rifiuti

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo politico sul rafforzamento del controllo sulle esportazioni di rifiuti

    La Commissione accoglie con favore l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sulle spedizioni di rifiuti, che garantirà che l’UE si assuma una maggiore responsabilità dei rifiuti che produce e non esporti le proprie sfide ambientali in paesi terzi. Le norme agevoleranno inoltre l’uso dei rifiuti come risorsa. L’accordo contribuisce all’obiettivo del Green Deal europeo di ridurre l’inquinamento e promuovere l’economia circolare.

    Sarà vietata l’esportazione di rifiuti di plastica dall’UE verso paesi non appartenenti all’OCSE. Solo se sono soddisfatte rigorose condizioni ambientali, i singoli paesi potranno ricevere tali rifiuti cinque anni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme. Alla luce dei problemi globali legati all’aumento della quantità di rifiuti di plastica e alle sfide per una loro gestione sostenibile, con questa misura i legislatori dell’UE mirano a prevenire nei paesi terzi il degrado ambientale e l’inquinamento causati dai rifiuti di plastica prodotti nell’UE.

    Altri rifiuti idonei al riciclaggio saranno esportati dall’UE in paesi non appartenenti all’OCSE solo se questi ultimi garantiranno di poterli smaltire in modo sostenibile. Al tempo stesso, grazie a moderne procedure digitalizzate,sarà più facile spedire rifiuti destinati al riciclaggio all’interno dell’UE. Saranno inoltre rafforzate l’applicazione delle norme e la cooperazione nella lotta contro il traffico di rifiuti.

  • La Commissione si impegna a capire come rafforzare l’attuazione del principio “chi inquina paga”

    La Commissione ha avviato una consultazione pubblica per raccogliere i pareri dei cittadini e delle parti interessate sull’attuazione del principio “chi inquina paga” nell’Unione europea. La Commissione userà le informazioni per valutare se le politiche europee e nazionali siano sufficienti a garantire che chi inquina sostenga i costi delle misure di prevenzione, controllo e riparazione dell’inquinamento. La consultazione riguarderà aspetti quali l’uso di strumenti di mercato da parte dell’UE e degli Stati membri, il pagamento indiretto di chi inquina mediante sovvenzioni dannose per l’ambiente, la mancata applicazione del principio nel contesto dei fondi dell’UE, il modo in cui vengono affrontate le responsabilità ambientali e l’utilizzo dei prezzi nelle politiche.

    Le consultazione pubblica è una risposta alla relazione della Corte dei conti europea secondo la quale il principio “chi inquina paga” è applicato in modo disomogeneo nelle politiche ambientali dell’UE, con una copertura e un’attuazione incomplete. I risultati della consultazione saranno utilizzati per preparare una valutazione globale delle politiche, nota anche come “controllo dell’adeguatezza”, nel 2024. La valutazione servirà a elaborare una raccomandazione su come attuare al meglio tale principio nelle politiche ambientali, come annunciato nel piano d’azione per l’inquinamento zero della Commissione.

    La consultazione resterà aperta fino al 4 agosto 2023.

  • L’Africa è la discarica dell’elettronica di consumo

    Dati Onu indicano che nel 2019 il mondo ha generato 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, di cui solo il 17,4% è stato riciclato. Nell’Unione europea quello elettronico è il flusso di immondizia in più rapida crescita e ne viene riciclato meno del 40% del totale. Nel 2021 l’Italia ne ha smaltite 385mila tonnellate, rimanendo ampiamente sotto la media europea di 10 chili pro-capite annuali (circa 6,46 chili).

    Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avvertito che lo smaltimento e il trattamento di questi scarti può causare una serie di «impatti negativi sulla salute dei bambini», tra cui alterazioni della funzionalità polmonare, danni al Dna e aumento del rischio di malattie croniche quali il cancro e quelle di natura cardiovascolare (attraverso l’esposizione prolungata e l’avanzare dell’età), e che nel mondo ci sono oltre 18 milioni di bambini e adolescenti «attivamente impegnati» nell’industria della lavorazione dei rifiuti elettronici, i Paesi in via di sviluppo vengono utilizzati per quello smaltimento di materiali tech nelle discariche che, a causa del rischio di dispersione di sostanze chimiche tossiche, i Paesi evoluti hanno reso illegale sui propri territori.

    L’Agenzia europea per l’ambiente stima che ogni anno vengano spedite illegalmente fuori dall’Unione tra 250mila e 1,3 milioni di tonnellate di prodotti elettrici usati, per lo più verso l’Africa occidentale e l’Asia. In Italia l’Agenzia delle Dogane ha fatto sapere che «solo nel 2020 i sequestri sono stati 541 per un totale di 7.313 tonnellate di rifiuti, il triplo rispetto al 2019. Sequestri che sono avvenuti principalmente in Campania (60%) e in Liguria (21%) ma i rifiuti provenivano da tutto il territorio nazionale». Lungo tutta la dorsale tirrenica risultano presenti enormi magazzini gestiti da intermediari-faccendieri che trattano con imprese dislocate soprattutto tra Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Toscana e Piemonte per acquisire pannelli fotovoltaici esausti.

  • Per essere informati

    Mentre alcuni partiti in Italia premono per la scelta nucleare la Germania, Paese spesso additato ad esempio per la sua florida economia frutto di scelte a suo tempo azzeccate anche se spesso non condivisibili, gas russo in testa, ha deciso, tra pochi mesi, di chiudere gli ultimi tre reattori ancora attivi.

    I tedeschi avevano già provveduto a rendere al minimo la dipendenza dal nucleare per tutti i problemi connessi non solo alla gestione e sicurezza degli impianti ma anche per quelli legati allo smaltimento delle scorie radioattive.

    La nota guerra del gas avrebbe potuto indurre il governo a procrastinare la chiusura degli ultimi tre impianti mentre ha invece coerentemente deciso di procedere, forte anche di un vasto piano per la costruzione di centrali eoliche e solari in parte già iniziato.

    Domanda: da noi come procede il piano per l’energia pulita?

    Ai primi di febbraio in Ohio, per il deragliamento di un treno, venti carrozze, che trasportavano cloruro di vinile, hanno perso il loro pericoloso carico che ha preso fuoco dando origine a nubi tossiche.

    Gli abitanti della zona sono stati evacuati per diverse ore mentre per giorni i vigili del fuoco hanno gestito una combustione controllata e programmata per evitare esplosioni.

    Il cloruro di vinile è una sostanza altamente tossica ed aumenta i rischi di tumori, specie al fegato, inoltre nell’aria si è diffuso il fosgene anche esso molto pericoloso per la sua tossicità.

    Il pericolo è che queste sostanze inquinino il terreno e la falda acquifera, molti sostengono di aver già trovato morti uccelli ed animali selvatici.

    Stranamente la notizia non ha avuto la necessaria copertura dei media il che ha suscitato molte polemiche anche per il possibile pericolo di nuovi gravi incidenti visto che negli Stati Uniti ogni anno si muovono per ferrovia più di 4 milioni di sostanze tossiche.

    E da noi in Italia quali sono i dati e quali le misure di sicurezza per questo tipo di trasporti, su rotaie e su gomma?

  • A che punto è lo smaltimento dei rifiuti?

    Nel dicembre 2020 Panorama pubblicò un articolo di Giorgio Sturlese Tosi che riportava una serie inquietante di dati sulla spazzatura. A distanza di due anni ci chiediamo, e chiediamo alle varie autorità preposte, cosa è cambiato.

    Gli impianti di smaltimento sono rimasti insufficienti, milioni di tonnellata di spazzatura non sono trattati, mancano termovalorizzatori e impianti di compostaggio, e non sappiamo se è stato chiuso, in Bulgaria, un vecchio impianto di incenerimento, il più inquinante in Europa, al quale si sono sempre indirizzati i trafficanti di immondizie. L’Interpol nell’ottobre 2020, sottolineava come le reti criminali avessero infiltrato il commercio dei rifiuti plastici.

    Sono più di duecentocinquanta le rotte transnazionali per il trasporto di rifiuti e l’Italia è uno dei 57 Paesi esportatori.

    Tutti i rifiuti, smaltiti illegalmente, portano ad un costante aumento dell’inquinamento sia in alcuni paesi dell’est Europa che in Africa e l’inquinamento, ovviamente, non si ferma ma viaggia con i venti e le piogge perciò torna anche da noi.

    Mentre smaltire correttamente una tonnellata di rifiuti costa circa 400 euro lo smaltimento tramite le associazioni criminali abbassa il costo a circa 120 e a queste organizzazioni si  rivolgono anche personaggi impensabili, non solo aziende private.

    Il Rapporto rifiuti urbani 2020 dell’Ispra rivela come solo la metà della raccolta differenziata (umido, carta, vetro, metallo, plastica, legno),che costa ad ogni contribuente sia in denaro che in tempo e sacrificio di spazio, visto che la maggior parte della popolazione urbana vive in case piccole, è avviata al riciclo!il resto finisce insieme all’immondizia indifferenziata rendendo vano l’impegno dei cittadini.

    Perciò quando parliamo di ambiente, quando certi sindaci, come Sala a Milano, affermano di impedire l’accesso al centro delle città ai veicoli euro 4 e 5  in nome della lotta all’inquinamento, dovrebbero spiegarci, insieme ai presidenti di Regione, cosa hanno fatto sul tema rifiuti, l’inquinamento non si combatte scaricando sui cittadini gli oneri senza che il pubblico provveda ai necessari e conseguenti interventi.

  • ANMVI: nuovi obblighi frutto di interpretazioni sbagliate e speculative

    L’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI) sollecita il Governo, e in particolare il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, affinché venga urgentemente chiarito che l’attività veterinaria è fuori dal campo di applicazione dalla normativa ADR (Agreement Dangerous goods by Road) sul trasporto di merci pericolose.

    Questa normativa, da decenni, riguarda esclusivamente le fasi e gli operatori del settore trasporti e non l’attività sanitaria dei Medici Veterinari.

    ANMVI respinge interpretazioni errate e non prive di intenti speculativi, che pretendono di attribuire all’attività veterinaria l’obbligo di dotarsi, dal 1° gennaio 2023, di nuovi costosi oneri, come la nomina di un Consulente ADR, pena sanzioni.

    ANMVI puntualizza che:

    -i rifiuti sanitari speciali prodotti dall’attività veterinaria sono già regolarmente gestiti a norma di legge e conferiti a ditte specializzate nel loro corretto ritiro e smaltimento.

    -l’attività veterinaria, una volta perfezionato il conferimento, non ha alcuna responsabilità sulle successive fasi di trasporto.

    Il Governo intervenga urgentemente con un chiarimento, anche per fermare comportamenti speculativi e di disturbo dell’attività veterinaria.

    Ufficio Stampa ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani

  • I Veterinari a Salvini: non siamo imprese di trasporto

    (Cremona – 29 novembre 2022) L’ANMVI – Associazione nazionale dei Medici Veterinari – chiede l’esclusione della Professione Medico Veterinaria, esercitata in regime privato, dal campo di applicazione del Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 35 (“Attuazione della direttiva 2008/68/CE, relativa al trasporto interno di merci pericolose”) per evidente estraneità alla materia dei trasporti e per sovrapposizione con le norme, già applicate e sufficienti, in materia di gestione dei rifiuti speciali, pericolosi compresi, prodotti nell’esercizio della professione medico veterinaria.

    Dal 1° gennaio 2023 la professione Veterinaria rischia una clamorosa esposizione sanzionatoria fino a 36.000 euro per mancata nomina della ridondante figura di un Consulente alla sicurezza per il trasporto di merci pericolose appositamente formato. Vi sarebbe anche un indebito aggravio di responsabilità legali – a carico del Datore di lavoro e del Responsabile dei Servizi di Prevenzione e Protezione (RSPP)- in caso di incidente in corso di trasporto (su strada, ferrovia o fiume).

    ANMVI ha portato l’istanza all’attenzione del Ministro dei Trasporti Matteo Salvini per chiedere di sollevare da ogni indebito adempimento, e da conseguenti sanzioni, l’attività veterinaria privata in qualunque forma di esercizio e di configurazione giuridica venga svolta (individuale, in associazione/società, presso struttura veterinaria o a domicilio dell’utente della prestazione veterinaria, ecc.).

    Nella lettera ANMVI chiede che ogni iniziativa a cura del Ministero abbia un’immediata e diretta efficacia evitando di addossare sui professionisti Medici Veterinari o sulle strutture veterinarie, l’onere burocratico di presentare richiesta attiva dell’esonero in oggetto presso l’autorità competente. Confidiamo che il Dicastero dei Trasporti si attivi anche nelle sedi europee preposte per correggere, ove necessario la normativa europea da cui origina questo indebito e oneroso aggravio burocratico sull’attività sanitaria.

    Si rappresenta infatti che:

    1. a) i rifiuti speciali dell’attività veterinaria, compresi quelli classificati come “pericolosi” vengono prodotti e gestiti a norma di legge e successivamente conferiti a “imprese” specializzate nel ritiro, nel trasporto e nello smaltimento.
    2. b) il gestore dei rifiuti organizza in autonomia il prelievo e il trasporto dei rifiuti prodotti nelle strutture veterinarie, fornendo anche gli idonei contenitori autorizzati ADR.
    3. c) nei rari casi di trasporto, si tratta di quantità che il D.Lvo 35/2010 derubrica a “piccole quantità” ossia irrilevanti ai fini della sicurezza.

    Qualora la complessità della normativa rendesse necessario un intervento giuridicamente di rango superiore, l’ANMVI chiede che lo scopo in oggetto sia conseguito mediante l’adozione di un tempestivo provvedimento ministeriale di esplicito esonero, utilizzando le leve di esclusione dal campo di applicazione della normativa previste dallo stesso D.Lvo 35/2010 (es. esenzioni/deroghe).

    Ufficio Stampa ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani- 0372/40.35.47

  • In Italia il 62% della raccolta rifiuti è differenziata

    Tutti i dati sulla raccolta differenziata In Italia: dal vetro alla carta, dalla plastica all’alluminio, fino all’acciaio, al legno e al compostabile; tutto in un unico ‘contenitore’ in grado di fornire una fotografia aggiornata dell’impegno dei Comuni nella raccolta differenziata, con tanto di corrispettivi economici a copertura dei maggiori oneri: questo l’identikit di ‘Open’, il portale realizzato da Anci e Conai nell’ambito dell’Accordo 2020-2024, presentato insieme all’XI rapporto 2020 sulla raccolta differenziata e il riciclo.

    “Puntiamo a rendere trasparenti e accessibili al pubblico – ha spiegato il presidente del Consiglio nazionale Anci Enzo Bianco – tutte le informazioni relative alle raccolte differenziate e ai corrispettivi erogati dai Consorzi di filiera, coerentemente con le più moderne regolamentazioni sull’accesso universale alle informazioni ambientali”. In generale, da quanto emerge dallo studio, nel 2020 sono state migliorate le performance di raccolta differenziata di quasi tutte le Regioni italiane, specie quelle del Sud, con un dato medio complessivo di circa il 62% di differenziata. Significativi avanzamenti anche per i quantitativi gestiti all’interno dell’accordo Anci-Conai, con quasi 7 milioni di tonnellate di imballaggi di carta, plastica, vetro, metalli e legno. Secondo lo studio nel 2020 il Veneto, seguito a ruota da Sardegna e Lombardia, ha guidato la classifica sulla raccolta differenziata e il riciclo grazie a un 76% di differenziata, archiviando un 3% di incremento per quantità nel periodo 2016-2020. La Sardegna ha chiuso l’anno con un 74% di raccolta (+13,9%) mentre la Lombardia si è attestata al 73% (+4,8%). In coda la Sicilia (42,2% e un incremento nel quinquennio 2016-2020 del 26,8%), in compagnia della Calabria (48% e +14,8%) e del Lazio (51,8% e +9,5%).

    Nel complesso la percentuale di raccolta differenziata nel 2020, l’anno del Covid, ha raggiunto il 63%, facendo segnare un incremento del 10,3% rispetto al periodo 2016-2020. Rilevante il dato sulla produzione pro capite di rifiuti urbani: 486,5 chili, a fronte di un ammontare complessivo nazionale di 28,8 milioni di tonnellate, di cui 18,1 differenziati. Sul complesso dei rifiuti riconosciuti dai Consorzi di filiera Conai svetta il 57% di raccolta della plastica, che insieme a carta e vetro rappresenta il 95% di tutti i corrispettivi erogati. Tuttavia la filiera che ha registrato il maggiore incremento, rispetto al 2019, è stata quella degli imballaggi di carta (+28,3%), seguita da quella dell’acciaio (+6,1%).

    Soddisfatto il sindaco di Lecce e delegato Anci per Energia e Rifiuti, Carlo Salvemini: “Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza lo Stato ha finalmente investito adeguate risorse per la dotazione impiantistica, carente in particolare nel Mezzogiorno, per ricucire i divari che anche il rapporto Anci-Conai certifica. L’anno 2020 vede la percentuale di raccolta differenziata italiana migliorare ancora, nonostante le difficoltà della gestione pandemica. In questi anni – ha rimarcato Salvemini – la collaborazione tra i Comuni italiani e il Conai è cresciuta a livello quantitativo, con nuove convenzioni, e qualitativo grazie al sostegno alla progettazione garantito ai Comuni propri in vista degli interventi Pnrr che rappresentano una occasione irripetibile che siamo chiamati a cogliere”.

    “Siamo molto felici di presentare questo rapporto, divenuto un punto di riferimento importante per il mondo della gestione dei rifiuti urbani”, ha spiegato il presidente Conai Luca Ruini. “Rifiuti che, oggi più che in passato, è importante vedere come risorse prodotte dalle nostre città, vere e proprie miniere metropolitane”.

  • Per l’Italia l’ambiente è costato finora 620 milioni di multe da Bruxelles

    Gestione dei rifiuti in Campania, discariche illegali e irregolarità su fogne e depuratori nelle aree urbane: queste le tre infrazioni alle norme ambientali Ue per cui l’Italia negli ultimi anni è stata condannata dalla Corte di giustizia Ue a pagare multe costate finora oltre 620 milioni di euro. E continuerà a pagare fino a che le violazioni non saranno completamente sanate.

    La fotografia della situazione l’ha scattata la Commissione europea nel suo rapporto sullo stato di attuazione della legislazione ambientale nei Paesi dell’Unione. Nel documento l’Italia viene bocciata su rifiuti, sulla qualità dell’aria e sulla designazione delle zone protette Natura 2000. La Penisola è invece promossa per quanto fatto per promuovere l’economia circolare e mettere a punto i piani per i bacini idrografici.

    Le multe che vengono pagate dall’Italia sono legate a infrazioni che hanno storie ultradecennali. Il caso delle discariche illegali iniziò nel 2003. E si chiuse nel dicembre 2014, quando la Corte Ue decise per la multa: forfait di 40 milioni, più 43 milioni ogni 6 mesi, con sconto per ogni discarica messa a norma. Nell’aprile 2022 l’Italia stava ancora pagando ammende per 29 discariche irregolari, il 75 % delle quali nel Sud.

    Quella delle fogne e depuratori mancanti o non a norma nelle aree urbane della Penisola è una storia a sé. Per ora solo una procedura di infrazione, iniziata nel 2004, è arrivata all’esito finale nel 2018 (con una multa di 25 milioni ‘una tantum’ e oltre 30 milioni di sanzione per ogni semestre). Ma Bruxelles ne ha avviato altre nel 2009, 2014 e 2017.

    Infine il caso Campania, iniziato nel 2007. Nel 2015 la Corte Ue decise per una multa da 20 mln ‘una tantum’ e 120 mila euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione delle misure richieste dalla sentenza. I progressi ci sono stati e proseguono, spiega la Commissione, ma “servono interventi supplementari”.

    Ora con il Pnrr, si legge nel rapporto di Bruxelles, l’Italia ha una opportunità in più per mettersi in regola e porre fine all’emorragia di risorse pubbliche poichè il piano prevede non solo una strategia nazionale per l’economia circolare, ma anche un programma nazionale di gestione dei rifiuti e investimenti nel trattamento delle acque reflue urbane.

  • Italia primatista europea per il riciclo della carta

    Italia da record nel 2021 in Europa con oltre 3,6 milioni di tonnellate di carta e cartone differenziati, il 3,2% in più rispetto al 2020 e pari per la prima volta a 60 chilogrammi di materiale raccolto per abitante. E’ quanto risulta dal ventisettesimo rapporto annuale sulla raccolta differenziata e riciclo di carta e cartone in Italia presentato da Comieco, il Consorzio nazionale per il recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica, al Comune di Messina. Dal Rapporto risulta come l’Italia per il secondo anno consecutivo abbia raggiunto l’obiettivo UE 2030 per il tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici fissato all’85%, sia attraverso le raccolte differenziate comunali, sia con i flussi di imballaggi intercettati presso aziende e grandi utilizzatori.

    Nel 2021, in particolare, il Sud Italia ha visto una crescita positiva del 4,3% grazie all’impegno di realtà come quella di Messina, classificata quest’anno capolista tra i Comuni più virtuosi d’Italia, scelta proprio come sede della presentazione dei dati nazionali.

    “Il 2021 è stato nuovamente segnato da una crescita positiva per il nostro Paese nella raccolta differenziata di carta e cartone”, ha dichiarato Alberto Marchi, presidente di Comieco. “Grazie all’azione coordinata di cittadini, Comuni e gestori, per la prima volta nel 2021 abbiamo superato i 60 chilogrammi di materiale raccolto per abitante a livello nazionale. Un risultato importante, impreziosito dal consolidamento dal tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici, attestatosi all’85% e che per il secondo anno ci permette di superare l’obiettivo fissato dall’Unione Europea per il 2030”.

    Al Nord i dati mostrano come si sia tornati ai livelli 2019 recuperando completamente il passo falso del 2020. La raccolta cresce di 36mila tonnellate (+2%), con Liguria e soprattutto Emilia-Romagna a trascinare la ripresa. Molto bene il Centro con +37mila tonnellate (+4,5%) ma anche il Sud conferma il suo recupero nei confronti delle macroaree Nord e Centro con 38.000 tonnellate in più. Il salto più consistente è quello della Sicilia che con +14mila tonnellate supera i 40 chili per abitante per la prima volta nella sua storia.

    Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco, ha messo in evidenza questi risultati: “Attraverso le 983 convenzioni attive, nel 2021 Comieco ha corrisposto ai Comuni 218 milioni di euro, con un aumento del 44% rispetto al 2020, per la presa in carico e l’avvio a riciclo di oltre 2,5 milioni di tonnellate, pari a circa il 70% della raccolta differenziata comunale in Italia: il picco massimo di quantità gestite in tanti anni di storia”.

    Alla presentazione del Rapporto Comieco è intervenuto anche Giuseppe Lombardo presidente di Messinaservizi, la società di raccolta rifiuti di Messina che ha ottenuto ottimi risultati nel riciclo di carta e cartone nel 2021: “Una migliore differenziata – ha osservato – migliora l’ambiente abbatte i costi e limita il business della mafia. Riducendo infatti i rifiuti che vanno a finire in discarica, come spiegato dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, possiamo contribuire a contrastare un certo business dei rifiuti che è ancora nelle mani della mafia. Siamo fieri di quanto ottenuto”.

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