Politica

Le riforme istituzionali: dalla funzione di governo a quella del comando

E’assolutamente riduttivo credere che la situazione di estrema difficoltà delle famiglie italiane (*) sia legata solo ed esclusivamente ai terribili effetti della pandemia e dalle due guerre in corso.

Se il 63% dei nuclei familiari del nostro Paese presentano difficoltà ad arrivare alla fine del mese, rispetto al 43% della media europea, emerge evidente come le responsabilità si dimostrino molto più diffuse e soprattutto individuabili all’interno di un maggiore arco temporale sia sotto il profilo delle responsabilità governative che legislative.

In questo difficilissimo contesto economico e sociale che  si protrae sostanzialmente dal novembre 2011, nel nostro Paese da oltre trent’anni si parla di riforme istituzionali.

Da più parti si ipotizza un possibile superamento del bicameralismo perfetto, come della elezione diretta del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica. Riforme che vengono indicate come la soluzione delle problematiche nazionali politiche e, di conseguenza, sociali ed economiche.

Tutte queste riforme presentate da tutti i più  diversi gruppi politici risultano espressione di una visione assolutamente parziale e magari anche interessata al proprio interesse piuttosto che finalizzata a  fornire nuovi strumenti democratici agli elettori.

Si pensi, per esempio, come queste “riforme” lascino sostanzialmente inalterate le prerogative del Parlamento il quale, di fatto, vede ridotta la propria funzione di fronte ad un asset istituzionale che veda un premier eletto direttamente e quindi un accentramento della funzione governativa. Salvo poi, eventualmente, attribuire un premio di maggioranza che assicurerebbe una stabilità politica ma al tempo stesso diminuirebbe la rappresentanza democratica e la stessa alternativa democratica.

In altre parole, qualsiasi banale riforma istituzionale presentata sino ad oggi non tiene in alcun conto il doveroso mantenimento dell’ equilibrio istituzionale tra i poteri dello Stato il quale rappresentava uno degli obiettivi della carta costituzionale e dei Padri costituenti, ma tende a favorirne uno rispetto ad un altro.

Esattamente come l’ultima attuale riforma anticipata dal governo in carica con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, la quale rappresenta una visione parziale e molto probabilmente interessata di una classe politica la quale cerca  di porre le condizioni per ottenere un comando completo del Paese e contemporaneamente assicurarsi il mantenimento al potere.

In un momento storico di estrema difficoltà del nostro Paese per la situazione internazionale e la stessa sostenibilità del debito pubblico, i cui titoli vengono considerati meno affidabili di quelli della Grecia, l’Italia non presenta una immediata necessità di una riforma istituzionale quanto di una diversa classe politica responsabile e quindi di una modalità elettorale che assicuri la possibilità di scelta degli elettori.

Come nel gioco delle tre carte, infatti, ogni riforma che tenda a spostare semplicemente i poteri lasciando invariati assolutamente il gestore e la sua selezione non potrà mai rappresentare un miglioramento per il paese, in quanto tutte le forze politiche traggono vantaggi da un sistema elettorale bloccato che invece meriterebbe una riforma immediata.

Del resto, sarebbe anche infantile pensare ad una capacità di autoriforma da parte di chi ha determinato questi disastri economici e sociali senza precedenti dal dopoguerra ad oggi.

Quest’ennesima proposta di riforma istituzionale rappresenta, quindi, ancora una volta, la ricerca di un alibi istituzionale per azzerare le proprie responsabilità relative alla situazione dell’intera classe politica italiana e contemporaneamente assicurarsi una ulteriore legittimazione.

A  questo evidente processo di accertamento di potere nel nostro Paese ne corrisponde uno analogo all’interno dell’Unione Europea. Anche in questa istituzione, infatti, attraverso  l’abolizione del principio di unanimità sostituito da quello di maggioranza, si  permetterebbe di  passare dalla legittima funzione di governare  a quella più ambita  di  comandare.

Il medesimo obiettivo da conseguire in Italia attraverso le “riforme istituzionali”.

(*) https://www.ilpattosociale.it/politica/italia-sempre-piu-povera/

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