cure

  • Una riforma della legislazione farmaceutica per medicinali più disponibili, a prezzi più accessibili e più innovativi

    La Commissione ha proposto la riforma più ampia in oltre 20 anni della legislazione farmaceutica dell’UE per renderla più agile, flessibile e adeguata alle esigenze dei cittadini e delle imprese dell’UE. La revisione migliorerà la disponibilità e l’accessibilità, anche in termini di prezzi, dei medicinali. Sosterrà l’innovazione e darà slancio alla competitività e all’attrattiva dell’industria farmaceutica dell’UE promuovendo al contempo i parametri ambientali più elevati. Oltre alla riforma la Commissione presenta anche una proposta di raccomandazione del Consiglio per intensificare la lotta contro la resistenza antimicrobica.

    La riforma è volta a superare sfide di fondamentale importanza. I medicinali autorizzati nell’UE non giungono ancora ai pazienti con sufficiente rapidità e non sono accessibili in egual misura in tutti gli Stati membri. Vi sono notevoli lacune in termini di risposta a esigenze mediche non soddisfatte, malattie rare e resistenza antimicrobica. I prezzi elevati dei trattamenti innovativi e le carenze di medicinali rimangono causa di forte preoccupazione per i pazienti e i sistemi sanitari. Inoltre, per conservare la propria attrattiva come luogo per gli investimenti e mantenere il proprio ruolo di leader mondiale nello sviluppo di medicinali, l’UE deve adattare il proprio sistema normativo alla trasformazione digitale e alle nuove tecnologie, pur riducendo la burocrazia e semplificando le procedure. Da ultimo, le nuove norme devono mitigare l’impatto ambientale della produzione di medicinali in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo.

    La revisione comprende proposte di una nuova direttiva e di un nuovo regolamento che rivedono e sostituiscono la legislazione farmaceutica esistente, anche per quanto riguarda i medicinali per uso pediatrico e per le malattie rare. La revisione mira a conseguire i seguenti obiettivi principali:

    creare un robusto mercato unico dei medicinali tale da garantire che tutti i pazienti nell’intera UE dispongano di un accesso tempestivo ed equo a medicinali sicuri, efficaci e a prezzi accessibili;

    continuare a offrire un quadro attraente e favorevole all’innovazione per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di medicinali in Europa;

    ridurre drasticamente gli oneri amministrativi accelerando fortemente le procedure, velocizzando il rilascio delle autorizzazioni per i medicinali in modo che queste giungano più rapidamente ai pazienti;

    migliorare la disponibilità e garantire che i medicinali possano essere forniti sempre ai pazienti, indipendentemente dal luogo in cui vivono nell’UE;

    contrastare la resistenza antimicrobica e la presenza di farmaci nell’ambiente seguendo un approccio “One Health”;

    migliorare la sostenibilità dal punto di vista ambientale dei medicinali.

    Il pacchetto proposto comprende anche una proposta di raccomandazione del Consiglio che contiene misure complementari per contrastare la resistenza antimicrobica nei settori della sanità umana, della salute animale e dell’ambiente, grazie al cosiddetto approccio “One Health”. La proposta sostiene l’uso prudente degli antimicrobici raccomandando obiettivi concreti e misurabili per ridurne l’uso e promuovere livelli elevati di prevenzione delle infezioni, in particolare in ambiente ospedaliero, e di controllo nel campo della sanità umana.

    Le proposte legislative saranno trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio.

  • Una vecchiaia serena e dignitosa per tutti

    Il caffè di Gramellini, pubblicato il 29 marzo sul Corriere della Sera, spero sia stato letto da molti, politici in primis, nella speranza che, tra i tanti problemi che la nostra società deve affrontare, non sfuggano ancora quelli legati alla vita delle persone anziane e al loro diritto, appunto, di poter scegliere come vivere.

    Stabilito il diritto che gli anziani hanno di scegliere come e dove vivere, compatibilmente alle varie esigenze, si dovrebbe affrontare il tema dei servizi alla persona, che in troppe occasioni non sono erogati dal comune né gratuitamente né, per chi può, a pagamento.

    Siamo in una situazione, per le case di riposo, che in certi casi rasenta la detenzione, troppi anziani legati ai letti, non soddisfatti per le loro necessità corporali, strattonati e malmenati se disturbano, messi a tavolo con cibi spesso immangiabili.

    Molti sono stati gli scandali e le denunce che sono usciti in questi ultimi anni ma ancora stiamo tutti aspettando un piano del governo che ci dica la reale situazione delle case di riposo, che dia il via alla organizzazione di nuove strutture che consentano una vita più integrata e dignitosa mentre, contestualmente, ci si occupi del potenziamento di tutti gli interventi di aiuto che possano consentire, a chi lo può fare, di rimanere nella sua abitazione anche se non completamente autosufficiente.

    Non dimentichiamoci, inoltre, che le nuove tecnologie, ormai imposte per una serie di pratiche, non sono agevoli da utilizzare, a volte risultano impossibili, per molte persone anziane che non hanno un parente disponibile ad aiutarli. In tutte le cose occorre gradualità.

    Sappiamo tutti che la vita si è allungata e che vi è l’impellente necessità, in una società dove ormai sono più gli anziani che i giovani, di affiancare subito alla politica per incentivare le nascite quella necessaria a garantire una vecchiaia serena e dignitosa.

  • Prima dell’autonomia regionale bisogna dare a tutti gli italiani un uguale ed efficiente servizio sanitario

    Tra i diversi temi che ci sono quotidianamente riproposti c’è la riforma per le autonomie con tutti i pro e i contro che ogni schieramento sostiene, tra i tanti problemi emergono le spaventose carenze del sistema sanitario al quale mancano medici, infermieri, tecnici e adeguate strutture sul territorio. La pandemia ha, una volta di più, dimostrato che un buon sistema ospedaliero può collassare se non funziona la medicina territoriale.

    Ci sentiamo, perciò, di chiedere alla Presidente del Consiglio e ai due ministri competenti, per Sanità e Autonomie regionali, se, prima di varare la riforma per le autonomie, abbiano verificato, in modo corretto ed esaustivo, la reale situazione della sanità in tutte le regioni italiane. Se sia stato valutata la necessità, per il comparto sanità, di procedere alle autonomie solo quando ad ogni italiano sarà garantito un servizio funzionante e non differenziato e carente a seconda delle aree geografiche di appartenenza.

    Il Ministro della Sanità è in possesso, o ha già richiesto, una mappatura dei servizi sanitari territorio per territorio, non solo su base esclusivamente regionale? Si conoscono quanto personale sanitario occorre nelle varie strutture ospedaliere, quanto sul territorio, quanti macchinari sono mancanti o non funzionanti ed obsoleti?

    Si conoscono i tempi di attesa per gli esami diagnostici e per le visite specialistiche?

    Se a Milano, città che sappiamo ha una sanità di gran lunga migliore di tante altre realtà, ci sono tempi d’attesa, come riporta un’inchiesta del Corriere della Sera del 9 novembre 2022, incompatibili con le necessità dei malati, cosa avviene in altre città e regioni? Alcuni esempi dei tempi di Milano, riportati nell’articolo e ovviamente mai smentiti, cinque mesi per una visita ginecologica con ecografia, sette mesi per una ecografia alla spalla e alla colonna vertebrale.

    L’assessore regionale della Lombardia Guido Bertolaso ha detto in Consiglio regionale, l’8 novembre, che al fabbisogno lombardo mancano 1120 dirigenti medici e 1521 infermieri, quanti mancano nelle altre regioni?

    Qualunque riforma deve prendere atto della realtà e di quanto va fatto, subito, per ridare a tutti gli italiani un servizio sanitario all’altezza delle oggettive necessità.

  • Diagnosi di tumore in aumento dopo pandemia

    Aumentano le diagnosi di tumore in Italia rispetto al 2020 e il peso della pandemia si fa sentire. Nel 2022 sono infatti stimati 390.700 nuovi casi, 14.100 in più in 2 anni. E se nella fase post-pandemica, sono ripresi gli screening di prevenzione, sono però gli stili di vita scorretti a destare preoccupazione. Come il sovrappeso, che riguarda il 33% degli adulti, l’obesità, il 10%, ma anche la sedentarietà, che raggiunge il picco del 31%, e il fumo, un’abitudine per il 24%.  Emerge dal volume ‘I numeri del cancro in Italia 2022’.

    Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%). La pandemia, rilevano gli esperti, ha determinato nel 2020 un calo delle nuove diagnosi legato in parte all’interruzione degli screening, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di tumore come in altri Paesi europei.

    Il trend rischia però di peggiorare se non si pone un argine proprio agli stili di vita scorretti. I dati 2020-2021 “segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali – ha sottolineato infatti il ministro della Salute Orazio Schillaci- si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”. Pesano anche i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale. In particolare, nel 2021 i programmi di screening sono tornati ai livelli prepandemici, per esami mammografici, per il tumore del colon-retto e quello della cervice uterina. I dati “invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol”, ha affermato Saverio Cinieri, presidente Aiom, Associazione italiana di oncologia medica. Un dato positivo è che a fronte dei 2,5 milioni di persone che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. “Dobbiamo recuperare in fretta – ha aggiunto Schillaci – ritardi diagnostici, rafforzare la prevenzione primaria e secondaria”. Gli oncologi chiedono di “rendere attuabile e finanziato il Piano oncologico nazionale”. E Schillaci ribadisce “l’impegno ad una rapida adozione del Piano, nell’ambito delle azioni per rafforzare soprattutto nel territorio la prevenzione, la diagnosi, la cura e l’assistenza”.

  • Tornano i viaggi per curarsi, nel 2021 spesi 2,5 miliardi

    Riprendono i viaggi della ‘speranza’ per curarsi degli italiani tra una regione e l’altra. Nel 2021 il valore dell’attività legata agli spostamenti per cure è stato di quasi 2,5 miliardi di euro, in aumento rispetto al 2020 ma ancora sotto i valori del pre pandemia, ovvero gli anni 2017, 2018 e 2019. Lo indicano i dati sulla mobilità sanitaria presentati dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). Dati che possono in alcuni casi essere specchio di inappropriatezza o di carenza di servizi in alcuni Regioni.

    L’area del Portale statistico di Agenas dedicata alla Mobilità sanitaria mette a disposizione i dati degli ultimi cinque anni rispetto all’attività interregionale dei ricoveri. Ne emerge, ad esempio, che nel 2021 nell’area della cura dei tumori “alcune regioni continuano ad avere un alto indice di fuga di pazienti, come Molise e Calabria, ma anche Basilicata, Valle d’Aosta e Liguria. Lombardia e Veneto hanno invece maggior potere attrattivo”, ha spiegato Maria Pia Randazzo, responsabile Unità Operativa Statistica e Flussi Informativi Sanitari di Agenas. In particolare quest’ultima sul carcinoma del pancreas ha il più alto indice di attrazione, in virtù della presenza di strutture d’eccellenza. Anche il Lazio – ha concluso – vede un trend con saldo positivo di attrazione per le prestazioni di area oncologica”.

    “E’ un dato di fatto – ha detto il direttore Agenas Domenico Mantoan – che alcune regioni attraggano più di altre e in alcune attragga più il pubblico mentre in altre il privato. Va tenuto conto che c’è anche una mobilità apparente, ovvero quella di cittadini che vivono in altra regione da quella in cui risultano residenti. C’è poi la mobilità di chi decide liberamente di farsi operare da specifici medici o ospedali di fiducia in una Regione diversa da quella di residenza. C’è però sicuramente una parte di mobilità interregionale dettata da inappropriatezza, su cui è possibile e bisogna intervenire. Il compito dell’agenzia è fornire dati precisi e fornirli velocemente, per consentire al decisore di prendere correttivi”.

  • Troppi farmaci prescritti, anche i medici scoprono che less is more

    Troppi farmaci prescritti, soprattutto agli anziani, ed i rischi di interazioni pericolose per la salute crescono. A segnalarlo sono i medici internisti, dai quali parte dunque un nuovo approccio: è il ‘deprescribing’, ovvero la ‘de-prescrizione’ che punta a ridurre la lista di medicinali non strettamente necessari ai pazienti perché a volte, avvertono gli specialisti, ‘meno è meglio’. Per il bene del paziente è cioè necessario fare marcia indietro rispetto all’eccesso di prescrizioni di terapie, sfoltendo la ‘polifarmacia’, che indica il prendere più di 5-6 medicine al giorno, condizione comune in almeno i due terzi degli anziani. Un tema nuovo e complesso che sarà al centro dei lavori del120esimo Congresso della Società Italiana di Medicina Interna (Simi).

    L’allungamento della vita, rileva la Simi, porta con sé varie conseguenze, come la comparsa di patologie croniche, che spesso si associano in uno stesso paziente. Avere una ‘regia’ centrale, come quella offerta dal medico internista, mette al riparo i pazienti dai rischi di una ‘polifarmacia’ troppo affollata, dovuta alla ‘collezione’ di tante prescrizioni di farmaci diverse, una per ogni specialista consultato, spesso in conflitto tra loro, tanto da provocare interazioni ed effetti indesiderati che possono pregiudicare la sicurezza del paziente.

    “Alcuni studi – ricorda Giorgio Sesti, presidente Simi – hanno messo ben in evidenza il fenomeno della polipharmacy e le sue ricadute. A rischio di effetti indesiderati sono soprattutto le persone con una ridotta funzionalità renale, condizione comune tra gli anziani”. Uno studio su oltre 5 mila pazienti over 65 del registro Reposi ha evidenziato che almeno la metà mostrava una compromissione moderata, il 14% una compromissione funzionale grave e il 3% molto grave. Tra i pazienti con ipertensione, diabete, fibrillazione atriale e scompenso, all’11% veniva prescritto un dosaggio di farmaci inappropriato rispetto alla funzionalità renale. E nel follow up, un’inappropriatezza prescrittiva si associava ad un aumentato rischio di mortalità per tutte le cause del 50%. “Il 66% dei pazienti adulti assume 5 o più farmaci e un anziano su 3 assume oltre 10 farmaci in un anno – rileva Gerardo Mancuso, vicepresidente Simi – provocando un aumento delle cause di ricovero per eventi avversi per interazioni farmacologiche.

    De-prescrivere le molecole farmacologiche è una attività che l’internista deve fare in tutti i pazienti, ma soprattutto negli anziani”. È dunque “necessario invertire la tendenza – sostiene Sesti – e inaugurare l’era del ‘deprescribing’. Ma perché questo avvenga, dobbiamo aumentare la consapevolezza di pazienti e medici”. La Simi, sottolinea Nicola Montano, presidente eletto Simi, “ha lanciato nel 2016 la campagna Choosing Wisely, per sensibilizzare medici e pazienti a ridurre esami e trattamenti che hanno dimostrato una scarsa utilità e quindi aumentare la sicurezza riducendo gli sprechi”. La professoressa Rita Redberg, direttore di Jama Internal Medicine e professore di cardiologia alla University of California, che prenderà parte al congresso, è una delle fautrici del movimento Choosing Wisely. È suo lo slogan ‘less is more’, sintetizzabile con il concetto che ‘fare meno talvolta è meglio che fare di più’. “Il less is more – prosegue Sesti – non vale solo per le medicine, ma anche per i troppi esami, alcuni dei quali, come le Tac, comportano rischi per la salute legati ad un eccesso di radiazioni”. E d’altronde, l’inerzia prescrittiva, che porta a ripetere le prescrizioni anno dopo anno senza una rivalutazione critica, non rappresenta una strategia vincente: secondo un’analisi recente, 1 ricovero su 11 tra gli anziani può essere ricondotto a una prescrizione sbagliata o agli effetti indesiderati dei farmaci. Altri paladini del movimento deprescribing sono gli esperti statunitensi del National Institute on Aging ed un deprescibing network è stato creato in Canada, con offerta di borse di studio e seminari. Intanto, il numero delle pubblicazioni sul deprescribing aumenta. Insomma l’era del ‘less is more’ è iniziata.

  • Nuovi dati del Metodo Di Bella

    E’ stato  pubblicato sulla banca dati  biomedica  www.pubmed.gov  lo studio clinico sull’applicazione del Metodo Di Bella negli osteosarcomi. Il dato che emerge è la sopravvivenza a 5 anni degli osteosarcomi metastatici trattati con i protocolli oncologici del 30,5% e dell’ottanta per cento col metodo Di Bella.

    A retrospective observational study on cases of osteosarcomas treated with a multitherapy: The rationale and effectiveness. – Di Bella G, Di Bella L, Borghetto V, Moscato I, Costanzo E., Neuro Endocrinol Lett. 2022 Sep 16;43(3):173-179. Online ahead of print.PMID: 36179729

    Nella pubblicazione sono riportati i meccanismi biomolecolari che rendono particolarmente elevata l’incidenza degli osteosarcomi nell’età scolare e nell’adolescenza. Questi meccanismi spiegano l’aggressività con metastasi prevalentemente polmonari  e le mediane di sopravvivenza particolarmente limitate nell’osteosarcoma metastatico , quasi sistematicamente ad esito infausto. La coincidenza del livello minimo di melatonina nelle fasce di età colpite, in coincidenza col picco massimo dell’ormone della crescita ( GH), particolarmente concentrato nelle stesse zone di accrescimento osseo in cui si sviluppa il tumore , spiega il meccanismo biomolecolare dell’insorgenza del sarcoma e la sua risposta positiva al Metodo Di Bella mediante gli elevati dosaggi di melatonina e della somatostatina inibitore biologico dell’ormone della crescita, il GH. Diversi dei quindici casi metastatici pubblicati, guariti stabilmente da oltre cinque anni, hanno già superato i 10 anni in assenza di malattia.

  • Zimbabwe approves long-acting HIV prevention drug

    Zimbabwe has become the first county in Africa to approve a long-acting injectable drug that prevents HIV transmission.

    The first two injections of Cabotegraviror CAB-LA are administered four weeks apart, followed by an injection every eight weeks.

    The drug has received regulatory approval in two other countries, the US and Australia.

    Zimbabwe will begin rolling out the drug after regulators approved its use. The authorities say it will provide a crucial layer of protection for risk groups.

    Large scale studies of the drug showed 79% reduction in HIV risk compared with oral pre-exposure prophylaxis, according to the World Health Organisation.

    Zimbabwe approved a long-acting HIV preventative vaginal ring earlier this year.

    While African countries have dramatically reduced the number of new HIV infections, adolescent girls and young women remain at risk accounting for 63% of new infections last year.

  • I problemi degli ospedali, dei pazienti e dei medici

    Secondo alcune notizie l’Ospedale S. Anna di Como ha chiamato una paziente per una visita richiesta 11 anni prima, in Calabria si assumono medici venuti d’oltre oceano e in Veneto dalla Spagna.
    La carenza di medici ed infermieri è ormai nota da molti anni, nonostante il personale andato in pensione sia stato in molti casi richiamato in servizio i problemi, per i pazienti, aumentano di giorno in giorno mentre il personale sanitario lamenta turni di servizio eccessivi.
    L’assistenza sul territorio è purtroppo quella che conosciamo e durante il covid abbiamo visto tutte le carenze ed inadeguatezze con il conseguente aggravarsi dei problemi per i pronto soccorsi.
    In questi giorni a Bobbio, in provincia di Piacenza, come in tanti altri presidi di pronto soccorso, è in atto una nuova crisi che, per mancanza di personale, penalizzerà ancora i malati.
    All’ospedale di Piacenza molti medici sembra abbiano deciso, o stiano meditando, di lasciare l’incarico per indirizzarsi verso strutture private e che ci sia una certa insofferenza per eventuali posti apicali che sarebbero riservati a medici di Parma, comunque il personale resta insufficiente.
    Per questi e altri motivi che i cittadini di Piacenza conoscono bene, visto che alcuni ormai si rivolgono direttamente a Milano, ci chiediamo quali obiettivi, effettivamente utili alla collettività, ci siano dietro il continuo insistere per la costruzione di un nuovo ospedale, per il quale ci vorranno anni e che si troverà comunque con lo stesso problema di carenza di personale.
    Non sarebbe più sensato, specie in un momento di grave crisi come questo, pensare a rendere più funzionante l’attuale ospedale mettendosi alla ricerca dei medici ed infermieri necessari e dando  maggior soddisfazione a quelli che già faticosamente lavorano nella struttura?
    E questa considerazione vale, ovviamente, per le tante realtà simili per il resto d’Italia.

    C’è poi il problema dei test per le facoltà sanitarie e speriamo che, prima o poi, sarebbe meglio prima, qualcuno se ne occupi.

    Rimane, nonostante tante parole, aperto il problema della sanità territoriale con gravi conseguenze, specie per i cittadini più anziani o nei casi di epidemie.
    Al nuovo governo un rinnovato augurio e l’invito a dare una svolta seria alla sanità.

  • Il 44% delle morti per tumori è dovuta fattori di rischio evitabili

    Nel 2019 il 44,4% dei decessi per cancro nel mondo sono stati causati da fattori di rischio, come fumo, alcol, peso eccessivo o esposizione a contaminanti ambientali. La gran parte di essi è potenzialmente prevenibile.

    È il dato che emerge da uno studio internazionale che ha coinvolto oltre mille ricercatori in tutto il mondo nell’ambito della GBD 2019 Cancer Risk Factors Collaboration. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista The Lancet.

    “Il cancro è la seconda causa di morte nel mondo e l’esposizione ai fattori di rischio gioca un ruolo importante nella biologia e nell’impatto di molti tipi di tumori”, scrivono i ricercatori. “È fondamentale comprendere il contributo relativo dei fattori di rischio modificabili al carico complessivo del cancro per orientare gli sforzi per contrastare la malattia sia a livello locale sia globale”.

    Il team ha analizzato l’impatto di 34 fattori di rischio sul numero di decessi per cancro nel 2019, utilizzando i dati del Global Burden of Disease Study, un programma di ricerca sull’impatto delle principali malattie nel mondo. Nel lungo elenco di fattori presi in considerazione ci sono quelli comportamentali (per esempio il fumo, la sedentarietà o un’alimentazione povera di fibre), metabolici (come un alto indice di massa corporea), ambientali e occupazionali (per esempio l’esposizione a inquinamento atmosferico o a sostanze come l’amianto). È emerso che i fattori di rischio analizzati sono stati responsabili di oltre 4,45 milioni di decessi per cancro nel 2019, pari al 44,4% di tutti i decessi per tumori.

    Sono stati giudicati inoltre responsabile della perdita di 105 milioni di anni di vita in salute (i cosiddetti Daly). Il singolo fattore di rischio con un maggiore impatto in ambo i sessi è il fumo, responsabile del 33,9% dei decessi nei maschi e del 10,7% nelle donne. Gli altri principali fattori di rischio, nei maschi, sono l’alcol, l’alimentazione scorretta e l’inquinamento ambientale, responsabili rispettivamente del 7,4%, il 5,9% e il 4,4% dei decessi; nelle donne, il sesso non sicuro (8,2% dei decessi), l’alimentazione scorretta (5,1%) l’alto indice di massa corporea (4,7%). Tra i tumori maggiormente influenzati dai fattori di rischio al primo posto c’è il cancro del polmone, seguito da colon, esofago e stomaco nei maschi e cervice uterina, colon e seno nelle donne.

    Lo studio ha inoltre riscontrato ampie differenze tra le diverse aree del mondo e una tendenza che vede la crescita dell’impatto dei fattori di rischio metabolici rispetto a un decennio addietro.

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