difesa

  • Tupuka, una storia di coesistenza

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del CCF (Cheetah Conservation Fund)

    Verso la fine di agosto il Cheetah Conservation Fund è intervenuto in una fattoria in Namibia per prelevare un ghepardo maschio che era stato trattenuto dall’allevatore perché, sebbene non avesse cacciato che animali selvatici, il felino si era avvicinato troppo al kraal, il recinto all’interno del quale venivano allevati i vitelli. Portato il ghepardo nella nostra clinica, lo staff lo ha sottoposto ad esami, in seguito ai quali si è potuto stabilire che l’animale era sano, pesava 42 kg e aveva un’età stimata di 4 o 5 anni. Inoltre, gli sono stati prelevati campioni di pelo e sangue, è stato somministrato il vaccino antirabbico e applicato un collare di localizzazione.

    Parallelamente, lo staff ha instaurato una collaborazione con l’allevatore che ha infine deciso di aderire al cosiddetto “Sistema di Allerta Rapido” (Early Warning System), un programma elaborato dal CCF che prevede l’utilizzo di dispositivi satellitari GPS dotati di funzioni di geofencing. All’interno dell’unità GPS è creato un recinto virtuale che corrisponde al territorio di proprietà dell’allevatore. Ogniqualvolta che il dispositivo rileva una “breccia” nel recinto virtuale, l’allevatore riceve tempestivamente un alert che gli permette di prevenire qualsiasi potenziale minaccia al suo bestiame senza ricorrere a metodi drastici o letali, consentendo al contrario la convivenza tra uomo e ghepardo.

    La Namibia ospita la più grande popolazione selvatica di ghepardi, la maggior parte dei quali vive al di fuori delle aree protette, aggirandosi per lo più nei pressi di aree coltivate e ritrovandosi a condividere il territorio con le comunità locali e gli animali domestici. Oggi però approcci innovativi, quali il Sistema di Allerta Rapido, stanno facendo la differenza nella coesistenza tra uomo e grandi predatori.

    Il ghepardo protagonista di questa storia è stato rilasciato a metà settembre nella riserva del CCF, vicino alla fattoria dove era stato trattenuto. La sua esperienza testimonia i risultati che si possono raggiungere quando gli sforzi di conservazione e le comunità locali operano nella stessa direzione: la conoscenza sostituisce la paura, la coesistenza pacifica sostituisce il conflitto. L’allevatore e la sua famiglia hanno deciso di dare un nome a quello che oramai non è più visto come un nemico: Tupuka che in lingua herero significa “colui che corre”.

  • Una nuova Convenzione

    La visita di Orban, a Roma ed in Vaticano, riconferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Orban è completamente schierato con Putin e completamente avverso all’Unione Europea, della quale fa parte.

    Nella speranza che, prima o poi, il popolo ungherese possa trovare un altro leader, capace di guardare avanti e di proteggerli da ‘amici’ come Putin, è sempre più necessario che il Consiglio europeo possa votare a maggioranza, e non all’unanimità come ora.

    L’Unione è sicuramente in ritardo su molti importanti, urgenti appuntamenti, dall’unione politica alla difesa comune, e la presenza di Paesi che hanno leader che lavorano per tenere l’Europa bloccata o per portarla ad essere sempre più debole, impone scelte urgenti che sono state rimandate da troppo tempo.

    O alcuni Stati trovano il coraggio di dare il via all’Europa concentrica o, come dicono alcuni, a due velocità o noi rischiamo un futuro incerto e pericoloso.

    In attesa di questo coraggio andrebbe intanto dato vita ad una nuova Convenzione, simile a quella del 2002-2004 ma più adeguata all’attuale realtà, per presentare un progetto, un assetto che, rivedendo i Trattati di Roma, dia nuovo impulso e obiettivi certi e realizzabili, se poi qualche paese intendesse uscire dall’Unione lo dica ora e non continui ad azzoppare gli altri.

    Le decisioni non possono più attendere, personaggi come Orban stanno diventando un pericolo e non si può immaginare di dare il via all’adesione di nuovi paesi avendo all’interno dell’Unione chi parla ed agisce per renderla sempre più inefficiente e debole verso Putin.

  • Apre il Centro di Studi e Formazione del Cheetah Conservation Fund

    Elettrizzanti notizie ci giungono dal Somaliland, dove ha finalmente aperto le porte il Centro di Studi e Formazione professionale. Grazie al supporto della Royal Commission for Al-Ula, il centro d’eccellenza sarà un hub per la formazione e l’addestramento professionale nell’ambito della conservazione e offrirà programmi immersivi per i visitatori provenienti non solo dal Somaliland, ma da tutto il Corno d’Africa. Il Centro, che si estende su una superficie di oltre 4.500 mq, ospita un’area di accoglienza, uffici e sale riunioni, aule all’aperto e al chiuso, oltre a un refettorio, a dormitori e a un grande cortile centrale.

    Realizzati da SDI Architecture in collaborazione con Detour Habitats, gli edifici del Centro sono adiacenti al CRCC (Cheetah Rescue and Conservation Centre), all’interno della riserva a un’ora da Hargeisa. Per questo progetto il Cheetah Conservation Fund ha lavorato con la designer Prasanna Lachagari, già nominata tra i Forbes 30 Under 30, che con il suo team di lavoro ha realizzato strutture sostenibili capaci di affrontare le sfide naturali e climatiche tipiche del Somaliland, tra cui il caldo soffocante e i venti forti, dotate di sistemi di raffreddamento passivi e caratterizzate da basso impatto ambientale.

    «L’apertura del Centro di Studi e Formazione professionale rappresenta per noi la base su cui costruire un futuro in cui uomo e fauna selvatica potranno coesistere. Il Centro ci consentirà di replicare in Somaliland il modello di conservazione che con tanto successo abbiamo sviluppato in Namibia e di offrire formazione e competenze in settori fondamentali come la tutela della fauna selvatica, il ripristino di habitat e territori e l’utilizzo di mezzi di sussistenza sostenibili» ha riferito la Dott.ssa Laurie Marker, fondatrice e direttrice del CCF. Dal 2022, infatti, il CCF lavora in Somaliland dove si prende cura di ghepardi salvati dal traffico illegale e, grazie all’apertura del Centro di Studi e Formazione professionale, potrà ora espandere il raggio d’azione delle proprie attività fino a includere e promuovere il coinvolgimento proattivo delle comunità locali e la sostenibilità a lungo termine.

    Nelle parole di Prasanna Lachagari: «Questo Centro è molto più di un insieme di edifici. È un palcoscenico del possibile. Abbiamo voluto creare uno spazio che riflettesse la dignità della mission del CCF, rispettasse la cultura locale e ispirasse le future generazioni di leader nel campo della conservazione».

  • Dare vita finalmente alla difesa comune europea

    Velivoli, aerei o grandi droni, hanno sorvolato i cieli di paesi dell’Unione Europea e componenti della Nato, Polonia, Romania ed Estonia.

    I leader di questi Stati, dopo aver attivato le misure di contraerea e sorveglianza per allontanare i velivoli che avevano sconfinato, hanno ufficialmente dichiarato che appartenevano alla Federazione Russa.

    Si è anche verificato un black out negli aeroporti di Bruxelles, Berlino, Londra e Dublino con la conseguenza che decine di voli sono stati cancellati o dirottati su altri aeroporti.

    Putin nega che i velivoli che hanno sconfinato siano suoi.

    I premier dei paesi, i cui cieli sono stati violati, annunciano che sono pronti ad abbattere i velivoli che dovessero nuovamente sconfinare nei loro cieli.

    Putin dice che non teme minacce.

    C’è qualcosa che non quadra, se i velivoli non sono suoi, come afferma e continua a dichiarare, quale minaccia ci sarebbe per le Russia se gli aerei o i droni fossero abbattuti? Il problema riguarderà chi li ha mandati.

    Se la situazione non fosse tragica, per le conseguenze che possono arrivare da una continua violazione dei cieli Nato e dal loro necessario e legittimo abbattimento, sarebbe ridicola, cosa importa a Putin di questi velivoli se non sono suoi?

    Se però si ritiene minacciato dall’abbattimento dei velivoli è evidente che gli appartengono e che sta cercando di capire fino a dove può spingersi, quanto è la capacità di reazione della Nato, qual è il vero impegno dell’Europa e degli Stati Uniti nella difesa comune.

    Senza tanti giri di parole qualunque velivolo che, senza autorizzazione, senza identificarsi, varchi i confini dei paesi europei deve essere abbattuto e l’Europa si deve svegliare dal suo sonno e dare finalmente vita ad una difesa comune non per fare un doppione della Nato ma perché è ormai evidente che gli Stati Uniti non rappresentano più lo scudo che per anni ci ha protetto, per altro impedendo, con modi diversi, che i paesi europei trovassero una coesione in campo strategico e militare.

  • Il lupo? Una vittima della cultura ‘woke’ che antepone i desideri alla realtà

    In un’epoca in cui la memoria storica viene cancellata se urta la sensibilità attuale e in cui a Cristoforo Colombo viene attribuita la colpa di aver posto le premesse della tratta degli schiavi verso il Nord Americana prima e piuttosto che il merito di aver scoperto l’America, il lupo potrebbe forse invocare una revisione delle favole visto la fama sinistra che gode alla luce di racconti come ‘Cappuccetto Rosso’.

    Del resto, nel momento in cui si fanno i conti coi dati reali piuttosto che coi desiderata, il lupo ha anche le sue buone ragioni da far valere. Intanto, come ha ricordato una sentenza del 2024 emessa dal Tar dell’Alto Adige che ha bloccato l’abbattimento di due lupi deciso dalla Provincia di Bolzano, il lupo è una specie protetta sulla base di direttive dell’Unione europea e quindi il suo abbattimento è ammesso solo come extrema ratio, quando non si può fare altro per proteggersi da aggressioni che rientrano nella sua natura di animale cacciatore. Ma a monte, come evidenzia la zoologa Mia Canestrini, si tratta proprio di superare lo stereotipo che vuole il lupo come una creatura malvagia da cui difendersi anche uccidendolo. «Il lupo non è né buono né cattivo – fa presente Canestrini -. Dovremmo smettere di applicare alla realtà i criteri di un film di Walt Disney. Sicuramente nasconde tratti sociali sorprendenti, che lo rendono incredibilmente simile all’uomo nel bene e nel male, se proprio dobbiamo usare questi concetti. Nel suo gruppo, per esempio, il lupo è molto solidale con il resto dei componenti; se un membro del branco viene ferito anche gravemente gli altri non lo abbandonano, cercano invece di garantirgli la sopravvivenza proteggendolo e nutrendolo».

    «Il problema – osserva ancora la dottoressa – non sta nei lupi ma nella prevenzione: informare, educare, sensibilizzare. Non so quanto si sia investito nella prevenzione ma in 20 anni di attività al fianco degli allevatori per gestire il conflitto con il lupi sono state più le vittorie che le sconfitte. Abbiamo portato i danni a zero o a un numero irrisorio di capi persi. Le uniche aziende che hanno continuato ad avere attacchi erano quelle che rifiutavano qualsiasi strumento di prevenzione».

  • La comunità scientifica: il lupo è indispensabile alla vita dell’ecosistema

    Dopo le recenti dichiarazioni del Prof. Luigi Boitani, uno dei più importanti biologi nel mondo e presidente della Large Carnivor initiative for Europe, che seguono alle tante dichiarazioni che più volte ha fatto, ora anche sul quotidiano la Repubblica, si affronta il problema dell’utilità o meno dell’abbattimento dei lupi, problema che ormai da qualche anno è periodicamente riproposto da gruppi e politici più attenti all’interesse dei cacciatori che alla conservazione dell’ecosistema.

    Uno studio americano, cita il quotidiano, pubblicato su Science Advances, e firmato da più ricercatori, sottolinea come l’abbattimento di alcuni lupi di un branco non si traduce in una diminuzione degli attacchi al bestiame d’allevamento ma anzi, rompendo le dinamiche sociali all’interno del branco, visto che i lupi vivono seguendo definite regole sociali, aumenta il rischio di predazioni incontrollate.

    Anche le selezioni che paesi come la Svizzera e la Slovacchia hanno messo in essere, abbattendo un certo numero di lupi, si sono dimostrare assolutamente inefficaci per l’obiettivo prefissato, e cioè diminuire gli attacchi agli animali d’allevamento, per altro proprio allevati per essere uccisi e mangiati dall’uomo.

    Per contenere i danni che i lupi possono provocare le iniziative sono molte partendo da non lasciare immondizie che attirano orsi, cinghiali e lupi, che cacciano i cinghiali e che perciò li seguono fin nell’abitato, non buttare nelle letamaie placente o carcasse di animali morti, tenere controllato il proprio bestiame con adeguati ripari, anche elettrici, e dotarsi di cani da guardiania specializzati per tenere lontani i lupi. Esistono in Italia molti progetti che regalano cuccioli di pastore maremmano/abruzzese.

    Ben 75 Ong si sono rivolte ai 27 paesi dell’Unione Europea per chiedere che si mantenga al lupo lo status di protezione totale, il Portogallo, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Polonia hanno dichiarato che manterranno una protezione rigorosa per i lupi.

    In Italia, invece, grazie soprattutto ad alcuni esponenti della Lega, e non solo, da tempo si insiste per gli abbattimenti con palese ignoranza ed indifferenza per quanto è necessario per la salvaguardia dell’ecosistema del quale il lupo è parte essenziale come ricorda la comunità scientifica.

    Gli Stati dell’Unione hanno 18 mesi per recepire o meno la modifica dello stato di totale protezione del lupo, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue il 24 giugno 2025.

    Al momento sono pendenti alla Corte di Giustizia Europea diversi procedimenti giudiziari contro la Commissione ed il Consiglio.

    Sta di fatto che la comunità scientifica europea, che segue il problema anche nel più vasto obiettivo di conservazione dell’ecosistema, evidenzia come la decisione presa sia priva di basi giuridiche e scientifiche ed in netto contrasto con i fondamenti della direttiva Habitat dell’Ue il cui obiettivo era e resta la conservazione della natura in Europa.

    Si continua a parlare di diminuire l’inquinamento per evitare che i cambiamenti climatici diventino una delle nuove, irreversibili, piaghe di questo secolo non si capisce che la salvaguardia dell’ambiente passa attraverso la protezione di tutte le specie viventi, la natura rispetta chi la rispetta ma diventa violenta contro chi la offende.

  • ReArm Europe aiuterà l’innovazione ma creerà poca occupazione, dice l’Economista

    Per la prima volta da decenni, il mondo ricco si sta lanciando in una massiccia ri-militarizzazione. Secondo un editoriale del settimanale “The Economist”, le guerre in Ucraina e Medio Oriente, la minaccia di un conflitto su Taiwan e l’approccio instabile del presidente statunitense, Donald Trump, alle alleanze hanno reso il rafforzamento della difesa nazionale una priorità urgente. Per questo, il 25 giugno i Paesi Nato hanno deciso di alzare l’obiettivo di spesa militare al 3,5% del PIl, con un ulteriore 1,5% a voci legate alla sicurezza. Se tale obiettivo sarà raggiunto entro il 2035, si spenderanno ogni anno 800 miliardi di dollari (circa 684 miliardi di euro) in più in termini reali rispetto al periodo precedente all’invasione russa dell’Ucraina. Queste cifre, avverte il “The Economist”, rischiano di mettere a dura prova le finanze pubbliche, poiché la conseguenza economica più ovvia dell’aumento dei bilanci per la difesa sarà la pressione sui conti pubblici. “I debiti sono già elevati e i governi sono sottoposti a crescenti pressioni finanziarie a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei tassi d’interesse più alti”, scrive il settimanale. Per coprire l’aumento delle spese, molti governi dovranno tagliare la spesa sociale o aumentare i disavanzi. Inoltre, usare le spese militari come leva per creare occupazione, come promesso dal primo ministro britannico, Keir Starmer, sarebbe un errore: “Tali argomentazioni sono sbagliate e politicamente fuorvianti”.

    Secondo il “The Economist”, i benefici potrebbero arrivare solo dalla ricerca e sviluppo in ambito militare: “L’innovazione militare può stimolare la produttività privata”. Ma sul fronte dell’occupazione, le speranze sono ridotte. “La produzione militare, come gran parte della manifattura moderna, è altamente specializzata e automatizzata. Ciò significa che il riarmo creerà meno posti di lavoro rispetto a quelli persi a causa delle nuove tecnologie o della concorrenza straniera”, scrive il settimanale, che spiega: “Secondo una stima, l’aumento della spesa per la difesa nei Paesi europei della Nato potrebbe generare 500 mila posti di lavoro, un numero irrisorio se confrontato con i 30 milioni di lavoratori nel settore manifatturiero dell’Ue”.

    Infine, il “The Economist” mette in guardia dal rischio di inefficienze legate al nazionalismo industriale europeo; sottolineando come uno dei problemi principali della spesa militare europea è che troppi Paesi vogliono produrre in proprio l’equipaggiamento: “Dodici modelli di carri armati nei Paesi Ue, contro uno solo negli Stati Uniti, sono l’emblema di sprechi e scarsa interoperabilità”. Il messaggio finale del “The Economist” è chiaro: “Per avere successo nella nuova corsa al riarmo, i governi dovranno spiegare onestamente agli elettori che la spesa è necessaria per la sicurezza. Se tenteranno di ottenere tutto con un solo bilancio, non faranno bene nulla. Non ha senso cercare di stimolare la crescita se il risultato è essere invasi”.

    Londra e Berlino intanto lavorano al patto d’acciaio del XXI secolo. I governi della Germania e del Regno Unito – come riferisce il portale di informazione “Politico” che cita cinque fonti a conoscenza della questione – sarebbero pronti a firmare un trattato che include una clausola di mutua assistenza in caso di minaccia per uno dei due Paesi. Due funzionari britannici hanno dichiarato a “Politico” che “il testo del trattato è prossimo alla conclusione” e che “la firma è prevista per il 17 luglio, prima che i due Parlamenti si sciolgano per la pausa estiva”. Sebbene il trattato “probabilmente riaffermerà l’impegno di entrambe le nazioni nei confronti della Nato come pietra angolare della loro difesa collettiva, l’inclusione della clausola sottolinea la spinta degli alleati europei a collaborare più strettamente in materia di sicurezza, mentre gli Stati Uniti si ritirano dall’alleanza di difesa transatlantica”. Si prevede inoltre che il documento contenga ulteriori misure per contrastare l’immigrazione clandestina, i trasporti, la ricerca e l’innovazione e un impegno a promuovere gli scambi transfrontalieri. “Il trattato riguarderà l’intera gamma delle nostre relazioni”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri tedesco.

  • Forum UE-Ucraina sull’industria della difesa: rafforzamento dei legami nel contesto degli sforzi bellici

    Il 12 maggio si è tenuto a Bruxelles il secondo forum UE-Ucraina sull’industria della difesa per rafforzare la cooperazione e l’integrazione tra le industrie della difesa ucraina e dell’UE. Oltre 500 rappresentanti delle industrie della difesa dell’UE e dell’Ucraina si sono riuniti per rafforzare la cooperazione tra le due parti, incoraggiare gli appalti congiunti e aiutare l’Ucraina ad acquisire capacità nei settori prioritari. Un’industria della difesa forte e capace è fondamentale per mettere l’Ucraina in una posizione di forza per difendersi e scoraggiare eventuali aggressioni future.

    A margine del forum, si è riunita per la prima volta anche una task force UE-Ucraina sulla cooperazione industriale nel settore della difesa, recentemente annunciata, che apre la strada a potenziali progetti faro tra le due industrie. In occasione del forum, l’Ucraina e l’Associazione europea delle industrie aerospaziali e della difesa (ASD) hanno inoltre firmato un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione industriale nel settore della difesa. Le iniziative sono concepite per attrarre maggiori investimenti dell’UE nel settore ucraino della difesa e approfondire i legami industriali tra le due parti.

  • Il coraggio della paura

    Di fronte ad un episodio di tale violenza nei confronti di una bambina di prima media come quello avvenuto giovedì 10 a Mestre, non si possono esprimere parole o concetti che siano in grado anche solo fornire una vaga idea della gravità della violenza subita da una bambina di undici anni ed il dramma della bimba e dei suoi genitori.

    Il fatto che questa ragazza sia stata seguita dalla palestra e successivamente fino a casa, nonostante fosse al telefono con la sua amica, tuttavia spinge a delle considerazioni fondamentali per quanto riguarda anche il nostro sistema educativo e i valori e le sicurezze che dovremmo trasmettere ai ragazzi.

    La paura è un sentimento umano, molto spesso nasce dalla suggestione e per fortuna anche dalla semplice fantasia. Tuttavia, specialmente in realtà cittadine come quelle di Mestre, emerge come sia vitale educare le ragazze ed i ragazzi a non avere alcuna vergogna di provare una qualsiasi forma di paura e soprattutto, in questo frangente, a non vergognarsi di manifestarla chiedendo aiuto a chiunque abbiano di fronte o semplicemente entrando in un bar o un negozio per cercare un primo riparo.

    Se una ragazza si sente pedinata o in pericolo dovrebbe essere sicura e quindi non provare alcuna vergogna nel fermare le persone che possa trovare di fronte o, nel caso del tram, di chiedere aiuto al guidatore. Oppure, una volta scesa dal mezzo pubblico, entrare immediatamente in un bar e in un negozio e chiedere aiuto alle persone all’interno. E magari, contemporaneamente, chiamare la polizia ed i carabinieri dichiarando il proprio nome e cognome, l’età e chiedere aiuto in quanto si sente in pericolo a causa di un uomo che la sta seguendo.

    Quando una bambina si dovesse trovare in una situazione così terribile dovrebbe sapere di poter contare sulla possibilità di chiedere aiuto a chiunque e non affidarsi al telefonino dove trovare una voce amica ma che purtroppo la isola dal contesto. In altre parole, la tensione e lo sfaldamento sociale della nostra società fa sì che i ragazzini e le ragazzine non abbiano quella sana percezione di vivere in una società disponibile sempre ad aiutarli ed eventualmente a salvarli da situazioni potenzialmente pericolose. Questa sensazione nasce probabilmente anche da una sostanziale sfiducia nei confronti della società stessa che i giovani ragazzi non percepiscono come amica e che magari avvertono tale anche dai comportamenti degli adulti.

    Al di là delle solite, rituali quanto inutili discussioni che seguiranno questo terribile episodio, le quali otterranno il medesimo risultato di quelle successive alla morte di quel povero ragazzo in Corso del Popolo sempre a Mestre, sarebbe ora di tempo che si cominciasse a valutare e magari aggiornare anche il sistema educativo nel quale dovrebbe essere previsto anche un paradigma di comportamenti da seguire nel caso che si trovi in una situazione di paura. In questo nuovo contesto educativo la società dovrebbe insegnare alle ragazzine e a chiunque percepisca una situazione di pericolo o di paura di non vergognarsi di queste sensazione ma, viceversa, di sentirsi in diritto di cercare di superarla attraverso la richiesta di aiuto verso chiunque si trovi lungo il proprio percorso.

    E’, infatti, assolutamente incredibile che nel luogo in cui questo inseguimento è avvenuto, alle 18:30, nessuno abbia compreso la paura di questa ragazza e come lei, forse per una intima vergogna, non si sia rivolta a chiunque lei avesse incontrato per chiedere un primo aiuto.

    Molto spesso, anzi troppo spesso, si parla di società inclusiva, una definizione ideologica incapace di affrontare le problematiche sociali ma che assicura una visibilità politica ed ideologica a chi la definisce. Tanto poi, alla fine, tutti noi non siamo in grado neppure di salvare da una situazione di pericolo una bambina di 11 anni. Troppo distratti dalle nostre misere realtà quotidiane tanto da dimostrarci incapaci persino di vedere la disperazione nel volto di una bimba.

  • La Commissione europea si dà gli obiettivi da perseguire nel 2025

    La Commissione ha adottato il programma di lavoro per il 2025, che delinea l’ambizione di promuovere la competitività, rafforzare la sicurezza e migliorare la resilienza economica nell’Ue. Il programma concretizza gli impegni illustrati negli orientamenti politici e nelle lettere di incarico inviate dalla presidente von der Leyen.

    Il programma di lavoro si concentra sulle iniziative faro che la Commissione adotterà nel primo anno del suo mandato, in risposta alle questioni che più interessano gli europei. Rispecchia il bisogno di più opportunità, innovazione e crescita per i nostri cittadini e per le imprese, promuovendo in ultima analisi un’Ue più sicura e più prospera.

    Il programma di lavoro è accompagnato da una comunicazione sull’attuazione e sulla semplificazione. Illustra in che modo la Commissione intende, nei prossimi cinque anni, agevolare l’attuazione pratica delle norme dell’UE, ridurre gli oneri amministrativi e semplificare le norme. Contiene obiettivi e strumenti per contribuire a ridurre l’onere normativo, rafforzare la competitività e la resilienza e ottenere miglioramenti rapidi e significativi per i cittadini e le imprese.

    Ogni anno la Commissione adotta un programma di lavoro in cui sono elencate le azioni che prevede di realizzare nell’anno successivo. Poiché il nuovo collegio ha iniziato i lavori il 1º dicembre 2024, il programma di lavoro della Commissione per il primo anno del nuovo mandato è stato adottato l’11 febbraio 2025.

    Il programma di lavoro per il 2025 è fortemente incentrato sulla semplificazione. Comprende una prima serie di pacchetti e proposte omnibus volti a migliorare e accelerare il funzionamento delle politiche e della legislazione dell’UE, per rafforzare la competitività dell’UE.

    La prima proposta omnibus introdurrà una semplificazione di ampia portata nei settori dell’informativa sulla finanza sostenibile, del dovere di diligenza ai fini della sostenibilità e della tassonomia. Altre iniziative, come l’atto legislativo sull’accelerazione della decarbonizzazione industriale, semplificheranno le prescrizioni per il rilascio di permessi e autorizzazioni e per la rendicontazione. Una nuova definizione di piccole imprese a media capitalizzazione ridurrà il carico normativo e farà sì che le PMI affrontino meno ostacoli alla crescita.

    Le misure di semplificazione riguardanti la politica agricola comune e altri settori strategici che interessano gli agricoltori affronteranno ulteriormente le radici della complessità e degli oneri amministrativi eccessivi che gravano sulle amministrazioni nazionali e sugli agricoltori. Saranno esaminate ulteriori proposte di semplificazione, tra cui un eventuale omnibus nel settore della difesa per perseguire gli obiettivi di investimento che saranno definiti nel Libro bianco e consentire alle imprese innovative di prosperare.

    Questi i principali obiettivi del programma di lavoro della Commissione per il 2025:

    • prosperità e competitività sostenibili: la bussola per la competitività, varata di recente, guiderà gli sforzi di crescita sostenibile, mentre la strategia dell’UE per le start-up e scale-up migliorerà le capacità degli imprenditori con un migliore accesso al capitale. Al centro del piano collaborativo per la decarbonizzazione e la competitività sta il patto per l’industria pulita, che aprirà la strada a un obiettivo proposto di riduzione delle emissioni del 90% per il 2040.
    • difesa e sicurezza: in un contesto di tensioni nel panorama geopolitico, l’UE sta intensificando gli sforzi per tutelare la sicurezza e garantire la pace, presentando piani per costruire un futuro solido per la difesa europea. Investendo collettivamente e strategicamente nella cooperazione in seno alla NATO, l’UEmira a rafforzare la sua industria della difesa e a ridurre le dipendenze. La strategia dell’Unione in materia di preparazione rafforzerà l’anticipazione delle crisi e la resilienza, potenziata da iniziative dell’UE quali la strategia di costituzione di scorte e la normativa sui medicinali critici per garantire risorse essenziali
    • sostenere le persone e rafforzare le nostre società e il nostro modello sociale: al fine di consolidare il modello sociale, unico e prezioso, dell’Europa e di rafforzare l’equità, la Commissione guiderà gli sforzi volti a modernizzare le politiche di questo settore attraverso il nuovo piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali. Per promuovere l’adattamento alle trasformazioni tecnologiche, demografiche e settoriali, la Commissione presenterà l’Unione delle competenze per garantire che tutti i lavoratori ricevano l’istruzione e la formazione di cui hanno bisogno.
    • mantenere la qualità della vita: la Commissione presenterà una visione per l’agricoltura e l’alimentazione volta garantire un quadro stabile per gli agricoltori e delineerà una tabella di marcia per le principali proposte. Il patto per gli oceani creerà un quadro unificato per le politiche in campo oceanico, con l’obiettivo di preservare la salute degli oceani e promuovere l’economia blu dell’UE, mentre la strategia europea per la resilienza idrica adotterà un approccio dalla sorgente al mare per gestire efficacemente le risorse idriche, affrontando impatti dei cambiamenti climatici come inondazioni e siccità. Un pacchetto di semplificazione della politica agricola comune affronterà le radici della complessità e degli oneri amministrativi che gravano sugli agricoltori e sulle amministrazioni nazionali.
    • tutela della democrazia e difesa dei valori: iniziative come lo scudo per la democrazia affronteranno minacce quali l’aumento dell’estremismo e della disinformazione. La Commissione prevede anche di rafforzare le strategie per combattere la discriminazione basata su genere, disabilità, orientamento sessuale o razza, compresa una strategia rinnovata per l’uguaglianza LGBTIQ e una nuova strategia contro il razzismo.
    • un’Europa globale: fare leva sulla nostra forza e sui nostri partenariati: mentre lavorare per la libertà dell’Ucraina rimane una priorità, l’UE si impegna anche a garantire una pace giusta, globale e duratura in Medio Oriente basata sulla soluzione dei due Stati. Un patto mediterraneo e una strategia per il Mar Nero si concentreranno sulla cooperazione regionale, sugli investimenti economici e sulla sicurezza e una nuova agenda strategica UE-India adotterà un approccio globale per individuare settori di comune interesse strategico.
    • raggiungere insieme gli obiettivi e preparare l’Unione al futuro: la Commissione intende presentare un nuovo quadro finanziario pluriennale incentrato sulla semplificazione dell’accesso ai finanziamenti dell’UE e sul potenziamento dell’impatto finanziario per sostenere i finanziamenti nazionali, privati e istituzionali. Sarà dedicata un’attenzione particolare alle revisioni politiche pre-allargamento per valutare ulteriormente le conseguenze e l’impatto dell’allargamento su tutte le politiche dell’UE, garantendo che le nostre politiche possano continuare a produrre risultati efficaci in un’Unione più ampia.
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