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  • Negli ultimi tre anni un milione di italiani migrati al Nord dal Sud e dalle isole per cure mediche. La Lombardia tra le principali destinazioni

    Migrazione sanitaria, impatto della tecnologia digitale come risorsa per affrontare il fenomeno, efficienza e sostenibilità dei percorsi di assistenza sul territorio: sono stati i temi al centro dell’evento che si è tenuto alla Società Umanitaria di Milano ‘Migranti della salute nell’era digitale: quali prospettive?’ organizzato da CasAmica ODV e Fondazione Roche, con il patrocinato di Rotary distretto 2041 di Milano.Partendo dai risultati della survey ‘Studio sui migranti sanitari’ realizzata da EMG Different per CasAmica su un campione rappresentativo di cittadini di età compresa tra i 35 e i 65 anni residenti in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna, da cui è emerso che sono un milione gli italiani residenti al Sud e nelle isole che negli ultimi tre anni sono stati costretti a spostarsi dalla propria regione di residenza per sottoporsi a cure mediche, l’evento è stato una occasione di confronto tra terzo settore e istituzioni focalizzato sul presupposto che la chiave per ridurre l’impatto economico e psicologico di chi si sposta per ricevere cure risiede nelle nuove tecnologie. Occorre, infatti, un cambio di paradigma concreto che partendo dall’implementazione della digitalizzazione, in primis della telemedicina, integrata con servizi di assistenza sanitaria territoriale, permettano di ottimizzare l’equità e l’accesso ai migliori percorsi di diagnosi e cura.

    “Quasi il 70% dei migranti della salute intervistati ha scelto il Lazio e Lombardia1. Le cause di questa ‘migrazione’ sono da ricercare nei motivi legati all’opportunità di ottenere una migliore offerta sanitaria (51%) e medici più preparati (39%) o addirittura nella concreta impossibilità di ricevere cure adeguate alla propria patologia nella regione di provenienza (32%) – ha dichiarato Stefano Gastaldi, Direttore generale CasAmica ODV – Tutto questo ha un impatto economico notevole sulla vita dei malati e delle famiglie. Il 60% denuncia costi alti per gli spostamenti e gli alloggi e il 58% avrebbe avuto bisogno di prezzi calmierati. Oltre all’aspetto puramente economico, i migranti della salute hanno espresso anche altre esigenze come la necessità di un supporto psicologico per sé o per la propria famiglia (49%) e mezzi di trasporto per raggiungere l’ospedale (43%)”.

  • L’Istituto Europeo di Oncologia verso l’addio alle protesi in silicone

    L’Istituto Europeo di Oncologia anche quest’anno partecipa attivamente alla campagna Bra Day (Breast Reconstruction Awareness, Consapevolezza sulla Ricostruzione mammaria). Fra le varie iniziative, il 22 ottobre è previsto in Ieo l’incontro “Ricostruzione del seno: recupero della propria immagine e della propria autostima”, aperto a pazienti, familiari e pubblico e trasmesso in diretta facebook, in cui verranno presentate anche le nuove opzioni di ricostruzione.

    “In futuro le protesi potrebbero addirittura non esserci più – dichiara Mario Rietjens, direttore della Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’istituto situato alle porte di Milano – Da alcuni anni, infatti, diverse aziende, anche in Italia, stanno lavorando all’idea di sostituire il silicone con strutture interamente biodegradabili, come fossero impalcature, che possano essere riassorbite ed essere lentamente sostituite dal tessuto molle della paziente, restituendo alla donna un seno il più possibile naturale. Si tratterà di soluzioni definitive, che non richiedono sostituzione nel tempo e, sperabilmente, senza effetti collaterali. È già in corso il primo studio clinico multicentrico con l’obiettivo di validare l’utilizzo dell’impianto riassorbibile Regenera e lo Ieo è entusiasta di partecipare insieme ad alcuni fra i migliori centri senologici italiani. Siamo i primi ad aver aderito, insieme all’Ospedale Santa Chiara di Pisa, e abbiamo già reclutato le prime 20 pazienti”.

    Nell’ambito dello studio in casi selezionati sarà possibile effettuare la ricostruzione mammaria in day hospital, senza ulteriori interventi di simmetria, con l’aspettativa che l’impianto si riassorba dopo un anno.

  • Consegnate al Congo le prime 200mila dosi di vaccini per il vaiolo delle scimmie

    Le prime 200 mila dosi di vaccini contro il Mpox, precedentemente noto come vaiolo delle scimmie, sono state consegnate a partire dal giovedì 5 settembre 2024, alla Repubblica democratica del Congo (Rdc). Lo ha annunciato oggi all’emittente “Rfi” il direttore generale dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc Africa), Jean Kaseya, secondo cui le dosi, che saranno consegnate in due lotti da 100 mila l’uno, sono state trasportate in aereo a Kinshasa tra giovedì 5 e venerdì 6 settembre e poi distribuite tra la capitale, Goma e Lubumbashi. La distribuzione di un totale di 3,6 milioni di dosi assicurate dall’Africa Cdc è programmata poi nei successivi 15 giorni, in altri Paesi africani colpiti dall’epidemia di Mpox: Gabon, Burundi, Repubblica Centrafricana e Costa d’Avorio. “Siamo molto soddisfatti dell’arrivo di questo primo lotto di vaccini nella Rdc. Si tratta di 99.100 dosi che arriveranno domani giovedì 5 settembre alle 12:10 all’aeroporto di Kinshasa”, ha detto Kaseya. “Ringraziamo l’Unione europea, attraverso l’Autorità europea di risposta alle emergenze sanitarie, per aver risposto immediatamente al nostro appello di solidarietà volto a garantire l’accesso al vaccino contro il morbo nei paesi colpiti dall’Unione africana”, ha aggiunto.

    Il continente africano è oggi l’epicentro dell’infezione. Con oltre 15.600 casi segnalati e 537 decessi dall’inizio dell’anno, la Repubblica democratica del Congo (Rdc) è il Paese più colpito dal Mpox in Africa, dove la maggior parte dei decessi sono bambini sotto i 15 anni di età, ma casi – seppur in entità minore – sono stati registrati anche in altri 11 paesi africani (Sudafrica, Kenya, Ruanda, Uganda, Burundi, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Liberia). Un caso della nuova variante Clade 1b è stato segnalato in Svezia, il primo al di fuori del continente. Un bilancio che lo scorso 14 agosto ha spinto l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) a dichiarare l’Mpox “emergenza di salute pubblica internazionale”. In Africa, la Nigeria è stato il primo Paese a ricevere vaccini per combattere l’epidemia: dagli Stati Uniti sono state donate 10 mila dosi, destinate alle persone più a rischio.

    Di fronte alla rapida diffusione del virus Mpox (in precedenza noto come vaiolo delle scimmie) nell’Africa orientale, nel Corno d’Africa e nell’Africa meridionale, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) ha lanciato un appello a raccogliere 18,5 milioni di dollari per sostenere gli sforzi di prevenzione, controllo e risposta all’infezione, in particolare per le popolazioni migranti e sfollate. Queste, sottolinea in una nota Oim, sono più esposte al contagio a causa delle condizioni di vita precarie e dei numerosi ostacoli all’accesso alle cure. Secondo Unicef, i casi di bambini e persone vulnerabili sono in aumento soprattutto in cinque Paesi dell’Africa orientale e meridionale: Kenya, Uganda, Burundi, Ruanda e Sudafrica. La nuova variante Clade 1b è stata identificata in tutti i Paesi colpiti, tranne il Sudafrica, e desta preoccupazione per il suo potenziale di trasmissione a gruppi di età più ampi, in particolare ai bambini piccoli. Il Burundi sta registrando il maggior numero di infezioni in tutta la regione: al 20 agosto 2024, sono stati rilevati 170 casi confermati di Mpox in 26 dei 49 distretti del Paese, di cui il 45,3 per cento sono donne. I bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 20 anni costituiscono quasi il 60 per cento dei casi rilevati, mentre i bambini sotto i 5 anni rappresentano il 21 per cento dei casi.

    Fra i Paesi dell’Unione europea che hanno annunciato l’invio di vaccini ci sono la Germania e la Spagna. Da Berlino è arrivata la promessa di 100 mila dosi. Per Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere Olaf Scholz, lo scopo dell’iniziativa è di “sostenere in modo solidale gli sforzi internazionali per contenere l’mpox sul continente africano”. Le dosi saranno disponibili “a breve termine”, ha detto Hebestreit, annunciando anche la creazione di un laboratorio mobile in Congo. Da parte sua, la Spagna donerà 500 mila dosi di vaccino contro l’mpox, come annunciato dal ministero della Salute di Madrid. Il governo spagnolo ha informato la Commissione europea che donerà il 20 per cento del suo stock di vaccini, ossia 100 mila fiale equivalenti a 500 mila dosi, e ha chiesto all’istituzione di estendere agli altri Paesi membri la proposta di donare il 20% del loro stock di vaccini.

  • Spesa sanitaria italiana quasi in linea con la media europea

    Nel 2023 l’Italia per spesa sanitaria pubblica pro-capite si colloca solo al 16esimo posto tra i 27 Paesi europei dell’area Ocse e in ultima posizione tra quelli del G7. La spesa sanitaria pubblica si attesta al 6,2 per cento del Pil, percentuale inferiore sia rispetto alla media Ocse del 6,9%, sia rispetto alla media europea del 6,8%. “Il tema del finanziamento pubblico per la sanità – ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – infiamma il dibattito politico da oltre un anno, coinvolgendo aule parlamentari e consigli regionali, vista l’enorme difficoltà di tutte le Regioni a garantire i livelli essenziali di assistenza e un’offerta adeguata di servizi e prestazioni sanitarie. E, secondo indagini e sondaggi condotti sulla popolazione, la sanità è diventata per tutti una priorità assoluta perché la vita quotidiana delle persone è sempre più gravata da vari problemi: interminabili tempi di attesa per visite ed esami, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure”.

    A fronte di un Servizio sanitario nazionale (Ssn) sempre più in affanno nel garantire il diritto alla tutela della salute si sono moltiplicati i segnali istituzionali: la Corte dei Conti, la Corte Costituzionale e l’Ufficio Parlamentare di Bilancio rilevano continuamente il sottofinanziamento del Ssn e ben 5 Regioni e successivamente anche le opposizioni hanno presentato disegni di legge per aumentare il finanziamento pubblico almeno al 7 per cento del Pil. Anche lo stesso ministro Schillaci ha recentemente dichiarato che il 7 per cento del Pil è il livello minimo sul quale attestarsi per il finanziamento della sanità pubblica. In vista della discussione sulla Legge di Bilancio 2025, la Fondazione Gimbe ha analizzato la spesa sanitaria pubblica 2023 nei paesi dell’Ocse al fine di fornire dati oggettivi per il confronto politico e il dibattito pubblico e prevenire ogni forma strumentalizzazione. La fonte utilizzata è il dataset Oecd Health Statistics, aggiornato al 23 luglio 2024, che riporta i dati 2023 per poco meno della metà dei paesi dell’area Ocse e quelli 2022 per i restanti paesi.

    Nel 2023 in Italia la spesa sanitaria pubblica si è attestata al 6,2% del Pil, un valore al di sotto sia della media Ocse del 6,9% che della media europea del 6,8%. Sono 15 i paesi europei dell’area Ocse che investono una percentuale del Pil maggiore dell’Italia, con un gap che va dai +3,9 punti percentuali della Germania (10,1% del Pil) ai +0,6 della Norvegia (6,8% del Pil). In Italia nel 2023 la spesa sanitaria pubblica pro-capite è pari a dollari 3.574, al di sotto sia della media Ocse (dollari 4.174) con una differenza di 600 dollari, sia soprattutto della media dei paesi europei dell’area Ocse (dollari 4.470) con una differenza di 896 dollari. In Europa ben 15 paesi investono più del nostro, con un gap che va dai +410 dollari della Repubblica Ceca (3.984 dollari) ai +3.825 della Norvegia (7.399 dollari).

    “Di fatto in Europa – ha commentato Cartabellotta – siamo primi tra i paesi poveri, davanti solo a Spagna, Portogallo e Grecia e ai paesi dell’Est, esclusa la Repubblica Ceca”. Dal 2010, per tagli e definanziamenti effettuati da tutti i governi, la distanza con i paesi europei è progressivamente aumentata sino a raggiungere dollari 623 nel 2019. Poi il gap si è ulteriormente ampliato, sia negli anni della pandemia quando gli altri paesi hanno investito molto più dell’Italia, sia nel 2023 perché di fatto la nostra spesa sanitaria è rimasta stabile. “Al cambio corrente dollaro/euro – precisa Cartabellotta – il gap con la media dei paesi europei nel 2023 raggiunge 807 euro pro-capite che, tenendo conto di una popolazione residente Istat al primo gennaio 2024 di quasi 59 milioni di abitanti, si traduce nell’esorbitante cifra di oltre 47,6 miliardi di euro”.

  • Il caldo nuoce anche ai farmaci, ecco come conservarli

    Anche i farmaci temono il caldo e per questo, in estate, è necessario qualche accorgimento in più per conservarli correttamente. Con il caldo, prima della partenza per le vacanze – raccomanda l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) – sarà bene però osservare alcune semplici accortezze. Prima di tutto leggendo il Foglio Illustrativo, che riporta le esatte modalità e temperature di conservazione. È importante rispettarle perché la sicurezza non va in vacanza.

    Ecco alcuni consigli: la temperatura è importante, rispettala. Innanzitutto va verificata attentamente sul Foglio Illustrativo la giusta temperatura di conservazione. Se non sono specificate particolari condizioni, i farmaci vanno conservati in ambienti freschi e asciutti a una temperatura inferiore a 25 °C. In viaggio è buona norma dotarsi di borse refrigerate che possano mantenere una temperatura adeguata per tutta la durata del tragitto. In auto ricordarsi che l’abitacolo è più fresco del portabagagli. In aereo meglio portare i farmaci salvavita nel bagaglio a mano insieme alle prescrizioni. Ricordando che i liquidi di volume non superiore a 100 ml possono essere trasportati nel bagaglio a mano e devono essere inseriti in buste trasparenti, mentre per compresse e capsule non ci sono restrizioni. Alcuni farmaci necessitano di particolari condizioni di conservazione. L’insulina, ad esempio, deve essere conservata in frigo a una temperatura controllata compresa tra 2 e 8 °C. Anche i farmaci per la tiroide, i contraccettivi e altri medicinali a base ormonale sono particolarmente sensibili alle variazioni termiche. Evitare, in ogni caso, di esporli a fonti di calore e a irradiazione solare diretta.

    Occhio all’aspetto: se sembra diverso o presenta difetti come un colore o un odore anomalo o una differente consistenza, consultare il medico o il farmacista prima di assumerlo perché questi cambiamenti non sempre sono indice di un deterioramento del medicinale. Controllare sempre la compatibilità con l’esposizione al sole: Alcuni farmaci possono provocare reazioni di fotosensibilizzazione come dermatiti o eczemi. Questo fenomeno può verificarsi in particolare con creme a base di cortisone, gel, soluzioni o spray, ma anche antibiotici e anticoagulanti. In questo caso, è bene evitare l’esposizione solare, in particolare nelle ore più calde della giornata, e utilizzare sempre un’adeguata protezione. In casi specifici, ad esempio dopo l’uso di cerotti a base di ketoprofene, è necessario evitare di esporsi al sole fino a due settimane dopo il trattamento. Preferire le formulazioni solide: Ricordarsi che, quando possibile, in estate l’utilizzo di formulazioni solide come le compresse è da preferire alle formulazioni liquide, poiché meno sensibili alle alte temperature.

    Portare con sé le confezioni originali: Un errore comune durante la preparazione dei bagagli è quello di mettere farmaci diversi nello stesso contenitore per risparmiare spazio. Tuttavia, questo può comportare una difficoltà nel riconoscere i medicinali, e c’è il rischio di fare confusione con le scadenze, le avvertenze o i dosaggi. Inoltre, blister e scatole riparano i farmaci da luce e umidità, al contrario dei portapillole o di contenitori non esplicitamente destinati al trasporto di medicinali. Questi potrebbero facilmente surriscaldarsi e alterarli. Occorre estrarre dal contenitore originale solo la dose da assumere. Nel caso fosse necessario acquistare un farmaco, la confezione originale che riporta la composizione potrà essere d’ausilio a dialogare con medici e farmacisti del luogo. Per non dimenticarsi di assumere i medicinali nei giusti orari è utile scaricare l’App “AIFAmedicinali” (disponibile per cellulari Android e iOS), che consente di creare il proprio armadietto farmaceutico con l’attivazione di alert per ricordare quando assumerli o per segnalare se sono previste carenze in farmacia. Con questi semplici ma essenziali accorgimenti che compongono un piccolo vademecum da portare in valigia per viaggiare sicuri, le vacanze saranno più serene.

  • Bruxelles approva gli aiuti di Stato per un progetto sui farmaci innovativi

    La Commissione europea ha approvato, in base alle norme comunitarie sugli aiuti di Stato, il primo Importante progetto di interesse comune europeo (Ipcei) per sostenere la ricerca, l’innovazione e la prima applicazione industriale di prodotti sanitari e di processi di produzione innovativi di prodotti farmaceutici. “Questo Ipcei contribuirà in particolare agli obiettivi dell’Unione europea di Salute fornendo innovazioni per affrontare le malattie per le quali non esistono mezzi soddisfacenti di prevenzione o trattamento e aumentando la preparazione dell’Ue alle minacce sanitarie emergenti. Il progetto, denominato “Ipcei Med4Cure”, è stato notificato congiuntamente da sei Stati membri: Belgio, Francia, Ungheria, Italia, Slovacchia e Spagna. Gli Stati membri forniranno fino a 1 miliardo di euro di finanziamenti pubblici, che dovrebbero sbloccare ulteriori 5,9 miliardi di euro di investimenti privati, specifica la Commissione europea in una nota.

    Nell’ambito di questo Ipcei, saranno 13 aziende con attività in uno o più Stati membri, tra cui nove piccole e medie imprese, che intraprenderanno 14 progetti altamente innovativi. Il progetto riguarda piani di ricerca e sviluppo che coprono tutte le fasi chiave della catena del valore farmaceutico, dalla raccolta e dallo studio di cellule, tessuti e altri campioni, fino alle tecnologie di produzione sostenibile di terapie innovative, compresi i trattamenti personalizzati, e all’applicazione di tecnologie digitali avanzate. Il progetto mira ad accelerare il progresso medico e a promuovere la resilienza dell’industria sanitaria dell’Ue, migliorando la scoperta di farmaci, in particolare per le esigenze mediche insoddisfatte come le malattie rare, e sviluppando processi di produzione innovativi e più sostenibili per i prodotti farmaceutici.

    “Questi sviluppi miglioreranno la qualità dell’assistenza sanitaria e aumenteranno la preparazione dell’Ue alle minacce sanitarie emergenti, contribuendo al contempo alla transizione verde”, specifica l’esecutivo Ue nella nota. Il completamento dell’intero Ipcei è previsto per il 2036, con tempistiche che variano in funzione dei singoli progetti e delle aziende coinvolte. Secondo gli Stati membri partecipanti, si prevede la creazione di circa 6 mila posti di lavoro diretti e indiretti.

  • Bruxelles registra progressi verso una politica sanitaria comune della Ue

    La Commissione ha adottato una comunicazione sull’Unione europea della salute che sottolinea i passi avanti compiuti dalla politica sanitaria dell’Ue negli ultimi quattro anni. L’Unione europea della salute, sottolinea una nota dell’esecutivo Ue, “è emersa nel bel mezzo della pandemia come una necessità per preservare la resilienza dell’Ue e contribuire al benessere sociale, all’autonomia strategica e alla stabilità geopolitica dell’Europa. È stata costruita sulla base dell’esperienza della crisi Covid e ha risposto alle chiare richieste dei cittadini di una presenza più forte dell’Ue nel campo della salute pubblica”. Presentata nel novembre 2020, la visione dell’Unione della salute è garantire che gli Stati membri siano meglio preparati a rispondere insieme alle future crisi sanitarie, sostenendo al contempo politiche sanitarie moderne e innovative per tutti i cittadini dell’Ue. Con ulteriori azioni in cantiere, l’Unione europea della salute, sottolinea la Commissione europea, finora ha prodotto misure di sicurezza sanitaria più forti, per rispondere meglio alle crisi future, che rendono l’Ue più equipaggiata per anticipare, prepararsi e rispondere a qualsiasi grave minaccia sanitaria.

    “Questo grazie a un quadro giuridico più solido per la cooperazione in materia di sicurezza sanitaria, al rafforzamento delle agenzie sanitarie dell’Ue e alla creazione dell’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera)”, continua la comunicazione. Inoltre, prosegue il testo è stato garantito l’accesso equo e tempestivo ai farmaci a prezzi accessibili per tutti i cittadini con la proposta di riforma farmaceutica dell’Ue, che “consentirà a 70 milioni di cittadini europei di accedere a nuovi farmaci, mantenendo un settore farmaceutico competitivo e migliorando la disponibilità di farmaci essenziali”. Fra le azioni intraprese, è stato anche lanciato il Piano europeo per la lotta contro il cancro, con una serie di azioni significative per affrontare la malattia in ogni sua fase, dalla prevenzione alla diagnosi e al trattamento, fino all’assistenza post-cancro e sostenuto da 4 miliardi di euro di finanziamenti dell’Ue; e sono state lanciate “iniziative rivoluzionarie per digitalizzare l’assistenza sanitaria”, tramite le quali i cittadini avranno accesso a un’assistenza sanitaria migliore in tutta l’Ue, grazie all’innovativo Spazio europeo dei dati sanitari (Ehds).

    Oltre a queste azioni, prosegue la nota della Commissione europea, l’Ue ha messo in campo un’azione globale per una migliore salute mentale per ogni individuo attraverso azioni di ampio respiro sostenute da oltre 1,2 miliardi di euro per promuovere il benessere mentale, migliorare la prevenzione e i servizi di sostegno e abbattere lo stigma in questo importante settore; ha deciso regole per aumentare la sicurezza dei pazienti e garantire la fornitura di medicinali; e un approccio “One Health” per affrontare i principali rischi per la salute riconoscendo il legame tra salute umana, animale e ambientale, che permette all’Europa di sviluppare politiche più incisive per affrontare le principali sfide sanitarie, come la resistenza antimicrobica e l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute.

  • Le regole per spendere meno in sanità grazie alle detrazioni fiscali

    Nelle dichiarazioni dei redditi precompilate, messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate dal 30 aprile, sono confluiti circa 1 miliardo e 300 milioni di dati: la parte più consistente riguarda le spese mediche e sanitarie, che i contribuenti possono utilizzare per ridurre l’imposta da versare.

    I costi per la salute sostenuti durante tutto il 2023, infatti, se inseriti nel modello 730/2024, da inviare entro la scadenza del 30 settembre, danno diritto a una detrazione IRPEF pari al 19 per cento.

    Per beneficiare dello sconto d’imposta regolato dall’articolo 15 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, però, bisogna tenere conto di alcune regole ed eccezioni.

    Nella versione pronta all’uso della dichiarazione dei redditi l’Agenzia delle Entrate indica già le informazioni sulle spese sanitarie in suo possesso.

    Ma sia per chi usa la precompilata che per chi sceglie la via ordinaria è utile conoscere le istruzioni per calcolare la detrazione spettante, ovvero l’agevolazione che agisce sul calcolo dell’imposta dovuta riducendone il suo valore e che è diversa dalla deduzione, grazie alla quale si riduce, invece, la base imponibile su cui viene calcolata l’imposta.

    Quali sono le spese mediche detraibili tramite modello 730/2024?

    Prima di entrare più nel dettaglio delle spese sanitarie detraibili, bisogna chiarire che l’agevolazione è accessibile soltanto nel caso in cui l’importo speso nell’arco del 2023 sia superiore a 129,11 euro.

    Si tratta della cifra prevista per la cosiddetta franchigia che consiste in una somma di fatto esclusa dall’applicazione della detrazione.

    Nel calcolo dei costi sostenuti possono essere incluse le seguenti voci:

    – prestazioni rese da un medico generico (comprese le prestazioni rese per visite e cure di medicina omeopatica);

    • acquisto di medicinali da banco e/o con ricetta medica (anche omeopatici);
    • prestazioni specialistiche;
    • prestazioni chirurgiche;
    • analisi, indagini radioscopiche, ricerche e applicazioni, terapie;
    • ricoveri collegati a una operazione chirurgica o a degenze;
    • acquisto o affitto di protesi sanitarie;
    • spese relative all’acquisto o all’affitto di dispositivi medici (ad esempio apparecchio per aerosol o per la misurazione della pressione sanguigna), ma dallo scontrino o dalla fattura deve risultare il soggetto che sostiene la spesa e la descrizione del dispositivo medico che deve essere contrassegnato dalla marcatura CE;
    • spese relative al trapianto di organi;
    • cure termali (escluse le spese di viaggio e soggiorno).

    E inoltre sono detraibili, anche senza una specifica prescrizione da parte di un medico ma con una dettagliata documentazione, gli importi pagati per l’assistenza infermieristica e riabilitativa (come ad esempio fisioterapia, kinesiterapia, laserterapia) e per le prestazioni rese da personale con le caratteristiche che seguono:

    • in possesso della qualifica professionale di addetto all’assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale esclusivamente dedicato all’assistenza diretta della persona;
    • di coordinamento delle attività assistenziali di nucleo;
    • con la qualifica di educatore professionale;
    • addetto ad attività di animazione e/o di terapia occupazionale.

    In linea generale anche i ticket pagati sono detraibili, se le spese appena elencate sono state sostenute nell’ambito del Servizio sanitario nazionale.

    La cifra su cui calcolare lo sconto IRPEF può includere anche i costi sostenuti per i familiari fiscalmente a carico e, in alcuni casi, nell’interesse di familiari non a carico, come per le spese sanitarie per patologie che danno diritto all’esenzione dal ticket sanitario.

    Anche chi si cura all’estero, inoltre, può beneficiare delle agevolazioni fiscali con le stesse regole.

    Detrazione spese mediche nel modello 730/2024: le istruzioni da seguire

    Chiarite quali sono le spese sanitarie detraibili tramite modello 730/2024, è necessario passare a rassegna alcune regole che per i costi legati alla salute prevedono delle eccezioni.

    Prima di tutto l’obbligo generalizzato di tracciabilità dei pagamenti per accedere agli sconti IRPEF non si applica del tutto in ambito sanitario.

    L’acquisto di medicinali e dispositivi medici e le prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche e quelle private accreditate al Servizio sanitario nazionale danno diritto allo sconto IRPEF anche in caso di pagamento in contanti.

    Allo stesso modo alle spese sanitarie non si applica il meccanismo di riduzione progressiva delle detrazioni fino all’azzeramento in presenza di redditi superiori a 240.000 euro, che scatta per coloro che hanno redditi superiori a 120.000 euro.

    Ricapitolando, in linea generale per calcolare in che misura le spese mediche riducono l’imposta da versare bisogna considerare i seguenti aspetti:

    • la tipologia di costi sostenuti per la salute;
    • le modalità di pagamento, considerando regole ed eccezioni;
    • l’importo totale, che deve superare la franchigia di 129,11 euro.

    L’importo delle spese sanitarie che danno diritto a una detrazione IRPEF del 19 per cento tramite il modello 730/2024 devono essere inserite, o per chi usa la precompilata e non si è opposto all’utilizzo dei dati risultare già inserite, nel Quadro E – Oneri e Spese.

    A supporto degli importi indicati, i contribuenti devono avere cura di conservare anche una serie di documenti con relativa traduzione, se i costi sono stati sostenuti all’estero, ma nessun controllo documentale è previsto per chi accetta la versione precompilata senza modificare quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate.

  • Sanità: coraggio di innovare, come Borsani aveva intuito e realizzato

    Il convegno L’impronta di Borsani sulla sanità lombarda, organizzato dall’ Assessore Franco Lucente in Regione Lombardia, ha ricordato la figura di Carlo Borsani e la sua riforma sanitaria che diede ai cittadini lombardi ad avere il diritto di scelta tra strutture sanitarie pubbliche e convenzionate

    Carlo Borsani, dopo una legislatura da consigliere comunale di Milano, divenne consigliere regionale nel 1990 e poi assessore della Sanità della Regione Lombardia dando vita ad una riforma assolutamente innovativa perché si occupava di tutti, Borsani ebbe il coraggio di affermare, nel 1997, che la maggior parte del deficit sanitario era imputabile al governo centrale, specie per quanto riguardava i costi della spesa farmaceutica.

    Il convegno ci dà lo spunto per ricordare che anche oggi gran parte delle risorse che mancano al comparto sanitario sono dovute al mal funzionamento dei controlli ed alla regolamentazione della spesa e che rimangono anche ancora inevasi i problemi legati alla carenza di medici ed alla inadeguatezza del sistema che regolamenta il servizio dei medici di famiglia.

    L’intasamento dei pronto soccorsi e le spropositate lungaggini delle liste di attesa, con le conseguenze dell’aumento dei costi per il cittadino, che deve rivolgersi al privato, o dell’inaccettabile rinuncia alle cure, potrebbero essere evitati con la riorganizzazione effettiva del lavoro dei medici di famiglia, oggi spesso non valorizzati o non sufficientemente formati.

    Il medico di famiglia deve essere il primo referente di ogni cittadino e sappiamo già che nei prossimi anni, di fronte a più di 12.000 medici che andranno in pensione, ne entreranno in servizio solo circa 10.000, lasciando così scoperti migliaia di cittadini e creando ulteriori problemi ai pronto soccorsi e perciò agli ospedali e alle liste di attesa.

    Se dopo il corso universitario gli aspiranti medici di famiglia avessero una scuola di specialità come quelli ospedalieri, se fossero loro insegnato l’uso dell’ecografo e dell’elettrocardiografo molte problematiche potrebbero essere risolte prima nei loro ambulatori e senza il continuo ricorso ad altro specialista.

    Il medico di famiglia non può essere un mero estensore di ricette altrui fatto che lo porta a snaturare la sua professionalità, ma deve essere il primo ed insostituibile presidio sul territorio ritornando anche a quelle visite domiciliari, per anziani o malati più gravi, che negli ultimi tempi troppi hanno smesso di fare, anche per gli impegni delle ore alle quali sono obbligati per la presenza alla guardia medica.

    Le case di comunità, che nei piccoli centri possono effettivamente avere un ruolo, non sono però la soluzione al problema che vede anche l’insoddisfazione dei cittadini per non riuscire ad essere visitati sempre dallo stesso medico perdendo così quel rapporto di fiducia che si ha col proprio medico ma anche la possibilità di questi di poter fare una anamnesi completa perché basata sulla conoscenza anche dei pregressi del malato.

    Per la sanità ci sono molte iniziative da prendere e non è solo una questione di spesa, certo occorrono maggiori stanziamenti ma anche il coraggio di innovare, come Borsani aveva intuito e realizzato, di prendere atto che in una società in continua e veloce evoluzione, e mentre una parte di popolazione invecchia ed un’altra parte arriva da paesi lontani, la medicina, nel suo insieme, dipende da un migliore e diverso funzionamento dell’assistenza di base.

  • Guerra, Pil e Servizio Sanitario Nazionale

    La guerra può essere valutata in rapporto alla spesa sanitaria nazionale? Molto spesso si afferma che il valore del PIL non possa rappresentare e fotografare la reale situazione economica di un paese. Questo principio, se venisse accettato, risulterebbe ancora valido se diventasse un parametro nella misurazione degli effetti della economia di guerra. Da più parti, infatti, si parla della necessità di portare la spesa pubblica per gli armamenti al 2% del Pil nazionale. Un valore ed una percentuale che di per sé indicano poco ma se rapportati ad altri indicatori di spesa assumono tutto un altro significato.

    In Italia la spesa pubblica destinata al Sistema Sanitario Nazionale rappresenta il 6,3% del Pil mentre in Germania raggiunge il 10,9%, ed in Francia il 10,3%. Il raggiungimento, quindi, del tetto di spesa pubblica destinata agli armamenti fissato al 2% rispetto al PIL rappresenta contemporaneamente il 29% della quota di Pil destinata all’intera spesa sanitaria italiana.

    Viceversa in Germania il raggiungimento del medesimo obiettivo di valore economico per finanziare una guerra rappresenta poco più del 18% della quota Pil dedicata al Sistema sanitario nazionale tedesco.

    La differenza tra queste due percentuali di oltre il 10%, rapportate non più al solo Pil ma alle quote dello stesso destinate ai sistemi sanitari nazionali, Si sostanzia in termini economici in una minore disponibilità per l’Italia di circa 19 miliardi a favore del SSN ed una maggiore dotazione finanziaria per il Sistema sanitario nazionale tedesco di circa 42 miliardi.

    Questa differente dotazione finanziaria giustifica, quindi, ma non assolve la tendenza del Sistema Sanitario italiano ad assumere professionalità dai paesi in via di sviluppo e con un forte effetto deflattivo sulle retribuzioni.

    Viceversa la Germania, proprio grazie alla maggiore dotazione, può permettersi di importare personale qualificato, magari di formazione italiana, pagandolo adeguatamente rispetto alla professionalità.

    In altre parole l’ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto quella destinata ai servizi essenziali dei cittadini, rappresenta un parametro fondamentale nella comprensione delle motivazioni che vedono sempre più evidente la forbice tra il sistema economico tedesco e quello italiano. Una differenza tra i due paesi che tenderà a mantenersi se non addirittura aumentare durante questo terribile periodo di Forte tensione internazionale che vede molte risorse finanziarie destinate alle spese militari.

    Il continuo depauperamento del sistema sanitario nazionale, in atto sostanzialmente dal governo Monti in poi, rappresenta soprattutto ora, in quanto all’interno di un periodo prebellico, un fattore fondamentale per identificare e qualificare i parametri della spesa pubblica adottati dai governi dal 2011 ad oggi.

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