concorrenza

  • E’ l’anno del riso tricolore, Italia da primato

    L’Italia è il primo Paese produttore di riso in Europa, con oltre la metà dell’intera produzione continentale, e nel 2025 celebra l’ottantesimo anniversario del Carnaroli e il centenario del primo incrocio varietale di un’eccellenza celebrata anche all’estero, oltre che simbolo di biodiversità con quasi duecento tipologie coltivate. I primati delle risaie nazionali sono stati al centro dell’incontro “Celebriamo insieme l’anno del riso italiano”, organizzato in occasione dell’inaugurazione di Tuttofood alla Fiera di Milano Rho.

    Nel 2024, come si evince da Il Punto Coldiretti, le esportazioni di riso italiano hanno sfiorato i 720 milioni di chili, in aumento del 9% rispetto all’anno precedente, con la Germania primo mercato, seguita dalla Francia. In aumento anche le superfici coltivate, anche se gli effetti dei cambiamenti climatici hanno poi limitato il previsto incremento produttivo. Coldiretti è tornata perciò a rimarcare l’importanza di realizzare un piano invasi con sistemi di pompaggio per assicurare alle imprese la disponibilità di acqua, particolarmente importante proprio nel caso di una coltura come il riso. Un cambio di passo a livello infrastrutturale che limiterebbe i problemi causati da siccità e alluvioni e consentire, evitando una volta per tutte di dover continuare a inseguire le emergenze.

    A pesare sul futuro dei risicoltori italiani, si legge ancora, è però anche la concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, che rischiano di essere ulteriormente favorite dalla stipula di accordi commerciali senza il rispetto del principio di reciprocità, a partire da quello con i Paesi del Mercosur. Nel dettaglio, l’Unione Europea prevede di concedere un contingente iniziale di 10.000 tonnellate di riso sudamericano a dazio zero, che crescerà progressivamente fino a 60.000 tonnellate.

    Una quantità che, sommata a quanto già entra con dazi agevolati (oltre il 60% dell’import), rischia di raddoppiare le attuali importazioni (circa 80.000 tonnellate l’anno). Ma a pesare è soprattutto l’assenza di reciprocità, consentendo l’ingresso agevolato di prodotti coltivati usando sostanze vietate nella Ue da decenni, come nel caso del triciclazolo. Si tratta di un pesticida bandito nell’Unione Europea nel 2016 ma ancora oggi largamente utilizzato in Brasile e in India che, assieme al Pakistan, detiene il primato europeo per notifiche su riso contaminato da fitofarmaci proibiti.

    La Commissione Europea ha peraltro recentemente annunciato l’intenzione di riaprire i negoziati per un accordo di libero scambio proprio con il Paese indiano, che è il maggior esportatore mondiale e che potrebbe così inondare il mercato Ue di prodotto a dazio zero, con il rischio di mettere all’angolo quello nazionale. Ma resta sospesa anche la richiesta del Pakistan del riconoscimento Igp per il riso basmati, che Coldiretti e Filiera Italia sono riuscite per il momento a bloccare. Un’eventualità che porterebbe a un crollo della valorizzazione del riso di tipo Indica europeo e all’abbandono della coltivazione del lungo B, senza che sia garantito anche qui il principio di reciprocità in termini di sostenibilità sociale ed ambientale nel processo di produzione del riso nel Paese asiatico.

  • Il commercio con regole comuni rispettate strumento per impedire i conflitti

    Incertezza e volatilità rimangono alte, la politica dei dazi di Trump per ora ha portato solo effetti negativi nelle borse europee ed anche le statunitensi non sono scevre di problemi, mentre, ovviamente, continua a rafforzarsi l’oro, che non è solo un bene rifugio dei singoli ma, da tempo, è acquistato dai fondi sovrani vista l’incertezza sia economica che politica.

    Ha ricominciato a salire l’inflazione e non è da escludere che la diminuzione dei tassi di interesse degli ultimi mesi si trasformi invece in nuovi aumenti.

    Le conseguenze economiche le vedremo nei prossimi giorni e molto dipenderà anche dalla capacità delle imprese europee ed italiane di indirizzarsi su nuovi mercati e di saper rispondere in modo accorto ai dazi americani, certo è che se qualche paese pensa di poter uscire da solo dalla crisi sbaglia.

    La trattativa con gli Stati Uniti può avere successo solo agendo tutti insieme mentre sembra che Trump, per dividere l’Europa, potrebbe provare a stringere accordi con singoli stati.

    Il commercio, con regole comuni rispettate, è uno strumento per impedire guerre e conflitti e portare benessere e sviluppo, per questo proprio in questo momento sarebbe necessario che l’Europa si impegnasse per ottenere una riorganizzazione dell’Organizzazione mondiale del commercio, OMS, che da dopo l’ingresso della Cina ha dimostrato di non essere più all’altezza dei suoi compiti, problema del quale si parla da anni senza concludere.

  • Il grano canadese porta gli agricoltori italiani a ridurre i prezzi

    L’arrivo di grano canadese è aumentato del 68% e di conseguenza i prezzi praticati dagli agricoltori italiani sono calati, anche se un’annata in diminuzione del 20% del raccolto, mentre diminuiscono le scorte nella Ue. A segnalarlo è la Coldiretti sulla base di un’analisi su dati Dg Agri relativi alla campagna commerciale 2024/2025 (da luglio a dicembre 2024).

    Dal Paese dell’acero sono arrivate 392mila tonnellate di grano duro, con un incremento del 68% rispetto allo stesso periodo della campagna 2023/2024 e stime di un ulteriore incremento ad inizio anno. La Coldiretti denuncia che quel grano viene trattato in pre raccolta con il glifosato, cioè con una modalità vietata nel nostro Paese (Coldiretti sottolinea poi di essere favorevole agli scambi commerciali ma chiede un’armonizzazione delle regole basate sul principio di reciprocità e di trasparenza).

    Secondo un rapporto della Commissione per lo Sviluppo del Grano del Saskatchewan la guerra commerciale tra Usa e Canada potrebbe inoltre far calare gli acquisti di cereali canadesi negli States spingendo di fatto a indirizzarli verso altri mercati se non andranno ad incrementare le scorte. Il boom di arrivi conferma un trend – rileva Coldiretti – che negli ultimi anni ha visto una serie di Paesi, dal Canada alla Turchia, fino alla Russia, alternarsi di fatto nell’inondare il mercato italiano di prodotto, spesso in coincidenza con il periodo di raccolta, con il risultato di far crollare le quotazioni del grano nazionale che nella prima settimana di marzo hanno visto un calo del 12% dei prezzi pagati agli agricoltori, con 327,50 euro a tonnellate contro i 372,50 dello scorso anno, secondo un’analisi Coldiretti su dati della borsa merci di Bologna.

    La concorrenza di prodotto straniero sta avendo un effetto negativo anche sulle semine. Secondo le prime stime il quadro tendenziale è quello di un calo significativo delle superfici a grano duro in media del 6-7% con punte del 10% fra la Puglia e la Sicilia dove di fatto di concentra la produzione nazionale.

    Le aziende agricole italiane devono anche fronteggiare l’aumento dei costi di produzione legato alla difficile situazione internazionale e quelli dei cambiamenti climatici, con la siccità che lo scorso anno ha tagliato la produzione nazionale di un quinto. Non è un caso che a livello globale le stime per l’annata agraria 2024-25 prevedono una riduzione dal 6% al 4% per le scorte complessive di grano nell’Unione Europea, mentre la quota delle scorte per gli Stati Uniti e la Cina è prevista in aumento, rispettivamente all’8% e al 53%.

    La minor disponibilità di prodotto non ha però effetto sui prezzi pagati agli agricoltori, proprio a causa delle importazioni di cereali coltivati anche usando prodotti da anni vietati in Europa. Nella coltivazione del grano turco vengono usate, ad esempio, sostanze da anni vietate in Europa, dal Carbendazim, un fungicida sospettato di avere effetti cancerogeni, al Malathion un altro fungicida tossico per le api, dal Cyflutrin, insetticida anch’esso cancerogeno, al Glifosato, l’essiccante vietato in Italia in pre raccolta e usato anche sul grano canadese e su quello russo, che viene prodotto utilizzando un’altra sostanza non permessa nella Ue, l’erbicida Fenoxaprop P ethyl.
    Il grano ucraino viene, invece prodotto usando il Chlorothalonil, un fungicida sospetto cancerogeno. Per questo Coldiretti si è mobilitata nei porti per verificare gli arrivi di grano straniero per chiedere più controlli alle frontiere sulla qualità e sulla salubrità delle merci importate e il rispetto del principio di reciprocità, così da garantire che tutti i prodotti agroalimentari che entrano nel nostro Paese rispettino gli stessi standard a livello ambientale, di sicurezza e di rispetto dei diritti dei lavoratori, che sono garantiti dagli agricoltori italiani.

  • La Commissione chiude le indagini relative ai ruling fiscali concessi a Fiat, Amazon e Starbucks

    La Commissione europea ha chiuso tre indagini approfondite avviate ai sensi della normativa sugli aiuti di Stato relative ai ruling fiscali sui prezzi di trasferimento concessi dal Lussemburgo a Fiat e Amazon e dai Paesi Bassi a Starbucks. In seguito alle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea, la Commissione ha concluso che i ruling fiscali non concedevano vantaggi selettivi alle imprese.

    Nel 2015 e nel 2017 la Commissione ha constatato che il Lussemburgo aveva concesso vantaggi fiscali selettivi a Fiat e Amazon e i Paesi Bassi a Starbucks, in violazione delle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato. In ciascun caso la Commissione ha osservato che un ruling fiscale emesso dalla rispettiva autorità tributaria nazionale aveva ridotto artificialmente l’imposta versata da ciascuna società, concedendo a ciascuna di esse un vantaggio selettivo rispetto ad altre società. Le decisioni iniziali della Commissione in tutti e tre i casi sono state annullate dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea, per cui le rispettive indagini approfondite sono rimaste aperte.

    Dal 2013 la Commissione indaga sui ruling fiscali concessi dagli Stati che non costituiscono un problema se si limitano a confermare che le disposizioni fiscali sono conformi alla legislazione fiscale pertinente. Se invece conferiscono un vantaggio fiscale selettivo a imprese specifiche, possono creare distorsioni della concorrenza all’interno del mercato unico, in violazione delle norme UE sugli aiuti di Stato.

    Nell’ottobre 2015 la Commissione è giunta alla conclusione che un ruling fiscale emesso dalle autorità lussemburghesi nel 2012 conferiva un vantaggio selettivo a Fiat e, da quella data, aveva indebitamente ridotto l’onere fiscale per questa società di 20-30 milioni di €. Nel novembre 2022 la Corte di giustizia ha annullato una sentenza del Tribunale del 2019, che confermava la decisione della Commissione del 2015, e ha annullato tale decisione. La Corte di giustizia ha concluso che la Commissione aveva utilizzato parametri errati nella sua indagine.

    Nell’ottobre 2015 la Commissione ha constatato che un ruling fiscale emesso dalle autorità neerlandesi nel 2008 conferiva un vantaggio selettivo a Starbucks e, da quella data, aveva indebitamente ridotto l’onere fiscale per questa società di 20-30 milioni di €. Nel settembre 2019 il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione sostenendo che quest’ultima non aveva dimostrato che, mediante il ruling fiscale, i Paesi Bassi concedevano un vantaggio selettivo a Starbucks.

    Nell’ottobre 2017 la Commissione ha constatato che un ruling fiscale emesso dal Lussemburgo nel 2003 e prorogato nel 2011 aveva ridotto indebitamente l’imposta versata da Amazon nel Lussemburgo di circa 250 milioni di €. Nel maggio 2021 il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione sostenendo che quest’ultima non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo. L’annullamento è stato confermato dalla Corte di giustizia nel dicembre 2023.

  • Gli Stati membri dell’UE sostengono la proposta della Commissione di imporre dazi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La proposta della Commissione europea di istituire dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina ha ottenuto il sostegno degli Stati membri dell’UE necessario per l’adozione dei dazi. Si tratta di un ulteriore passo in avanti verso la conclusione dell’inchiesta antisovvenzioni della Commissione.

    Parallelamente l’UE e la Cina continuano a lavorare intensamente per esplorare una soluzione alternativa che sia pienamente compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio, adeguata ad affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’inchiesta della Commissione, monitorabile e applicabile.

    Un regolamento di esecuzione della Commissione contenente le conclusioni definitive dell’inchiesta deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 30 ottobre 2024.

  • La Commissione europea nomina un nuovo economista capo per la concorrenza alla direzione generale della Concorrenza

    La Commissione europea ha nominato Emanuele Tarantino economista capo per la concorrenza presso la direzione generale della Concorrenza (DG COMP). Questo dipartimento della Commissione si adopera per assicurare all’interno del mercato unico una concorrenza leale e in condizioni di parità tra tutte le imprese sulla base dei loro meriti, a vantaggio dei consumatori, delle imprese e dell’economia europea. La data in cui la nomina prenderà effetto sarà stabilita prossimamente.

    Tarantino, cittadino italiano, vanta una solida formazione accademica e 15 anni di esperienza nell’analisi economica e nella politica di concorrenza, grazie ai quali ha acquisito una profonda conoscenza delle dinamiche di mercato e dei quadri normativi.

  • TikTok si impegna a ritirare definitivamente dall’UE il programma TikTok Lite Rewards per conformarsi al regolamento sui servizi digitali

    La Commissione ha reso vincolanti l’impegno di TikTok a ritirare definitivamente dall’UE il programma “TikTok Lite Rewards”. Tale impegno era stato assunto da TikTok per venire incontro alle preoccupazioni espresse dalla Commissione nel procedimento formale avviato nei confronti della piattaforma il 22 aprile e per garantire il rispetto del regolamento sui servizi digitali.

    La decisione rende gli impegni di TikTok giuridicamente vincolanti: qualsiasi loro violazione costituirebbe immediatamente una violazione del regolamento sui servizi digitali e potrebbe comportare l’imposizione di sanzioni pecuniarie. Con tale decisione, la Commissione chiude inoltre il procedimento formale avviato nei confronti di TikTok il 22 aprile.

    Si tratta del primo caso che la Commissione chiude ai sensi del regolamento sui servizi digitali, a 105 giorni dall’apertura del procedimento.

  • La Commissione impone dazi compensativi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La Commissione europea ha istituito dazi compensativi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina.

    Sulla base dell’inchiesta svolta, la Commissione ha concluso che la catena del valore dei veicoli elettrici a batteria in Cina beneficia di sovvenzioni sleali, dalle quali deriva una minaccia di pregiudizio economico ai produttori UE di veicoli elettrici a batteria.

    Le consultazioni con il governo cinese si sono intensificate nelle ultime settimane, a seguito di uno scambio di opinioni tra il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis e il ministro cinese del Commercio Wang Wentao. I contatti proseguono a livello tecnico al fine di giungere a una soluzione che sia compatibile con l’OMC e risponda adeguatamente alle preoccupazioni sollevate dall’Unione europea. Rispetto alle aliquote comunicate preventivamente il 12 giugno 2024, i dazi provvisori sono stati leggermente adeguati al ribasso tenendo conto delle osservazioni sull’esattezza dei calcoli presentate dalle parti interessate.

  • Bruxelles avvia verifiche sugli appalti della Cina per rifornirsi di apparecchiature mediche

    La Commissione europea ha deciso di avviare un’indagine su presunte misure e pratiche della Repubblica popolare cinese che danno luogo a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese. È quanto si legge nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

    Le pratiche e le misure restrittive sulle importazioni “creano uno svantaggio significativo e sistemico per gli operatori economici, i beni e i servizi dell’Unione, in quanto favoriscono sistematicamente l’acquisto di prodotti nazionali a scapito di quelli importati o rendono soggetta a procedure discriminatorie la partecipazione degli operatori economici dell’Unione agli appalti, impedendo l’acquisto di dispositivi medici importati tranne quando, ad esempio, i dispositivi da acquistare non sono disponibili nel territorio della Repubblica popolare cinese. Tali restrizioni e pratiche all’importazione privano i produttori dell’Unione di dispositivi medici di qualsiasi opportunità commerciale, o almeno di opportunità significative, nel mercato degli appalti della Cina”, si legge ancora nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

    “Tale impatto negativo è ulteriormente inasprito dalla definizione di obiettivi di acquisto nazionale per le amministrazioni aggiudicatrici. Inoltre, anche quando è concesso l’accesso a tale mercato, vengono spesso imposte condizioni che privano i produttori dell’Unione di un’equa possibilità di partecipazione, come l’obbligo di dare accesso alle loro tecnologie. Infine le pratiche adottate nel quadro dell’appalto centralizzato di dispositivi medici inducono gli offerenti a presentare offerte anormalmente basse che non sono sostenibili per imprese a scopo di lucro”, continua l’analisi della Commissione europea. La valutazione preliminare della Commissione “è pertanto che le misure e pratiche di cui sopra danno luogo a gravi e ricorrenti restrizioni, di diritto e di fatto, dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese”.

    L’indagine della Commissione determinerà adesso se le presunte misure e pratiche della Cina siano effettivamente esistenti e diano luogo a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese. A norma del regolamento Ipi (lo strumento per gli appalti internazionali), il governo della Cina è adesso invitato a presentare il proprio parere e a fornire informazioni pertinenti in merito alle presunte misure e pratiche. Il governo cinese è inoltre invitato ad avviare consultazioni con la Commissione al fine di eliminare o porre rimedio alle presunte misure e pratiche. Se, a seguito dell’indagine, la Commissione concluderà che le misure applicate dalla Cina sono discriminatorie per il mercato, potrà adottare forme di riduzione della possibilità di aggiudicarsi la gara d’appalto o addirittura escludere le aziende cinesi dalle gare di fornitura europee.

  • Le pale eoliche cinesi finiscono nel mirino dell’Antitrust europeo

    La vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager ha annunciato l’apertura di un’indagine sui sussidi cinesi all’aziende dell’eolico, sulla falsariga di quanto l’Antitrust europeo ha già fatto per le auto elettriche made in China.

    “La strategia di Pechino sui maxi-sussidi statali e le esportazioni è attuata in tutte le aree delle tecnologie pulite, dei microchip e oltre. Le nostre economie non possono assorbirla. Non è solo pericolosa per la nostra competitività: mette a repentaglio anche la nostra sicurezza economica”, ha sottolineato Vestager, prospettando come eventualità in cui non incorrere una dipendenza dell’Europa rispetto a quei prodotti cinesi: “Non possiamo permetterci di vedere accadere ad auto elettriche, energia eolica o chip essenziali quello che è successo ai pannelli solari”.

    Senza un cambio di rotta, questo il timore di Bruxelles, l’Ue rischia di sviluppare una dipendenza dalla Cina entro il 2030 per l’eolico simile a quella che aveva dalla Russia per il gas prima dell’invasione dell’Ucraina. Mentre le aziende europee dell’energia eolica, da Orsted a Siemens Energy a Vestas, sono in difficoltà i costruttori cinesi sono molto solidi. Le tre principali aziende cinesi del settore – Goldwind, Envision e Windey – hanno installato più della metà delle turbine eoliche in patria. Da sola la Cina rappresenta il 58% delle installazioni di energia solare e il 60% delle installazioni di energia eolica a livello globale.

    La crescita delle aziende cinesi, oltre alle tre grandi ci sono un’altra dozzina di realtà, è una consistente minaccia all’industria eolica europea, dato che le turbine made in China costano la metà di quelle occidentali e che potrebbero sempre più venire esportate all’estero. Nel 2018 le società europee controllavano il 55% del mercato eolico globale, ma nel 2022 sono calate al 42%; nello stesso periodo, quelle cinesi sono cresciute dal 37 al 56%.

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