euroscetticismo

  • Anatomia dell’euroscetticismo secondo Javier Cercas

    «L’Europa è anche un’idea morale: proteggere la gente che non ha potere» dice lo scrittore spagnolo Javier Cercas, autore del celebre libro Anatomia di un istante sul tentato golpe del 1981 con cui i militari, ‘orfani’ di Francisco Franco, tentarono di boicottare il percorso del Paese iberico dalla dittatura alla democrazia (e in seguito all’integrazione europea). Ma come la Spagna dell’81, anche l’Europa di oggi, rileva, rischia di incorrere nel suo Tejero (il tenente colonnello che sequestrò il Congresso spagnolo, la Camera bassa del Parlamento, il 23 febbraio dell’81): non si tratta di militari, come allora, ma di quelle forze politiche che «si appellano al popolo invece che parlare ai cittadini». L’Europa, sottolinea Cercas, «è l’unica forma per preservare la pace e la concordia. E’ la sola utopia ragionevole che abbiamo inventato in un secolo nel quale abbiamo creato paradisi teorici diventati poi inferni reali. Non dobbiamo farcela portare via». Ma appunto, suggerisce, l’Europa, nata con «un’impronta elitaria che non ha mai perduto», deve saper parlare ai suoi cittadini, per fare terra bruciata intorno a chi la contrasta. E invece «a Bruxelles si fabbrica una politica che non si pone come obiettivo il benessere dei cittadini».

    «Le parole – ammonisce – sono importanti perché siamo diventati autentici esperti nel sovvertire il loro valore» e in un’epoca che col tramonto delle ideologie ha perso anche i suoi punti di riferimento, «i cittadini pensano al presente immediato» e cadono quindi nel timore dell’immigrazione, nell’individualismo identitario (e non cosmopolita). «Per me tutto parte dal fatto che non ci sono più ideologie ma solo il desiderio di controllo delle risorse – afferma – Dietro i nazionalismi ci sono periferie che vogliono essere padrone della propria borsa, del proprio sistema fiscale. Non esiste più un progetto collettivo». Ovvio, per un intellettuale, individuare nella cultura la terapia più radicale contro ogni tentazione e tentativo di disgregazione (della Ue e, nel caso della Spagna, della stessa nazione): «Quando uno sa chi è non ha complessi nel relazionarsi con gli altri».

  • Cittadinanza europea contrappeso all’euroscetticismo di partiti e governi nazionali

    Se volete vedere l’alternativa all’Unione europea andate in un cimitero militare, ebbe a dire il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ad attestare il successo e l’importanza  che la Ue, per quanti difetti possa avere, ha avuto come peace-maker sul Vecchio Continente.

    A Firenze c’è il cimitero degli inglesi morti nell’ultima e più cruenta guerra di cui l’Europa sia stata teatro fino a quando non ha intrapreso la via della propria unificazione, ma esiste anche l’Istituto universitario europeo, che ospita cicli didattici rivolti agli studenti delle scuole secondarie superiori per illustrare loro le ragioni a favore dell’Unione europea.

    E proprio davanti agli studenti delle scuole superiori – partecipando a questi cicli didattici – l’on. Cristiana Muscardini ha sottolineato che il no alla Ue è ben poca cosa, ben privo di solidi argomenti, se si sostanzia solo nel no, all’insegna del no agli sprechi, alla duplice sede del Parlamento europeo, a Bruxelles e Strasburgo, posto che la sede di Strasburgo, al confine tra Francia e Germania, sancisce la fine delle contrapposizioni, anche belliche, tra Stati europei, che proprio nelle dispute in merito all’appartenenza della regione dell’Alsazia hanno spesso (quasi sempre tra il 1870 e il 1939) hanno trovato il proprio innesco.

    Troppo spesso – ha proseguito l’on. Muscardini in un gioco di smascheramento – l’euroscetticismo è del resto la comoda foglia di fico di chi, non avendo la capacità e l’applicazione occorrenti per capire il funzionamento della Ue (a partire dal fatto che la sede di Strasburgo è stabilita nei trattati istitutivi della Ue e può essere modificata solo se lo concordano tutti gli Stati dell’Unione, non certo se lo si strepita in una piazza italiana o attraverso vecchi e nuovi media), non sa cogliere le opportunità che la Ue offre ai suoi membri, come è evidente ad esempio in materia di cofinanziamenti europei che l’Italia riesce a perdere ogni qual volta si sente l’ombelico del mondo e non prova a prendere in considerazione le ragioni degli altri, realizzando quei compromessi che rappresentano la vera essenza della politica. Capita così, ha ricordato ancora l’on. Muscardini, che mentre la Ue aumenta gli stanziamenti dei programmi Life per coniugare energia e ambiente, l’Italia presenti un programma per le emissioni zero dei mezzi di trasporto un po’ troppo ottimistico alla luce delle tecnologie oggi disponibili su larga scala anziché provare a ottenere fondi europei per la risistemazione della rete idrica (che perde metà dei flussi veicolati) come hanno fatto, conseguendo il cofinanziamento di Bruxelles, altri soci del club europeo.

    Di risultati per l’Italia – ha incalzato l’on. Muscardini – il rifiuto verso l’Europa ne ha portati ben pochi, molte di più sono state le occasioni perse. Germania e Francia hanno appena rinnovato col trattato di Aquisgrana il loro ruolo congiunto di vero motore di quello che la Ue può essere (in prospettiva, quell’unione politica che non si riuscì a realizzare nella prima decade di questo secolo, quando il progetto di Costituzione europea elaborato alla Convenzione europea con la partecipazione anche degli Stati dell’ex cortina di ferro all’epoca ancora sulla soglia di ingresso della Ue), l’Italia continua a patire l’incapacità di partecipare a questo progetto. In materia di dogane, ad esempio, dove Genova viene surclassata da Rotterdam, il cui porto sdogana le merci in ingresso in qualche ora, contro i 3-4 giorni che ci si impiega sotto la Lanterna. In materia, ancor prima, di tutela della produzione manifatturiera, visto che una Germania capace di muoversi nelle istituzioni dell’Unione ha saputo impedire l’adozione di quel regolamento sull’origine dei prodotti extra-Ue che l’Italia pure aveva proposto (evitando polemiche coi sovranisti e i trumpisti nostrani, l’onorevole ha ricordato che negli Usa l’indicazione di origine di quanto entra negli States dall’estero è legalmente richiesta fin dal 1930). La Cina, intanto, si espande, dall’Africa al porto del Pireo ad Atene, alle infrastrutture della penisola e del Nord Europa.

    Di fronte a questo tradimento delle elites, pur non denunciato esplicitamente in questi termini, la conclusione della lectio agli studenti ha indicato nell’acquisire consapevolezza della propria cittadinanza europea di cui gode chiunque sia cittadino di uno Stato della Ue lo strumento per non rassegnarsi ma per rivolgersi direttamente alle istituzioni europee (lo si può fare in qualsiasi lingua riconosciuta come lingua ufficiale di almeno un Paese della Ue, ottenendo risposta nella medesima lingua) e reclamare ciò che non si riesce ad avere tramite istituzioni e rappresentanti del proprio Paese.

  • Tre ragioni all’origine dell’euroscetticismo dei Paesi orientali della Ue

    Molte persone sono perplesse rispetto ala svolta euroscettica dell’Europa centrale: dopo tutto, la regione ha assistito a una crescita economica relativamente solida negli ultimi due decenni e Bruxelles ha contribuito a trasformare le infrastrutture.

    Perché alcuni chiamano Bruxelles la “nuova Mosca»? Per tre ragioni.

    Primo, l’Europa centrale è particolarmente vulnerabile al populismo e le conseguenze dell’ultima crisi economica sono state un’ondata di populismo, nazionalismo e tendenze isolazioniste negli stati occidentali che hanno accumulato ricchezza e memoria istituzionale per secoli. Se la Francia o la Germania non sono immuni da tale ondata perché la Slovacchia o la Repubblica Ceca dovrebbero essere diverse?

    Democrazia e libero mercato sono stati introdotti nell’Europa centrale solo 25 anni fa, mentre lo stato sociale tende ad avere una minore capacità di redistribuire generosamente redditi e offrire opportunità ai poveri.

    In secondo luogo, lo shock della transizione dal comunismo alla democrazia è maggiore di quanto chiunque avesse previsto: mentre le grandi città si sono rapidamente occidentalizzate, le province sono state spesso dimenticate nella spinta a deregolamentare le economie e adottare gli standard dell’Ue; il tutto mentre  Schengen ha permesso alle persone di viaggiare e vedere la prosperità in altri paesi dell’Ue. Per raggiungere i livelli tedeschi di prosperità, i polacchi o gli ungheresi dovranno lavorare per altri 30-40 anni, ma le persone diventano impazienti e cercano leader che offrano scorciatoie.

    In terzo luogo, vi sono preoccupazioni sincere riguardo ai doppi standard. Le aziende vendono prodotti alimentari di qualità inferiore nelle regioni orientali dell’Ue; i servizi digitali sono meno accessibili, ad esempio, in Slovacchia rispetto all’Austria. Persistono stereotipi ingiusti verso gli orientali più poveri nell’ex Ue-15. Alcune decisioni a livello europeo riflettono le esigenze delle società postindustriali, postmoderne e sviluppate nell’Occidente piuttosto che quelle dell’Est del continente. La voce dell’Europa centrale è spesso inaudita, la regione è sottorappresentata in istituzioni come il Servizio europeo per l’azione esterna. Le sedi dell’UE si trovano principalmente in Europa occidentale.

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