Costume e Società

I Maranza e la loro rivoluzione

Arriva dalla Francia e si intitola Maranza di tutto il mondo, unitevi! Per un’alleanza dei barbari nelle periferie il libro di Houria Bouteldja che si definisce ‘scrittrice e militante antirazzista’, nonché ‘tra le fondatrici del Partito degli indigeni della repubblica’.  Ma chi sono i Maranza e perché tanta attenzione verso di loro? Sono le nuove leve dell’antifascismo? Come si legge in un articolo del Secolo d’Italia, a commento del libro, sono i figli di seconda e terza generazione dell’immigrazione. Giovani, in alcuni casi giovanissimi, arabi e africani pronti a sfoggiare la propria rabbia contro le istituzioni, anzi più semplicemente dotati di una vitalità smodata incapace di essere incanalata e pronti a sfogarla appena ne hanno occasione”. Dalle nostre parti, in Italia, sono al tempo temuti e derisi, per codici e per abbigliamento: tute di squadre da calcio, marchi famosi, borsello, “scarpe da pusher” o, addirittura, in calze con le ciabatte, come è capitato di vedere durante gli ultimi scontri in occasione delle manifestazioni pro Pal. Catalogati in quell’occasione come antagonisti, termine ormai d’uso comune per definire quelle frange di facinorosi che si infiltrano nei cortei per mettere a ferro e fuoco le citta, in realtà con quella violenza ‘storica’ hanno in comune forse solo i metodi (sprangate e incendi). Ed in pochi ne hanno colto l’essenza del loro malessere che, come si chiede il Secolo, potrebbe essere un nuovo racconto dell’antifascismo militante dovuto ad una ‘non saldatura’ con il territorio, la società, la politica. E sempre dall’articolo si legge, a proposito di questa nuova sinergia tra esponenti dei centri sociali e i Maranza: “Il tempo ci dirà se Stazione centrale e i sassi lanciati sulla tangenziale di Milano, durante lo sciopero del 3 ottobre, saranno prassi o fuggevoli unioni di scopo (in questo caso Gaza). Intanto, per un attimo, stacchiamo lo sguardo dallo scenario locale e andiamo in Francia. Perché dall’altra parte delle Alpi c’è chi questa comunanza di intenti la vede e vuole alimentarla”. Come fa, dalle sue pagine, Houria Bouteldja che cerca di dare “una struttura politica al disagio, al malessere e alle vere o presunte ingiustizie sociali”. Questa orda di giovani, coi loro codici e il loro vestiario, a detta della Bouteldja, mostrano che “qualcosa si è rotto ed è il ‘patto razziale’ portando alla nascita di due fazioni ‘opposte al blocco borghese’. Da una parte la ‘classe operaia, certamente integrata nel progetto nazionale’ e dall’altra i ‘dannati della terra, esclusi dal progetto nazionale’. Il passo successivo, come nota il quotidiano, è la lotta alla bianchezza, che per la Bouteldja, “si materializza attraverso tutte le sfumature possibili in base alla loro appartenenza sociale e geografica, al loro orientamento politico, al loro genere e alla loro età”. Emerge chiaro, dalle pagine, che il vero nemico è l’Europa e quello che rappresenta e quello che ha rappresentato, leggasi colonialismo. Quella dei Maranza, alla luce del racconto che ne fa la Bouteldja, è “la costruzione sul vuoto, perché essere i diseredati della storia vuol dire non avere radici, ripudiando l’identità che è l’architrave di ogni cosa”.

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La redazione

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