Gasdotto

  • La Germania invoca un gasdotto dalla Spagna

    Il presidente della banca pubblica tedesca KfW (l’equivalente della Cassa Depositi e Prestiti in Italia), Stefan Wintels, ha lanciato un appello a favore dell’autonomia energetica europea attraverso lo sviluppo dell’idrogeno verde, proponendo la realizzazione di un gasdotto tra Spagna e Germania. Wintels lo ha dichiarato al quotidiano regionale “Neue Osnabrücker Zeitung”.

    “Non disponiamo ancora di un gasdotto tra Spagna e Germania, ma sarebbe altamente auspicabile. Solo una politica energetica con una vera dimensione europea ci permetterà di evitare nuove dipendenze storiche”, ha affermato Wintels. Secondo il numero uno di KfW, la Germania dovrà importare gran parte del suo fabbisogno di idrogeno verde, non potendo produrlo su larga scala lungo la costa del Mare del Nord. “Se vogliamo generare valore industriale, ad esempio nella siderurgia, dobbiamo importare idrogeno verde, e la Spagna è ben posizionata per offrirlo a costi marginali vicini allo zero grazie al solare”, ha spiegato. Wintels ha sottolineato che la competitività dell’idrogeno non dipende tanto dalla tecnologia quanto dalla possibilità di produrre energia rinnovabile a basso costo e di sviluppare impianti scalabili. Anche l’export di vettori energetici come l’ammoniaca avrà un ruolo cruciale. “Il percorso è chiaro, ma pieno di incognite, come ogni iniziativa imprenditoriale ambiziosa”, ha concluso.

    Nel frattempo la compagnia energetica statale algerina Sonatrach ha firmato due contratti con aziende cinesi per l’ispezione di oltre 3.500 chilometri di gasdotti. Gli accordi sono stati conclusi con la China National Aero-Technology International Engineering Corporation (Avic-Intl) e con la Oil and Gas Pipeline Inspection Technology Company Limited. Le attività riguarderanno ispezioni interne tramite dispositivi “pig” dotati di tecnologie di misurazione avanzata. Il programma coprirà cinque condotte, tra cui il GO1 e il GO2, che costituiscono la tratta algerina del Transmed-Enrico Mattei, principale rotta di esportazione del gas algerino verso l’Italia attraverso la Tunisia. Sono inoltre incluse ispezioni sul Gpdf (Gazoduc Pedro Durán Farell), conosciuto anche come Maghreb–Europe Pipeline, che collega l’Algeria con la Spagna e il Portogallo via Marocco. La durata dei contratti è di 24 mesi.

    La manutenzione di GO1/GO2 potrebbe avere un impatto diretto sulla sicurezza degli approvvigionamenti italiani, dal momento che il Transmed rappresenta oggi la principale fonte di gas importato da Roma dopo la riduzione delle forniture russe. Parallelamente, gli interventi sul Gpdf incidono sul ruolo dell’Algeria come fornitore di riferimento anche per la penisola iberica. L’affidamento a imprese cinesi di attività sensibili come le ispezioni interne solleva tuttavia interrogativi strategici. Tali operazioni consentono l’accesso a dati tecnici riservati sulle capacità e vulnerabilità delle condotte, con potenziali rischi di dipendenza tecnologica e di trasferimento di informazioni su infrastrutture critiche per l’Europa. Sonatrach ha precisato che i contratti sono stati assegnati tramite gara nazionale e internazionale e rientrano nelle prescrizioni del decreto esecutivo n. 21-314 del 14 agosto 2021, relativo al controllo delle reti di trasporto di idrocarburi. L’iniziativa, secondo l’azienda algerina, mira a garantire maggiore efficienza gestionale e continuità delle forniture energetiche.

  • Libia e Nigeria discutono di un gasdotto per l’Europa, la Turchia cerca gas liquido in Italia

    Il ministro del Petrolio e del Gas della Libia, Khalifa Abdul Sadig, ha incontrato il ministro nigeriano delle Risorse petrolifere (Gas), Ekperekpe Ekpo, e l’amministratore delegato della Nigerian National Petroleum Corporation, Bayo Ojulare, per discutere il progetto di gasdotto che collegherebbe la Nigeria all’Europa attraverso il territorio libico. Secondo una nota del dicastero libico, le parti hanno esaminato “la possibilità di riattivare il progetto e hanno concordato di facilitare lo scambio di informazioni tra gli esperti dei due Paesi, in preparazione alla realizzazione degli studi dettagliati necessari”. L’obiettivo, si legge ancora, è “giungere alla firma di un memorandum d’intesa per definire il quadro operativo del progetto”. Il ministero ha aggiunto che l’infrastruttura sarebbe “un nuovo collegamento strategico che collegherà l’Africa al continente europeo, rafforzando la posizione della Libia come corridoio energetico e aprendo ampie prospettive per la Nigeria al fine di espandere le proprie esportazioni di gas”. Il percorso ipotizzato attraverso la Libia si distinguerebbe per una distanza di circa 3.300 chilometri, più breve rispetto ai 4 mila stimati per l’opzione algerina e ai 5.560 previsti per quella marocchina.

    Il dibattito sul progetto non è nuovo. Per la prima volta se ne parlò nel giugno 2023, quando l’allora portavoce del Governo di unità nazionale, Mohamed Hammouda, annunciò che l’esecutivo aveva autorizzato il ministero del Petrolio a svolgere studi tecnici ed economici sulla fattibilità di un gasdotto dalla Nigeria all’Europa, passando attraverso Niger o Ciad per giungere in Libia. Successivamente, l’allora ministro del Petrolio, Mohamed Aoun, dichiarò di aver presentato al governo uno studio preliminare, che favoriva il percorso via Niger rispetto a quello attraverso il Ciad. Le discussioni hanno anche ipotizzato un collegamento tra il gasdotto nigeriano “Ajaokuta-Kaduna-Kano”, in fase di realizzazione, e il Greenstream che parte dal giacimento di Wafa, vicino al confine libico-algerino, e già collega la Libia all’Italia.

    Intanto l’Egitto si prepara a costruire un nuovo gasdotto del valore stimato di 400 milioni di dollari per convogliare maggiori volumi di gas naturale provenienti da Israele. Lo riferisce il quotidiano “Asharq”, citando fonti governative egiziane, secondo cui la realizzazione dell’opera sarà interamente all’interno dei confini nazionali. A occuparsene dovrebbe essere la Egyptian Natural Gas Company (Gasco), una volta conclusi i dettagli ingegneristici. Il costo sarà sostenuto dal governo egiziano, mentre la compagnia israeliana NewMed Energy – partner del giacimento Leviathan – avrà il compito di estendere la rete fino al confine e collegarla al nuovo impianto.

    All’inizio di agosto, Il Cairo e NewMed Energy hanno sottoscritto un emendamento al precedente accordo di fornitura di gas, che prevede l’aggiunta di 130 miliardi di metri cubi complessivi, suddivisi in due fasi. Nella prima, l’Egitto riceverà circa 20 miliardi di metri cubi subito dopo l’entrata in vigore del nuovo patto. Nella seconda, le esportazioni potranno arrivare fino a 110 miliardi di metri cubi, subordinatamente agli investimenti e all’espansione delle infrastrutture di trasporto. L’intesa estende la durata delle forniture fino al 2040 o fino all’esaurimento dei volumi supplementari concordati, con l’obiettivo di rafforzare la posizione dell’Egitto come hub regionale per il gas naturale liquefatto destinato ai mercati europei e asiatici.

    Per parte sua la Turchia ha siglato una serie di accordi con compagnie energetiche internazionali per assicurarsi circa 15 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl) nei prossimi tre anni. Lo ha riferito il ministro dell’Energia e delle Risorse naturali, Alparslan Bayraktar, citato dal quotidiano “Daily Sabah”, spiegando che gli accordi sono stati firmati dalla compagnia energetica statale Botas a Milano in occasione dell’evento Gastech. In particolare, rispetto a pregressi accordi con Eni, Bp e Shell che coprivano 8,7 miliardi di metri cubi, la compagnia ha siglato altri cinque accordi per ampliare il portafoglio e includere consegne da parte di aziende con sede in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Giappone e Norvegia.

    Lo scorso anno, la Turchia ha importato circa 50 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui 14,3 miliardi di metri cubi sotto forma di Gnl. Come riporta “Daily Sabah”, i nuovi contratti rappresentano una quota significativa del consumo interno e dovrebbero rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento in vista della stagione invernale. Bayraktar ha sottolineato che le intese raggiunte a Milano riflettono la strategia della Turchia di “costruire una struttura energetica flessibile, versatile e sicura” per migliorare il portafoglio di gas a medio termine del Paese. In occasione di Gastech 2025, Bayraktar ha incontrato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il presidente del settore gas integrato di Shell, Cederic Cremers.

    Oltre ai contratti per la fornitura di Gnl, Botas ha firmato un accordo con la società statale cinese PetroChina, con l’obiettivo di cooperare nel commercio del gas naturale liquefatto, nella gestione dei trasporti e nell’esplorazione di joint venture in nuovi mercati. La compagnia turca ha inoltre siglato un nuovo accordo con l’Oman, da cui Ankara importa già Gnl. L’accordo riguarda la cooperazione per l’espansione della capacità di produzione di gas naturale liquefatto dell’Oman, l’uso di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione, la collaborazione tra vettori di Gnl e l’esplorazione di ulteriori opzioni di fornitura del gas, ha spiegato Bayraktar.

    La sussidiaria offshore Tp-Otc della compagnia energetica statale turca Turkish Petroleum Corporation (Tpao) ha invece firmato un accordo con Baker Hughes in merito ai lavori sulla terza fase del progetto di sviluppo del più grande giacimento di gas naturale della Turchia nel Mar Nero. L’intesa riguarda la fornitura di sistemi di produzione sottomarina e attrezzature per il completamento dei pozzi. Separatamente, Tp-Otc ha assegnato al gruppo ingegneristico italiano Saipem un contratto da 1,5 miliardi di dollari per continuare lo sviluppo del giacimento di gas di Sakarya, scoperto tra il 2020 e il 2022 e con stime di 710 miliardi di metri cubi di gas. L’accordo riguarda la costruzione di un gasdotto sottomarino principale lungo 183 chilometri per trasportare il gas di Sakarya verso un impianto sulla terraferma. Saipem era già stata coinvolta nella prima e nella seconda fase di sviluppo di Sakarya. Il nuovo contratto avrà una durata massima di tre anni, con i lavori offshore che avranno luogo nel 2027. La fase tre mira ad aumentare la produzione giornaliera da 20 a 40 milioni di metri cubi entro il 2028.

  • Ad Eni e Snam la gestione dei gasdotti dall’Algeria all’Italia

    Ha preso il via a fine 2022, dopo 14 mesi di travaglio, la partnership tra Eni e Snam per il controllo dei gasdotti che collegano l’Algeria all’Italia. Annunciata il 27 novembre del 2021, l’operazione ha visto aumentare da 385 a 405 milioni il prezzo pagato da Snam per rilevare il 49,9% di Sea Corridor. In quest’ultima Eni ha conferito tutte le partecipazioni nei gasdotti di terra (Trans Tunisian Pipeline Company, Ttpc) e di mare (Transmediterranean Pipeline Company, Tmpc) che collegano i due Paesi mantenendo il 50,1%. In virtù degli accordi sottoscritti, Eni e Snam eserciteranno un controllo congiunto sulla base di principi di governance paritetica.

    La partnership che prende il via consente, secondo i due gruppi, di «valorizzare in maniera sinergica le rispettive competenze su una rotta strategica per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale in Italia, favorendo potenziali iniziative di sviluppo nella catena del valore dell’idrogeno anche grazie alle risorse naturali del Nord Africa”. Eni e Snam ritengono inoltre che la connessione tra il Nord Africa e l’Europa rappresenti “un asse fondamentale in un’ottica di progressiva decarbonizzazione a livello internazionale a supporto della transizione energetica». Quanto al sovrapprezzo pagato da Snam, comprende un aggiustamento calcolato sulle perdite di gas che si sono verificate nel periodo intercorso dalla firma del contratto preliminare ad oggi. La cifra di 405 milioni include anche una commissione (ticking fee) del 4% legata ai 14 mesi che sono passati tra i due contratti. Snam ed Eni inoltre avevano previsto un meccanismo di ‘earn-in’ ed ‘earn-out’, (modifica del prezzo a tutela del compratore) da calcolare sulla base dei ricavi che saranno generati dalle numerose società partecipate.

  • Le forniture di gas rinsaldano la collaborazione tra Egitto e Israele

    Il 19 febbraio, il consorzio israelo-americano che detiene le concessioni di gas naturale nella zona economica esclusiva di Israele (ZEE), compresi i giacimenti di gas Tamar e Leviathan, ha annunciato un accordo con la compagnia egiziana Delphinus, del valore approssimativo di 15 miliardi di dollari. Il 27 settembre 2018, Delek Drilling, parte del consorzio, ha annunciato che East Mediterranean Pipeline (EMED) – il 25% delle cui azioni sono di proprietà di Delek – ha acquistato il 39% della società egiziana Eastern Mediterranean Gas (EMG) per 518 milioni di dollari. EMG è tra i proprietari del gasdotto per il trasporto di gas naturale dall’Egitto verso la Giordania e Israele: un gasdotto trasporta gas in Egitto a el-Arish, da dove il gasdotto si divide in due con una linea da el-Arish ad Aqaba, e una da el-Arish a Ashkelon. I ripetuti danni a questi oleodotti da parte di gruppi terroristici locali hanno interrotto il flusso di gas dall’Egitto ai suoi vicini, sebbene la sezione da el-Arish ad Ashkelon sia rimasta intatta. Come parte dell’accordo, Delek ha acquisito il diritto esclusivo di gestire il gasdotto di 90 km da el-Arish ad Ashkelon. La conclusione finale dell’accordo è subordinata a varie approvazioni governative egiziana e israeliana, controlli operativi e riparazioni e aggiornamenti. In una svolta interessante, l’accordo finale potrebbe anche includere l’uso del gasdotto el-Arish-Aqaba per fornire gas israeliano all’Egitto.

    Con l’acquisto di una partecipazione nel gasdotto egiziano, il consorzio israelo-americano ha assunto il rischioso compito di assicurare l’attuazione dell’accordo di fornitura decennale. Ma al di là degli aspetti economici, ci sono anche implicazioni politiche per l’accordo. Per il momento, gli unici acquirenti non israeliani del gas naturale di Israele sono Egitto, Giordania e palestinesi. Gli accordi con questi tre mercati di esportazione sono commercialmente solidi, ma soggetti a rischi politici e di sicurezza e alla possibile concorrenza commerciale. In assenza di altri mercati disponibili, l’Egitto è il più grande mercato per il gas israeliano, finché risorse proprie non ne soddisfino bisogni (il che, si prevede, non avverrà prima del 2019-2020).

    Gli accordi per vendere gas in Egitto e acquistare un controllo parziale del gasdotto sono particolarmente apprezzati, dato che le altre opzioni per Israele di vendere e trasportare gas naturale sono ora meno praticabili. Il mercato turco sarebbe stato un’opzione interessante per il gas naturale israeliano e del Mediterraneo orientale. Tuttavia, l’imprevedibilità politica dell’attuale regime politico in Turchia, compreso il suo atteggiamento nei confronti di Israele, la mancanza di stabilità politica in Libano e Siria e l’assenza di una soluzione politica al conflitto a Cipro rendono la vendita di gas naturale alla Turchia e l’uso della Turchia come hub troppo rischioso per ragioni politiche e di sicurezza. A sua volta, le instabili condizioni economiche in Turchia riducono l’attrattiva di questa opzione di esportazione. L’idea di estendere un oleodotto dalle coste orientali del Mediterraneo attraverso Cipro alla Grecia appare invece tecnicamente molto difficile e politicamente esposta ai problemi legati alla disputa su Cipro, nonché finanziariamente dipendente dalla disponibilità di altri produttori del Mediterraneo orientale a condividere le proprie capacità con Israele. Un simile progetto creerebbe vantaggi politici ed economici per Israele, in quanto garantirebbe un mercato ampio e stabile, aggiungerebbe una dimensione importante alle relazioni di Israele traballanti con l’Ue e aumenterebbe la stabilità nel Mediterraneo orientale, con tutti i produttori e gli utenti di un simile oleodotto interessato alle entrate derivanti dal suo funzionamento sicuro e continuo

    Pertanto, l’opzione egiziana – sia come mercato o ponte per l’esportazione di gas liquefatto verso l’Europa – è l’unica opzione valida per esportare il gas naturale di Israele. Aggiunge un’altra dimensione allo sviluppo positivo nelle relazioni tra Israele ed Egitto, al di là della stretta cooperazione in materia di sicurezza. Ma comprare una partecipazione nel gasdotto egiziano, oltre alla futura vendita di gas, comporta ancora alcuni rischi. Le attuali relazioni di Israele con l’Egitto sono probabilmente le migliori di sempre, ma l’attuazione degli accordi sul gas è stata firmata da società commerciali soggette alle considerazioni politiche del governo egiziano. Inoltre, le riserve naturali egiziane potrebbero espandersi in modo significativo, e questo a sua volta potrebbe influenzare le considerazioni egiziane riguardanti l’acquisto di gas o la disponibilità di capacità di liquefazione nelle loro installazioni.

  • Nuovi ostacoli alle esportazioni israeliane di gas naturale

    Due eventi  accaduti nelle ultime settimane minacciano di ridurre significativamente la possibilità, da parte di Israele, di esportare gas naturale. Il primo è la recente vittoria elettorale di Erdogan in Turchia che, grazie all’accrescimento dei suoi poteri, potrebbe decidere di ridurre, se non addirittura eliminare, la possibilità di un gasdotto sottomarino da Israele alla Turchia. Il secondo è il rapporto iniziale sulle nuove riserve di gas al largo della costa egiziana che minacciano l’accordo esistente per esportare gas da Israele verso l’Egitto, così come il piano di Israele di utilizzare le strutture di liquefazione dell’Egitto per esportare gas liquido in Europa. L’economia israeliana non può assorbire un volume di gas abbastanza grande nei prossimi anni per giustificare gli investimenti di capitale necessari per lo sviluppo della base Leviathan. Se l’accordo sull’esportazione di gas con l’Egitto non si concretizzerà, i partner del gas dipenderanno dal piccolo accordo di esportazione con la Giordania, visto come unica ancora di salvataggio. Ciò metterebbe in pericolo lo sviluppo del Leviathan, lasciando Israele senza un backup sufficiente in caso di un’interruzione prolungata dell’approvvigionamento di gas dalla base di Tamar. Perché la situazione creatisi possa risolvere sarebbe opportuno che le compagnie del gas spingessero per la rapida attuazione dell’accordo di esportazione con l’Egitto mentre la carenza di gas egiziano continua. A sua volta, il governo israeliano dovrebbe lavorare alla questione dietro le quinte nella misura necessaria.

  • Merkel: Nord Stream 2 not possible without clarity for Ukraine

    German Chancellor Angela Merkel said after meeting Ukrainian President Petro Poroshenko on Tuesday that the Nord Stream 2 gas pipeline could not go ahead without clarity on Ukraine’s role as a gas transit route, appearing to harden her stance towards the project.

    “I made very clear that a Nord Stream 2 project is not possible without clarity on the future transit role of Ukraine,” Merkel said. “So you can see that it is not just an economic issue but there are also political considerations”, she added. She said that “it is not just an economic issue but there are also political considerations”.

    Merkel had in the past called Nord Stream 2 a purely “economic project” with no need for political intervention.

    Nord Stream 2, which is to run from Russia through the Baltic Sea to Germany — the European Union’s biggest economy — would double the existing Nord Stream pipeline’s annual capacity of 55 billion cubic meters. But critics argue it will increase dependence on Russia and enrich its state-owned energy companies at a time when Moscow stands accused of endangering European security.

    Merkel said she had told Russian President Vladimir Putin in a phone call on April 9, “It cannot be that through Nord Stream 2, Ukraine has no further importance regarding the transit of gas”.

    She insisted that Ukraine relied heavily on income from transit fees.

    In an interview with German business daily Handelsblatt on April 9, Poroshenko urged Berlin to abandon plans to build Nord Stream 2, saying it would enable an “economic and energy blockade” against Ukraine and blasting it as “political bribe money for loyalty to Russia.”

    He accused Russia of being an “extremely unreliable partner” as a gas supplier, citing state-owned energy firm Gazprom’s refusal to pay Ukraine billions of dollars after shutting off supplies in the middle of winter.

    Poland and the Baltics oppose Nord Stream 2, and U.S. officials have spoken out against it.

     

  • Gli Usa vogliono bloccare il gasdotto dalla Russia Nord Stream 2, ma c’è il nodo delle imprese europee

    Gli Stati Uniti vorrebbero ancora bloccare un gasdotto progettato tra Russia e Germania, ma non stanno spingendo per sanzioni contro le aziende coinvolte nel progetto. «Ci opponiamo al Nord Stream 2, preferiremmo che il gasdotto non fosse costruito affatto», ha detto il vice segretario degli Stati Uniti per la diplomazia energetica Sandra Oudkirk in visita a Bruxelles, poi a Parigi e Copenaghen (la Danimarca ha approvato l’anno scorso una legge per cercare di bloccare il gasdotto che attraversa le sue acque territoriali).

    Il Congresso degli Stati Uniti la scorsa estate ha approvato l’Adversaries Through Sanctions Act (Caatsa) che tra l’altro prevede sanzioni per le società che investono in progetti di esportazione di energia in Russia. Ma segnalando che «ogni azienda che opera nel settore dei gasdotti russi per l’esportazione di energia deve affrontare un rischio elevato di sanzioni» Oudkirk ha anche aggiunto che gli Stati Uniti «non hanno parlato di annunci di sanzioni pendenti, pubblicamente o privatamente».

    La Commissione europea si è pure opposta al gasdotto, affermando che potrebbe essere contro le regole dell’Ue e definendo «rischioso» il progetto. Ma si è anche opposta alle potenziali sanzioni statunitensi ventilando la possibilità di rappresaglie se venissero ignorate le preoccupazioni relative agli interessi delle imprese dell’Ue.

    Intanto, il forum energetico Ue-Usa, che non si tiene da maggio 2016, resta bloccato.

  • La Via della Seta cinese attraverso il Polo innesca la corsa agli investimenti

    Sono previsti numerosi progetti infrastrutturali nell’Artico, ora che la Cina ha definito la strategia della “Via della Seta sul Ghiaccio”.

    Il 24 gennaio il governatore dell’Alaska Bill Walker ha riunito molti sindaci locali per discutere progetti di cooperazione con la Cina, in particolare la costruzione di un gasdotto di 1.280 km dalla contea del North Slope fino alla penisola di Kenai, per la spedizione verso l’Asia. Una volta liquefatto, quasi il 75% del gas andrà alla Cina. Walker si consulta regolarmente con la Casa Bianca, e ha accompagnato il Presidente Trump durante la sua visita a Pechino lo scorso novembre. Ha anche ricevuto il Presidente cinese Xi Jinping al ritorno dalla visita di quest’ultimo in Florida, lo scorso maggio.

    L’Alaska coopera con la Cina anche per il terminale appena aperto a Yamal, in Russia, che gestirà le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) non solo verso la Cina e l’Asia ma anche verso l’Occidente.

    Esperti finlandesi hanno presentato il 19 gennaio una proposta per una “ferrovia artica” ai governi della Finlandia e della Norvegia e una decisione a proposito potrebbe arrivare già in marzo. La ferrovia, lunga 500 km e dal costo di 3,4 miliardi di dollari, collegherebbe i porti di Kirkenes (Norvegia) e Rovaniemi (Finlandia) e aprirebbe la rotta artica del Mare del Nord che si snoda lungo la costa siberiana della Russia a tutta la Scandinavia, ai Paesi baltici e alla Polonia, tramite la rete ferroviaria finlandese. La rotta, che naturalmente funzionerebbe in entrambe le direzioni, ridurrebbe del 40% la distanza dal Canale di Suez.

    Esperti di Finlandia e Cina hanno cominciato a lavorare al progetto di cavi sottomarini trans-artici che ridurrebbero del 40% anche la distanza tra Europa ed Asia. Il progetto rivitalizzerebbe un vecchio piano russo, il ROTACS (Russian Optical Trans-Arctic Cable System) stabilendo un collegamento via cavo diretto tra Londra e Tokyo, passando per la Cina e la Russia. Il Presidente finlandese Sauli Niniisto è un forte fautore di buoni rapporti con Cina e Russia. Niniisto ha sempre respinto le offerte di aderire al riarmo militare della NATO contro la Russia, e la sua strategia di buoni rapporti economici con Mosca gode del sostegno di due terzi dell’elettorato. Anche Niniisto ha ricevuto il Presidente cinese Xi prima che si recasse negli Usa lo scorso maggio, per discutere come espandere la cooperazione economica.

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