Francia

  • In attesa di Giustizia: rivalità transalpine

    Tra Italia e Francia sembra non esserci solo una sana rivalità ed una nobile gara sportiva nel football ma anche in materia di (in)giustizia, settore nel quale l’incertezza del risultato per la primazia non è per nulla inferiore a quella vissuta sui campi di calcio. Basti pensare che i transalpini inserirono il ripudio della pena di morte in costituzione un anno dopo aver perso la finale della Coppa del Mondo con gli azzurri sebbene quel raffinato metodo di esecuzione che è la ghigliottina fosse stato abolito con una legge ordinaria del 1981 che soppresse anche la pena capitale sia pure senza la sacralità – da noi riconosciuta nel 1948 – del canone costituzionale.

    Nel frattempo, però, da noi si offriva spettacolo con l’arresto – mediaticamente organizzato nei minimi dettagli – di Enzo Tortora le immagini del quale, se non altro, lo rappresentano con i braccialetti e non con i ceppi come Enzo Carra, politico democristiano condotto in udienza con schiavettoni ai polsi e catene per i corridoi del Tribunale di Milano richiamando alla memoria quell’Amatore Sciesa trascinato dagli sgherri austriaci per le pubbliche vie della città verso il patibolo.

    Ai francesi mancava qualcosa, si sentivano surclassati…la piazza d’onore non era abbastanza perché troppo risalente nel tempo l’ostensione di Maria Antonietta alla furia dei sanculotti mentre un carro trasferiva la Regina dalla Conciergerie a quella che oggi si chiama Place de la Concorde per tagliare la testa a colei che si era appena scusata con il boia per avergli pestato inavvertitamente un piede; all’improvviso, tuttavia, ecco presentarsi l’occasione propizia per riguadagnare posizioni nel ranking dei forcaioli: la carcerazione di Nicolas Sarkozy che con grande dignità ha scelto di costituirsi raggiungendo a piedi ed a testa alta la prigione de La Santè (un inferno da 600 posti che ospita 1200 detenuti gareggiando anche in questo settore con i nostri istituti penitenziari), accompagnato dalla moglie che lo teneva per mano. E’ un’immagine che al curatore di questa rubrica colma il cuore di tristezza, sperando di non essere il solo ad interpretarne i sottesi: questa volta non c’è nulla di gioioso in quel tenersi per mano di un uomo ed una donna che si vogliono bene, in quel gesto che molto dice della mutua protezione e dei sentimenti che dita intrecciate si sanno scambiare…all’opposto, vi è una struggente malinconia perché è sempre tragico il procedere verso una cella di uomo che sia egli innocente o malvissuto.

    Nicolas e Carla sembrano i protagonisti di una (brutta) favola moderna che non viene dettata dal cuore, dalla fantasia, da sentimenti, dal desiderio di coltivare e condividere sogni ma sembra un copione scritto dagli autori di quelle trasmissioni specializzate nella ricostruzione di crime stories che alimentano morbosa e malsana curiosità degli spettatori.

    C’è da provare disgusto per chi, quasi fosse l’arrivo del Tour de France, ha scelto di trasmettere la diretta del momento – ignominioso per chiunque – in cui Sarkozy si avvia al luogo che vide prigioniero Landru, Alfred Dreyfus e persino Apollinaire mentre sul suo cammino, si applaude ed ingiuria e c’è chi canta la Marsigliese.

    E’ tale la volgare barbarie insita nel riprendere queste immagini in nome del diritto alla informazione – ed è sempre un parere personale – da rendere questo congedo dalla libertà un momento estremamente dignitoso e struggente nel suo ultimo atto che vede Nicolas e Carla che, ancora mano nella mano, si avviano fino alla porta del carcere uniti ed insensibili alla livella che azzera privilegi e cancella sperequazioni, che ha più il sapore di una rivincita sociale che di giustizia valutando con equilibrio i fatti e sanzionandoli secondo quanto prevedono i codici, bensì come rappresentazione emotiva e risarcimento simbolico delle ingiustizie sociali.

    Tutto ciò induce a escludere qualsiasi possibilità di interrogarsi sul senso della pena e sulla sua utilità, sul suo significato se applicata nei confronti di un uomo della personalità e dell’età di Sarkozy per quanto i reati per i quali è stato condannato siano gravi: associazione a delinquere per aver consentito che i suoi collaboratori chiedessero finanziamenti illeciti al regime di Gheddafi, al fine di sostenere la campagna elettorale per le presidenziali del 2007.

    Oggi, però, non discutiamo di innocenza o colpevolezza: piuttosto si dubita della opportunità dello scempio mediatico fatto di un momento di dolce intimità che nulla ha a che vedere con il trionfo della giustizia e tra le cui righe piace leggere il capitolo una fiaba che non è finita ed e rimasta tale anche nella mesta passeggiata mano nella mano fino a La Santè.

  • Sarkozy

    Certamente chi è colpevole deve sottostare alla pena che il tribunale stabilisce, si rimane però un po’ sconcertati davanti ad un ex presidente della repubblica detenuto alla Santé in un Paese che ha difeso strenuamente terroristi ed assassini italiani e nel quale molti veri criminali, come in Italia, purtroppo restano liberi.

    Non so se Sarkozy sia innocente o meno, l’appello, forse, farà maggiore chiarezza e gli darà ragione, lui infatti sostiene strenuamente la sua innocenza, alla quale vogliamo credere.

    Non dimentico i diversi momenti di incontro che abbiamo avuto al Parlamento Europeo e all’Eliseo, durante la presidenza francese dell’Unione Europea quando ricoprivo l’incarico di copresidente del gruppo UEN, e le sue dichiarazioni a favore di un’Europa più libera e forte, anche partendo dalla difesa della cultura e dell’agricoltura e sottolineando come fosse opportuno non fare aderire all’Unione paesi, come la Turchia, con valori diversi dai nostri.

    Sappiamo che nel recente passato, per altri motivi, personaggi, che avevano difeso la Francia anche a rischio della propria incolumità, hanno assaporato le patrie galere per difendere la ragione ed il segreto di Stato, o hanno rischiato la detenzione.

    In ogni caso la presenza di tanti cittadini, che alla sua uscita di casa hanno intonato la Marsigliese, la giusta decisione del Presidente Macron di incontrarlo, prima dell’inizio della detenzione, ci fanno sperare che si possa arrivare presto alla verità e che comunque per l’ex Presidente Sarkozy siano, nell’attesa, predisposte misure diverse al carcere.

    E’ pur vero che in Francia, nel passato, si mandò al patibolo anche il re e la sua famiglia ma ci auguriamo che oggi ci siano magistrati, indipendenti dai partiti, che sappiano giudicare la politica in modo corretto e coerente.

  • I Maranza e la loro rivoluzione

    Arriva dalla Francia e si intitola Maranza di tutto il mondo, unitevi! Per un’alleanza dei barbari nelle periferie il libro di Houria Bouteldja che si definisce ‘scrittrice e militante antirazzista’, nonché ‘tra le fondatrici del Partito degli indigeni della repubblica’.  Ma chi sono i Maranza e perché tanta attenzione verso di loro? Sono le nuove leve dell’antifascismo? Come si legge in un articolo del Secolo d’Italia, a commento del libro, sono i figli di seconda e terza generazione dell’immigrazione. Giovani, in alcuni casi giovanissimi, arabi e africani pronti a sfoggiare la propria rabbia contro le istituzioni, anzi più semplicemente dotati di una vitalità smodata incapace di essere incanalata e pronti a sfogarla appena ne hanno occasione”. Dalle nostre parti, in Italia, sono al tempo temuti e derisi, per codici e per abbigliamento: tute di squadre da calcio, marchi famosi, borsello, “scarpe da pusher” o, addirittura, in calze con le ciabatte, come è capitato di vedere durante gli ultimi scontri in occasione delle manifestazioni pro Pal. Catalogati in quell’occasione come antagonisti, termine ormai d’uso comune per definire quelle frange di facinorosi che si infiltrano nei cortei per mettere a ferro e fuoco le citta, in realtà con quella violenza ‘storica’ hanno in comune forse solo i metodi (sprangate e incendi). Ed in pochi ne hanno colto l’essenza del loro malessere che, come si chiede il Secolo, potrebbe essere un nuovo racconto dell’antifascismo militante dovuto ad una ‘non saldatura’ con il territorio, la società, la politica. E sempre dall’articolo si legge, a proposito di questa nuova sinergia tra esponenti dei centri sociali e i Maranza: “Il tempo ci dirà se Stazione centrale e i sassi lanciati sulla tangenziale di Milano, durante lo sciopero del 3 ottobre, saranno prassi o fuggevoli unioni di scopo (in questo caso Gaza). Intanto, per un attimo, stacchiamo lo sguardo dallo scenario locale e andiamo in Francia. Perché dall’altra parte delle Alpi c’è chi questa comunanza di intenti la vede e vuole alimentarla”. Come fa, dalle sue pagine, Houria Bouteldja che cerca di dare “una struttura politica al disagio, al malessere e alle vere o presunte ingiustizie sociali”. Questa orda di giovani, coi loro codici e il loro vestiario, a detta della Bouteldja, mostrano che “qualcosa si è rotto ed è il ‘patto razziale’ portando alla nascita di due fazioni ‘opposte al blocco borghese’. Da una parte la ‘classe operaia, certamente integrata nel progetto nazionale’ e dall’altra i ‘dannati della terra, esclusi dal progetto nazionale’. Il passo successivo, come nota il quotidiano, è la lotta alla bianchezza, che per la Bouteldja, “si materializza attraverso tutte le sfumature possibili in base alla loro appartenenza sociale e geografica, al loro orientamento politico, al loro genere e alla loro età”. Emerge chiaro, dalle pagine, che il vero nemico è l’Europa e quello che rappresenta e quello che ha rappresentato, leggasi colonialismo. Quella dei Maranza, alla luce del racconto che ne fa la Bouteldja, è “la costruzione sul vuoto, perché essere i diseredati della storia vuol dire non avere radici, ripudiando l’identità che è l’architrave di ogni cosa”.

  • Salvini non ha il senso delle istituzioni farlo restare al governo è un danno all’interesse nazionale

    Salvini non ha il senso delle istituzioni e farlo restare al governo è un danno per l’interesse nazionale.

    Contrariamente a quanto sostiene da tempo Salvini, e solo per spirito di verità, non risulta a nessuno che il Presidente della Francia Emmanuel Macron voglia andare a combattere in Russia, ma, insieme al Premier Inglese Keir Starmer, ha dato vita alla  Coalizione dei Volonterosi, a cui hanno aderito molti altri Paesi anche fuori dell’Europa, per realizzare la necessaria e indispensabile rete di sicurezza attorno all’Ucraina, dopo la fine dei combattimenti, e non durante i combattimenti, per evitare possibili future aggressioni della Russia.

    Quindi non solo Salvini ha più volte offeso sul piano personale il Presidente di un Paese alleato e importante dell’Unione Europea, ma lo ha fatto sulla base di una fake news, utile solo per fare polemica e raccattare una manciata di voti da qualche balordo, essendo la sua politica priva di idee e fondata solo su slogan e insulti quotidiani.

    Ma anche se fosse vera l’accusa a Macron, se cioè il presidente francese avesse per davvero questo prurito di combattere contro la Russia, a che titolo Salvini si permette di attaccarlo sul piano personale, insultarlo e perfino schernirlo?

    E, infatti, non ha nessun diritto di farlo, e, al massimo, nella veste di leader della Lega, può dissentire e criticare le posizioni politiche espresse, ma mai scendere ad un livello di insulti di osteria.

    Ma Salvini non è solo il leader della Lega, è anche vicepremier, oltre che ministro delle Infrastrutture, e come tale non ha alcun diritto di intervenire su argomenti di competenza di altri colleghi, come nel caso in specie la politica estera, di esclusiva competenza del Ministro degli Esteri e del Premier.

    Salvini forse, dopo tanti anni, non ha ancora capito l’importanza del suo ruolo di stare al Governo, perché viola tutte le regole e mette in cattiva luce il governo e il Paese, ed in particolare il Premier che, da parte sua, e per paura di perdere la maggioranza, invece di richiamare il vice premier ai suoi doveri e al rispetto dei suoi limiti, diffidandolo da ulteriori inaccettabili provocazioni come l’attacco a Macron,  tace e avalla di fatto una azione gravissima, e impensabile fino a pochi anni fa, prima che la politica della confusione, dell’insulto e della manipolazione, prendesse piede.

    Per questo, nel silenzio del Premier Meloni, e nell’evidente imbarazzo nazionale ed Europeo degli insulti gratuiti subiti da Macron da un componente del governo italiano, il Presidente della Repubblica, in assenza di un governo consapevole dei propri doveri, dovrebbe valutare come operare per fermare una buona volta questa scheggia senza controllo, che mette a rischio costante la difesa dell’interesse nazionale.

  • Esproprio in Niger: azienda francese dell’uranio passa in mano al governo africano

    Dopo diversi mesi di crisi, la giunta militare al potere in Niger ha annunciato la nazionalizzazione della compagnia Somair, filiale locale del colosso francese dell’uranio Orano, che ne aveva perso il controllo operativo nel dicembre scorso. Lo ha riferito l’emittente statale nigerina “Rtn”, che cita una nota della giunta secondo cui la decisione è stata presa “in risposta al comportamento irresponsabile, illegale e sleale di Orano, una società di proprietà dello Stato francese, uno Stato apertamente ostile al Niger”. Attraverso questa nazionalizzazione, si legge nella dichiarazione, “le azioni e i beni di Somair vengono trasferiti integralmente e in piena proprietà allo Stato del Niger” e gli azionisti riceveranno un indennizzo. Negli ultimi mesi Orano ha annunciato la perdita del controllo operativo delle sue tre filiali minerarie in Niger: il giacimento di Imouraren, la miniera di Cominak e la miniera di Somair. Il gruppo francese, che tuttavia mantiene una quota di maggioranza di oltre il 60 per cento in queste filiali, ha quindi avviato diverse procedure arbitrali internazionali contro lo Stato del Niger.

    Il mese scorso Orano si è detta aperta alla possibilità di vendere i suoi siti di uranio nel nord del Niger. Orano, leader nel settore nucleare, affronta notevoli difficoltà in Niger dal colpo di Stato con cui il 26 luglio 2023 sono saliti al potere i militari. Nel quadro di un progressivo allontanamento da Parigi – con la rottura degli accordi di difesa e sicurezza – e della revisione del sistema di sfruttamento delle materie prime nazionali da parte di imprese straniere, la giunta militare ha messo in forte difficoltà la compagnia francese. Dei tre siti gestiti storicamente dal gruppo francese, quello di Akuta – operato dalla Akokan Mines Company (Cominak) – è chiuso dal 2021, mentre a giugno del 2023 Orano si è vista ritirare il permesso di esercizio nel deposito di Imouraren, tra le più grandi miniere di uranio al mondo. Se la miniera di Somair è ancora attiva, infine, la compagnia francese ne ha perso il controllo operativo a dicembre scorso. Il sito minerario ha un valore stimato in 250 milioni di euro.

  • ZTL vive la France

    Una timida brezza democratica sembra alzarsi finalmente con l’approvazione da parte del parlamento francese di una legge che mette finalmente fine ad uno strumento di discriminazione come le ZTL dei centri cittadini.

    Attraverso queste impostazioni, espressione di una delega legislativa agli enti locali, viene limitato o addirittura vietato l’accesso alle città sulla base di parametri assolutamente elitari e non certo sulla base di parametri ambientalistici.

    Infatti, quando l’accesso al centro cittadino, come nella attuale normativa, viene determinato dall’anno di produzione dell’auto e non sulle base delle reali emissioni, come naturale conseguenza risulta evidente come il diritto alla mobilità venga negato alla popolazione meno abbiente, che paga una tassazione che invece non prevede limitazioni, in quanto titolare di mezzi più obsoleti rispetto a chi può acquistare mezzi recenti appartenenti a classe di emissioni formalmente meno impattanti. A conferma di questa deriva puramente ideologica giova ricordare come in Italia l’età media delle auto sia di 12 anni e otto mesi e con una cilindrata di 1.553 cc.

    In considerazione quindi di questo asset automobilistico e tornando ai parametri adottati per selezionare “le élite privilegiate che possano accedere al centro storico”, quelli adottati dalle varie amministrazioni comunali nella gestione del traffico cittadino risultano assolutamente antidemocratici.

    Basti ricordare, a conferma, come una Golf del 2010 euro 5 non solo non può in qualsiasi caso accedere al centro per esempio di Milano, ma dovrebbe restare in garage dall’ottobre 2025 pur emettendo 105mg/Km. Mentre un qualsiasi Suv immatricolato nel 2025 gode di libero accesso con 320mg/km di emissioni (quindi emissioni tre volte superiori).

    Questa consolidata selezione dei privilegi è ormai consolidata e viola il principio della non retroattività di una norma giuridica, come il legittimo affidamento che rappresenta un principio che tutela il privato il quale, in buona fede, ha confidato nella correttezza di un atto e comportamento della Pubblica Amministrazione, e che tale situazione si sia consolidata nel tempo.

    Finalmente, e va sottolineato finalmente, viene azzerata una delle forme più vergognose dell’esercizio del potere esecutivo da parte dei sindaci sulla base di una delega legislativa assolutamente arbitraria.

    In questo modo sono state pensate ed applicate le diverse ZTL con interventi discriminatori ed espressione di una anticultura ambientalista e di una mediocrità intellettuale senza precedenti.

    Attraverso questo nuovo ciclo politico espresso in Francia si può interrompere il percorso avviato dall’Unione Europea verso uno stato etico, nel quale i diritti vengono riconosciuti sempre e solo come espressione di comportamenti aderenti ai protocolli dello Stato i quali possono derogare persino dal rispetto dei principi democratici.

    Finalmente viene sottratto ai sindaci quel sottile ed intimo piacere rappresentato dal dispensare privilegi al proprio elettorato, come a Milano o in tutte le città europee.

    Vive la France.

  • La Francia scopre che la laicità è stata debellata dalla Sharia

    Un paese che si pensava laico, razionale, europeo, sta oggi misurando l’avanzata di un progetto di islamizzazione che non ha bisogno di bombe per detonare, scrive Il Secolo dItalia. I Fratelli musulmani — nati nel 1928 a Ismailia, sobborgo egiziano sulle rive del canale di Suez — non si sono mai nascosti: «Noi siamo come una grande sala nella quale ogni musulmano può entrare da qualsiasi porta per cercarvi ciò che desidera. Desiderasse il sufismo, lo troverebbe. Desiderasse il combattimento e la lotta armata, le troverebbe. Siete venuti a noi con la preoccupazione per la “Nazione”. Dunque vi do il benvenuto», diceva Hassan al-Banna, il fondatore del gruppo islamista.

    Un rapporto di 73 pagine, pubblicato in esclusiva da Le Figaro e redatto da un prefetto e da un ambasciatore su incarico del ministro dell’Interno Bruno Retailleau, ha consegnato al governo francese la diagnosi di una malattia avanzata. Quello che l’on Cristiana Muscardini aveva preconizzato nel suo saggio Politeisti & Assassini (Ulisse Edizioni) è ora realtà, documentata in un atto ufficiale d’Oltralpe.

    Non si tratta più di cellule isolate, ma di un ecosistema: 139 luoghi di culto direttamente riconducibili ai Musulmani di Francia — la maschera legale della “Fratellanza” — frequentati ogni venerdì da 91mila fedeli. Altri 68 luoghi «vicini». In totale, il 7% del totale nazionale. La vera forza non è nei numeri, ma nella strategia. Un progetto a doppio binario: islamizzazione dal basso, ispirata ai salafiti, e conquista dall’alto, come nelle università d’élite — Sciences Po in testa. Gli autori del rapporto parlano senza timori: «L’obiettivo finale è far inginocchiare l’intera società francese alla legge della sharia».

    Nel settembre 2023, 21 istituti scolastici erano identificati come parte dell’universo frériste, a cui si aggiungono 815 scuole coraniche per 66.050 minori. Le bambine iniziano a portare il velo a cinque anni. Lezione di religione, ginnastica separata, ramadan obbligatorio: si «incornicia la vita del musulmano dalla nascita alla morte». A Lille, il liceo Averroès — punta di diamante dell’insegnamento confessionale — è oggetto di una richiesta di revoca del contratto statale: tra i testi didattici si ritrovano gli Hadith che legittimano la pena di morte per apostasia.

    Nel mondo parallelo costruito dalla Fratellanza, c’è tutto: carità (Humani’Terre è sotto inchiesta per presunto finanziamento a Hamas), istruzione, impresa halal, finanza islamica, associazionismo. L’«entrismo» passa anche da lì. Non serve imporsi con la violenza se si può offrire assistenza sociale dove lo Stato è assente. «Radicandosi nei quartieri a maggioranza musulmana generalmente poveri, rispondono ai bisogni della popolazione», si legge. E in cambio ottengono consenso, adesione: rafforzano l’identità.

    Il concetto stesso di «islamofobia» viene impiegato come clava, in chiave difensiva e offensiva. Il Collectif contre l’islamophobie en France, sciolto nel 2020, è risorto come Collectif contre l’islamophobie en Europe (Ccie) a Bruxelles. Lo stesso Marwan Muhammad — ex direttore, oggi in Canada — viene indicato come uno degli influencer di punta della nuova «predicazione 2.0».

    L’ideologia è nota: l’islam è totalità. Non solo religione, ma politica, legge, costume, finanza, educazione. Già negli anni ’50, la Fratellanza cominciava a costruire le sue fondamenta in Francia, grazie a intellettuali come Mohammed Hamidullah, erudito indiano e primo predicatore della moschea Daawa di Parigi, e Saïd Ramadan, genero di Hassan al-Banna e fondatore del Centro islamico di Ginevra. Oggi la rete europea è consolidata. Il Consiglio dei musulmani europei è il pilastro, attorno al quale ruotano enti di fatwa, ong come Islamic relief, e circuiti finanziari. Bruxelles, Parigi, Berlino, Londra, Sarajevo, Milano: l’Europa è la nuova Mecca politica della Fratellanza. Il Medio Oriente — scrive il rapporto — è in ritirata, l’Europa è la L’Austria è oggi l’unico paese europeo ad aver bandito i Fratelli musulmani. La Francia, malgrado il rapporto, non ha ancora preso una decisione. La Svezia ha giusto ieri annunciato una mappatura del fenomeno. Gli altri tacciono. In nome della tolleranza, si tollera tutto. Fino a trasformare la laicità in neutralità passiva.

  • Macron lancia l’opa sui cervelli in fuga da Trump

    Una “forte irritazione” trapela dal ministero dell’Università e della Ricerca per quanto riguarda la ‘Conferenza internazionale su Scienza e ricerca’, il cui primo titolo era “Choose Europe, Choose France”, organizzata dal presidente francese Emmanuel Macron. Al fianco della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, Macron ha annunciato lo stanziamento di cento milioni di euro per attrarre ricercatori stranieri Oltralpe, in primo luogo americani dopo i tagli annunciati dall’amministrazione Trump per la ricerca scientifica. Intervenendo alla conferenza internazionale, Macron ha detto che ”di fronte alle minacce” serve che ”l’Europa debba diventare un rifugio” per i ricercatori.

    La ministra Bernini: “Gli altri annunciano, l’Italia lo ha già fatto”. “Gli altri annunciano, l’Italia lo ha già fatto”, il commento della ministra Anna Maria Bernini, che era stata invitata alla conferenza, cui ha partecipato, però, l’ambasciatrice italiana a Parigi Emanuela D’Alessandro: “L’ambasciatrice – spiegano fonti diplomatiche – in coordinamento con il Ministero dell’Università e della Ricerca, guidato da Anna Maria Bernini, esprimerà la posizione dell’Italia, che considera la libertà della ricerca un principio irrinunciabile e fondamento imprescindibile di ogni avanzamento scientifico e culturale”.

    “Sul tema specifico della Conferenza – proseguono le fonti – verrà evidenziato che il nostro Paese è già attivamente impegnato nel favorire non solo il rientro dei talenti italiani, attualmente coinvolti in progetti di ricerca all’estero, ma anche nell’aumentare l’attrattività del Paese nei confronti di ricercatori stranieri. Oltre ai generosi incentivi fiscali in vigore da tempo per chi sceglie di tornare o trasferirsi in Italia e l’implementazione di un sistema di infrastrutture di ricerca all’avanguardia, è stato recentemente aperto un bando da 50 milioni di euro, destinato a ricercatori attualmente all’estero che hanno ottenuto uno Starting Grant o un Consolidator Grant dell’Erc”. Già lo scorso 15 aprile infatti, il Mur aveva annunciato e aperto questo bando, indirizzato ai ricercatori interessati a tornare, o a trasferirsi, nel nostro Paese.

    “Come richiesto dalla commissaria europea Zaharieva, l’Italia sta fornendo alla Commissione europea l’insieme delle misure nazionali adottate per attrarre scienziati e ricercatori da ogni parte del mondo, una misura utile per un eventuale coordinamento e armonizzazione delle iniziative a livello europeo. Proprio in quest’ottica – concludono – l’Italia considera il Consiglio Competitività e Ricerca, in programma il 23 maggio a Bruxelles, l’occasione ideale e il formato istituzionale più appropriato per un confronto efficace tra Stati membri e per definire insieme, e non solo in ottica prevalentemente nazionale, politiche comuni concrete, sostenibili e lungimiranti”.

  • Gli Emirati Arabi costruiranno un mega data center in Francia

    Gli Emirati Arabi Uniti costruiranno un maxi data center in Francia. Lo ha reso noto l’Eliseo, spiegando che è stato firmato a Parigi un partenariato in presenza del presidente francese Emmanuel Macron e dell’omologo emiratino Mohamed Bin Zayed Al Nahyan. Il progetto prevede un investimento fra i 30 e i 50 miliardi di euro e, al momento, deve ancora essere deciso il sito in cui sorgerà la struttura. Il data center avrà una capacità di calcolo che potrà arrivare fino a un gigawatt e sorgerà all’interno di un campus dedicato all’Intelligenza artificiale (IA), che sarà sviluppato dal fondo di investimento emiratino Mgx coadiuvato da un consorzio di investitori francesi e del Paese del Golfo. Macron e Mohamed Bin Zayed “hanno espresso la volontà di creare una partnership strategica nel campo dell’Intelligenza artificiale e si sono impegnati a esplorare collaborazioni su progetti e investimenti a sostegno dello sviluppo della filiera dell’intelligenza artificiale”, si legge in una dichiarazione congiunta franco-emiratina.

    Un annuncio sulla prima parte dei finanziamenti arriverà a maggio durante il Summit Choose France 2025, appuntamento annuale che riunisce a Parigi aziende mondiali di diversi settori. Secondo quanto riferito dalla presidenza francese, Abu Dhabi si è impegnata anche a “esplorare delle collaborazioni su progetti di investimento che sostengono lo sviluppo della catena di valore dell’Intelligenza artificiale”. In particolare, questi dossier riguarderanno altri data center, i microchip e una collaborazione accademica tra la Francia e gli Emirati Arabi Uniti. Poco prima dell’annuncio dell’accordo, la ministra francese responsabile dell’Intelligenza artificiale, Clara Chappaz, ha annunciato che ben 35 siti in Francia sono pronti per la creazione di nuovi data center. Una spinta verso l’innovazione, quella francese, che giunge proprio in vista del vertice sull’Intelligenza artificiale che si terrà a Parigi i prossimi 10 e 11 febbraio, a cui è prevista la partecipazione di oltre cento Paesi. Fra i partecipanti più attesi al vertice figurano il vicepresidente degli Stati Uniti James David Vance, il vicepremier cinese Zhang Guoqing, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

    Gli Emirati Arabi Uniti, tra i maggiori paesi produttori di petrolio, sono partner di lunga data degli Stati Uniti in materia di sicurezza e puntano a occupare un ruolo sempre più importante nel campo dell’Intelligenza artificiale, in un contesto di crescente concorrenza con i vicini Qatar e Arabia Saudita. Non a caso il tema dell’IA, nel quadro della cooperazione tecnologica, è stato al centro dell’agenda del presidente emiratino Mohamed bin Zayed Al Nahyan durante una visita a Washington lo scorso dicembre. La spinta di Abu Dhabi verso l’Intelligenza artificiale è guidata dalla holding G42 e da Mgx, di cui è partner il fondo sovrano da 330 miliardi di dollari Mubadala. Il mese scorso, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato una joint venture denominata Stargate, che coinvolge gli investitori azionari OpenAI, SoftBank e Oracle, alla quale partecipa anche Mgx. I partner di Stargate hanno promesso di investire inizialmente 100 miliardi di dollari per costruire i server che forniranno potenza di calcolo all’Intelligenza artificiale.

    Lo scorso settembre, Mgx, BlackRock, Global Infrastructure Partners (Gip), Microsoft hanno annunciato la Global IA Infrastructure Investment Partnership (Gaiip), con l’obiettivo di effettuare investimenti in nuovi data center per soddisfare la crescente domanda di potenza di calcolo, nonché in infrastrutture energetiche per creare nuove fonti di energia per queste strutture. Questa partnership contribuisce a sostenere un ampio ecosistema IA, fornendo pieno accesso su base non esclusiva a una vasta gamma di partner e aziende. Per esempio, Nvidia supporterà Gaiip offrendo la sua competenza nei data center, a beneficio dell’ecosistema dell’Intelligenza artificiale. La Gaiip si impegnerà attivamente anche con i leader del settore per aiutare a migliorare le catene di fornitura IA e l’approvvigionamento energetico a vantaggio dei suoi clienti e del settore.

    Fonti informate citate dalla stampa internazionale hanno riferito che Sam Altman, l’amministratore delegato di OpenAI (nota per lo sviluppo del popolare modello di linguaggio IA ChatGpt), ha programmato per questa settimana una visita negli Emirati Arabi Uniti per discutere con il gruppo di investimento Mgx della raccolta fondi da 40 miliardi di dollari lanciata per sostenere la prossima fase di crescita ed espansione. La tappa di Altman ad Abu Dhabi assume particolare rilievo alla luce della sfida statunitense rappresentata dalla cinese DeepSeek, modello di Intelligenza artificiale generativa più economica rispetto a OpenAI. L’obiettivo di Altman è quello di ottenere garanzie sui finanziamenti per i progetti in corso, tra cui Stargate.

  • Il ritiro delle forze francesi dal Senegal sarà completato entro l’estate del 2025

    La Francia prevede di ritirare i suoi militari dal Senegal e da altri Paesi dell’Africa occidentale e centrale entro l’estate del 2025. È quanto riferiscono fonti militari francesi citate dall’agenzia di stampa senegalese “Aps”, secondo cui sarebbero in corso delle trattative per organizzare il ritiro. “Entro l’estate del 2025 non ci saranno più basi militari francesi permanenti in Senegal”, ha affermato la fonte, aggiungendo che Parigi favorirà la cooperazione con le autorità senegalesi in base alle loro esigenze. “La presenza militare francese è oggi percepita come un affronto alla sovranità. Ne siamo consapevoli”, ha aggiunto. La decisione, se confermata, rientra in un cambiamento strategico volto a rispondere alle aspirazioni di sovranità di recente espresse da diversi Paesi africani. Già lo scorso 31 dicembre il presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye aveva già annunciato la fine di ogni presenza militare straniera sul territorio senegalese a partire dal 2025, propugnando una nuova dottrina di cooperazione militare.

    In base all’attuale accordo di cooperazione militare tra Francia e Senegal, siglato nel 2012, le forze francesi hanno libero accesso a diverse infrastrutture strategiche, come il sito di Camp Ouakam e la base navale senegalese, nonché esenzioni fiscali per le attrezzature e i servizi necessari alle loro operazioni, oltre a beneficiare della libertà di movimento e dell’organizzazione di esercitazioni militari. In cambio, il Senegal beneficia di un sostegno rafforzato, in particolare attraverso l’accesso prioritario del suo personale militare alle scuole francesi, l’assistenza tecnica e il trasferimento di equipaggiamento militare. Sono agevolati anche gli scali marittimi e aerei senegalesi in Francia. In base a quanto prevede l’accordo, il contratto può essere risolto mediante comunicazione scritta con preavviso di sei mesi, con conseguente restituzione delle strutture senza indennizzo, salvo specifico accordo. L’eventuale ritiro delle forze francesi dal Senegal rientra in una più ampia riorganizzazione della presenza militare di Parigi nell’area del Sahel, iniziata nell’estate del 2023 con le partenze da Mali, Burkina Faso, Niger e, più recentemente, dal Ciad.

    Le autorità di N’Djamena hanno denunciato l’accordo di cooperazione militare con la Francia lo scorso 28 novembre e all’inizio di dicembre Parigi ha iniziato a rimpatriare la sua flotta aerea e a lasciare gradualmente le sue basi, in particolare quelle di Faya-Largeau e Abeché. La base Adji Kossey di N’Djamena, la più grande, sarà invece restituita entro il 31 gennaio 2025, termine ultimo fissato dal governo ciadiano. Il graduale ritiro militare francese avviene in un clima di forte tensione, reso incandescente dopo che il presidente Emmanuel Macron, nel suo discorso recente agli ambasciatori, ha accusato i Paesi africani di “irriconoscenza” nei confronti di Parigi. In risposta alle dichiarazioni di Macron, il primo ministro senegalese Ousmane Sonko ha contestato in particolare l’affermazione del capo dell’Eliseo secondo cui la partenza delle forze francesi è il risultato di precedenti negoziati con le autorità di Dakar, sostenendo al contrario che “la decisione del Senegal deriva dalla sua volontà, in quanto Paese libero e sovrano”. Anche il governo ciadiano ha esortato la Francia e i suoi partner a rispettare le aspirazioni all’autonomia dei popoli africani. “Invece di attaccare l’Africa, il presidente Macron dovrebbe concentrare i suoi sforzi sulla risoluzione dei problemi che preoccupano il popolo francese”, ha affermato un comunicato del governo di N’Djamena, definendo non più negoziabile il termine del 31 gennaio per il completo ritiro dei militari francesi.

Pulsante per tornare all'inizio