Cucina

  • Toghe&Teglie: cipolle rosse in agrodolce

    Buon autunno a tutti! Sono ancora una volta Massimiliano D’Alessandro, cuoco prestato all’avvocatura della sezione tarantina di Toghe & Teglie. Ultimamente le mie preparazioni sembra che stiano spopolando tra gli amici del Gruppo e, così, eccomi di nuovo a proporvi una delle mie recenti preparazioni, una conserva di facile ma lunga preparazione che consiglio – una volta che ci si mette all’opera – di produrre in abbondanza e non pensarci più per un po’.

    Queste cipolle in agrodolce sono ottime sia come completamento di un’insalata che come contorno e non stonano neppure come arricchimento di un aperitivo: assicuro che sono buonissime, però assicuratevi di non avere impegni sociali o di lavoro che impongono distanza ravvicinata perché sono come le ciliegie e una tira l’altra con gli effetti collaterali immaginabili. Prive di controindicazioni, invece, se avete in programma solo delle conference calls.

    Procediamo! E questa volta avrete anche indicazioni puntuali sui quantitativi: procuratevi e tagliate a fettine sottili ma non troppo 1 chilo di cipolle rosse e mettetele a macerare in una coppa o ciotola con delle foglie di alloro e 200 ml. di aceto di mele; coprite con la pellicola e lasciate riposare quattro ore.

    Trascorso il tempo indicato, versate mezzo chilo di zucchero, rimestate bene e ricoprite nuovamente lasciando riposare per altre cinque ore (e siamo a nove più quelle dedicate alla spesa, alla organizzazione, taglio delle cipolle ecc..: vi avevo avvisato!).

    Le cipolle, però, non devono restare crude e quindi mettete il composto in una padella capiente, bassa e ampia, e cuocete a fuoco basso/medio per 40 minuti rigirando di quando in quando.

    Intanto che le cipolle cuociono preparate i contenitori; servono i boccacci con chiusura ermetica: colmateli a cottura ultimata con le cipolle senza aggiungere null’altro, chiudete e subito dopo capovolgete lasciando fare il sottovuoto per una notte…e siamo a un giorno e mezzo per la preparazione di base ma da quello successivo potranno essere girati e conservati, sempre che non iniziate subito la degustazione, il che è molto probabile.

    A presto per sbizzarrirci ancora insieme ai fornelli!

  • Toghe&Teglie: involtini agli agrumi

    Buon Ferragosto, cari lettori de Il Patto Sociale! Sono Manuel Sarno, fondatore del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana dovrete sopportarmi anche in questa rubrica oltre che “In attesa di Giustizia”. Un periodo di meritato riposo in Sicilia mi ha suggerito una preparazione che, essendo riuscita piuttosto bene, mi sento di segnalarvi: altro non è che una variante degli involtini alla palermitana dei quali, peraltro, ne esistono una quantità a partire dalla carne scelta per realizzarli. In origine è quella di vitello – che personalmente preferisco ed ho utilizzato anche questa volta – ma si può impiegare tranquillamente di pollo o suino.

    Premetto che i quantitativi sono “a muzzo” o “a sentimento”, secondo tradizione.

    Procedete acquistando delle fettine di carne che avrete cura di far tagliare molto sottili ed in modo da avere una lunghezza che consenta l’arrotolamento ed una larghezza di circa tre/quattro dita: dipende dalle dita di chi.

    Mettetevi, poi, ai fornelli fate intiepidire appena una padella prima di versarvi un cucchiaio di olio evo (non bisogna esagerare altrimenti si realizza un fritto e non un soffritto) facendolo leggermente scaldare  anch’esso per poi aggiungere della cipolla finemente tritata, uno spicchio d’aglio – che in seguito toglierete – e della mollica di pane sbriciolata (a scelta, vanno bene anche dei taralli ridotti quasi in polvere) aggiustando di sale e pepe.

    Fate andare a fuoco moderato finchè la mollica non risulterà abbrustolita e croccante e togliete dal fuoco versando il tutto a raffreddare in una ciotola inserendo poi del prezzemolo tritato, caciocavallo o formaggio simile, non troppo stagionato, sminuzzato e parmigiano max. 24 mesi.

    Prima di impastare quello che sarà il ripieno, grattugiatevi sopra della scorza di limone non trattato o di arancia, badando a non esagerare evitando che vada a coprire gli altri profumi e sapori.

    Impastate il tutto, stendete le fettine di carne sul piano di lavoro, posizionatevi sopra il ripieno, arrotolate e chiudete i bordi laterali, dopodichè passate ciascun involtino, senza intriderlo, in olio evo e poi nel pangrattato.

    Ora “infilzate” gli involtini a due a due, tre a tre…dipende dalle dimensioni (ma non devono essere troppo grandi: poco più che dei bocconcini) con degli spiedini di legno e adagiateli su carta forno in una teglia senza aggiunta di altri condimenti.

    In forno preriscaldato a 200° per un minimo di un quarto d’ora/venti minuti – regolatevi con il formarsi della crosticina – girandoli almeno una volta e nel frattempo dedicatevi a preparare una fresca insalata di contorno.

    Per dissetarvi suggerisco una eccellente “Birra dello Stretto” ghiacciata: non è facile da trovarsi al di là di Scilla e Cariddi ma val la pena ordinarne una cassa, ve la spediranno senza problemi.

    Buon proseguimento e buon appetito a tutti!

  • Toghe&Teglie: pollo marinato al miele

    Buona settimana e buone vacanze a tutti, buon rientro a chi le ha già fatte: sono Anna Paola Klinger, veneziana del Gruppo Toghe & Teglie e manco da qualche tempo in questa rubrica: devo il mio ritorno ad un piatto che può non sembrare estivo ma, prima di illustrarvelo, rispondete ad una domanda: voi in questa stagione vi cibate solo di insalata di riso, vitello tonnato, gigantesche coppe di frutti di bosco? La parmigiana di melenzane la freezate per scongelarla sotto Natale insieme al risotto con i frutti di mare?

    Fatta chiarezza con onestà intellettuale e buona pace degli esiti della prova costume, mettetevi alla prova con questo delizioso polletto: me lo dico da sola ma lo sperimenterete di persona, è proprio buono!

    Dunque, procuratevi, ovviamente, un pollo. Ho detto un pollo, non il cadavere di una creatura allevata con oscure miscele chimiche, trucidata, avvolta nel cellophane come in un sacco mortuario ed ostesa sugli scaffali di un supermercato con qualche marchio la cui pubblicità di una singola confezione costa di più della buon’anima.

    La creatura deve essere – o meglio, doveva essere in vita – ruspante e la carne, saporita e consistente, deve faticare a staccarsi dall’osso: quindi recatevi in una macelleria o polleria di buon livello e procedete con l’acquisto; già che ci siete potreste evitarvi la fatica facendovi tagliare il pollo a pezzi…

    …pezzi che, giunti a casa, metterete a marinare almeno una mezz’ora in una ciotola con due spicchi d’aglio, due o tre cucchiai di miele (io uso quello di acacia), abbondante curcuma e mezzo bicchiere di vino bianco (vige sempre il divieto assoluto di avvelenare le pietanze con Tavernello e simili).

    Il tutto va mescolato con le mani prima di lasciarlo ad insaporire.

    Per la cottura è perfetto un wok, come suggeriva Saverio La Grua la settimana scorsa è un utensile molto versatile, nel quale verserete un poco di olio evo ed un porro affettato sottile; inserite poi il pollo e fate rosolare la pelle, ricoprite con il sughetto della marinatura e procedete a fuoco moderato e con il wok coperto, per mezz’ora e inserendo, senza esagerare, della salsa di soia rabboccandola man mano che si consuma.

    Dopo la prima mezz’ora fate andare per altrettanto tempo con il wok scoperto ed a cottura ultimata impiattate cospargendo con scaglie di zenzero appena grattugiate.

    Non male eh? Avete messo un buon bianco a ghiacciare? Si accompagna perfettamente…

    A presto!

  • Toghe&Teglie: tramezzino con insalata di gamberi

    Buongiorno, buongiorno, amici lettori: sono Giuseppe Barreca, avvocato calabro-mantovano del Gruppo Toghe & Teglie. I miei amici, oltre a riconoscermi una seniority nelle preparazioni a base di baccalà, apprezzano molto le mie proposte di sandwich che possono essere uno spuntino spezza fame, la soddisfazione di una golosità ma anche un pasto leggero se non il componente di un aperitivo arricchito.

    Fatene ciò che volete con quello che vi presento questa settimana ma, soprattutto, fatelo! Facile, goloso, fresco ed adatto alla stagione estiva.

    Questa volta l’indicazione approssimativa delle dosi non sarà davvero un limite: procuratevi per prima cosa dei panini morbidi, possibilmente lunghi e larghi come quello che vedete in fotografa ma – in fin dei conti – saranno il contenuto e la “capienza” (oltre alla qualità del pane) a fare la differenza e non la forma.

    Serviranno inoltre dei cuori di insalata iceberg, basilico fresco, aglio in polvere, olio evo e code di gamberi in numero adeguato alle imbottiture ed al numero dei tramezzini, Heinz Yellow Mustard.

    Ora fate semplicemente bollire i gamberi, limitando la cottura a pochi minuti per mantenerne inalterata la consistenza ed una volta scolati raffreddateli subito con acqua fredda.

    Quindi tagliate il panino nella parte superiore, al centro, e togliete un po’ di mollica per far posto agli altri ingredienti.

    Condite l’insalata in una ciotola con olio, sale, basilico e poco aglio in polvere ed altrettanto fate con i gamberi da insaporire a loro volta inserendoli nella ciotola già usata per l’insalata ed aggiungendo – con la dovuta misura – olio, pepe e poco sale. Mescolate e fateli riposare brevemente nel condimento.

    A questo punto, posizionate uno strato di abbondante insalata nel panino ed al di sopra, con altrettanta generosità, le code di gamberi.

    Guarnizione finale con la Mustard, scelta assolutamente preferibile, in mancanza della quale potrebbe essere accettabile anche della mayo di qualità.

    La bevanda che si abbina perfettamente è un gin tonic leggero.

    Enjoy it

  • Toghe&Teglie: frisa ai tre sapori

    Buona settimana, cari lettori! Sono Massimiliano D’Alessandro, avvochef tarantino del Gruppo Toghe & Teglie: spero che abbiate di me un buon ricordo, ospitato di recente in questa rubrica, perché sono nuovamente a proporvi qualcosa di appetitoso per saziarvi e soddisfarvi in una estate che si va arroventando e cioè a dire un piatto freddo con ingredienti assai naturali.

    La frisa, innanzitutto, senza la quale nemmeno si può cominciare…cos’è? Ma dai, è quel tipico pane biscottato, chiamato anche frisella a base di grano duro e cotto al forno, si trova facilmente sia dal fornaio che nei supermercati; ecco procuratevene tante quante sono le porzioni e l’appetito (ce ne sono di dimensioni diverse) e bagnatela appena appena in acqua, asciugandola poi con un panno, quel tanto che basta per ammorbidirla senza renderla moscia ma evitando la gioia del vostro dentista, e ponetela al centro del piatto.

    Ora ricopritela con uno strato di guacamole, sapete quella salsina a base di avocado che potrete preparare da voi, è decisamente migliore e dà più soddisfazione di quella comperata già pronta: basta avere degli avocado ben maturi, delle cipolle bianche, succo di lime, coriandolo e sale q.b. Si comincia tritando finemente la cipolla ed il coriandolo, aprite poi l’avocado in due prelevandone la polpa e mettete il tutto in una ciotola o nel frullatore, aggiungete il lime ed il sale (anche un ombra di peperoncino o tabasco, se piace più piccante) e mescolate o frullate fino ad ottenere una crema. Punto, il guacamole è pronto e potrete stenderlo sulla vostra frisella. Volete aggiungere qualche pomodorino tagliato a pezzettini, fate pure: io non li ho messi ma ci possono stare. E così siete pronti per un salutare apporto di potassio, zinco, magnesio vitamina B5 e B6.

    Ora del tonno sott’olio sgocciolato ma non troppo: vi dirò una cosa, quello che vedete in foto l’ho fatto con le mie mani ma – per questa volta – vi risparmio l’onere della realizzazione casalinga che, magari, vi spiegherò in un’altra occasione; in commercio se ne trova di eccellente e deve privilegiarsi proprio la qualità. Tra i migliori suggerisco quello di Carloforte a tranci grossi con l’avvertenza che una confezione costa come una cena al ristorante.

    Sminuzzate il tonno e distribuitelo sopra la frisa già spalmata con la crema di avocado e ora, il tocco finale: mezzo uovo sodo su ognuna, da salare leggermente e tritandovi sopra un po’ di pepe profumato.

    Mi raccomando! Le uova sode non devono essere buone per una partita a bocce, ma avere l’interno morbido ed ancora leggermente cremoso, risultato che si ottiene mettendole a bollore per otto minuti secchi, non un secondo di più e facendole raffreddare un filo senza usare acqua fredda che comprometterebbe il risultato.

    Pronti, via!

    Noi ci rivediamo presto, almeno spero.

  • Toghe&Teglie: lasagnette al pesto ricco

    Guardate un po’ chi si rivede, cari lettori: Enrico Ghezzi, detto il “Bolscevico”, del Gruppo Toghe & Teglie nel quale mi viene riconosciuta una certa seniority nella realizzazione di lasagne e lasagnette. Un po’ come quelle che descrivo questa settimana…è caldo, dite voi e a luglio non si mangiano lasagne? E chi l’ha detto, un santone della Weight Watchers? E se anche così fosse, sfatiamo il mito: saranno anche un piatto caldo e dall’aspetto invernale ma perché, in agosto, non mangiate il fritto di pesce che si fa con l’olio bollente?

    Quello che vi propongo, inoltre, è un piatto molto semplice e veloce per il quale non pretendo la tiratura della sfoglia di pasta in casa che nemmeno io faccio se non ho il tempo da dedicarvi…quindi va benissimo quella che trovate al supermercato o dal fornaio.

    Stesso discorso vale per la besciamella che – però – è più facile da fare: gli ingredienti ci sono sempre e non servono macchinari di alcun tipo; in più bastano solo un padellino, un mestolo e olio di gomito… ma andiamo avanti con quella già pronta e non se ne parli più.

    Iniziate facendo appena sbollentare in acqua salata dei fagiolini: questione di istanti, oserei dire, per impedire che si ammoscino, devono restare quasi croccanti e tanto finiscono di cuocere in forno.

    A parte, in una ciotola capiente, miscelate il pesto con la besciamella…già c’è anche il pesto che non è poi così difficile da fare nemmeno lui (senza la pretesa di usare un mortaio di marmo) se si ha un frullatore. Pazienza, avanti con il pesto già pronto: che sia, però, di qualità perché è l’ingrediente principale. Aborrite quelli già pronti pubblicizzati da qualche panzone le cui dimensioni denotano che non si alimenta in modo sano e procuratevi del buon pesto in una gastronomia.

    Riprendiamo dal mix besciamella/pesto ed in seguito proseguite con l’assemblaggio delle lasagne cospargendo ogni strato di pasta con pesto/besciamella, parmigiano non tropo stagionato, fagiolini, prosciutto cotto a listarelle ed un altro formaggio a scelta tra mozzarella (non di bufala che fa acqua), provola, Emmenthal o anche sottilette a base di parmigiano: avete capito perché si chiamano lasagnette al pesto ricco?

    L’ ultimo strato sarà ancora pesto e besciamella senza dimenticare una spolverata finale di parmigiano. Siate generosi con questo parmigiano che deve fare la crosticina in forno: non è perché il piatto è a base di pesto ligure dovete farvi venire il braccino con gli ingredienti!

    Forno preriscaldato a 200° e cottura a occhio finchè non vedete filare bene i formaggi e lo strato superiore si è dorato bene.

    Buona estate a tutti!

  • Toghe&Teglie: ‘u sciusceddu

    Cari lettori, con mio grande orgoglio, sto subito bissando la presenza della settimana scorsa su queste colonne: sono di nuovo Maurizio Condipodero del Gruppo Toghe & Teglie: passato indenne dagli strali dei puristi per la ricetta della “calabronara” questa volta sono a proporvi ‘u sciusceddu che è un piatto preparato tradizionalmente a Messina in occasione della Pasqua ma non necessariamente limitato a quel periodo e ne esistono due versioni. Senza dilungarci in una duplice illustrazione – anche perché le differenze non sono poi sostanziali, vi descrivo il procedimento che seguo abitualmente con indicazione sommaria dei quantitativi secondo la migliore regola di questa rubrica.

    INGREDIENTI:

    polpa di manzo macinata (facciamo un centinaio di grammi scarsi a porzione per quattro), ricotta fresca di pecora, parmigiano grattugiato, “mollica” (pangrattato) in quantità “a muzzo”, brodo di carne sgrassato, un ciuffo di prezzemolo, uova, sale e pepe q.b..

    PREPARAZIONE

    Mettete la carne in una ciotola, salatela, e impastatela con due uova, una manciata di parmigiano, il pangrattato, il prezzemolo tritato e pochissimo brodo e regolate di sale e pepe.

    Lavorate bene gli ingredienti e con il composto fate delle polpettine tonde della grandezza di un’oliva e lessatele al massimo per tre minuti nel brodo bollente.

    Nel frattempo preparate un impasto con 80 grammi di parmigiano, la ricotta, tre tuorli (tenete da parte gli albumi), sale, pepe e un trito di prezzemolo.

    Montate a neve ben ferma i tre albumi ed incorporateli delicatamente nella crema di ricotta, con un movimento dal basso verso l’alto.

    Ora versate il brodo e le polpettine in una teglia dai bordi alti, che possa poi andare in forno e mettetela sul fuoco, a calore basso, portando a bollore.

    A questo punto, senza rimescolare, versate con delicatezza la ricotta, in modo da ricoprire tutta la superficie della teglia e lasciate sobbollire per qualche altro minuto.

    Mettete, infine, “u sciuscieddu” in forno caldo a 200° per cinque minuti facendo formare una crosticina leggera.

    Va servito ben caldo.

    Fa già fin troppo caldo, dite voi? Eh, va bene, tenete la ricetta in serbo per quest’autunno e, mi raccomando: nella preparazione, non vorrei essere ripetitivo ma più che le dosi esatte vale il … sentimento.

    Ciao, ciao.

  • Toghe&Teglie: la calabronara

    Un caro saluto a tutti da Maurizio Condipodero del Gruppo Toghe & Teglia, specialista di pesantissime calabresità: sono stato ospite di questa rubrica in tempi recenti e – forse – ricorderete il mio ultimo suggerimento. Questa volta, ben sapendo che mi attirerò gli strali dei puristi, vi propongo la mia versione, calabresizzata anch’essa, della carbonara. Pazienza, credetemi, parlando di varianti è decisamente più accettabile di quella cafonata della pizza con il Pata Negra e, volendo, si può anche fare a meno di accostarne il nome alla carbonara. Chiamatela come vi pare e per iniziare procuratevi:

    – Cipollotti freschi, possibilmente di Tropea;

    – Peperoni cruschi;

    – Nduja;

    – Uova, pecorino e parmigiano.

    Ora stufate un kg. di cipollotti comprensivi del loro gambo.

    A metà della loro cottura aggiungete tre peperoni cruschi tagliati a pezzetti ed un cucchiaio di nduja sciolta precedentemente con un po’ di acqua calda (senz’acqua si brucia).

    Completata la cottura, separate le cipolle dal liquido prodotto e conservatelo in un recipiente.

    Siete pronti? Mettete a bollire l’acqua per la pasta ed a parte preparate le uova con pecorino e parmigiano, con le proporzioni classiche della carbonara.

    E’ fondamentale che si completi la cottura della pasta, dopo averla scolata molto molto al dente, in un’ampia padella, con il liquido rilasciato dalle cipolle aggiungendo l’intingolo peperoni cruschi, nduja e cipolle dopo averle sminuzzate.

    Spegnete il fuoco, inserite le uova già mixate con i formaggi, mantecate ed impiattate.

    N.B.: le quantità degli ingredienti per il numero di commensali sono sempre a sentimento, il dosaggio della pasta – sono perfetti degli spaghettoni – comunque non può essere inferiore ai 120 grammi a testa altrimenti si rientra nella categoria “razioni di guerra” e l’impiattamento è a valanga.

    Se si vuole vuoi ottenere un colore giallo più acceso basta aggiungere una bustina di zafferano: male non ci sta.

    Ora sono pronto a subire gli improperi degli amici della Sezione Romana al comando di Ivan Vaccari, ma voi mi ringrazierete.

    A presto su queste colonne con qualche altra golosità incompatibile con la prova costume.

  • Toghe&Teglie: tonnarelli con quello che c’è

    Ciao lettori, sono Ivan Vaccari, l’Ayatollah della carbonara, ovviamente della Sezione di T&T dell’Urbe, e questa settimana sono stato prescelto per intrattenervi con una ricetta frutto di arrangiamento causato dal vuoto torricelliano con cui mi sono ritrovato il frigorifero una delle sere scorse.

    I tonnarelli, per fortuna c’erano, non molti secondo il mio metro di misura (io sono un fanatico del formato “cofana”) ma me ne sono fatto una ragione: il problema poteva essere condirli ma con un po’ di inventiva ne è venuto fuori un prodotto degno anche della ribalta su Il Patto Sociale.

    Dunque, procuratevi dei tonnarelli (per le persone normali, a regola, ne bastano circa 80 grammi a porzione) e mettete, pronti all’uso, sul piano della cucina del burro, meglio se aromatizzato alle erbe, meglio ancora se fatto in casa, basilico, salvia, pepe profumato, pecorino (romano, ovviamente) e parmigiano: questa che sembra una regola per me era ciò che “passava il convento” e non azzardatevi a chiedermi le dosi soprattutto per un piatto preparato con queste premesse.

    Intanto che l’acqua va a bollore tritate basilico e salvia insieme e grattugiate i formaggi.  Riponete il tutto in due ciotole separate.

    Qualche minuto prima del termine di cottura, scolate i tonnarelli conservando un po’ della loro acqua (ingrediente sempre utilissimo) e metteteli in una padella facendoli saltare nel burro a fuoco moderato: ce ne vuole un bel po’, come nei tagliolini Alfredo (e come quando solo gli studenti di medicina sapevano cos’è il colesterolo) e mantecate con i formaggi e un saggio impiego dell’acqua di cottura. Non troppa, e aggiungetela gradualmente, se no, invece della cremina vi verrà fuori un’ acquerugiola.

    In finale, continuando a rimestare i tonnarelli nella padella, spegnete il fuoco aggiungete il trito di odori e macinatevi sopra il pepe. Il pepe, ricordatevelo, si macina al momento se si vuole che conservi al meglio aroma e profumo.

    Ora potete impiattare ed accomodarvi a tavola e chiamate questo piatto come vi pare: un nome non ce l’ha per i motivi che vi ho spiegato ma quando ho assaggiato la prima forchettata ho pensato che in cucina vale più che altrove la definizione del Melandri di Amici Miei: cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione.

    Dajeeeee, alla prossima.

  • Toghe&Teglie: paccheri al ragù di calamaro

    Buona settimana, cari lettori, sono Laura Antonelli, avvocato della sezione Toscana (sarebbe più preciso dire: Pisana) di Toghe & Teglie e sono stata selezionata per proporvi una ricettina davvero saporita per farvi inaugurare facilmente la stagione dei piatti estivi che, spesso, sono a base di pesce.

    Forse non è mia originale, certamente non l’ho letta da nessuna parte prima: ho avuto un’intuizione  trovando in pescheria i “tentacoli di calamaro gigante” che non avevo mai visto.

    Visti e presi! Cercateli anche voi oppure accontentatevi di quelli di calamari “regular”: saranno boni (senza la u, alla toscana) ugualmente, almeno credo.

    Tagliateli a pezzettini e metteteli in una larga bastardella in cui avrete fatto scaldare aglio, olio – rigorosamente evo – e peperoncino a piacimento: troppo piccante, però copre i sapori, non dimenticatelo.

    Inserite i tocchetti di tentacoli facendo andare a fuoco vivace per tre minuti e poi sfumate con vino rosso. Sì, rosso, con questo piatto ci sta benissimo e poi basta con codesta storia che il pesce vuole il bianco: dipende, da pesce a pesce e da ricetta a ricetta e qui ci vuole il rosso, magari non un Barolo o un Amarone ma qualcosa di meno impegnativo e con una gradazione minore.

    Appena sarà evaporato il vino aggiungete della passata di pomodoro a pezzettoni ed un cucchiaio di concentrato, abbassate il foco (anche questo senza la u) al minimo e lasciate andare dando una rimescolata di quando in quando.

    A metà cottura (circa mezz’ora) colorate ed insaporite con una generosa tritatura di prezzemolo fresco ed in tempo utile mettete a bollire l’acqua per la pasta: è preferibile un formato come i paccheri, comunque grossa.

    Scolate la pasta molto al dente e terminate la cottura “risottandola” nel condimento, allungando (se necessario, nel caso si sia un po’ ristretto) con acqua di cottura che va sempre bene tenere da parte prima di eliminarla tutta.

    Amalgamate badando a mantenere il foco sempre bassino e siete pronti per andare a tavola: volendo si può dare una ripassata di prezzemolo anche all’impiattamento di ogni porzione. Male non fa.

    Non lamentatevi né della difficoltà, perché è un piatto facilissimo, né della mancanza dei dosaggi, qui non si usa e nessuno dei commensali si lamenterà se il vostro occhio non vi avrà ingannato.

    A presto!

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