Tra Italia e Francia sembra non esserci solo una sana rivalità ed una nobile gara sportiva nel football ma anche in materia di (in)giustizia, settore nel quale l’incertezza del risultato per la primazia non è per nulla inferiore a quella vissuta sui campi di calcio. Basti pensare che i transalpini inserirono il ripudio della pena di morte in costituzione un anno dopo aver perso la finale della Coppa del Mondo con gli azzurri sebbene quel raffinato metodo di esecuzione che è la ghigliottina fosse stato abolito con una legge ordinaria del 1981 che soppresse anche la pena capitale sia pure senza la sacralità – da noi riconosciuta nel 1948 – del canone costituzionale.
Nel frattempo, però, da noi si offriva spettacolo con l’arresto – mediaticamente organizzato nei minimi dettagli – di Enzo Tortora le immagini del quale, se non altro, lo rappresentano con i braccialetti e non con i ceppi come Enzo Carra, politico democristiano condotto in udienza con schiavettoni ai polsi e catene per i corridoi del Tribunale di Milano richiamando alla memoria quell’Amatore Sciesa trascinato dagli sgherri austriaci per le pubbliche vie della città verso il patibolo.
Ai francesi mancava qualcosa, si sentivano surclassati…la piazza d’onore non era abbastanza perché troppo risalente nel tempo l’ostensione di Maria Antonietta alla furia dei sanculotti mentre un carro trasferiva la Regina dalla Conciergerie a quella che oggi si chiama Place de la Concorde per tagliare la testa a colei che si era appena scusata con il boia per avergli pestato inavvertitamente un piede; all’improvviso, tuttavia, ecco presentarsi l’occasione propizia per riguadagnare posizioni nel ranking dei forcaioli: la carcerazione di Nicolas Sarkozy che con grande dignità ha scelto di costituirsi raggiungendo a piedi ed a testa alta la prigione de La Santè (un inferno da 600 posti che ospita 1200 detenuti gareggiando anche in questo settore con i nostri istituti penitenziari), accompagnato dalla moglie che lo teneva per mano. E’ un’immagine che al curatore di questa rubrica colma il cuore di tristezza, sperando di non essere il solo ad interpretarne i sottesi: questa volta non c’è nulla di gioioso in quel tenersi per mano di un uomo ed una donna che si vogliono bene, in quel gesto che molto dice della mutua protezione e dei sentimenti che dita intrecciate si sanno scambiare…all’opposto, vi è una struggente malinconia perché è sempre tragico il procedere verso una cella di uomo che sia egli innocente o malvissuto.
Nicolas e Carla sembrano i protagonisti di una (brutta) favola moderna che non viene dettata dal cuore, dalla fantasia, da sentimenti, dal desiderio di coltivare e condividere sogni ma sembra un copione scritto dagli autori di quelle trasmissioni specializzate nella ricostruzione di crime stories che alimentano morbosa e malsana curiosità degli spettatori.
C’è da provare disgusto per chi, quasi fosse l’arrivo del Tour de France, ha scelto di trasmettere la diretta del momento – ignominioso per chiunque – in cui Sarkozy si avvia al luogo che vide prigioniero Landru, Alfred Dreyfus e persino Apollinaire mentre sul suo cammino, si applaude ed ingiuria e c’è chi canta la Marsigliese.
E’ tale la volgare barbarie insita nel riprendere queste immagini in nome del diritto alla informazione – ed è sempre un parere personale – da rendere questo congedo dalla libertà un momento estremamente dignitoso e struggente nel suo ultimo atto che vede Nicolas e Carla che, ancora mano nella mano, si avviano fino alla porta del carcere uniti ed insensibili alla livella che azzera privilegi e cancella sperequazioni, che ha più il sapore di una rivincita sociale che di giustizia valutando con equilibrio i fatti e sanzionandoli secondo quanto prevedono i codici, bensì come rappresentazione emotiva e risarcimento simbolico delle ingiustizie sociali.
Tutto ciò induce a escludere qualsiasi possibilità di interrogarsi sul senso della pena e sulla sua utilità, sul suo significato se applicata nei confronti di un uomo della personalità e dell’età di Sarkozy per quanto i reati per i quali è stato condannato siano gravi: associazione a delinquere per aver consentito che i suoi collaboratori chiedessero finanziamenti illeciti al regime di Gheddafi, al fine di sostenere la campagna elettorale per le presidenziali del 2007.
Oggi, però, non discutiamo di innocenza o colpevolezza: piuttosto si dubita della opportunità dello scempio mediatico fatto di un momento di dolce intimità che nulla ha a che vedere con il trionfo della giustizia e tra le cui righe piace leggere il capitolo una fiaba che non è finita ed e rimasta tale anche nella mesta passeggiata mano nella mano fino a La Santè.