Agricoltura

  • L’università di Vienna insidia la produzione di mele in Alto Adige

    L’Aldo Adige/Sud Tirol è il più grande produttore di mele d’Europa, dalla Val Venosta, nella parte occidentale della provincia di Bolzano, arriva il 10% delle mele in vendita sui banchi di mercati e supermercati. Il settore, che impiega circa 7mila agricoltori, è però insidiato da uno studio dell’università Boku di Vienna in collaborazione con i colleghi dell’ateneo tedesco Rptu di Kaiserslautern.

    Analizzando l’impiego di pesticidi, i ricercatori dei due atenei hanno rilevato diverse sostanze nei campioni di terreno e vegetazione, anche in zone, come l’Alta Val Venosta, dove le caratteristiche orografiche o l’altitudine fanno sì che non vi sia nessuna o quasi nessuna coltivazione.

    Dall’analisi dei campioni, prelevati all’inizio del mese di maggio, è emersa la presenza in particolare di 27 pesticidi diversi: 10 insetticidi, 11 fungicidi e 6 erbicidi. Una concentrazione di sostanze nocive eccessiva o comunque preoccupante che avrebbe colpito anzitutto gli agenti insetti impollinatori, come api e farfalle, la cui presenza si sarebbe diradata laddove maggiore è la presenza rinvenuta di pesticidi. Proprio per questo, i ricercatori hanno suggerito di “promuovere pratiche di gestione che incoraggino le benefiche interazioni insetti-parassiti” come ad esempio prati ricchi di fiori da distribuire sul territorio che circonda i meleti per creare habitat capaci di attrarre gli insetti antagonisti dei parassiti delle mele. Altra misura consigliata sono e monitoraggi sistematici nei diversi luoghi della valle per stimare l’impatto dei pesticidi durante i diversi mesi dell’anno.

    La questione dell’abuso di pesticidi nel territorio della Val Venosta è peraltro oggetto di discussione e accesi dibattiti da tempo, anche fra la popolazione locale. Nel 2014, oltre il 75% degli abitanti di Malles, uno dei Comuni più coinvolti dalla melicoltura intensiva, si erano espressi a favore di un referendum locale che chiedeva di vietare l’uso di fertilizzanti e pesticidi nel territorio comunale. La vicenda scatenò subito un contenzioso legale, attraverso il quale centinaia di agricoltori chiesero l’annullamento dell’ordinanza del Comune successiva al referendum. Sia il Tar di Bolzano che il Consiglio di Stato hanno dato ragione agli agricoltori.

  • Gli agricoltori incassano il 7% netto del prezzo al bancone dei loro prodotti

    Su 100 euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. E per i prodotti alimentari trasformati la situazione è ancora peggiore con l’utile dell’agricoltore che si riduce a 1,5 euro, solo di poco inferiore a quello dell’industria, pari a 1,6 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto che fanno la parte del leone. E’ quanto emerge dall’analisi della catena del valore, realizzata dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), sulla base degli ultimi dati Istat disponibili e relativi al 2021, che evidenzia comunque una erosione die margini agricoli rispetto al 2013. Permangono – scrive Ismea – squilibri strutturali nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare, con le fasi più a valle, quali logistica e distribuzione, in grado di trattenere la quota più elevata del valore finale del prodotto, a discapito soprattutto della fase agricola”.

    L’approfondimento, realizzato dall’Istituto, sulla filiera della pasta e su quella della carne bovina ha messo in luce una situazione di sofferenza, con margini particolarmente compressi, se non addirittura negativi, per le aziende agricole e gli allevamenti, mitigati solo dal sostegno pubblico, attraverso la Pac e gli aiuti nazionali. Una situazione che evidenzia la necessità di intervenire con una più equa distribuzione nella catena del valore con la recente normativa sulle pratiche sleali lungo la filiera e la rilevazione dei costi standard sotto i quali non devono scendere i compensi. Il Rapporto Agroalimentare 2024 elaborato dall’Ismea evidenzia anche gli importanti risultati raggiunti dall’export agroalimentare che per l’intero nel 2024 potrebbe raggiungere i 70 miliardi di euro anche se ci sono timori per il prossimo anno per la nuova politica dei dazi annunciata dal neopresidente Usa Donald Trump. Già nei primi nove mesi del 2024 comunque e le esportazioni hanno superato le importazioni con la bilancia commerciale che è tornata in attivo nell’agroalimentare anche se permangono settori a forte dipendenza dall’estero come la soia con un tasso di autosufficienza nel 2023 del 32%, il mais (46%), e il grano duro (52%) e tenero (36%). A pesare i bassi compensi riconosciuti alla produzione ma anche gli eventi climatici eccezionali.

  • Mercosur: dalla concorrenza alla solita speculazione

    Il declino culturale di un continente e della istituzione che lo rappresenta emerge in modo cristallino dalla incapacità di imparare dai fallimenti passati delle medesime strategie economiche e commerciali e, di conseguenza, riproporli in ogni differente contesto economico e strategico.

    La fine dell’accordo Interfibre all’inizio del 2000 ha favorito l’invasione del mercato europeo di prodotti privi di ogni tracciabilità provenienti da paesi a basso costo in manodopera e realizzati all’interno di laboratori privi di un minimo livello di sicurezza igienico sanitario così come di tutela dei lavoratori e con livelli salariali espressione di un’ulteriore speculazione, quindi assolutamente incompatibili con gli standard normativi europei.

    Proprio per la mancanza di una minima piattaforma normativa condivisa alla base di questo mercato globale, il costo di questa strategia lo hanno pagato i professionisti della filiera industriale e artigianale del tessile abbigliamento con la perdita di milioni di posti di lavoro in Europa.

    Tuttavia, in quegli anni si parlava di un accesso democratico al settore abbigliamento (proprio per i prezzi fuori mercato) non capendo come, senza una base di normativa condivisa, il principio della concorrenza si trasforma semplicemente in quello della speculazione.

    Quest’ultimo, poi, crea le condizioni di un arricchimento per i pochi gestori dei flussi commerciali, mentre tende ad impoverire gli stessi lavoratori che già operano nei settori interessati.

    In questo contesto contemporaneo, mentre l’amministrazione Biden ha già  introdotto la politica dei dazi nei confronti della concorrenza cinese, la quale verrà  confermata  ed amplificata dalla nuova amministrazione Trump, viceversa l’Unione Europea, dimostrando ancora una volta una volontà speculativa preferita a quella della crescita economica, intende ratificare l’accordo di libero scambio nel settore agricolo “Mercosur” ed aprire le porte del mercato europeo a prodotti del Sud America privi delle più elementari garanzie di tracciabilità.

    Basti ricordare come nelle colture europee negli ultimi trent’anni l’utilizzo di azoto risulti diminuito del -15% a fronte di un aumento nel Sudamerica del +45 %, mentre l’utilizzo del fosforo in Europa segni -65% ed in Sudamerica invece un +32% ed infine dei pesticidi aumentati del +24% in Europa ma contemporaneamente in Sudamerica del +413 %.

    In questo modo, un settore già in difficoltà come quello agricolo europeo non si apre alla concorrenza di prodotti equivalenti ma solo espressioni di un complesso normativo assolutamente incompatibile con le stesse europee.

    In relazione agli esiti delle aperture dei mercati europei ai competitor a basso costo di manodopera e senza nessuna base normativa condivisa, operata precedentemente per il tessile abbigliamento e calzaturiero, come ora nell’automotive e nell’immediato futuro anche in agricoltura, non sembrava lontano dal vero considerare come l’obiettivo della Ue risultasse finalizzato più alla creazione di nuove opportunità di speculazione che questi accordi sicuramente favoriranno. Quando, invece, una politica economica applicata ai diversi settori economici industriali e dell’agricoltura, proprio perché espressione di competenze adeguate, dovrebbe avere come unico obiettivo la crescita dell’intera economia europea in un contesto competitivo.

    Continuare a confondere il sano principio della concorrenza con una opportunità di speculazione rappresenta per la classe politica europea nella sua articolata complessità, e sostenuta dall’intero il mondo accademico, la principale ragione dello scenario problematico riservato al Vecchio Continente.

  • Tra la natura distrutta del Volga fioriscono gli affari leciti e non della Russia in guerra

    Il Corriere della Sera ha provato a scoprire come è la Russia, il Paese reale, quello che non gravità intorno al Cremlino a Mosca, dopo che Vladimir Putin con l’invasione dell’Ucraina l’ha tagliata fuori dalle relazioni con l’Occidente. Per farlo, è andato a scoprire l’area attraversata dal Volga, il fiume più lungo d’Europa, che rappresenta “l’autobiografia di un popolo”, per mutuare le parole del direttore dell’Ermitage, Michail Piotrovskij, perché è proprio in quelle terre, al centro del Paese e dove sorge tra l’altro l’ex Stalingrado (oggi Volgograd), che la Russia affonda le sue radici. Ecco cosa è emerso.

    Il paesaggio è contraddistinto da taiga e steppa, come da foreste e pianure immense, ma la fauna è molto scarsa: anitre e oche vi passano in volo durante le loro migrazioni, in loco vi sono molti corvi, di ogni dimensione, nulla, nemmeno uno scoiattolo. Pesticidi, scarichi industriali e metropolitani hanno avvelenato il fiume, tanto che il luccio perca servito nei ristoranti arriva congelato da lontano mentre tra i 200mila abitanti di Ribinsk (nome che significa la città del pesce, perché la città riforniva la mensa degli zar col miglior storione) non si pesca più neanche di frodo. A peggiorare la situazione vi è l’operazione militare speciale in Ucraina: la navigazione privata è vietata sull’asse medio e basso del Volga, perché il fiume è diventato strategico per l’economia di guerra, per bypassare le sanzioni: oltre a traghetti e navi da crociera (riscoperta del turismo interno), circolano centinaia di chiatte per il rifornimento militare al Donbass e il traffico illegale con l’Iran attraverso il Caspio.

    Astrakan, sul delta, già antico “centro commerciale” della via della Seta, è diventata cruciale per l’asse economico antioccidentale. I porti turistici sono chiusi e quelli mercantili presidiati dalle forze di sicurezza. È l’hub dell’import-export clandestino di beni agricoli e di petrolio, ma anche di turbine, ricambi meccanici, medicinali, componentistica nucleare e droni.

    Di contro, a Jaroslav, a Nizhni Novgorod, a Kazan i centri storici sono intasati di lavori pubblici, restauro di palazzi, ripristino di marciapiedi e tubature: squadre di giardinieri municipali sono all’opera nei parchi pubblici insieme a decine di liceali obbligati a contribuire al decoro urbano per due settimane durante le vacanze e nelle periferie non si sono interrotte le costruzioni di nuovi quartieri popolari. Nelle fertili pianure del medio Volga è evidente come l’industria agroalimentare sia diventata parte dell’economia di guerra, al pari di quella pesante: distese sterminate di girasoli, orzo, frumento, granoturco. Le fattorie collettive abbandonate negli anni Novanta vengono acquisite dai grandi gruppi fedeli al regime e dei 56 milioni di ettari rimasti incolti negli anni 90 ne sono rimasti una trentina. Secondo la Fao la Russia da sola può sfamare due miliardi di persone. E il cambiamento climatico (per ora) gioca a favore di Putin, perché aumentano le terre coltivabili ovunque, non solo nelle pianure del Volga centrale, dove le stagioni di crescita sono più lunghe e i raccolti migliori, ma anche nella regione degli Urali e addirittura in Siberia.

  • Italia prima potenza d’Europa nel settore dell’agroalimentare bio

    L’Italia conquista la leadership Ue per il bio grazie alle 84mila aziende agricole attive sul territorio nazionale, più del doppio della Germania e un terzo in più della Francia. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Sinab, diffusa durante l’expo agricoltura a Siracusa in occasione della Giornata europea del biologico che si celebra oggi 23 settembre.

    Proprio a Ortigia Coldiretti sta raccontando l’agroalimentare italiano con un focus anche sull’agricoltura bio che è arrivata a coprire 2,5 milioni di ettari (+4,5% nel 2023 rispetto all’anno precedente), rappresentando un ettaro su cinque di superficie agricola nazionale, ormai vicinissima al target del 25 per cento di da raggiungere entro il 2030 fissato dalla strategia europea nell’ambito della Strategia Farm to Fork. A minacciare i record del bio italiano c’è però l’aumento delle importazioni di prodotti biologici dall’estero, cresciute del 40% nel 2023, in controtendenza rispetto al dato dell’Unione Europea. Prodotti che non assicurano la stessa qualità e sicurezza di quelli nazionali ma che finiscono spesso per essere venduti come tricolori grazie alla mancanza di un’etichettatura d’origine riconoscibile.

    Gli arrivi di cibo biologico extra Ue in Italia – spiega Coldiretti – sono passati dai 177 milioni di chili del 2022 ai 248 milioni del 2023, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue, mentre quelle totali nell’Unione Europea sono diminuite del 9%. Il settore dove è stato più evidente l’aumento degli arrivi è quello dei cereali, magari usati per fare pasta, pane e altri prodotti con il logo del biologico. Aumenti record anche per gli ortaggi bio e l’olio d’oliva. Proprio per salvaguardare i consumi di prodotti degli italiani, che nel 2023 hanno raggiunto il valore di 3,8 miliardi di euro nella gdo, Coldiretti Bio ha elaborato un decalogo con i consigli per scegliere la qualità e difendersi dal rischio frodi. La prima regola è verificare sempre la presenza del logo europeo del biologico (la foglia bianca in campo verde) nell’etichetta del prodotto bio, verificando anche le indicazioni obbligatorie per il prodotto venduto sfuso e la certificazione del venditore. Importante anche controllare l’origine Italia che nella confezione deve essere sempre presente sotto il logo. Per assicurarsi prodotto bio 100 per cento Made in Italy meglio acquistare direttamente dalle aziende agricole biologiche nei punti vendita o nei mercati contadini come quelli di Campagna Amica.

    Allo stesso modo è buona pratica preferire prodotti biologici locali, coltivati vicini al luogo di consumo, magari freschi di stagione. Un contributo alla biodiversitù viene anche dallo scegliere specialità bio che recuperano varietà tradizionali e razze di animali autoctone e, soprattutto, che hanno subito trasformazioni minime evitando il bio ultraprocessato. Guardando alla confezione, vanno preferiti packaging essenziali ed ecosostenibili. Ma anche a tavola è importante adottare una dieta differenziata a base di tutti i prodotti biologici della Dieta Mediterranea come ad esempio verdura, pasta, olio evo, carne e pesce. Ma Coldiretti Bio sostiene anche la necessità di affermare in Europa al più presto il principio di reciprocità rispetto alle importazioni, ovvero stesse regole per il bio comunitario e quello dei Paesi terzi, poiché non è possibile accettare che entrino nel nostro Paese cibi coltivati secondo regole non consentite nella Ue. Fermare la concorrenza sleale delle importazioni a basso costo e valorizzare il vero prodotto tricolore sono le condizioni fondamentali per costruire filiere biologiche dal campo alla tavola.

  • La Commissione autorizza anticipi più elevati della politica agricola comune agli agricoltori dell’UE

    La Commissione ha autorizzato gli Stati membri dell’UE a versare anticipi più elevati dei fondi della politica agricola comune (PAC) ai produttori agricoli, contribuendo così ad affrontare i problemi di liquidità che molti di loro incontrano attualmente.

    A condizione che gli Stati membri si avvalgano dell’autorizzazione, a partire dal 16 ottobre gli agricoltori potranno ricevere in anticipo fino al 70% dei pagamenti diretti, rispetto al 50% attuale. Analogamente i pagamenti anticipati per interventi basati sulle superfici e sugli animali nell’ambito dello sviluppo rurale possono essere aumentati fino all’85% invece del consueto 75%.

    Gli agricoltori dell’UE continuano ad affrontare problemi di liquidità, in particolare a causa di eventi meteorologici estremi che negli ultimi anni hanno avuto ripercussioni sulla resa delle colture, e per via degli elevati tassi di interesse sui mercati finanziari europei e dei prezzi elevati dei fattori di produzione agricoli e delle materie prime.

    Per rispondere a queste sfide e in linea con uno degli obiettivi fondamentali della politica agricola comune, vale a dire fornire una rete di sicurezza economica per gli agricoltori dell’UE, vari Stati membri hanno fatto richiesta di questa autorizzazione. La Commissione si è adoperata prontamente per fornire il sostegno necessario agli agricoltori dell’UE, garantendo nel contempo la certezza del diritto per gli Stati membri. Oltre a diverse misure che hanno introdotto una maggiore flessibilità per gli agricoltori e le amministrazioni nazionali adottate all’inizio di quest’anno, la Commissione ha anche distribuito parte della riserva agricola agli agricoltori di alcuni Stati membri che hanno incontrato notevoli difficoltà a causa di fenomeni meteorologici eccezionali.

  • La Commissione approva la modifica del regime italiano a sostegno degli investimenti in pannelli fotovoltaici nel settore agricolo

    La Commissione europea ha approvato, ai sensi delle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato, una modifica di un regime italiano, messo a disposizione attraverso il dispositivo per la ripresa e la resilienza, a sostegno degli investimenti in pannelli fotovoltaici nel settore agricolo.

    Il regime è stato inizialmente approvato dalla Commissione nel luglio 2022. La sua modifica è stata approvata nel giugno 2023. Il regime mira a sostenere gli investimenti delle imprese agricole, agroalimentari e agroindustriali nell’uso delle energie rinnovabili, Il piano sarà in vigore fino al 31 dicembre 2026.

    L’Italia ha notificato una modifica del regime, vale a dire un aumento della dotazione di bilancio di 785 milioni di €, portando la dotazione complessiva del regime a 1,6 miliardi di €.

  • Urina umana per fertilizzare i campi agricoli

    L’urina umana è un ottimo fertilizzante per i campi, perché contiene azoto, potassio e fosforo. Ed ecco allora che già da anni ad Amsterdam la società di gestione dell’acqua Waternet la raccoglie dagli orinatoi pubblici che gestisce e provvede a trasformarla in fertilizzante. Anche se raccoglierla non è semplice, perché deve essere separata dall’acqua, dall’eventuale presenza di altri elementi e depurata dai possibili residui di farmaci, così da estrarre i fosfati e trasformati in stuvrite, il sistema adottato dai Paesi Bassi garantisce un risparmio stimato in 400mila euro all’anno e la fertilizzazione di un’area di 10mila campi da calcio.

    Nel 2022, anche la Francia ha messo in commercio il primo fertilizzante al mondo a base di urina umana prodotto in Europa. Ad oggi la start-up che lo ha sviluppato tratta circa 400mila litri di urina all’anno. In Svezia da qualche anno è invece corso un progetto sperimentale a cura dell’Università di Uppsala che ha permesso di raccogliere 70mila litri nella sola isola di Gotland tra il 2021 e il 2023.

    Lo sviluppo di fertilizzanti a base di urina trova un ulteriore incentivo nelle difficoltà delle forniture agricole ucraine soprattutto in Africa, il continente più dipendente dal grano e dai fertilizzanti russi e ucraini. In Paesi come Malawi e Burkina Faso hanno provato a far fronte al rischio di grave insicurezza alimentare partendo proprio da fertilizzanti bionitrati a base di urina.

  • La Commissione propone una revisione mirata della politica agricola comune

    Tenendo fede al suo impegno di alleggerire gli oneri amministrativi per gli agricoltori dell’UE, la Commissione europea ha proposto di rivedere alcune disposizioni della politica agricola comune (PAC), al fine di realizzare semplificazioni, mantenendo nel contempo una politica forte, sostenibile e competitiva per l’agricoltura e l’alimentazione dell’UE.

    Tali proposte, relative alla condizionalità e ai piani strategici della PAC, mirano a ridurre l’onere dei controlli per gli agricoltori dell’UE e a offrire loro maggiore flessibilità per conformarsi a determinate condizionalità ambientali. Le amministrazioni nazionali beneficeranno inoltre di una maggiore flessibilità nell’applicazione di determinate norme.

    La proposta legislativa odierna è una risposta diretta alle centinaia di richieste ricevute dalle organizzazioni rappresentative degli agricoltori e dagli Stati membri e integra le azioni a breve termine già in corso della Commissione per contribuire a ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori.

    La proposta trova il giusto equilibrio tra la necessità di mantenere il ruolo della PAC nel sostenere la transizione dell’agricoltura europea verso un’agricoltura più sostenibile, le aspettative degli agricoltori e degli Stati membri e l’obiettivo di raggiungere rapidamente un accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio.

    La Commissione sta inoltre inviando al Consiglio e al Parlamento europeo un documento di riflessione che delinea diverse misure volte a migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. L’elenco delle possibili azioni sarà discusso con i ministri dell’Agricoltura nella prossima sessione del Consiglio.

    Il pacchetto odierno di sostegno agli agricoltori dell’UE tiene conto delle ultime conclusioni del Consiglio europeo che ha invitato la Commissione e il Consiglio ad affrontare le sfide cui è confrontato il settore agricolo dell’UE.

    Nel primo anno di attuazione dell’attuale PAC (2023-2027), gli agricoltori dell’UE hanno dovuto affrontare sfide per conformarsi pienamente ad alcune delle norme benefiche per l’ambiente e il clima denominate “buone condizioni agronomiche e ambientali” (BCAA).

    La revisione mirata riguarda le seguenti condizionalità:

    • Gli agricoltori dell’UE dovranno mantenere gli elementi caratteristici del paesaggio esistenti sui loro terreni, ma non saranno più obbligati a destinare una parte minima dei loro seminativi a superfici non produttive, come i terreni a riposo. Possono invece scegliere, su base volontaria, di mantenere una quota dei loro seminativi non produttivi o di creare nuovi elementi caratteristici del paesaggio (come siepi o alberi) e ricevere quindi un sostegno finanziario supplementare attraverso un regime ecologico che tutti gli Stati membri dovranno offrire nei loro piani strategici della PAC.
    • Gli agricoltori dell’UE saranno in grado di soddisfare tale requisito scegliendo di ruotare o diversificare le loro colture, a seconda delle condizioni che si trovano ad affrontare e se il loro paese decide di includere l’opzione della diversificazione delle colture nel loro piano strategico della PAC
    • Gli Stati membri avranno molta più flessibilità nel definire ciò che definiscono periodi sensibili e le pratiche autorizzate a soddisfare tale requisito, alla luce delle loro condizioni nazionali e regionali e nel contesto della crescente variabilità meteorologica.

    Oltre a queste modifiche specifiche, la Commissione propone che gli Stati membri possano esentare determinate colture, tipi di suolo o sistemi agricoli dal rispetto dei requisiti in materia di lavorazione del terreno, copertura del suolo e rotazione/diversificazione delle colture. Potrebbero essere possibili anche deroghe mirate per consentire l’aratura per ripristinare i prati permanenti nei siti Natura 2000 in caso di danni causati da predatori o specie invasive. In casi estremi di condizioni meteorologiche avverse che impediscono agli agricoltori di lavorare correttamente e rispettare i requisiti, gli Stati membri possono anche introdurre deroghe temporanee. Tali deroghe dovrebbero essere limitate nel tempo e applicarsi solo ai beneficiari interessati.

    Per garantire che i paesi dell’UE possano adattare più frequentemente i loro piani strategici della PAC al mutare delle condizioni, la Commissione propone di raddoppiare il numero di modifiche consentite ogni anno.

    La Commissione propone di esentare le piccole aziende agricole di meno di 10 ettari dai controlli e dalle sanzioni connesse al rispetto dei requisiti di condizionalità. Ciò ridurrà notevolmente gli oneri amministrativi connessi ai controlli per i piccoli agricoltori, che rappresentano il 65 % dei beneficiari della PAC.

    Gli Stati membri dovranno rivedere i propri piani strategici della PAC entro il 31 dicembre 2025 se specifici atti ambientali e climatici (ad esempio in materia di conservazione degli uccelli selvatici e degli habitat naturali della flora e della fauna selvatiche e protezione delle acque) saranno aggiornati a livello dell’UE.

    Per contribuire alle discussioni in corso con i ministri dell’Agricoltura e il Parlamento europeo, la Commissione presenta diverse opzioni per azioni che potrebbero essere portate avanti a breve e medio termine.

    In primo luogo, nell’ambito di un risultato immediato, la Commissione avvierà un osservatorio dei costi di produzione, dei margini e delle pratiche commerciali nella filiera agroalimentare. Composto da rappresentanti di tutti i settori lungo la filiera alimentare e da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, questo osservatorio aumenterà la trasparenza dei costi e dei margini nella catena rendendo pubblici i dati e scambiando informazioni, al fine di creare un clima di fiducia tra le parti interessate e stabilire una diagnosi comune della situazione.

    La Commissione propone inoltre opzioni per migliorare in modo mirato l’attuale quadro giuridico stabilito dal regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (OCM). Tali opzioni comprendono il rafforzamento delle norme applicabili ai contratti che gli agricoltori concludono con gli acquirenti dell’industria alimentare o del commercio al dettaglio e il rafforzamento delle organizzazioni di produttori per consentire agli agricoltori di cooperare e agire collettivamente in modo più efficace nei confronti di altri attori della filiera alimentare. L’obiettivo è contribuire a correggere gli squilibri nella catena, preservando nel contempo il principio fondamentale dell’orientamento al mercato. Analogamente, la Commissione propone la possibilità di nuove norme sull’applicazione transfrontaliera delle norme contro le pratiche commerciali sleali. Attualmente almeno il 20 % dei prodotti agricoli e alimentari consumati in uno Stato membro proviene da un altro Stato membro. È necessario rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali di contrasto, in particolare migliorando lo scambio di informazioni e la raccolta di sanzioni.

    La Commissione effettuerà una valutazione approfondita della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare, in vigore dal 2021. Nella primavera del 2024 sarà presentata una prima relazione che illustra lo stato di avanzamento consolidato dell’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri. La relazione confluirà quindi in una valutazione più dettagliata che la Commissione presenterà nel 2025, che potrebbe essere accompagnata, se del caso, da proposte legislative.

    Le discussioni con gli Stati membri su queste possibili misure si svolgeranno in vari formati, in particolare il prossimo Consiglio “Agricoltura” del 26 marzo.

  • Cosa c’è dietro

    Quando comperiamo le arance o i peperoni, gli asparagi o i carciofi, la pasta, il pane, il riso, quando mangiamo una fetta di carne, mettiamo il latte nel caffè o nella tazza di un bambino, l’olio nell’insalata e beviamo un bicchiere di vino ci viene mai in mente cosa c’è dietro?

    Quante sono le ore di lavoro, quanta la fatica per combattere la siccità o le bombe d’acqua, sappiamo vagamente come alcuni prodotti della terra abbiano bisogno di molte cure, di raccolte ancora manuali, chini sul campo, o di macchinari costosi, sia se si comperano che se li si prende a noleggio?

    Gli asparagi nascono all’alba e vanno raccolti subito, a mano, ogni giorno e la raccolta dura poche settimane per anno. Il dicembre scorso, in Sicilia, gli agricoltori hanno dovuto dare acqua agli aranceti assetati mentre, non solo in Puglia, in estate ed in autunno, le olive e le uve sono state decimate dalle avversità del tempo.

    In Romagna peri e meli sono coperti dalle reti antigrandine da srotolare e riavvolgere ogni volta, le pecore vanno portate a pascolare su e giù per monti e pianure, nelle stalle il letame va raccolto, le mucche nutrite e pulite prima della mungitura ed i veterinari eseguono controlli costanti e ovviamente non gratuiti.

    Ogni volta che acquistiamo un prodotto e poi lo cuciniamo, che lo abbiamo acquistato su una bancarella o al supermercato (i piccoli negozi sono ormai quasi del tutto spariti), ci viene mai in mente quale lavoro c’è dietro il nostro piatto di pasta con le cime di rapa, la cotoletta alla milanese, le lasagne o un arancino di riso, melanzane e pomodoro? Tanto lavoro e passione che la stragrande parte degli agricoltori, dei contadini, degli allevatori mettono ogni giorno.

    Mentre beviamo un bicchiere di vino, con un po’ di pane e prosciutto, coppa o salame, mortadella o pancetta, pensiamo solo alle calorie, preoccupati di non esagerare, al costo di quello che stiamo mangiando o pensiamo, per un attimo, anche a cosa c’è dietro, a tutti i passaggi necessari per arrivare alla nostra tavola?

    Probabilmente pensiamo ai prezzi che sono cresciuti ma non all’ormai decennale problema dei mega distributori che, in tutta Europa, si accaparrano tutte le produzioni, decidono quanto e come pagare, dopo avere distrutto i piccoli distributori regionali, portando chi coltiva e chi alleva a dover subire la potenza di monopoli che non lasciano scampo: o vendi sottocosto o non vendi.

    Lo sanno bene anche i floricultori italiani e francesi costretti a chiudere le serre per la concorrenza che arriva da paesi lontani dove non si controllano gli usi dei pesticidi più nocivi e si affamano i lavoratori.

    Così sui cargo arrivano i pomodori cinesi e il problema non è l’emergenza per il grano ucraino ma la consuetudine di avere qui quello russo o di sapere che il latte delle mucche italiane non è pagato a sufficienza perché qualche “furbo” trasformatore utilizza quello in polvere che dovrebbe servire solo per l’alimentazione degli animali.

    Chiedere che i prodotti che arrivano in Europa abbiano lo stesso standard qualitativo e di sicurezza alimentare di quelli europei, che la rincorsa ai carburanti alternativi ed alle energie rinnovabili non sia fatto a scapito dell’agricoltura rendendo inutilizzabili migliaia di ettari coltivabili, combattere la eccessiva cementificazione del suolo ed incentivare il recupero abitativo di vecchie case e strutture dismesse, volere che i letti ed i greti dei fiumi siano ripuliti dai tronchi e dalle immondizie, che aumentano la pericolosità delle piene, non vuol dire stare dalla parte degli agricoltori ma stare dalla parte di tutti.

    Bisogna Impedire l’attuale strapotere dei monopolisti della grande distribuzione, difendere il nostro sistema alimentare, evitare che col cibo accada quanto già accaduto con il gas.

    Essere favorevoli a sgravi fiscali per chi produce in sicurezza quanto ci occorre per nutrirci e per esportare la nostra qualità, le nostre peculiarità e diversità, impedire che si proponga di pagare per non coltivare, per non produrre, proprio in un momento nel quale, per le guerre ed i cambiamenti climatici, c’è la necessità che ogni paese cerchi di avere quanto è indispensabile al sostentamento della sua popolazione, non è essere contro l’Europa ma essere capaci di ricondurla con i piedi per terra.

    Saper convivere tra noi umani, saper comprendere e rispettare le semplici ma severe regole della natura non è un optional e le donne, gli uomini che vivono a più contatto con la terra ci ricordano anche questo, non si può mangiare il cemento, dipendere dalle importazioni, pensare che per avere più progresso si debba distruggere il presente ed ipotecare il futuro.

    Quando iniziamo a mangiare pensiamo un attimo che la maggior parte di quello che abbiamo pagato per quel cibo non va a chi oggi, in tutta Europa, sfila sui trattori e si vede invece riconosciuto un prezzo ben inferiore ai costi di produzione.

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