Digitalizzazione

  • La digitalizzazione aumenta la produttività del settore agroalimentare

    In occasione di Tuttofood Milano, la fiera più importante per il sistema agroalimentare, l’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – la prima Fondazione di ricerca riconosciuta in Italia dedicata ad approfondire i temi della sostenibilità digitale nei suoi impatti ambientali, economici e sociali – ha presentato i risultati della ricerca “Agrifood: la sfida della sostenibilità digitale”. La ricerca di quest’anno ha analizzato e messo a confronto le percezioni e i comportamenti di 4 generazioni di italiani – Generazione Z (18-28 anni), Millennial (29-44 anni), Generazione X (45-60 anni) e Baby Boomer (61-75 anni) – sul ruolo della tecnologia come strumento di sostenibilità, in particolare sui temi riguardanti l’Agrifood.

    “Questa ricerca ha messo in luce come la tecnologia possa svolgere un ruolo fondamentale nel rendere l’agrifood più sostenibile, ma anche come le diverse generazioni interpretino in modo diverso questa opportunità. Le nuove generazioni, in particolare la Generazione Z e i Millennial, vedono la tecnologia non solo come uno strumento, ma come un catalizzatore di cambiamento per l’intero settore. Pensare la sostenibilità in chiave sistemica significa anzitutto potenziare efficienza ed efficacia lungo tutta la filiera, ma al contempo accettare una maggiore complessità gestionale per tutti gli attori coinvolti. Per affrontarla servono strumenti digitali all’avanguardia e una solida cultura digitale condivisa per utilizzarli.” – ha spiegato Stefano Epifani, Presidente per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale.

    Per l’agricoltura italiana il 2024 è stato un anno da record. È quanto emerge dai dati Istat sull’andamento economico del settore agricolo per l’anno appena conclusosi. Nel 2024 torna a crescere l’agricoltura e l’Italia è prima nell’Ue27 per valore aggiunto. Con i suoi 42,4 miliardi di euro di valore aggiunto, l’Italia sorpassa la Spagna che registra 39,5 miliardi, la Francia con 35,1 miliardi e la Germania che si ferma a 31,9 miliardi. Il settore agroalimentare è salito a 586,9 miliardi di euro di fatturato nel 2024 e generato valore aggiunto per il 19% del PIL italiano (+69% in 10 anni). Il peso della filiera agroalimentare estesa che comprende agricoltura, alimentare, distribuzione, intermediazione e distribuzione ha fatto registrare importanti trend di crescita nell’economia italiana: l’8,4% in più rispetto al 2021 e +29% sul 2015, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio (dati: Unioncamere).

    L’indagine dell’Osservatorio è stata realizzata in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici San Pio V. I dati raccolti in modalità CATI/CAMI sono stati analizzati utilizzando l’indice DiSITM (Digital Sustainability Index), ideato della stessa Fondazione.

    Secondo questo rapporto, un diverso approccio al digitale è necessario per sfruttare le reali leve che esso può offrire per lo sviluppo del settore dell’agrifood.

    “Dalla ricerca emerge come sia urgente promuovere una cultura della digitalizzazione trasversale, che non si limiti a colmare il digital divide anagrafico, ma che affronti anche quello tematico e informativo. Le istituzioni dovrebbero, sulla base della ricerca, sviluppare strategie di formazione e sensibilizzazione mirate, che parlino a tutte le generazioni, adattando linguaggi e strumenti ai diversi bisogni e livelli di consapevolezza. Solo così, infatti, sarà possibile sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie digitali come leve di cambiamento sostenibile e inclusivo.” – ha continuato Epifani.

    Dalla ricerca emergono evidenti differenze generazionali nel rapporto con il digitale e la sostenibilità: il 48 % della Generazione Z e il 33 % dei Millennial si dichiarano utenti digitali attivi e impegnati sul tema della sostenibilità, mentre nelle fasce più mature la propensione cala, con il 32 % della Generazione X e il 52 % dei Baby Boomer che utilizzano poco le tecnologie e attribuiscono minore importanza alla sostenibilità.

    Nonostante questo divario, il 67 % degli italiani riconosce alle tecnologie digitali un contributo concreto alla crescita del comparto agroalimentare: un’opinione condivisa dal 71 % di Baby Boomer e Generazione Z, dal 66 % della Generazione X e dal 63 % dei Millennial, che vedono nella digitalizzazione leve fondamentali per migliorare efficienza, sostenibilità e sviluppo complessivo del settore.

    Anche in termini di esperienza utente, la consapevolezza del potenziale del digitale è alta: il 66 % degli intervistati ritiene che le tecnologie digitali siano fondamentali per migliorare la qualità dell’esperienza nel settore agroalimentare. A guidare questa visione è ancora una volta la Generazione Z (71 %), seguita da Generazione X e Baby Boomer (entrambi al 66 %) e dai Millennial (63 %).

    I dati emersi dalla ricerca evidenziano che, nonostante la maggiore dimestichezza con gli strumenti digitali da parte delle generazioni più giovani, la cultura della digitalizzazione non è ancora sufficientemente diffusa e consolidata in nessuna fascia della popolazione. Ancora troppi italiani, indipendentemente dall’età, ignorano l’esistenza di applicazioni e piattaforme che potrebbero rappresentare strumenti fondamentali per promuovere un’economia più circolare e una sostenibilità ambientale, economica e sociale più consapevole e accessibile.

    Se da un lato le generazioni più mature, come la Generazione X e i Baby Boomer, mostrano ancora una certa resistenza culturale e tecnologica all’adozione di strumenti digitali, dall’altro anche i Millennial e la Generazione Z, pur più digitalizzati e attenti alla sostenibilità, evidenziano ampi margini di miglioramento in termini di conoscenza e utilizzo di app orientate alla sostenibilità.

  • Nuovi monitoraggi sulla sicurezza della rete ferroviaria

    Promuovere sistemi digitali, modelli e best practices per lo sviluppo, la gestione, la manutenzione e il monitoraggio degli impianti e dei sottosistemi ferroviari. È questo l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato il 30 aprile a Roma l’intesa tra l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) e Italferr spa, società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato italiane. A firmare l’intesa, alla presenza del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi, e del sottosegretario di Stato, Alessandro Morelli, sono stati il direttore dell’Ansfisa, Domenico Capomolla, e l’Amministratore delegato di Italferr, Dario Lo Bosco. L’obiettivo principale dell’accordo, che pone un forte accento sulla digitalizzazione avanzata e su soluzioni di monitoraggio innovative, è quello di supportare lo sviluppo del sistema ferroviario nazionale in un ambiente altamente sicuro, interconnesso e tecnologicamente evoluto, che sappia rispondere alle sfide moderne con sistemi intelligenti e automatizzati. Il protocollo sancisce, infatti, una collaborazione continuativa e strutturata che porti ad ottimizzare la gestione digitale dei flussi informativi e dell’organizzazione delle informazioni, con particolare riferimento al sistema Building information modeling con cui monitorare costantemente la costruzione e le fasi del ciclo di vita dell’opera infrastrutturale, tenendo in considerazione anche l’impatto di cantieri e interventi di manutenzione.

    Saranno oggetto di approfondimento inoltre gli aspetti di certificazione digitalizzata. Oggetto dell’intesa anche il confronto costante degli esperti e dei professionisti delle due organizzazioni tramite incontri tecnici, laboratori pratici e studi congiunti nell’ottica di creare una cultura della sicurezza sempre più moderna, avanzata e condivisa, focalizzandosi su un approccio integrato di digitalizzazione, formazione e innovazione. “Questa collaborazione – ha commentato Capomolla – rappresenta un passo significativo nel rafforzamento delle nostre attività di supervisione attraverso strumenti digitali sempre più evoluti. Ci muoviamo in un contesto in cui la sicurezza delle infrastrutture richiede conoscenze tempestive, approfondite e predittive, in grado di supportare interventi mirati ed efficaci. Italferr – ha proseguito – è una realtà ingegneristica di primo piano, con cui condividiamo l’obiettivo di innovare i processi di gestione lungo tutto il ciclo di vita delle opere. Oltre agli aspetti tecnici, l’intesa punta anche sulla formazione e sulla diffusione delle conoscenze, valorizzando le competenze e le soluzioni più avanzate a beneficio dell’intero sistema infrastrutturale”, ha concluso Capomolla. “Il protocollo – ha aggiunto Lo Bosco – sancisce una collaborazione strategica fra Italferr e Ansfisa che vede l’Italia con il gruppo Ferrovie dello Stato driver di ingegnerizzazione digitale dei progetti e dei cantieri per le opere infrastrutturali nel territorio e valorizza le piattaforme avanzate del Building information modeling 4D e 5D di Italferr. Il controllo dell’avanzamento lavori e dei tempi e dei costi – ha continuato l’Amministratore delegato di Italferr – è fondamentale per dare al Paese la certezza delle realizzazioni ed evitare varianti in corso d’opera, integrando nei progetti digitali anche i piani di prevenzione e protezione dei cantieri, per tutelare al meglio i lavoratori ed ottimizzare sicurezza e qualità”, ha concluso Lo Bosco.

    “Questo accordo consentirà ad Ansfisa di approfondire, insieme ad Italferr, le possibilità offerte dai sistemi digitali avanzati finalizzati alla sicurezza del sistema ferroviario”, ha detto il direttore generale della direzione per la Sicurezza delle Ferrovie di Ansfisa, Pier luigi Giovanni Navone, che ha aggiunto: “Basti pensare alle potenzialità offerte dalla sesta dimensione del Building information modeling, che riferendosi alla gestione del ciclo di vita dell’opera, può fornire informazioni utili sulle attività di manutenzione ai fini sia della sua programmazione, sia delle attività di supervisione”, ha concluso Navone. Nel dettaglio l’intesa si focalizzerà su alcune attività prioritarie: Gestione e organizzazione dei flussi informativi in ambienti di condivisione dati. Per migliorare l’efficienza delle comunicazioni tra le diverse entità coinvolte nella gestione delle infrastrutture ferroviarie, avrà lo scopo di testare una gestione in tempo reale dei dati, migliorando il processo decisionale e la velocità operativa, fondamentali per garantire la sicurezza e la tempestività degli interventi; Sistemi di monitoraggio innovativi con Building information modeling avanzato: l’uso del Building information modeling in versioni avanzate (4D, 5D, 6D e oltre), permetterà di verificare l’impatto di cantieri e manutenzioni sulla circolazione ferroviaria, con simulazioni dettagliate degli effetti delle operazioni sulle infrastrutture ferroviarie, anticipando possibili criticità e ottimizzando la gestione delle risorse. Inoltre, il coordinamento dei modelli Building information modeling lungo tutto il ciclo di vita delle opere consentirà un monitoraggio continuo e una gestione proattiva dei rischi; Sviluppo di modelli digitali per sottosistemi critici: lo sviluppo di modelli digitali per i sottosistemi critici, come impianti fissi, segnalamento e controllo, consentiranno una visione complessiva e aggiornata della situazione delle infrastrutture, con una gestione predittiva dei possibili guasti, minimizzando i rischi per la sicurezza e l’efficienza operativa; approfondimenti sul quadro normativo cogente e volontario di settore: sia il settore ferroviario che quello dei sistemi di digitalizzazione dei dati sono in continua evoluzione. La sicurezza dipende anche da una approfondita analisi, aggiornamento e formazione sui relativi quadri normativi; tecnologie emergenti per la gestione delle certificazioni di sicurezza: l’introduzione dell’uso della Blockchain per la gestione digitale delle certificazioni di sicurezza mirerà a consolidare gli evidenti vantaggi in termini di tracciabilità e correttezza dei dati, riducendo i rischi di errori e frodi. Con questo accordo, Ansfisa e Italferr consolidano il loro impegno a favore della digitalizzazione e della sicurezza innovativa, promuovendo l’evoluzione continua della rete ferroviaria nazionale. L’obiettivo finale è una infrastruttura più sicura, efficiente e sostenibile, capace di rispondere alle sfide future grazie a tecnologie avanzate, governance collaborativa e formazione continua.

  • InvestEU: dal FEI garanzie pari a 60 milioni di euro a Tenax per promuovere la sostenibilità, innovazione e digitalizzazione delle PMI e mid-cap italiane

    Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) fornisce due garanzie del valore complessivo di 60 milioni di euro a Tenax Sustainable Credit Fund, un fondo gestito da Tenax. Queste garanzie consentiranno un più agevole accesso ai finanziamenti da parte delle PMI e piccole mid-cap italiane attive negli ambiti della Sostenibilità, Innovazione & Digitalizzazione. Le transazioni si realizzano nella cornice del programma InvestEU, volto a mobilitare 372 miliardi di euro entro il 2027 in investimenti che a favore delle priorità politiche dell’Unione europea.

    Tenax Sustainable Credit Fund è il quarto fondo di private debt di Tenax Capital ed è stato recentemente lanciato in partenariato con Intesa Sanpaolo per investire nel mercato societario italiano. Il fondo si propone di raggiungere una dimensione di 300 milioni di euro, un obiettivo realizzabile coinvolgendo investitori istituzionali italiani ed europei attivi nel mercato del private debt. Il fondo sarà conforme all’articolo 8 del regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR), al fine di promuovere le caratteristiche ambientali o sociali (ESG).

    Grazie alla garanzia di InvestEU per l’innovazione e la digitalizzazione, Tenax Sustainable Credit Fund sarà in grado di potenziare il proprio sostegno alle imprese orientate all’innovazione e alla digitalizzazione. La garanzia di InvestEU, accordata per l’ambito di intervento relativo alla sostenibilità, consentirà a Tenax Sustainable Credit Fund di ampliare il supporto alla trasformazione sostenibile dell’economia, nonché agli investimenti green da parte delle PMI e delle mid-cap.

  • Al via il Festival della digitalizzazione

    Dal 5 all’8 maggio 2022 si svolgerà la seconda edizione del ‘Festival della Digitalizzazione’, evento nazionale, organizzato dall’Accademia Civica Digitale, Lo Sbuffo ed Elzevirus, che analizza il mondo digitale in tutti i suoi aspetti, dalla letteratura all’editoria, dall’imprenditoria al giornalismo, dalla divulgazione a mezzo social all’industria musicale.

    All’evento ed in particolare al focus specifico sui diritti nel mondo digitale, dal titolo “Diritti online”, che avrà inizio alle ore 16,00 del 7 maggio 2022, parteciperanno, in qualità di relatori, l’avv. Emilio Graziuso, Responsabile dell’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”, e la dott.ssa Irene Zapparata, Responsabile del dipartimento “Truffe online” istituito dall’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”, i quali tratteranno, rispettivamente, i temi diffamazione a mezzo social e truffe online e tutela del consumatore.

    “All’edizione 2022 del Festival della Digitalizzaizone faremo sentire in modo ancora più forte ed incisivo, rispetto allo scorso anno, la voce dei consumatori. Per noi è un grande onore poter partecipare, come relatori, per il secondo anno consecutivo a questo importante evento, unico nel suo genere nel panorama nazionale, di grande spessore culturale e rilevanza sociale – affermano l’avv. Emilio Graziuso e la dott.ssa Irene Zapparata –. Il Festival costituisce, infatti, oltre che un momento di informazione e formazione per i cittadini che vi assistono, un’occasione di confronto e dibattito tra operatori del settore dalla quale, così come è avvenuto lo scorso anno, possono scaturire idee e strategie comuni per rendere sempre più abitabile il mondo digitale”.

    La tutela del consumatore online è un fronte sul quale, nel corso dell’ultimo anno l’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore è stata particolarmente impegnata, non soltanto nel fornire informazione ai cittadini sui propri diritti e suggerimenti sul come evitare di essere vittima di truffe informatiche, ma anche fornendo consulenza ed assistenza ai cittadini che avevano, purtroppo, subito prelievi fraudolenti o addebiti non autorizzati.

    Proprio per fornire il migliore servizio possibile ai consumatori ed avere un osservatorio costante sul fenomeno, l’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore ha istituito al proprio interno uno specifico Dipartimento dedicato alla tutela del consumatore dalle truffe on line, responsabile del quale è stata nominata la dott.ssa Irene Zapparata.

    “Sulla base dei dati in nostro possesso nonché della notevole esperienza maturata sul campo, attraverso l’attività dell’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore – affermano l’avv. Emilio Graziuso e la dott.ssa Irene Zapparata –  daremo il nostro contributo al Festival della Digitalizzazione in termini di consigli pratici e l’esame delle possibili forme di tutela del consumatore. Analizzeremo, inoltre, le prospettive di interventi legislativi alla luce delle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario e delle sentenze registratesi in sede giurisprudenziale”.

  • La Ue punta sulla digitalizzazione dei servizi per arrivare a un’Unione sanitaria

    Sulla scia delle esperienze maturate con l’emergenza Covid e con il moltiplicarsi dei cyberattacchi i governi europei devono impegnarsi ad adottare soluzioni digitali applicabili in tutta l’Ue per compiere un cruciale passo in avanti verso la nascita di una vera e propria unione sanitaria. Un’operazione che può essere compiuta cogliendo le opportunità di finanziamento senza precedenti offerte dal Recovery Fund, oltre che dai fondi strutturali e da programmi quali EU4Health, Digital Europe e Horizon Europe. Questa, in sintesi, la conclusione a cui è giunto uno studio del programma Espon, specializzato in indagini regionali. Un documento in cui è stata raccolta un’analisi approfondita della situazione attuale e delle azioni necessarie per avanzare sulla strada della digitalizzazione sanitaria: dalla condivisione dei dati sanitari oltre confine, allo sviluppo di ecosistemi di innovazione digitale, alla cooperazione territoriale. In particolare, i ricercatori sottolineano la centralità dei dati nella creazione di sistemi sanitari sicuri, efficienti e sostenibili, e della loro interoperabilità, ossia la capacità di due o più sistemi di sanità elettronica di scambiare dati all’interno di un contesto giuridico compatibile.

    Nell’analisi si porta l’esempio delle 20 app di tracciamento sviluppate in 13 Stati membri per arginare la diffusione della pandemia. Grazie a un sistema istituito dalla Commissione europea, queste app, che all’ottobre 2020 sono state scaricate da 30 milioni di persone nell’Ue, funzionano perfettamente attraverso le frontiere per avvertire, prevenire e rintracciare i contatti, nel rispetto della privacy e della sicurezza dei dati.

    A questo esempio se ne aggiungono altri, non legati a situazioni emergenziali, come la prescrizione e la somministrazione elettronica che consente ai cittadini europei di richiedere dei medicinali in una farmacia di un altro Paese dell’Ue grazie al trasferimento della ricetta elettronica dal loro Stato di residenza, oppure il profilo sanitario digitale che fornisce ai medici informazioni essenziali sul paziente nella loro lingua quando quest’ultimo proviene da un diverso Paese Ue e può esserci una barriera linguistica.

    Ad oggi sono solo 7 gli Stati che hanno iniziato a implementare questi servizi (Croazia, Malta, Portogallo, Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Repubblica Ceca), mentre altri 18 si sono impegnati a svilupparne di simili che collegano i propri sistemi di sanità elettronica all’infrastruttura comune delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione Ue.

  • Le imprese italiane puntano sul digitale per recuperare produttività

    L’80,77% dei direttori delle risorse umane delle aziende italiane vede nella digitalizzazione un’opportunità unica per invertire la curva che porta in basso l’Italia sul fronte della produttività (facendo rimanere al palo il nostro Paese non solo nei confronti della Germania o della Francia, ma anche di paesi come la Spagna) e mette la digitalizzazione fra le priorità dell’azienda, insieme a esigenze pragmatiche come incremento della produttività e riduzione dei costi (indicati fra le tre opzioni possibili rispettivamente dal 65,38% e dal 57,69% degli intervistati). È quanto emerge dalla ricerca The future of HR in the digital era, realizzata da Business International in collaborazione con Osservatorio Imprese Lavoro INAZ, basata su interviste a un centinaio di HR executives e dirigenti di aziende medio-grandi.

    «Se è vero che scontiamo ancora uno scarto importante rispetto all’Europa, è anche vero che le imprese manifestano una forte voglia di guardare al futuro – commenta Linda Gilli, presidente e amministratore delegato di Inaz –. È il digitale infatti a rendere possibili tutte le iniziative sulle quali oggi ci si concentra in ambito HR per lavorare meglio, in modo più produttivo e con modalità di organizzazione che rispondono alle sfide di oggi. Per esempio lo smartworking (il 38% degli intervistati prevede di introdurlo in azienda), lo sviluppo del welfare aziendale (su cui si concentrerà il 31% degli intervistati), nuove modalità di performance management e misurazione dei risultati, ma anche formazione continua, employee retention e talent acquisition». La funzione HR è inoltre consapevole di doversi digitalizzare essa stessa (54% delle risposte alla richiesta di indicare tre obiettivi di investimento) e di avere bisogno di nuove competenze specifiche (una necessità avvertita dal 53,85% degli intervistati). «Si tratta di uno scenario che INAZ, come player di mercato e fornitore di servizi, conosce molto bene – conclude Linda Gilli –. Le imprese sono chiamate a costruire una realtà dove il tempo viene impiegato meglio, si lavora meglio e si sta meglio. Si tratta del punto finale di un percorso dove il digitale è un fattore abilitante, ma al centro c’è il fattore umano. Per questo la funzione HR assume un ruolo chiave nella progettazione dello sviluppo armonioso di imprese e organizzazioni».

  • Time to market

    Definisce il tempo che intercorre tra l’ideazione, la realizzazione e l’immissione sul mercato di un determinato prodotto, ma rappresenta anche la capacità di un’impresa di reagire agli input che possono essere determinati dal mercato con il fine di interpretali  e così rispondere attraverso una innovazione di prodotto o miglioramento del servizio collegato.

    La politica intesa come l’arte della mediazione tra posizioni articolate ed espressione di ideologie diverse è caratterizzata da tempistiche molto diverse rispetto ai tempi di un mercato concorrenziale globale del quale, viceversa, si trovano ad operare le imprese.

    Il complesso scenario economico inteso nella sua articolata strutturazione, specialmente nella sua costante evoluzione tecnologica tipica di una società digitalizzata, a sua volta esprime tempistiche a dir poco istantanee nella applicazione di operazioni finanziarie: esistono infatti  programmi ed algoritmi ideati e realizzati per capitalizzare guadagni anche nell’arco del 1/4 di secondo. Al tempo stesso la digitalizzazione, attraverso la propria immediatezza imposta a tutti i mercati, trova riscontro anche, per esempio, nell’economia reale, come dimostra la vicenda Dolce Gabbana, soprattutto per le sue conseguenze commerciali, nella reazione allo spot incriminato che ha costretto al ritiro dei capi dalle piattaforme digitali in tempo reale.

    La politica economica, espressione legittima del mandato elettorale di cui il governo si fa portavoce, presenta  viceversa delle tempistiche che dovrebbero risultare  mediane tra le due velocità di riferimento della politica e dell’economia. In altre parole, non si pretende che la politica governativa adotti i tempi del mercato globale digitale ma neppure si può pretendere che sia il mercato a doversi adattare alle tempistiche “borboniche” delle diverse compagini governative, indipendentemente dal colore politico della coalizione che le sostiene.

    Al di là dell’andamento delle trattative che vede contrapposti il governo italiano con le autorità europee in seguito alla lettera della Commissione Europea sul complesso dei valori di crescita in rapporto ai maggiori capitolati di maggiori uscite (reddito di cittadinanza e ingresso nel sistema pensionistico a quota cento), il mercato ha già ampiamente espresso il proprio giudizio.

    Nonostante lo spread sia da mesi sopra quota trecento (300) e che soprattutto il differenziale con la Spagna (che nel valore assoluto del Pil ha superato il nostro Paese nel mese di giugno 2018) risulti sempre attorno ai duecento (200) punti, tale sfiducia si esprime con un considerevole aumento dei tassi di interesse pagati dal nostro Paese ad un operatore finanziario o semplice al risparmiatore che volessero sottoscrivere i titoli del debito italiano.

    Viceversa, lo scorso martedì, a fronte di una offerta di oltre sette (7) miliardi di titoli italiani del debito pubblico, il mercato (va ricordato “soggetto asessuato che cerca solo marginalità”) ne ha sottoscritti  poco più due miliardi (2,1 Mld), mentre esponenti della maggioranza di governo prima hanno negato ogni ripercussione imputabile alla crescita dello spread e successivamente, indicando l’aumento dei tassi di interesse (quindi un maggior costo dei servizi al debito per i contribuenti), si  sono spinti nella ardita  previsione di un interesse rinnovato da parte del mercato anche grazie ai tassi crescenti. Sembra incredibile come non risulti ancora chiaro ai responsabili economici del governo in carica come all’aumento di interesse per un titolo del debito sovrano (quindi manifestazione di fiducia relativa alla sua  solvibilità) i tassi pagati subiscano un abbassamento fino al valore negativo (titoli del debito tedesco), mentre un innalzamento degli stessi  rappresenta il maggiore rischio che gli operatori riconoscono al paese emittente. Esattamente il contrario di quanto avvenga per le comuni dinamiche dei titoli del mercato azionario.

    I numeri espressi dal mercato all’ultima asta di titoli boccia clamorosamente le politiche non solo economiche del governo attuale (al quale vanno riconosciute le conseguenze del  disastro finanziario dei precedenti governi Renzi e Gentiloni che hanno beneficiato del Quantitave Easing), ma soprattutto la gestione del debito complessiva ed anche i  rapporti  e le dichiarazioni di membri istituzionali con il mercato stesso assolutamente prive di ogni senso di responsabilità.

    La digitalizzazione ha imposto una velocità certamente difficile da raggiungere per una compagine governativa che spesso risulta la sintesi di gruppi politici con visoni differenti e con difficoltà  di sintesi operativa. Non può tuttavia rappresentare certamente la soluzione alle diverse dinamiche e velocità  l’ignorarle  o peggio negando la  stessa differenza. In un  mercato globale e concorrenziale la velocità di consegna di un prodotto rappresenta un aspetto del servizio che crea valore aggiunto. Un mercato nel quale invece il governo in carica pretenderebbe di immettere i titoli del proprio debito pubblico con regole e velocità stabilite dall’emittente.

    Mai visione della gestione della finanza pubblica risultò  più anacronistica ed “analogica” dimostrazione evidente e disarmante della assoluta mancanza di  conoscenza del significato  “Time to Market”, figurarsi delle sue molteplici applicazioni.

  • L’Agenzia dell’Ambiente in Toscana abolisce l’uso della carta

    Aruba S.p.A., leader nei servizi di data center, cloud, web hosting, e-mail, Pec e registrazione domini, è stata scelta dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, come partner nel proprio processo di digitalizzazione. Impegnata dal 2003-2004 sul fronte della digitalizzazione, oggi Arpat ha un software proprietario, sviluppato appositamente ed è una PA senza carta: tutti i documenti sono prodotti in originale digitale, gestiti e conservati a norma, e se è necessario averne una copia cartacea, il sistema consente di produrla in modo che sia conforme all’originale digitale (e quindi con la stessa validità giuridica).

    Dal 2009, Arpat utilizza la Pec di Aruba, unica per tutta l’Agenzia ed integrata con il sistema di protocollo e gestione documentale. Mentre, a partire dal 2010, inizia a dotare di firma digitale il proprio organico e, su quasi 700 dipendenti, oltre 400 ne sono in possesso. I risultati della digitalizzazione sono evidenti da subito: i documenti in arrivo, dal 2014, sono in maggioranza via Pec e raggiungono nel 2017 il 90% del totale. Considerando anche i documenti ricevuti via e-mail e fax, la quota sale al 94%. Ugualmente incoraggianti i numeri sui documenti inviati: dal 2013 il 91% dei documenti viene inviato via Pec e considerando anche e-mail e fax il dato sale nel 2017 al 94%. Nel 2017, quindi, solo il 6% dei flussi documentali di Arpat è cartaceo: per lo più si tratta di documenti scambiati con i cittadini, per i quali non vige l’obbligo di trasmissione telematica come per le pubblica amministrazione, i professionisti e le aziende.

    I vantaggi della scelta di digitalizzare si possono misurare in termini di efficienza, risparmio e organizzazione; a partire da un completo controllo dei flussi documentali. La direzione, i settori che si occupano di rendicontazione, di controllo e monitoraggio attività hanno il controllo – attraverso l’accesso ad un unico sistema – di tutti i flussi documentali, e quindi dei procedimenti. Il sistema di Arpat non gestisce solo il protocollo, che è una fase, ma tutto il fascicolo procedimentale. Siccome quest’ultimo contiene i dati del procedimento, di fatto ha il controllo sullo stato dei procedimenti in tempo reale.

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