Giovani

  • I teenager praticano autolesionismo per esprimersi

    L’autolesionismo prende piede tra i ragazzi italiani, tra i 12 e i 18 anni, con un’accelerazione dopo il Covid. Il 70% di chi compie atti come tagliare, incidere, ferire la pelle, gambe e braccia con lamette, coltelli affilati, temperini, punte di vetro, lattine usate ha un’età compresa tra i 12 ai 14 anni (nella maggioranza dei casi scelgono di ferirsi le braccia con la lametta). Il 19% di loro riesce a smettere di tagliarsi, ma solo grazie al supporto di uno psicoterapeuta. Fortunatamente, si tratta di un disturbo della personalità perlopiù transitorio, che scompare al termine dell’adolescenza, quando si è tra i 20 e i 25 anni.

    A spingere a farsi male è spesso il proposito di scacciare un chiodo con un altro chiodo, più precisamente di controllare e interrompere un dolore mentale o un’angoscia troppo forti: molti preferiscono il dolore fisico al dolore mentale e ferendosi fanno in modo che il dolore fisico prenda il posto di quello mentale. Per alcuni adolescenti tagliarsi è addirittura un modo per percepire di esistere ed essere vivi: meglio un dolore fisico che non sentire niente o sentirsi vuoti e inutili. Tagliarsi dà l’illusione di un sollievo, a volte addirittura euforia, come se dai tagli fuoriuscissero finalmente le emozioni che non si riescono a tollerare dentro di sé: la disperazione, la tristezza, il sentirsi rifiutati, la solitudine e la rabbia.

    L’autolesionismo può anche costituire una forma di comunicazione del proprio disagio. Attraverso le ferite, infatti, la propria sofferenza appare evidente agli occhi degli altri: il proprio corpo viene utilizzato come una lavagna attraverso cui far percepire a tutti che si esiste e come ci si sente.

  • Cosa ha di fronte oggi un giovane o una giovane italiana?

    Riceviamo e pubblichiamo la lettera che l’Arch. On. Gabriele Pagliuzzi ha inviato al Patto Sociale dopo la pubblicazione dell’intervista di ‘Policy Maker’ all’On. Cristiana Muscardini sulle recenti vicende che hanno riguardato alcuni giovani militanti di Fratelli d’Italia.

    Cara Cristiana,

    sono del tutto d’accordo con le tue affermazioni. Soprattutto sul ruolo distorcente e malefico della rete. In tutte le direzioni: sia per la “cultura” frammentata ed esibizionista dei soggetti intercettati sia per i montaggi che dalle Iene in avanti sono ormai abituali nelle attuali regie di facile presa. Sarà molto difficile districarsi in questa situazione oggi e nel futuro perché l’infiltrazione, lo spionaggio e l’allestimento di dossier sugli avversari sono endemici nella mentalità cekista/leninista dei “comunisti”. Ne sappiamo bene noi “reduci” degli anni ’70, senza volerci addentrare nel ricordo degli innumerevoli covi informativi rossi, brigatisti e non. Detto questo, per cogliere l’occasione di una riflessione più ampia vorrei evidenziare che in tutta questa discussione occhieggia silente un convitato di pietra che è il Nazionalismo italiano. Uso la maiuscola per ridare dignità a questo pensiero che è stato demonizzato da 79 anni al pari del Fascismo e del Nazionalsocialismo, che fra l’altro non sono la stessa cosa, ma qui dovremmo aprire un altro fronte di riflessione. Sembra fuori tempo riportare al centro questo concetto, rimbambiti e ricattati da un sogno europeo di imbelli e immorali affaristi, che non è certo quello di Europa Nazione, ma non è così.  I giovani sono sempre splendidi ed è un delitto che la loro meravigliosa energia venga fatta volutamente marcire nella disperazione priva di luce e spenta nel mito del denaro, nell’esibizione della più volgare superficialità, dell’invidia e della frustrazione sociale. O peggio nella violenza gratuita, senza un perché. E’ inevitabile che per spirito di contraddizione si assumano provocatoriamente gesti e slogan inaccettabili di cui per inciso l’antisemitismo è la parte più deprecabile, perché portati alla sopraffazione e alla discriminazione degli altri, scimmiottando parole d’ordine prese dal buio della storia, ma cosa ha di fronte oggi un giovane o una giovane italiana?  E meno male che siamo in ambito politico, in un partito e non in un barrio di qualche nostra periferia metropolitana. Si dirà che sono problemi che investono e a volte in modo anche più drammatico varie contrade del nostro continente ma ognuno ha le sue vicende e le nostre le conosciamo bene e sta a noi affrontarle. Una Patria che non è Nazione e viceversa che cosa può insegnare? Può forse coltivare quegli orizzonti di bellezza, di coraggio di positività fraterna di chi costruisce assieme il destino comune che rendono degna di essere vissuta la vita di ciascuno? La “cultura” internazionalista comunista e cattolica, quella che ha impastato la nostra “meravigliosa” Costituzione gettata in bocca ai vincitori come ossequiente e definitivo atto di resa, ha insistito per mezzo secolo a demolire ogni residuo di dignità e verità storica nazionale. In modo cattivo e violento. E pur consunta nelle fondamenta continua ad agitare la sua coda velenosa. Ci si è dovuti arroccare in modo a volte contraddittorio e non privo di errori in una Destra che c’era e c’è sempre stata. Poteva chiamarsi M.S.I., forse con maggior merito, ma anche P.L.I., poteva chiamarsi Monarchia, quell’istituto che costruì la nostra Italia, poteva chiamarsi Nuova Repubblica ecc. Questa era ed è la nostra area di riscatto ideale. Non saranno quattro ragazzotti ignoranti espressione di un disagio di sottocultura più che politico a inficiarne i compiti e le responsabilità di portata storica ma resta intatto il macigno di fondo cui noi tutti superstiti saggi dobbiamo concorrere a rimuovere e non c’è Europa, Nato o America o Russia o Cina che tenga!

    Un carissimo saluto,

    Gabriele Pagliuzzi

  • Sempre più diffuso il consumo di stupefacenti: ne fanno uso 4 studenti su 10

    Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, nel corso della conferenza stampa sulla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024, ha riferito che. “emerge una diffusione pandemica delle sostanze stupefacenti, l’abbassamento dell’età di primo approccio e poi l’uso abituale e l’incremento del principio attivo”. Ed ha affermato ancora che bi è “scarsa consapevolezza diffusa di quanto fa male qualsiasi tipo di droga”.

    Secondo i dati del 2023 quasi 960mila giovani tra i 15 e i 19 anni, il 39% della popolazione studentesca, hanno assunto nella loro vita almeno una volta una sostanza psicoattiva illegale e oltre 680mila (più di un quarto della popolazione studentesca) lo hanno fatto nel corso dell’ultimo anno. Nello stesso periodo sono stati quasi 360mila gli studenti under 18 che hanno consumato almeno una sostanza illegale, pari al 23% dei minorenni scolarizzati. I minorenni denunciati per reati penali correlati alla droga sono in aumento del 10% rispetto al 2022 (sono stati 1.246, il 4,5% delle persone denunciate). Inoltre aumenta il consumo di cocaina: quasi 54mila ragazzi tra i 15 e i 19 anni riferiscono di aver fatto uso di cocaina nel 2023 e aumenta anche la percentuale di studenti che hanno utilizzato la sostanza prima dei 14 anni.

    Tra i genitori di minorenni c’è una maggior tolleranza verso sostanze legali e cannabinoidi, come emerge dai risultati preliminari dello studio pilota “Famiglie e prevenzione” su “percezioni e competenze dei genitori riguardo al consumo di sostanze psicoattive e alcol da parte dei minori”, che si basa sui dati raccolti a marzo-aprile 2024 attraverso una survey anonima alla quale hanno partecipato 4.901 genitori di studenti con età tra i 9 e i 14 anni, frequentanti 20 scuole primarie e secondarie di primo grado della Città metropolitana di Roma Capitale, e contenuto nella Relazione annuale. “I genitori intervistati si ritengono per oltre il 50% capaci di riconoscere i sintomi derivanti dal consumo delle sostanze legali (alcol e derivati del tabacco) e dei cannabinoidi, mentre meno della metà si dice in grado di riconoscere i sintomi legati all’uso di altre sostanze psicoattive illegali” – si osserva nella Relazione. “Riguardo al consumo, si rileva maggior tolleranza verso sostanze legali e cannabinoidi: due genitori su cinque si dichiarano permissivi rispetto a tabacco e sigarette elettroniche e circa la metà ritiene che il consumo di alcol e cannabinoidi vada contestualizzato prima di essere giudicato. Il consumo di altre sostanze illegali è invece reputato assolutamente intollerabile dal 90%”.

    “La maggior parte dei genitori ritiene facilmente accessibili per i propri figli tutte le sostanze considerate. I luoghi all’aperto, come strade e parchi, sono maggiormente indicati come quelli dove reperire sostanze illegali e psicofarmaci, oltre a luoghi più frequentati dai figli come scuole e case di amici, in relazione alle sostanze legali” – si sottolinea riportando i risultati preliminari dello studio. “Qualora venisse a conoscenza che i propri figli fanno uso di sostanze, la maggior parte dei genitori ricorrerebbe prevalentemente ad attività di informazione e coinvolgimento familiare”.

    Tra gli studenti che hanno utilizzato cocaina la metà circa riferisce un primo utilizzo tra i 15 e i 17 anni, mentre il 39% si è approcciato a questa sostanza prima dei 15 anni. Quasi 700mila studenti (28%) riferiscono invece di aver utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, 550mila riferiscono di averla consumata nell’ultimo anno (22%) e per quasi 70mila studenti si è trattato di un consumo frequente (20 o più volte nel mese). I valori relativi ai consumi aumentano al crescere dell’età e registrano nel complesso una prevalenza maggiore tra i ragazzi rispetto alle coetanee. “Quasi 2/3 degli studenti ha utilizzato cannabis per la prima volta fra i 15 e i 17 anni, mentre il 29% a 14 anni o meno, dato che risulta in calo rispetto al 2022. Dopo l’importante incremento osservato nel post pandemia, il consumo di cannabis registra una leggera contrazione”, prosegue. “Circa 100mila studenti (4,1%) hanno assunto allucinogeni nella loro vita, quasi 49mila (2%) ne hanno fatto uso nel corso dell’ultimo anno e in 13mila li hanno utilizzati almeno 10 volte nell’ultimo mese (0,5%)”, continua. Sono poi 94mila gli studenti (3,8%) che riferiscono di aver fatto uso di cocaina almeno una volta nella vita, quasi 54mila (2,2%) lo hanno fatto nel corso del 2023 e per 18mila il consumo è avvenuto 10 o più volte negli ultimi 30 giorni (0,7%). Sono soprattutto i 17enni ad aver consumato cocaina nell’ultimo anno e, in tutte le fasce d’età, i consumi maschili risultano superiori a quelli femminili. Tra gli studenti che hanno utilizzato cocaina, la metà circa riferisce un primo utilizzo tra i 15 e i 17 anni, mentre il 39% si è approcciato a questa sostanza prima dei 15 anni (dato in crescita rispetto al 2022).

    Eroina e oppiacei le sostanze alla base del 17% dei ricoveri ospedalieri droga-correlati e rimangono la principale causa di decesso per intossicazione acuta letale in Italia (63% dei decessi con sostanza specificata)”. “È opportuno segnalare che, tra i decessi droga-correlati, aumentano in modo consistente dal 2013 quelli attribuiti al metadone passando dal 6,6% al 18% dei decessi con sostanza specificata”, continua.

    Pur presentando per la prima volta dalla pandemia una flessione, i prodotti della cannabis restano quelli a maggior impatto sia per quanto riguarda la diffusione sui territori sia relativamente allo sforzo legato al contrasto. La cannabis e i suoi derivati continuano a essere le sostanze largamente più diffuse tra i giovanissimi”. Il dato relativo alle piante di cannabis sequestrate (quasi 160mila) conferma, infine, il consolidamento della produzione italiana concentrata principalmente in Sardegna e Calabria. Registra una leggera crescita, infine, la quota delle persone assistite presso i SerD per uso di cannabis, pari al 12% delle persone in trattamento.

    Nel corso del 2023, sono stati rilevati 227 decessi per intossicazione acuta da sostanze stupefacenti (rilevati su base indiziaria da parte delle Forze di Polizia), valore inferiore a quello dell’anno precedente” quando furono 298. Dal 1973, sono stati complessivamente registrati 26.976 decessi: se fino agli anni novanta il numero dei decessi droga-correlati era molto elevato, a partire dall’anno 2000 si osserva una progressiva e costante diminuzione. Nel 2023, l’84% dei decessi ha riguardato uomini e il 10% persone di nazionalità straniera. La maggior parte dei decessi (58%) ha riguardato persone di 25-49 anni e il 36% di 50 anni o più; il 6,1% dei decessi ha riguardato giovani con meno di 25 anni – si sottolinea. Nell’ultimo decennio, l’età media dei deceduti è progressivamente aumentata, passando da 38 a 43 anni. Nel 2023, si registra un tasso di mortalità per intossicazione acuta da sostanze pari a circa 6 decessi ogni milione di residenti di 15-64 anni, con valori intorno a 8-9 nelle regioni nord-orientali e centrali e intorno a 4 nelle regioni meridionali. Nel corso dell’ultimo decennio, le regioni settentrionali registrano un incremento nella quota dei decessi che sale da 36 a 47%.

  • “I giovani militanti di FdI non sanno quello che dicono. Ed è gravissimo”. Parla l’on. Cristiana Muscardini

    Pubblichiamo di seguito l’intervista che l’On. Cristiana Muscardini ha rilasciato alla rivista Policy Maker il 2 luglio 2024.

    Poca formazione, scarsa consapevolezza della storia, incapacità a rispettare il proprio ruolo e dialogo carente con i più grandi. Tutte le falle di Gioventù Nazionale secondo l’on. Cristiana Muscardini.

    Fratelli d’Italia corre ai ripari dopo l’inchiesta di Fanpage che ha mostrato alcuni giovani militanti di Fratelli d’Italia e di Gioventù nazionale, il movimento giovanile di FdI, fare battute razziste e antisemite. Le posizioni più critiche sono quelle di Flaminia Pace, presidente di Gioventù nazionale Pinciano, già ‘espulsa’ dal Consiglio nazionale giovani, ed Elisa Segnini Bocchia, ex capo segreteria della deputata di FdI Ylenja Lucaselli che ha rassegnato le dimissioni.

    Non semplici giovani militanti di FdI, dunque, ma volti di peso della linea verde del partito della premier Meloni. Sono circa una decina i profili al vaglio del partito che, a breve, deciderà cosa fare.

    Di tutto questo ne abbiamo parlato con l’on. Cristiana Muscardini, europarlamentare, in passato dirigente del Fronte Universitario d’Azione Nazionale (FUAN), del Movimento Sociale Italiano (MSI), componente dell’esecutivo politico di AN e coordinatrice per la regione Lombardia di Generazione Italia.

     

    Lei è stata dirigente del Fuan, del MSI, di AN. Quali evoluzioni ha notato in merito all’organizzazione interna di questi soggetti politici?

    Diciamo che una volta i movimenti politici avevano delle scuole di partito, delle sezioni, dei circoli nei quali i giovani potevano confrontarsi tra di loro e con gli adulti. I ragazzi venivano in contatto con esperienze a loro sconosciute, gli si spiegava le cose che si potevano e quelle che non si potevano fare. Li si faceva crescere. Ai miei tempi, per esempio, c’era una cosa che oggi non c’è più.

    Cosa?

    A Milano, in piazza Duomo di sera si radunavano anarchici, missini, comunisti, era una specie di zona franca in cui si parlava e si discuteva. In quella piazza non c’era posto per gli estremisti, come Potere Operaio. Dopo tutto andò a morire con le violenze degli anni successivi.

    Com’è cambiata, secondo lei la militanza giovanile? Cosa manca oggi?

    Manca il confronto costante e quei luoghi di incontro nei quali si poteva fare due chiacchiere o affrontare argomenti più importanti. Ma questa è l’era di internet, tutti siamo convinti di parlare con tutti e invece non parliamo con nessuno. Io penso che la politica sia guardare negli occhi le persone. Secondo me questa distanza incide sui più giovani e sui meno giovani. Oggi l’uso indiscriminato della rete porta tutti a credere di potere dire e fare qualsiasi cosa senza avere la minima conoscenza. Ecco io credo che la maggior parte dei giovani oggi non sappia cosa sono stati il fascismo e il comunismo, cos’è stato il ‘68, con tutti i risvolti negativi, moltissimi, e forse anche qualcuno positivo, il significato della Rivoluzione francese.

    Che opinione si è fatta dell’inchiesta di Fanpage sui militanti di Gioventù nazionale?

    Io credo che, in ogni caso, i giornalisti abbiano il dovere di trovare, scovare la notizia ma devono farlo in maniera limpida. Credo anche che quello che questi giovani militanti di FdI hanno detto sia il frutto di una ignoranza dei fatti della storia, o della cronaca, ma anche della non consapevolezza del ruolo che essi rivestono. Sono all’interno dell’organizzazione giovanile di un partito che è al governo e che dice molto chiaramente “no all’antisemitismo”, “no al terrorismo”, “no alla discriminazione razziale” o alla discriminazione di qualsiasi altra natura.

    E lo dice da anni, non lo dice solo adesso con Giorgia Meloni, lo diceva il Movimento Sociale Italiano, lo diceva Alleanza Nazionale. Non è una scoperta di Giorgia Meloni, lei ha continuato nel solco di una tradizione. Ricorda il viaggio di Fini in Israele quando definì il fascismo il male assoluto? Ecco io credo che il male assoluto sia tutto ciò che viola la dignità e la vita degli altri.

    Le frasi pronunciate da quei ragazzi sono un segnale preoccupante di un rinato antisemitismo oppure sono solo frasi vuote?

    Credo che non ci sia nessun pericolo di un ritorno all’antisemitismo, anzi la destra ha dimostrato di difendere Israele più di quanto stia facendo la sinistra. E’ un segnale che deve comunque fare scattare l’allerta per far comprendere ai più adulti, di qualunque movimento politico e in questo caso quello di centrodestra, che i giovani vanno fatti crescere in maniera più consapevole. A me spaventa di più la irresponsabilità di quello che hanno detto, oltre alla gravità di quello che hanno detto. Sono convinta che non siano consapevoli della gravità di avere un pensiero di quel genere, anche se fosse stata solo una battuta sciocca. Quelle parole dimostrano che, in alcuni giovani, non c’è la consapevolezza di quello che è stata la storia, la vita, la sofferenza di milioni di persone, che non ci sia la consapevolezza della Carta universale dei diritti umani. E poi aggiungo anche un’altra cosa.

    Prego.

    Quelle parole dimostrano che non c’è la consapevolezza del ruolo. Quando si riveste un ruolo in un’organizzazione politica non si può parlare come se si fosse al bar dicendo sciocchezze. Non credo che questi giovani pensino quello che hanno detto, ritengo che lo abbiano detto perché così si sentivano di fare gli sbruffoni. Non si rendono conto della gravità delle loro parole ma è pericolosissimo sia perché le hanno pronunciate sia perché non ne comprendono la gravità.

    Potremmo sintetizzare con “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

    Non sanno quello che dicono. Però dopo averli perdonati, perché non li fuciliamo sulla pubblica piazza, va pensato per quei giovani militanti di FdI un percorso di nuova educazione. Tra i ragazzi più giovani mi sembra che non ci sia la percezione della differenza tra reale e irreale e di quanto le parole, anche le battute, possano ferire.

    Crede che Fratelli d’Italia abbia preso i provvedimenti giusti nei confronti di quei militanti?

    Penso che li espelleranno, più di quello non credo possano fare. Poi non so se la magistratura riterrà di intervenire o se riceveranno delle querele.

    Ci potrebbe essere il commissariamento dell’organizzazione giovanile.

    Potrebbero anche commissariare i circoli coinvolti, non ci vedrei niente di tragico, anche per capire se, disgraziatamente, oltre alle persone coinvolte ce ne fossero altre.

    Secondo lei l’immaginario della destra italiana, quello costituito dal “modello Atreju”, è accattivante per i ragazzi?

    Credo che per essere accattivanti con i giovani bisognerebbe proporre cose effettive e concrete. Ci sono moltissimi giovani disponibili a pulire i fiumi, ad aiutare gli anziani, ad occuparsi degli animali abbandonati. Io per 25 anni sono stata vicepresidente dell’intergruppo degli animali al Parlamento eurpeo. Occuparsi degli animali significa occuparsi di qualcuno che è più indifeso, fa ritrovare empatia e contribuisce al rispetto dell’ecosistema nel quale tutti viviamo. Ecco penso che la politica non debba essere soltanto uno slogan, una promessa, una battuta, perché a ogni frase deve seguire un’azione politica.

    I più giovani si possono affascinare facendoli sentire utili alla società e non presentando un mondo che non offre niente perché non ci sono più le opportunità di una volta a meno che tu non sia molto bello, super intelligente o abbastanza ricco da andare a fare un master in America. Io, per esempio, continuo a tenere in vita un settimanale online, Patto sociale – Informazione Europa, ecco potrebbe essere una palestra di scrittura per tanti ragazzi.

  • Cambiare lo sguardo per una nuova Europa e una nuova Italia

    Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Simone Feder, lo psicologo che da anni, con il Team Rogoredo, affianca, ascolta e cerca i recuperare i tanti giovani disagiati che popolano l’area a sud di Milano.

    In questa accesa campagna elettorale pochissimo abbiamo sentito parlare di giovani e fragilità, eppure sono questi alcuni dei punti principali su cui si può valutare l’investimento effettivo di una società rispetto al proprio futuro. Ormai da sette anni mi ritrovo a camminare a fianco a molti giovani all’interno di quel boschetto di disperazione ed è su di loro che oggi sento il bisogno di puntare un faro di luce.

    I figli di Rogoredo hanno braccia segnate da domande senza risposte, pelle marchiata da una ricerca che non ha coordinate logiche, parole non dette, silenzi frastornanti e urla logoranti che scandiscono ore di attesa, secondi di tregua e innumerevoli minuti di paura. Oggi Rogoredo non è più la stazione, non è più la sede di Sky, non è più nemmeno ‘il boschetto’.

    Oggi Rogoredo è un disarmante rito, un atroce stile di vita, un terribile quesito esistenziale che non può lasciarci silenziosi e indifferenti.

    Occuparsi di questi figli vuol dire incontrare quegli occhi, sostenere quelle schiene, stringere quelle mani, asciugare quelle lacrime, accompagnare quei passi che restano invisibili alle passerelle di chi si limita ad osservare e a pensare il “non luogo” senza vedere le persone, a parlare dei giovani senza dedicare loro tempo. Come restare indifferenti a tale dramma? Ciò che sta accadendo ci mette di fronte ad una diversità esistenziale che ci interroga profondamente, ad una diversità di “scelte” che ci obbliga a chiederci se, e come, entrarci in contatto.

    Oggi Rogoredo è una lacerante domanda a cui dobbiamo dare ascolto e risposta, prima che il suo grido diventi così forte e profondo da trasformarsi solo in un fastidioso e indifferente rumore di fondo.

    Oggi Rogoredo è la punta dell’iceberg di un disagio che sempre più attanaglia i nostri giovani, invischiandoli in ragnatele di solitudine da cui non trovano via di scampo.

    Il tema giovanile e quello dell’attenzione alla cura e al disagio non possono oggi passare in secondo piano quando si tratta di pianificare il futuro del nostro Paese. Per poter essere portatori di proposte credibili è necessario essere pronti ad investire pensiero e risorse in questa necessaria avventura che è l’accompagnamento dei nostri giovani verso il loro futuro.

    Quali alternative concrete offrire loro? Quali possibilità? Quali valori guidano oggi la loro crescita? Dove sperimentano relazioni efficaci, attività promozionali, esperienze di volontariato che possano offrire loro chiavi di lettura e di approccio al mondo diverse?

    Il problema non è mai il sintomo ma la causa di esso, soffermarci sul tema droga diventa quindi pericoloso e riduttivo. È sempre più fondamentale porsi le domande giuste ed essere pronti ad offrire le risposte necessarie a questo dilagante disagio, che non ha più nomi né confini, ma per farlo è fondamentale far ritornare questi temi all’interno della prima pagina delle agende politiche. Perché non sappiamo quando un giovane che oggi trova nella droga la sua strada deciderà di accendere la lampadina del suo cambiamento, la nostra mission oggi deve essere quella di esserci quando quel giovane sarà in ricerca dell’interruttore.

  • La Commissione distribuisce 35.511 titoli di viaggio ai giovani nell’ambito del programma DiscoverEU

    35 511 giovani riceveranno dalla Commissione biglietti per viaggiare in Europa gratuitamente, già a partire da quest’estate. Si tratta dei risultati dell’ultima tornata del programma DiscoverEU, parte del programma Erasmus+, annunciati oggi dalla Commissione.

    DiscoverEU offre ai diciottenni residenti negli Stati membri dell’UE e nei paesi associati a Erasmus+ la possibilità di viaggiare in tutta Europa ed esplorarne la diversità. I giovani che si sono aggiudicati in titoli di viaggio possono scoprire il patrimonio culturale, conoscere la storia ed entrare in contatto con persone provenienti da tutto il continente.

    I giovani che si sono aggiudicati un biglietto potranno viaggiare da soli o in gruppi di massimo cinque persone tra il 1o luglio 2024 e il 30 settembre 2025. Oltre 180 000 giovani si sono candidati alla tornata di aprile 2024, portando così il numero di candidature a 1,4 milioni dalla nascita del programma nel 2018.

    È possibile candidarsi a DiscoverEU due volte all’anno, in primavera e in autunno. Ai candidati selezionati viene offerto un biglietto valido per viaggiare di norma in treno. I viaggiatori ricevono anche una carta europea per i giovani, che offre sconti su visite culturali, attività di apprendimento, sport, trasporti locali, alloggio e cibo.

  • Oltre 11 milioni di under 19 europei soffrono di disturbi mentali

    Nell’Unione europea 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrono di disturbi mentali. Lo ha reso noto un comunicato dell’Unicef in occasione della Settimana europea della salute mentale (13-19 maggio). Sono pertanto circa 11,2 milioni – il 13% – i bambini e giovani entro i 19 anni nell’Unione europea che soffrono di un problema di salute mentale, secondo la pubblicazione “Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024”. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani fra i 15 e i 19 anni nell’Ue. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio nell’Ue, equivalenti alla perdita di circa 18 vite a settimana. La prevalenza del suicidio è diminuita nel corso del tempo nell’Ue, con il 20 per cento dei suicidi in meno nel 2020 rispetto al 2011. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni nell’Ue che muoiono per suicidio sono maschi. In Italia, tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni che hanno perso la vita intenzionalmente tra il 2011 e il 2020 il 43% erano ragazzi e circa il 36% ragazze.

    Circa la metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati. Nell’Unione europea i dati sull’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini sono limitati, ma le evidenze indicano che, nel 2022, per quasi la metà dei giovani adulti (tra i 18 e i 29 anni) i bisogni di assistenza per la salute mentale non erano soddisfatti. I livelli di alta soddisfazione della vita tra i quindicenni sono scesi da circa il 74% nel 2018 al 69% nel 2022 nei 23 Paesi per i quali sono disponibili i dati. Ciò equivale a oltre 220 mila ragazzi di 15 anni in meno in 23 Paesi dell’Ue con un’alta soddisfazione di vita nel 2022 rispetto al 2018.

    L’Unicef accoglie con favore l’attenzione costante e crescente dell’Ue all’agenda sulla salute mentale negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19. Ma attualmente, nei Paesi dell’Ue gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono esigui rispetto a quelli per la salute fisica. È necessario porre maggiore enfasi sull’affrontare le cause profonde dei problemi di salute mentale attraverso iniziative di prevenzione e la promozione di una salute mentale e di un benessere positivi. Lo scorso 6 marzo, una delegazione di Unicef Italia e dell’Ufficio regionale Unicef per l’Europa e l’Asia centrale hanno incontrato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, al quale sono state consegnate le oltre 21mila adesioni raccolte per la petizione Unicef “Salute per la mente di bambini e adolescenti” per chiedere azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale di bambine, bambini e adolescenti.

  • Nuova indagine Eurobarometro: i giovani partecipano attivamente alla vita civica e democratica in vista delle elezioni europee

    Alla vigilia delle elezioni europee, che si terranno dal 6 al 9 giugno, la Commissione ha pubblicato un’indagine Eurobarometro sui giovani e la democrazia, da cui emerge che il 64% dei giovani dichiara di avere intenzione di votare. Tuttavia, mentre il 38% ritiene che votare sia l’azione più efficace per far sentire la propria voce, circa il 19% dichiara di non essere interessato alla politica e il 13% di non essere interessato a votare.

    Dall’indagine è emerso che molti giovani sono attivi e impegnati: il 64% ha infatti dichiarato di aver partecipato alle attività di una o più organizzazioni negli ultimi 12 mesi e il 48% ha dichiarato di aver agito per cambiare la società firmando una petizione, partecipando a una manifestazione o scrivendo a un esponente politico.

    Infine, dall’indagine è emerso che i giovani continuano ad avere una visione europea. Oltre il 43% ha partecipato a un’attività in un altro paese dell’UE. Quasi la metà dei giovani intervistati (il 49%) dichiara di essere a conoscenza delle opportunità di finanziamento offerte da Erasmus+, il programma europeo per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport. Quasi due terzi (il 67%) dei giovani ritengono che l’UE influisca, almeno in parte, sulla loro vita quotidiana, mentre il 26% afferma il contrario e il 7% dichiara di non saperlo.

  • La cultura della vita

    Sembra strano ma la cultura della vita, del rispetto della propria e dell’altrui vita, manca dagli obiettivi didattici e della politica

    Ogni giorno piangiamo nuove vittime sul lavoro così come nelle strade, alla fine di un anno migliaia di persone sono morte per mancanza di misure di sicurezza, per incapacità di guidare rispettando le regole, per non parlare delle donne ammazzate.

    La cultura della vita, del rispetto, del valore della vita dovrebbe essere materia di insegnamento perché non basterà aumentare il numero degli ispettori e delle sanzioni alle ditte inadempienti, i posti di controllo sulle strade, i codici rossi, spesso troppo inefficaci, se i ragazzi, fin da piccoli, non impareranno che il rispetto di se stessi e degli altri è una necessità comune.

    Imparare il valore, l’importanza di tutelarsi con adeguate misure di protezione sui luoghi di lavoro, sappiamo bene che troppo spesso i singoli non le usano per accelerare i tempi e pensando che non capiterà proprio a loro la disgrazia, la conoscenza  delle conseguenze dell’abuso di alcool e droga quando si guida o si compiono azioni pericolose e che coinvolgono altri, il rispetto reciproco o  sono appresi da piccoli o si continuerà con l’indifferenza, il pressappochismo, il falso credo dell’invincibilità ed i morti continueranno ad aumentare.

    Non basta fare leggi e norme se non si insegna dalla scuola il valore delle stesse, perché sono state fatte e perché vanno rispettate.

    Le associazioni criminali cominciano ad insegnare le loro malvagie regole quando i ragazzi sono ancora piccoli e queste regole entrano in ognuno di loro, noi siamo incapaci di insegnare ai nostri figli la cultura della vita, della democrazia, del rispetto di se e di conseguenza del rispetto degli altri.

    Si parta finalmente dalla scuola se si vuole arrivare ad una società nella quale ogni giorno non muoiono lavoratori, donne, persone sulla strada e tanti ragazzi sono a rischio per l’abuso di droga, per la perdita di se stessi.

  • Suicidio seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali

    Secondo una statistica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) i suicidi sono la seconda causa di morte per i giovani tra i 15 e i 29 anni, dopo gli incidenti stradali. Le raccomandazioni dell’Oms per la prevenzione dei suicidi puntano su quattro azioni principali: limitare l’accesso ai metodi letali; interagire con i media per una modalità responsabile di riportare le notizie di suicidio; sostenere le abilità socio-emotive in adolescenza; identificare precocemente, prendere in carico e curare chiunque presenti comportamenti suicidari.

    «La prevenzione del suicidio dei giovani – spiega lo psichiatra Maurizio Pompili (Università La Sapienza di Roma) – è difficile. Occorre cogliere i segnali di allarme, perché non lo dicono in maniera chiara: tra questi il decadimento della performance scolastica, l’isolamento sociale, la promiscuità, l’uso di sostanze o la tendenza all’automedicazione, problemi di salute posti all’attenzione dei medici e non riconosciute come collocabili in un versante più ampio come quello di un rischio suicidio». Pompili, che è anche direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio presso l’ospedale Sant’Andrea a Roma, ribadisce che «il suicidio è la punta di un iceberg che è la sofferenza giovanile, che era già presente nell’epoca precedente alla pandemia. Il Covid ha reso tutto più complesso, soprattutto per i giovani». «In Italia – dice ancora Pompili– secondo i dati del Rapporto Osservasalute 2022, tra il 2019 e il 2021 si è abbassato l’indice di salute mentale della popolazione 14-24 anni, soprattutto tra le ragazze. Il cyberbullismo sembra essere aumentato durante la pandemia – aggiunge Pompili – ed è connesso al rischio suicidio». Stime indicano che ne è colpito un giovane su sei (soprattutto ragazze), ma solo uno su dieci riesce a chiedere aiuto.

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