, ora i testi definitivi devono essere adottati formalmente. Una volta completato tale processo da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, le nuove norme saranno pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entreranno in vigore dopo 20 giorni. Gli Stati membri disporranno di 30 mesi per recepire le direttive nel diritto nazionale.

  • Bugie e inganni per annientare un porto strategico millenario

    Ogni mattina si apre e si espone la propria merce per ingannare la gente;

    e a sera si chiude, dopo aver ingannato per tutto il giorno.

    Jean de La Bruyère

    Gianni Rodari è uno scrittore di favole e filastrocche, molto noto non solo in Italia ma anche nel mondo. I suoi libri sono stati e rimangono tuttora tra i più letti e non solo dai bambini. Da quelle favole e filastrocche possono e devono imparare tutti, piccoli ed adulti. Il suo valoroso lavoro, la sua fantasia, la sua immaginazione e bravura per la scelta dei personaggi delle favole e delle filastrocche, la sua intelligenza, sono state premiate nel 1970 con il prestigioso premio Hans Christian Andersen. Una delle sue filastrocche che punzecchia la bugia ed i bugiardi è la ben nota Il Paese dei bugiardi (da Filastrocche in Cielo e in Terra; 1972; n.d.a.). Gianni Rodari descriveva un paese dove gli abitanti erano tutti bugiardi, frutto della sua immaginazione. Era veramente uno strano paese. Si, molto strano, come lo descrive maestosamente l’autore. “C’era una volta, là/dalle parti di Chissà,/il paese dei bugiardi./ In quel paese nessuno/diceva la verità,/non chiamavano col suo nome/nemmeno la cicoria:/la bugia era obbligatoria”. Così viene presentato quel paese, dove “la bugia era obbligatoria”. Sì perché nel Paese dei bugiardi anche “Quando spuntava il sole/c’era subito una pronto/a dire: ‘Che bel tramonto!’”. E quando “Di sera, se la luna/ faceva più chiaro/di un faro/si lagnava la gente:/ Ohibò, che notte bruna/non ci si vede niente’”. Era un paese dove “Se ridevi ti compativano:/“Poveraccio, peccato/che gli sarà mai capitato/di male?”. E dove se piangevi dicevano: “Che tipo originale/sempre allegro, sempre in festa./Deve avere i milioni nella testa”. Era uno strano paese quello dei bugiardi dove “Chiamavano acqua il vino,/seggiola il tavolino/e tutte le parole/le rovesciavano per benino”. Ed in quel paese “Fare diverso non era permesso/ma c’erano tanto abituati/che si capivano lo stesso”.

    Ma poi, per fortuna, come ci racconta Gianni Rodari, “Un giorno in quel paese/capitò un povero ometto/che il codice dei bugiardi/non l’aveva mai letto,/e senza tanti riguardi/se ne andava intorno/chiamando giorno il giorno/e pera la pera,/e non diceva una parola/che non fosse vera”. Ma come si potrebbe permettere un ometto simile dire certe cose nel paese dei bugiardi?! Non dovrebbe essere stato sano di mente. Ragion per cui gli abitanti di quel paese “Dall’oggi al domani/lo fecero pigliare/dall’acchiappacani/e chiudere al manicomio”. Perché “È matto da legare: dice sempre la verità”. E non a caso l’autore aveva scelto l’acchiappacani a fermare l’ometto. Proprio quella persona che nel paese era incaricata a catturare i cani randagi. Quel povero ometto, chiuso in manicomio diventò subito oggetto di studio, un caso interessante, per i medici. Rodari ci racconta: “…verranno da distante/cinquecento e un professore/per studiargli il cervello”. Ma il caso dell’ometto suscitò la curiosità popolare nel paese dei bugiardi. Tant’è vero che “l’Uomo-che-diceva-la-verità” fu messo in esposizione a pagamento nel “giardino zoo-illogico”. Anche in questo caso la fantasia di Rodari ha evidenziato che l’ometto non era neanche un animale da essere chiuso ed esposto in un “giardino zoologico”. No, lui, caso strano e curioso era stato messo “in una una gabbia di cemento armato” dentro ad un “giardino zoo-illogico”. Cioè in un posto dove chiudono non gli animali, ma, peggio ancora, le persone illogiche! Guarda caso però, “…una cosa più sbalorditiva, la malattia si rivelò infettiva”. Ebbene in seguito nel paese dei bugiardi cominciò a diffondersi “il bacillo della verità”. Risultò perciò invano ogni tentativo dei “Dottori, poliziotti, autorità” che “tentarono il possible per frenare l’epidemia”. Macché! In più l’autore ci garantisce che “Dal più vecchio al più piccolino la gente ormai diceva pane al pane, vino al vino, bianco al bianco, nero al nero”. Non solo, ma loro finalmente liberarono l’ometto e lo elessero presidente. E, alla fine, Gianni Rodari ribadisce convinto che “…chi non mi crede non ha capito niente”.

    Ovviamente il Paese dei bugiardi era semplicemente un’invenzione creativa, una scelta originale di Gianni Rodari per meglio stigmatizzare le bugie ed i bugiardi. Ma da quella filastrocca ci si impara tanto. Ovviamente nella vita reale non ci sono Paesi dei bugiardi, bensì bugiardi che cercano ed, alcune volte, anche ci riescono a mentire ed ingannare gli altri, approfittando per se stessi. E se quei bugiardi ed ingannatori abbiano poi anche dei poteri istituzionali e se capitasse che loro siano anche delle persone irresponsabili, allora le conseguenze potrebbero essere veramente gravi. Sì perché, come la storia, anche quella di questi ultimi decenni ci insegna, le bugie diffuse con “maestria” riescono a convincere ed ingannare, soprattutto quelli che non giudicano e pensano con il proprio cervello. E soprattutto attualmente, quando l’opinione individuale, ma anche quella collettiva, si condiziona, si crea e si propaga tramite i media e la rete. Chissà cosa avrebbe scritto Gianni Rodari su questa realtà, ancora non conosciuta allora da lui. Ma di certo ne avrebbe scritto e ci avrebbe avvertito, a suo modo intelligente, di fare molta attenzione.

    Fatti accaduti, documentati, testimoniati ed ufficialmente denunciati alla mano, una delle persone che ha, esercita e purtroppo abusa di un sempre più pericolosamente ampio potere istituzionale è anche il primo ministro albanese. Sono tantissimi i fatti realmente accaduti che lo confermerebbero. Sono tanti gli scandali che lo vedrebbero coinvolto direttamente e/o tramite chi per lui. Anche quelli delle ultime settimane. Il nostro lettore è stato informato durante questi ultimi anni, con la dovuta, necessaria ed obbligatoria responsabilità e oggettività su non pochi scandali ed abusi di potere da parte del primo ministro albanese e dei suoi più stretti collaboratori. Soltanto durante queste ultime settimane molti altri sconvolgenti fatti sono stati resi pubblicamente noti in Albania. Dati e fatti documentati che coinvolgerebbero, sia istituzionalmente, sia personalmente il primo ministro. Soltanto durante queste ultimissime settimane il nostro lettore è stato informato di alcuni simili e clamorosi scandali (Un imbroglione che confessa, poi nega ed in seguito elogia altri, 17 ottobre 2022; Si sa di chi è la colpa, 7 novembre 2022; Scontri diplomatici e governativi sui migranti, 14 novembre 2022; Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022). La scorsa settimana l’autore di queste righe informava il nostro lettore, fatti alla mano, che anche lo scontro diplomatico e governativo tra l’Albania ed il Regno Unito sugli allarmanti flussi migratori arrivati in Inghilterra, era semplicemente un misero diversivo per spostare l’attenzione pubblica da due scandali, tuttora in corso: quello degli inceneritori e del porto di Durazzo. Chi scrive queste righe, su quest’ultimo, affermava che “…lo scandalo del porto di Durazzo, oltre ad essere un clamoroso ed irresponsabile abuso di potere, oltre ad essere anche uno spaventoso e preoccupante affare corruttivo miliardario, rappresenta soprattutto un atto di alto tradimento degli interessi nazionali”. Per giovedì scorso, 24 novembre, era previsto che il primo ministro riferisse in Parlamento sullo scandalo del porto di Durazzo. E così è stato. L’autore di queste righe però avvertiva che il primo ministro in Parlamento di certo cercherà “…come suo solito, di scaricare su chiunque altro le sue colpe, i suoi irresponsabili e clamorosi abusi di potere, la responsabilità per la diffusa corruzione e per le preoccupanti conseguenze e ripercussioni della connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e con certi raggruppamenti occulti.” (Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022). E proprio questo è stato verificato giovedì scorso, durante un lungo intervento del primo ministro. Ha cercato di incolpare gli attuali dirigenti dell’opposizione ed alcuni media e giornalisti non controllati da lui, usando un banalissimo linguaggio da coatto, come fa sempre quando si trova in difficoltà. Il primo ministro ha ingiuriato ed etichettato loro come “senza patria e né religione”, come “sfacciati” ecc.. Ma invece, dati e fatti accaduti ormai da alcuni anni alla mano, il vero “sfacciato senza patria e né religione” è proprio lui. Il vero, consapevole e diretto responsabile dello scandalo miliardario del porto di Durazzo, con ogni probabilità e non solo istituzionalmente, è proprio il primo ministro albanese. Ed il tempo, un vero galantuomo, come sempre lo testimonierà.

    Ma cos’è lo scandalo miliardario del porto di Durazzo? Da molti dati e fatti accaduti, documentati e ormai denunciati alla mano, risulta essere un diabolico, ben ideato e tuttora in attuazione progetto che ha come obiettivo finale la trasformazione di un vasto spazio, dove attualmente si trova il porto, in un’area dove si costruiranno edifici multipiani, alberghi di lusso con dentro anche dei casinò. Dai pochissimi documenti ufficiali resi ad ora pubblici, risulterebbe che si tratta di un’area di 812600 m2. Il “Progetto”, che prevede anche la costruzione, nell’area dove attualmente si trova il porto, di una marina per yacht ed altre imbarcazioni turistiche di lusso, è diviso in due fasi. Prima la demolizione dell’attuale porto, con tutte le sue gravissime conseguenze economiche, commerciali e non solo e la costruzione, al suo posto, degli appartamenti, alberghi di lusso e della marina. Poi, in seguito, la costruzione del porto commerciale in un’altra area, nel nord di Durazzo. Dai dati resi pubblici, ma che cambiano di volta in volta e a seconda delle difficoltà in cui si trovano il primo ministro e i suoi più stretti collaboratori e consiglieri, di madre lingua albanese e di altre, si tratterebbe di un progetto di oltre 2 miliardi di euro. Si tratta però e purtroppo di un progetto del tutto non trasparente e che cambia, almeno come risulta da quelle pochissime informazioni ufficiali che, ad oggi, sono state rese pubbliche. Come le cangianti dichiarazioni del primo ministro, le relazioni ed altri documenti del ministero delle Infrastrutture e dell’Energia, direttamente coinvolto nel “Progetto” del porto di Durazzo, nonché del ministero delle Finanze e di altre istituzioni governative. Si tratta di un progetto che ha come un “illustre investitore”, secondo il primo ministro albanese, un miliardario dagli Emirati Arabi Uniti. Ma. guarda caso, da poco meno di due anni, da quando il “Progetto” è stato reso noto, con un tono trionfante, personalmente dal primo ministro albanese, gli “investitori” non sono più gli stessi. Perché sono state cambiate le società che dovrebbero attuare il “Progetto”. Ma, cosa ancora più grave, anzi molto grave, è che tutte quelle società, che sono come le matrioske russe, sono tutte registrate nei paradisi fiscali. E non a caso sono state fatte simili e continue “acrobazie”. Non si sa niente sia delle capacità finanziarie, sia degli azionisti di quelle “società fantasma’. Solo questo eclatante fatto sarebbe bastato per capire di che genere di “Progetto” si tratta. E basterebbe anche per capire in quale scandalo è stato direttamente, istituzionalmente, ma anche personalmente, coinvolto il primo ministro albanese.

    Il nostro lettore è stato anche precedentemente informato di questo scandalo (Peccati madornali e abusi peccaminosi, 25 gennaio 2021; Clamoroso abuso miliardario in corso, 21 febbraio 2022; Volgari arroganze verbali balcaniche e verità che accusano, 28 giugno 2022 ecc..). Ma siccome sono tanti i dati ed i fatti che testimoniano la gravosità dello scandalo del porto di Durazzo, l’autore di queste righe continuerà, anche nelle prossime settimane, a trattare ed informare il nostro lettore, sempre con la dovuta, necessaria ed obbligatoria responsabilità e oggettività.

    Chi scrive queste righe, riferendosi al detto latino fallacia alia aliam trudit – un inganno tira l’altro, è convinto di tutte le bugie e gli inganni del primo ministro albanese per riuscire ad annientare un luogo strategico e millenario, qual è il porto di Durazzo, per poi approfittare di ingenti somme lui, altri suoi famigliari e alcuni suoi stretti collaboratori. Sono i fatti accaduti che lo testimoniano.

    A chi scrive queste righe il primo ministro albanese sembra quell’imbroglione che, come scriveva Jean de La Bruyère, ogni mattina apre ed espone la propria merce per ingannare la gente e a sera chiude, dopo aver ingannato per tutto il giorno. Chissà cosa avrebbe scritto Gianni Rodari di un bugiardo ed ingannatore innato come il primo ministro albanese?!

  • Salvini e i porti

    Come primo atto di  Salvini, come Ministro delle Infrastrutture, ci saremmo aspettati, come sempre troppo ingenui e fiduciosi, che si mettesse all’opera sui dossier che riguardano le tante situazioni pericolose che minacciano la vita degli italiani: università e cimiteri che crollano, scuole gravemente dissestate che possono ogni giorno creare nuovi disagi e vittime, cavalcavia, ponti, strade a rischio continuo, lavori e controlli mai fatti, opere iniziate da mesi, anche da anni, e non completate, rete idrica quasi al collasso e via discorrendo.

    Invece il ministro Salvini, come primo atto, si è occupato dei porti, non per verificarne la sicurezza, non per capire meglio quanti siano di fatto in mano ai cinesi, senza controllo sulle legalità delle merci sdoganate o in mano alla criminalità organizzata, che contrabbanda, spesso impunita, armi e droga proprio dai porti italiani, l’interesse di Salvini nel suo primo giorno è stato tutto concentrato a chiarire 1) che i porti sono suoi e non del Ministero del Mare, 2) che la cosa che gli interessa è impedire l’arrivo di navi con extracomunitari salvati in mare da morte sicura.

    Chiariamo subito: il problema dell’immigrazione clandestina è grave e va affrontato immediatamente in sede europea e nazionale, e l’Europa deve prendersi le sue responsabilità, rispettare gli impegni presi e disattesi e la questione dovrà essere definitivamente chiarita nel Consiglio europeo, e con accordi bilaterali con i paesi del nord Africa (quelli con i quali è possibile).

    Ma col dicastero di Salvini l’immigrazione c’entra poco, sarebbe più proficuo per tutti, e per il governo, che è appena entrato in carica ed è oberato di difficili dossier, che Salvini dimenticasse di essere stato ministro dell’Interno, per altro di un governo che lui stesso ha fatto cadere, e cominciasse a fare il Ministro del suo dicastero, senza confusioni e occupandosi di come portare le nostre infrastrutture a livelli degni.

  • Inaugurata a Ravenna la prima linea cargo tra Italia e Bangladesh

    Il 28 febbraio Terminal Container Ravenna, società partecipata da Sapir e Contship, ha accolto l’arrivo di Songa Cheetah, la nave della compagnia di navigazione Kalypso (appartenente al gruppo Rif Line) che, giunta al porto, ha inaugurato la rotta con servizio diretto da Chattoghram (Bangladesh) a Ravenna rendendo, di fatto, l’Oriente più vicino all’Italia.  Tra i presenti a ricevere l’equipaggio, i rappresentanti delle istituzioni con il Direttore della Dogana Giovanni Mario Ferente, il Segretario della Autorità di Sistema portuale di Ravenna Paolo Ferrandino, il comandante  della Guardia di Finanza di Ravenna colonnello Mercatili, il capo della Sezione Tecnica della Capitaneria di Porto capitano di fregata Mario Pennisi, il management della compagnia di navigazione Rif Line (il ceo Francesco Isola, il Presidente Giorgio Voria e il Fleet manager Luca Scagliarini) e il management di  T.C.R. (con il presidente Giannantonio Mingozzi, il direttore Milena Fico e il responsabile commerciale Alessandro Battolini) che hanno consegnato al comandante della nave Maciej Grabowski il crest dell’azienda a titolo di benvenuto.

    Un importante momento da celebrare perché la nuova rotta avrà una significativa ricaduta sul porto di Ravenna sia in termini di rilievo, sia di traffico dato che si tratta dell’unica linea diretta in Italia per il Bangladesh. Il porto di Ravenna rappresenta il primo punto di approdo delle merci per l’Emilia Romagna e uno snodo primario in Italia per gli scambi commerciali con i mercati del Mediterraneo Orientale. “Abbiamo scelto Ravenna perché il suo porto sull’Adriatico è in una posizione baricentrica per le aziende del nord Italia. Inoltre, ha un efficiente sistema di retroporto e un buon collegamento ferroviario che consente di poter mandare la merce all’estero, in Germania per esempio, da dove arrivano molte richieste in questo momento”, ha messo in evidenza Francesco Isola, ceo di Rif Line.

    Per le alte competenze, la gestione dei container è stata affidata a T.C.R. capace di offrire sul piano logistico soluzioni innovative e altamente performanti all’interno dell’area terminal. Tra queste, la possibilità di avere a disposizione un magazzino interno coperto per lo stoccaggio della merce per i riempimenti e gli svuotamenti dei container ma soprattutto, collegamenti ferroviari frequenti con le aree di Marzaglia (Modena), Segrate e Milano Melzo. Tramite quest’ultimo, T.C.R. offre un rilancio sulle più importanti aree europee come Svizzera, Germania, Austria e Benelux, diventando così il gateway strategico tra Asia ed Europa.

    “Il collegamento Bangladesh-Ravenna rappresenta una sorta di piccola rivoluzione nelle dinamiche dello shipping dove giganteggiano navi di grandi dimensioni – ha spiegato Giannantonio Mingozzi, Presidente del Terminal Container Ravenna – qui la scelta è diversa: in un periodo difficile come quello pandemico dove mancano container vuoti e spazi sulle navi, è nata l’idea di questo servizio, il solo in Italia senza scali intermedi che impiega navi di piccole dimensioni e quindi più agili e veloci”.

    La nave ha una capacità media di 1200 Teu e una lunghezza di 148 metri e il vantaggio del servizio diretto è enorme. Il transit time è ridotto perché non sono previsti trasbordi o tappe intermedie così, in 18/20 giorni, la merce dal Bangladesh arriva in Italia impiegando circa la metà del tempo necessario ad una compagnia tradizionale. Un vero plus per le aziende che operano con il Bangladesh come ad esempio le industrie del tessile e dell’abbigliamento che da oggi hanno una nuova grande opportunità per sviluppare commerci in nuovi mercati, di potenziare gli scambi, di ottimizzare la logistica dei trasporti.

  • La Commissione approva un regime italiano da 22,4 milioni di euro a sostegno delle imprese titolari di concessioni portuali colpite dalla pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 22,4 milioni di euro a sostegno delle autorità portuali nel contesto della pandemia di coronavirus. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato.

    Nell’ambito del regime, il sostegno pubblico assumerà la forma di sovvenzioni dirette. La misura sarà aperta alle società titolari di concessioni portuali in Italia che hanno registrato un calo significativo del fatturato nel 2021 a causa della pandemia di coronavirus e delle misure restrittive messe in atto per limitare la diffusione del virus. Lo scopo del regime è aiutare i beneficiari a far fronte al fabbisogno di liquidità e a proseguire le attività durante e dopo la pandemia.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l’aiuto i) non supererà 2,3 milioni di euro per impresa; e ii) sarà concesso entro il 30 giugno 2022.

    La Commissione ha concluso che la misura è necessaria, adeguata e proporzionata per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. Su tale base la Commissione ha approvato il regime in conformità delle norme dell’UE sugli aiuti di Stato.

    Fonte: Commissione europea

  • Genova intitola a Luigi Ferraro il porticciolo di Nervi e l’Anpi s’indispettisce

    Il consiglio comunale di Genova ha approvato l’intitolazione di una parte del porticciolo di Nervi, nel levante cittadino, a Luigi Ferraro, pioniere della subacquea ma che partecipò ad azioni della X Mas e aderì senza mai rinnegare l’esperienza alla Repubblica sociale italiana. L’Anpi ha immediatamente contestato la scelta e la presidente Carla Nespolo ha parlato di “episodio inaccettabile che offende la storia esemplare di Genova, medaglia d’oro della Resistenza e in cui i nazisti si arresero ai partigiani”. A detta dell’Anpi “è inaccettabile il giochino che fanno alcuni sindaci, di onorare il 25 aprile e poi di strizzare l’occhio ai fascisti, con gesti vergognosi e divisivi, come quello messo in atto oggi dal sindaco di Genova”. Anpi nei giorni scorsi aveva lanciato una raccolta firme a cui avevano aderito oltre 7000 persone contro l’ipotesi di intitolazione.

    Dopo aver difeso la mozione già il 5 maggio, durante il consiglio in videoconferenza, il sindaco Marco Bucci è tornato sul tema con un post su Facebook, dove parla di “Luigi Ferraro, straordinario imprenditore e valoroso militare. Quanto gli verrà dedicato sarà un atto dovuto”. Bucci prosegue: “Mi sorprende che la città non si sia mossa prima per esaltare la memoria di un grande genovese insignito con la Medaglia d’oro al Valor Militare dal Presidente della Repubblica nel 1951, lungimirante uomo d’impresa nel settore della subacquea che, nonostante la sua adesione alla Rsi, venne riconosciuto dalla Brigata partigiana Stella per ‘indiscutibili meriti per la collaborazione prestata con alto spirito di italianità per la liberazione di Valdagno dall’occupazione tedesca’, a lui il Comitato di Liberazione Nazionale riconobbe il grande ruolo nel salvataggio dello stabilimento Marzotto dalla distruzione tedesca ed evitò con la sua intercessione possibili rappresaglie naziste nei confronti di civili e partigiani”. Il documento proposto in consiglio dal centrodestra è stato votato dalla stessa maggioranza salvo un esponente di Forza Italia, Guido Grillo. Nel dicembre scorso un’altra questione toponomastica aveva spaccato il consiglio comunale genovese, quella relativa all’intitolazione di un ponte a Fabrizio Quattrocchi, contractor ucciso in Iraq. In quel caso era stata la stessa sorella di Quattrocchi, Gabriella, a chiedere al Comune di fare un passo indietro per evitare polemiche sul nome del fratello.

  • Dal Pireo l’espansionismo della Cina e sui mercati

    Mentre in Italia si sta ancora disquisendo su come ricostruire il ponte di Genova e mentre da anni il porto del capoluogo ligure è additato come uno dei più lenti per lo smaltimento dei container di merci provenienti da fuori Europa, il progetto infrastrutturale di Pechino, “nuova via della seta”, è sempre più in espansione in Grecia e non solo. Questo progetto conta ormai sei corridoi di trasporto che toccano più di sessanta nazioni tra Asia, Europa  e Nord Africa e, di fatto, sta già spostando gli assetti politici ed economici dando alla Cina sempre maggiore centralità non solo nelle attività commerciali.

    In una intervista il pro rettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, Prof. Giuliano Noci, ricorda come la maggior parte delle merci cinesi, dirette in Europa, viaggi per mare e proprio attraverso i porti del mediterraneo la Cina riduce della metà i tempi di trasporto. La Cina ha in mano il porto del Pireo in Grecia e sta già guardando allo sviluppo del porto di Patrasso, città affacciata sul mare Ionio! Il porto del Pireo è lungo più di trenta chilometri e la Repubblica Popolare cinese, che ha investito quasi mezzo miliardo di euro, controlla l’intero scalo anche se la maggior parte dei dipendenti non hanno un contratto collettivo ma sono impiegati attraverso agenzie interinali. La Grecia ha comunque beneficiato degli accordi con Pechino anche per quanto riguarda la presenza di centinaia di migliaia di turisti già arrivati o previsti per i prossimi anni ma è evidente che la sempre maggiore espansione cinese nei porti greci e del mediterraneo (vedi Italia e Spagna) comporta un immenso aumento delle merci cinesi nei nostri paesi e dell’apertura di attività commerciali che per prezzi sono particolarmente concorrenziali con i nostri. Vi sono anche risvolti politici importanti visto che la Grecia ha impedito che l’Unione europea emettesse una condanna unanime sulla situazione dei diritti umani in Cina  e si aumentassero i controlli sugli investimenti cinesi in Europa. Vi è inoltre notizia che una flotta militare cinese, nell’estate, abbia navigato fino al Pireo e anche le preoccupazioni espresse dalla Merkel non hanno fino ad ora smosso le autorità nazionali, oltre che europee, per mantenere una propria capacità nei porti del mediterraneo che possa contrastare l’espansionismo cinese che solo nel 2017 ha operato su quattro milioni di container in Grecia.

    Fino a che l’Europa e i paesi del mediterraneo non comprenderanno la necessità di sviluppare nell’immediato le proprie infrastrutture portuali e non daranno vita ad una armonizzazione dei sistemi doganali continueremo ad avere non solo un espansionismo massiccio e pericoloso in termini economici e non solo, della Cina ma anche un continuo incremento delle merci illegali e o  contraffatte che entrano in Europa, a tutto danno dei consumatori e delle imprese manifatturiere e di conseguenza il declino continuerà.

  • Il Qatar compra un porto del Sudan e spaventa i suoi vicini arabi

    Il Qatar ha siglato un accordo da 4 miliardi di dollari per il porto di Suakin, sulla costa sudanese del Mar Rosso a pochissima distanza dall’Arabia Saudita. Oggetto di attenzione anche della Turchia (all’epoca dell’impero ottomano era l’hub forse più importante per il mercato degli schiavi), il porto desta le preoccupazioni di Arabia Saudita ed Emirati, che hanno disposto l’embargo nei confronti del Qatar. L’acquisizione potrebbe infatti portare alla creazione di una serie di basi militari visto che Sudan, Turchia e Qatar condividono più di un progetto di sviluppo ed una certa visione dell’islamismo politico che foraggia il jihadismo salafita. L’influenza di Doha sul Sudan è testimoniata da alcune circostanze: alla fine di marzo scorso l’Eritrea ha accusato Qatar e Sudan di aver schierato caccia al confine e di foraggiare un nuovo hub jihadista: il governo eritreo ha accusato apertamente Doha di finanziare i sostenitori del religioso islamista radicale Mohammed Jumma (nella nota del governo eritreo si parla apertamente di ”un’area nascosta per organizzare attività politiche e militari e per addestrare i loro militanti. Il finanziamento delle loro attività è garantito dall’ambasciata del Qatar a Khartoum’’). Il Qatar, dice ancora il governo eritreo, avrebbe inviato tre aerei da combattimento Mig alle forze di difesa sudanesi che sono state dispiegate a Kassala, al confine tra l’Eritrea e il Sudan, alla cui guida c’erano due qatarioti ed un etiope.

  • Dopo il Pireo in Grecia la Cina acquisisce un porto in Belgio

    La China Ocean Shipping Company (COSCO), nota per aver acquistato parte del porto del Pireo in Grecia, ha recentemente acquistato il terminal del porto di Zeebrugge, il secondo del Belgio per flusso di navi e container. La scelta non è casuale perché Zeebrugge si trova in una posizione strategica: permette infatti di raggiungere facilmente altri porti nel nord Europa e città nell’entroterra. Il porto potrà accogliere anche i container che viaggiano sui treni attraverso il continente eurasiatico, lungo la nuova Via della Seta, e da qui salpare verso la Gran Bretagna e altre destinazioni. Si stima che il numero di container in entrata nell’Unione Europea dalle rotte terrestri crescerà esponenzialmente nei prossimi anni. Ciò cambierà il volto del sistema commerciale europeo, che in parte sarà gestito da compagnie cinesi. La notizia non può non suscitare preoccupazione sull’adeguatezza dei controlli delle merci illegali o contraffatte portando ancora una volta alla ribalta il problema, discusso ma mai veramente vicino ad una soluzione, dell’armonizzazione del sistema doganale all’interno dell’Unione europea.

Pulsante per tornare all'inizio