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La validità del modello europeo

La storia contemporanea riconosce la sua diversa statualità rispetto alla tradizione

Il nostro è il tempo delle fake news, cioè delle bufale, delle fandonie passate come verità. Alcune di esse vengono smontate subito, perché il sistema mediatico non fa loro da sponda. Altre, invece, soprattutto se sono veicolate dalla rete e dai social – news, continuano a circolare e a diffondersi, senza che qualcuno pensi di contrastarle o smentirle. Sicché la fandonia circola come se fosse una verità acquisita. Ai tempi di mia nonna, per confermare come vera una notizia si diceva: “L’ha detto la radio”. Oggi i ragazzi dicono: “L’ha detto Facebook”. E su Facebook si legge spesso che l’euro è la causa dei mali italiani e che l’Unione europea ha portato l’Italia alla rovina, due bufale che quasi nessuno smentisce, dato che esse, senza diventare punti programmatici del nuovo governo, sono tuttavia condivise dai due partiti che formano la maggioranza governativa, tanto che una di esse, l’euro, è stata il punto centrale della crisi chiamata “costituzionale” scoppiata con il presidente della Repubblica durante il primo tentativo di formazione del nuovo governo. Non entriamo nella polemica scatenatasi contro il presidente della Repubblica, anche se diciamo che eravamo d’accordo sulla sua interpretazione dei fatti, ma vogliamo mettere l’accento sull’incredibile facilità con la quale dei responsabili politici a livello nazionale possano considerare negativa l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e un disastro l’uso della moneta comune. Si nota subito che i protagonisti di cui parliamo sono giovani e che quindi, fortuna loro!, non hanno vissuto e sperimentato gli anni della guerra 1940-1945 e quelli immediatamente successivi. Ma non credo sia necessario sperimentare di persona un certo momento storico per riuscire a farsene un’idea corretta. La storia supplisce a questa mancanza di esperienza diretta e un minimo di cultura in proposito dovrebbe eliminare le carenze della non vissuta conoscenza. Tanto più che proprio la storia contemporanea sta riconoscendo nell’Unione europea un modello di statualità innovativo, diverso dai modelli tradizionali. Una recente pubblicazione del prof. Dario Velo (Cacucci Editore – Bari) mette pregevolmente in valore questi studi, confermando che l’unificazione europea si è sviluppata per tappe, ciascuna delle quali ha scritto un capitolo della Costituzione europea che deve essere ancora completata. Comprendere come e perché – afferma la terza di copertina – abbiamo costruito una nuova forma di Stato è essenziale per rafforzare gli aspetti innovativi e governare il cambiamento. L’economia sociale di mercato ha fondato un nuovo rapporto fra Stato e cittadino, affermando i valori di libertà, solidarietà e sussidiarietà. Un nuovo ordine europeo e mondiale può svilupparsi sulla base del modello europeo, che va compreso compiutamente. “L’unificazione – afferma l’autore – è un processo storico ineludibile, che ha già consentito di realizzare la transizione della dimensione nazionale a una unificazione continentale”. E aggiunge: “La cultura oggi sottovaluta come altre federazioni si stiano strutturando, con modalità e ritmi di sviluppo diversi, in Cina, India, Russia e nell’America Latina. A livello mondiale hanno visto la luce prime istituzioni sovranazionali, con limitata autorità, ma crescente autorevolezza. Il modello europeo è studiato a livello internazionale con consapevolezza della sua importanza, più di quanto accade talora all’interno dell’Unione europea. Visto dall’osservatorio del mondo, il modello europeo appare con chiarezza nella sua originalità e nella sua capacità di essere esempio. Visto dall’osservatorio dei (suoi) Paesi membri, il modello europeo è interpretato come realtà che riduce la loro sovranità, con un processo dialettico che pone in contrasto interessi particolari e generali; ciò porta a smarrire il sentiero che conduce alla comprensione”. E conclude: “Il modello europeo non può essere compreso con le categorie interpretative tradizionali, che si sono formate in un mondo dominato dagli Stati nazionali, dalle ideologie, dalle guerre e dalla ragion di Stato. Il modello europeo ha aperto una nuova fase della storia, in cui ogni individuo può sentirsi cittadino, con un rapporto rinnovato con una nuova statualità”.

Privilegiare la tattica: “bisogna andare a Bruxelles per modificare i trattati, bisogna parlare forte e chiaro per non sottostare alle scelte degli altri (come se la sovranità europea condivisa non fosse una realtà acquisita e razionale)” significa perdere di vista la strategia, il cammino verso un fine, uno scopo, che la provvidenza e la dignità dei valori laici nobilitano insieme. E’ così difficile capire queste semplici verità? Perché non contrastare le bufale, con le quali ci facciamo de male da soli? A occhio e croce, tra i ministri che compongono il governo, uno solo è in grado di capire queste cose: Enzo Moavero Milanesi, ministro per gli Affari esteri. E’ la sola garanzia perché i rapporti con l’UE non si limitino alla tattica ma diventino un contributo importante per il raggiungimento di un fine che sia strategico. Auguri!

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