Internet

  • Amazon tribe sues New York Times over story it says led to porn addict claims

    An Amazonian tribe has sued the New York Times (NYT) over a report about the community gaining access to high-speed internet, which it claims led to its members being labelled as porn addicts.

    The defamation lawsuit said the US newspaper’s report portrayed the Marubo tribe as “unable to handle basic exposure to the internet” and highlighted “allegations that their youth had become consumed by pornography”.

    The lawsuit also named TMZ and Yahoo as defendants, and said their news stories “mocked their youth” and “misrepresented their traditions”.

    The NYT said its report did not say any of the tribe’s members were addicted to porn. TMZ and Yahoo have been contacted for comment.

    The Marubo, an Indigenous community of about 2,000 people, is seeking at least $180m (£133m) in damages.

    The NYT’s story, written nine months after the Marubo gained access to Starlink, a satellite-internet service from Elon Musk’s SpaceX, said the tribe was “already grappling with the same challenges that have racked American households for years”.

    This included “teenagers glued to phones”, “violent video games” and “minors watching pornography”, the report said.

    It stated that a community leader and vocal critic of the internet was “most unsettled by the pornography”, and had been told of “more aggressive sexual behaviour” from young men.

    The report also noted the perceived benefits of the internet among the tribe, including the ability to alert authorities to health issues and environmental destruction and stay in touch with faraway family.

    The lawsuit claims other news outlets sensationalised the NYT’s report, including a headline from TMZ referencing porn addiction.

    The response led the NYT to run a follow-up report around a week after its original story, with the headline: “No, A Remote Amazon Tribe Did Not Get Addicted to Porn”.

    The report said “more than 100 websites around the world” had “published headlines that falsely claim the Marubo have become addicted to porn”.

    But the lawsuit claimed the NYT’s original story had “portrayed the Marubo people as a community unable to handle basic exposure to the internet, highlighting allegations that their youth had become consumed by pornography”.

    The named plaintiffs, community leader Enoque Marubo and Brazillian activist Flora Dutra, who helped to distribute the 20 $15,000 Starlink antennas to the tribe, said the NYT story helped fuel “a global media storm”, according to the Courthouse News Service.

    This, they said, subjected them to “humiliation, harassment and irreparable harm to their reputations and safety”.

    The TMZ story included video footage of Marubo and Dutra distributing the antennas, which they said “created the unmistakable impression [they] had introduced harmful, sexually explicit material into the community and facilitated the alleged moral and social decay”.

    A spokesperson for the New York Times said: “Any fair reading of this piece shows a sensitive and nuanced exploration of the benefits and complications of new technology in a remote Indigenous village with a proud history and preserved culture.

    “We intend to vigorously defend against the lawsuit.”

  • Protezione dei minori online: la Commissione pubblica un progetto di orientamenti nel quadro del regolamento sui servizi digitali

    La Commissione ha avviato una consultazione pubblica su un progetto di orientamenti per la protezione dei minori online nel quadro del regolamento sui servizi digitali. In questo modo la Commissione mira a rendere più sicuro l’ambiente online sostenendo le piattaforme accessibili ai minori affinché garantiscano loro un elevato livello di tutela della vita privata, sicurezza e protezione.

    Il progetto di orientamenti riguarda un’ampia gamma di misure, quali la verifica dell’età degli utenti, il miglioramento del modo in cui i contenuti vengono raccomandati agli utenti per ridurre il rischio che i minori siano esposti a contenuti dannosi, l’impostazione predefinita degli account dei minori come privati, le migliori pratiche per la moderazione dei contenuti sicuri per i minori, i canali di segnalazione e l’assistenza a misura di minore, nonché orientamenti sulla governance interna delle piattaforme.

    Le parti interessate, compresi i giovani ambasciatori per un’internet migliore per i ragazzi (BIK+), sono state ampiamente consultate e hanno contribuito all’elaborazione del progetto di orientamenti.

    Le misure delineate negli orientamenti verranno applicate alle piattaforme online di tutte le dimensioni utilizzate dai minori – a eccezione delle micro e piccole imprese – comprese le piattaforme online di dimensioni molto grandi con oltre 45 milioni di utenti mensili nell’UE.

    Il pubblico può presentare osservazioni sul progetto di orientamenti fino al 10 giugno 2025. La Commissione chiede il contributo di tutte le parti interessate, compresi i minori, i genitori e i tutori, le autorità nazionali, i fornitori di piattaforme online e gli esperti.

    La Commissione prevede di adottare gli orientamenti prima dell’estate 2025, segnando una tappa importante nell’impegno dell’UE a rendere l’ambiente digitale più sicuro per i minori.

  • Blackout, internet e sicurezza

    Per ora sembra non si sappia ancora se il blackout che ha messo in ginocchio Spagna, Portogallo ed una parte della Francia si debba imputare ad eventi più o meno naturali o ad interventi ostili dall’esterno.

    Quello che è comunque chiaro a tutti è che in un istante la nostra vita, l’insieme di tutte le azioni che compiamo ogni giorno, può radicalmente cambiare, niente mezzi di trasporto, comunicazioni, luce, transazioni economiche, cure ospedaliere.

    Per poche ore si può resistere ma se il blackout durasse più tempo?

    Se i problemi sono dovuti a situazioni climatiche o a sovraccarico o se invece si tratta di una operazione ostile occorre comunque che i governi prendano, anche in tutti i paesi europei, misure adeguate ed urgenti: quanto è avvenuto è un forte segnale d’allarme che impone di rivedere i nostri sistemi.

    Non va inoltre dimenticato anche il blocco di internet che ha subito il Marocco e che dimostra come il problema sia su larga scala.

    Noi dipendiamo ormai in tutto dalle reti energetiche ed informatiche e basta tranciare un cavo sotto il mare, basta un hacker, ed il nostro mondo si ferma, è compatibile tutto questo con un futuro di pace e sicurezza?

    Domande senza risposta perché la miopia di gran parte della politica e della cultura non ha ancora compreso né come rapportarsi ed avere rispetto per la natura né come impedire attacchi ostili al nostra sistema di società.

  • La competizione anche militare tra Stati si svolge nello spazio: virtuale e siderale

    Già nel 1997 sulla rivista francese Hérodote si prefigurava una “internettizzazione della geopolitica”. pronosticando che “Internet moltiplicherà i conflitti di natura geopolitica, portando a una strategia di dominio con la partecipazione di paesi con interessi divergenti. È un’arma di importanza strategica per la sicurezza nazionale”. Lo spazio siderale era invece considerato un possibile teatro di confronto tra Stati già all’epoca della guerra fredda. Oggi i due ambiti si stanno intrecciando.

    I satelliti nello spazio oltre a monitorare il pianeta servono per garantire le telecomunicazioni e le connessioni telefoniche e internet, quindi lo spazio si incrocia col cyberspace attraverso il quale vengono elaborati dati relativi a rotte (civili e militari), condizioni meteo e, in prospettiva, l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse spaziali, come l’estrazione di minerali dagli asteroidi.

    Il rapporto tra i due domini, spazio e cyberspace, si sostanzia in una interconnessione delle infrastrutture: le reti di comunicazione spaziali e terrestri sono strettamente collegate; gestione e controllo dei satelliti avvengono attraverso reti informatiche che rappresentano obiettivi militari. La dipendenza reciproca tra spazio e cyberspace implica pertanto che la compromissione di uno dei due domini può avere effetti devastanti sull’altro: un attacco cyber potrebbe ad esempio sfruttare l’infrastruttura spaziale come ponte per infettare una infrastruttura terrestre. Gli attacchi cyber da parte della Russia contro il sistema ViaSat  nell’ambito dell’aggressione putiniana all’Ucraina e all’Occidente hanno dimostrato la possibilità di disabilitare il sistema stesso, facilitando lo spostamento di truppe e rendendo di fatto “cieca” una parte del sistema di intelligence e nello stesso ambito la comunicazione satellitare fornita da Starlink ha consentito di ricevere informazioni che non potevano essere più fornite da infrastrutture di comunicazione terrestri messe fuori uso dagli aggressori.

    La space dominance appare dunque un tema centrale, che sarà raggiungibile solamente in presenza di forti capacità di cyber disruption verso il dominio spaziale stesso. La corsa per la supremazia nello spazio non è solo una questione tecnologica, ma riflette le dinamiche di potere terrestri tra Stati, influenzate da interessi politici, economici e anche militari. L’implementazione di politiche di sicurezza rigorose e la collaborazione internazionale saranno essenziali per proteggere queste infrastrutture da minacce crescenti: l’equilibrio tra sicurezza nazionale e stabilità internazionale dipenderà dalla capacità degli Stati e delle organizzazioni sovranazionali di sviluppare norme e accordi che regolino l’uso delle tecnologie spaziali e cyber.

  • La Commissione e le autorità nazionali adottano misure per proteggere i minori dalle pratiche dannose nei videogiochi

    Coordinata dalla Commissione europea, la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori ha avviato un’azione di esecuzione nei confronti di Star Stable Entertainment AB allo scopo di garantire un’esperienza più sicura e trasparente per i giocatori di Star Stable Online. La rete ha chiesto alla società di fornire informazioni sulle pratiche commerciali che i minori potrebbero incontrare nel gioco online. Con questa azione, la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori sottolinea la necessità di adattare i videogiochi e le loro pratiche commerciali ai minori e di non sfruttarne le vulnerabilità. Star Stable Entertainment AB dispone ora di un mese per rispondere per iscritto alle questioni evidenziate nella posizione comune della rete e proporre impegni in merito.

    La rete di cooperazione per la tutela dei consumatori inoltre ha presentato una serie di principi fondamentali per aiutare il settore dei videogiochi a conformarsi alle norme europee di protezione dei consumatori relative alle valute virtuali nei giochi. Questi principi fondamentali contribuiranno a produrre un’esperienza più sicura e più trasparente per i giocatori. La Commissione organizzerà un seminario in cui le società di videogiochi operanti nell’UE saranno incoraggiate a presentare misure concrete per attuare tali principi fondamentali. La rete di cooperazione per la tutela dei consumatori monitorerà i progressi e, se le pratiche dannose continueranno, potrà adottare ulteriori misure.

    Michael McGrath, Commissario per la Democrazia, la giustizia, lo Stato di diritto e la tutela dei consumatori, ha dichiarato: “I minori trascorrono molto tempo online, giocano e interagiscono sui social media. Ciò li rende un bersaglio attraente per gli operatori commerciali e gli inserzionisti. È fondamentale garantire un ambiente online sicuro per i consumatori, in particolare i minori, affinché possano usufruire dei giochi senza dover far fronte a pratiche sleali. Sostengo gli sforzi della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori e accolgo con favore la possibilità di collaborare con il settore del gioco per proteggere i consumatori e i minori“.

  • Il Covid ha insegnato agli anziani a diventare digitali

    Anziani digitali rinforzati, o resilienti, o resistenti. Queste tre tipologie di persone tra i 65 e gli 80 anni sono state definite dal Ilqa-19 “The Longitudinal study on older people’s quality of life during the Covid-19 pandemic” (2020 – 2024) che indaga le conseguenze dell’epidemia di Covid-19 nella vita quotidiana degli anziani, esplorando in particolare l’uso delle risorse digitali e le trasformazioni intervenute nel tempo delle reti familiari e sociali. La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto “Active-Ir. Active ageing in changing societies. Older people’s social and digital resources in pandemic and post-pandemic Italy”. Capofila del progetto è l’Università Milano Bicocca, responsabili della terza e quarta indagine Ilqa sono i ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Simone Carlo, Sara Nanetti, Francesco Diodati, e sono coinvolte anche l’Università di Pavia e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana. La ricerca, cominciata nel maggio 2020, prevedeva interviste a distanza di un anno a un panel di 40 anziani e anziane residenti in dieci borghi della provincia di Lodi, al centro dell’emergenza COVID-19 nel marzo 2020 (prima zona rossa europea).

    Arrivato alla quarta rilevazione (2023/2024), e con un approccio longitudinale, lo studio sta esplorando nel tempo le conseguenze del Covid-19 sulla qualità della vita delle persone anziane e sulle pratiche di vita quotidiana, concentrandosi sulle risorse attivate e sulle strategie adottate per reagire alle sfide poste dall’epidemia. Nello specifico si stanno esplorando nel tempo i rischi e le opportunità connessi alla crescente digitalizzazione nei servizi per le persone anziane. A distanza di quattro anni dalla prima rilevazione, emergono alcuni risultati interessanti che permettono di individuare profili diversi di anziani digitali a seconda del precedente background tecnologico. Il primo gruppo è costituito dagli “anziani digitali rinforzati”, vale a dire attrezzati digitalmente già prima del Covid-19. Si tratta di fruitori consapevoli delle tecnologie che hanno incrementato il loro uso durante e dopo la fase emergenziale. Sono stati poi identificati gli “anziani digitali resilienti”, ovvero i soggetti in fase di acquisizione delle competenze digitali che al termine dell’emergenza hanno in parte continuato a utilizzare alcuni servizi digitali (SPID, eGov), abbandonandone altri (videochiamate, ecommerce) in una logica di scelte e opportunità e di desiderio di tornare alla normalità.

    Infine, gli “anziani digitali resistenti” sono rimasti estranei al mondo delle tecnologie anche durante l’emergenza. Tali anziani senza competenze digitali possono comunque fare affidamento su reti familiari strette. Gli intervistati inquadrano questo aiuto all’interno di un modello culturale non individualista e basato su tradizionali forme di reciprocità fra le generazioni. D’altro canto, però, altri interlocutori lamentano la perdita della propria indipendenza a causa della recente digitalizzazione dei servizi. In questi casi, la dipendenza dal supporto dei figli e delle nuove generazioni è vista come un impoverimento del proprio status individuale e come una forma di controllo che limita la realizzazione personale. L’emergenza Covid-19 ha notevolmente aumentato l’offerta di servizi digitali (pubblici ma anche di comunicazione e intrattenimento) ma non si è notato il corrispettivo aumento dell’uso da parte delle diverse fasce della popolazione. In particolare, la diffusione dell’uso dei servizi digitali è stata più lenta nelle fasce di popolazione più anziane. Il rapido processo di digitalizzazione durante la pandemia di Covid-19 non ha colmato il divario tra utenti anziani digitalizzati e non, ma lo ha piuttosto ampliato. Se da un lato ha avvantaggiato chi ha una rete di supporto, dall’altro tende ad emarginare ancora di più gli anziani isolati che devono affrontare un processo di digitalizzazione dei servizi (pubblici) senza avere l’aiuto necessario e rischiando così di essere ulteriormente svantaggiati.

  • La Commissione accoglie con favore l’integrazione del codice di condotta riveduto contro l’incitamento all’odio online nel regolamento sui servizi digitali

    La Commissione e il comitato europeo per i servizi digitali accolgono con favore l’integrazione del codice di condotta riveduto contro l’incitamento all’odio online+ nel quadro del regolamento sui servizi digitali, che incoraggia codici di condotta volontari per affrontare i rischi online.

    Il codice di condotta+, che si basa sul codice di condotta iniziale del 2016, è stato sottoscritto da Dailymotion, Facebook, Instagram, Jeuxvideo.com, LinkedIn, i servizi per i consumatori ospitati da Microsoft, Snapchat, Rakuten Viber, TikTok, Twitch, X e YouTube.

    Il codice di condotta+ rafforzerà il modo in cui le piattaforme online trattano i contenuti che le leggi dell’UE e nazionali definiscono incitamento all’odio illegale. Il codice di condotta integrato faciliterà il rispetto e l’effettiva applicazione del regolamento sui servizi digitali per quanto riguarda i rischi di diffusione di contenuti illegali.

  • La sicurezza, i dati sensibili, Musk

    La sicurezza di una nazione, prima ancora che dalle Forze Armate, è garantita dai sistemi di intelligence e dalla esclusiva proprietà dei siti strategici e dei dati sensibili.

    Preoccupano seriamente le ipotesi di affidare a sistemi privati, di chiunque siano, la gestione dei nostri dati sensibili che, già nel passato, spesso, non sono stati gestiti direttamente da strutture pubbliche ma private con i problemi, molto preoccupanti, che sono sorti negli ultimi tempi per l’uso ed abuso di questi dati.

    L’ingerenza di interessi di singoli personaggi o di altri Stati nella vita democratica di una nazione non è un’ipotesi avveniristica ma è quello che è già più volte accaduto con conseguenze molto gravi.

    Per impossessarsi dei gangli vitali di un paese, potendo così condizionare scelte, alleanze, decisioni politiche o geopolitiche, non è necessario dare corso ad una invasione armata, è più che sufficiente conoscere, entrare in possesso, dei dati sensibili.

    L’Europa, per sua incapacità, dipende, dal punto di vista della finanza e dell’economia, da quanto è deciso al di là dell’Atlantico, non essendo stata in grado di mettere a punto un suo autonomo sistema di valutazione.

    L’ipotesi, che sempre più insistentemente circola, di un accordo tra lo stato italiano e Musk, che ha già dichiarato come questo accordo gli aprirebbe la strada per uguali contratti negli altri Stati dell’Unione, preoccupa per molti motivi:

    1) consegneremmo i nostri dati sensibili, e cioè un immenso potere con ricadute a breve e lungo termine, ad un uomo che rappresenta, per prima cosa, solo i suoi interessi perseguiti senza scrupoli o paletti, come dimostra il fatto che in poco tempo è riuscito a diventare l’uomo più ricco del mondo;

    2) consegneremmo i nostri dati sensibili ad una persona che oggi, come tutor del presidente Trump, supporta una visione degli Stati Uniti come paese egemone che potrebbe anche occupare, con la forza, altri paesi o parte di questi;

    3) Musk vive ed agisce secondo la sua personale ideologia, la conquista, a qualunque prezzo, di quello che vuole ottenere o sperimentare, non esistono per lui confini di ordine etico, morale o democratico.

    Come può un governo, che ha votato la maternità surrogata come delitto universale, immaginare, anche lontanamente, di affidare l’Italia e gli italiani ad un uomo che con la maternità surrogata ha avuto dei figli e gli ha chiamati con delle sigle senza dargli un vero nome? Non è anche questa una ulteriore dimostrazione del cinismo che guida le sue decisioni?

    È possibile che di fronte al potere, al miraggio di una tecnologia sempre più oltre, al desiderio di sentirsi amici ed apprezzati da chi, da uomo più ricco si sta trasformando nell’uomo più potente del mondo, chi ci governa sia accecato, incapace di comprendere i pericoli immediati ed a lungo termine, vanificando le speranze che tanti avevano avuto, speranze di libertà, indipendenza, democrazia vera?

    Possono gli italiani accettare di vedere ceduti i dati sensibili personali e della loro nazione, possono gli europei accettare di essere conquistati e dipendenti non solo da un altro Stato ma da un uomo che potrebbe in breve diventare il proprietario di quanto è più segreto e vitale per l’esistenza democratica di ciascuno e di tutti?

  • L’UE chiede a piattaforme e motori di ricerca online di grandi dimensioni le prime relazioni di revisione e di valutazione dei rischi

    I fornitori dei primi 19 motori di ricerca online di dimensioni molto grandi (VLOSE) e piattaforme online di dimensioni molto grandi (VLOP) designati nell’aprile 2023 devono pubblicare per la prima volta le loro relazioni annuali di valutazione dei rischi e di revisione, a norma del regolamento sui servizi digitali.

    Tali relazioni devono includere le valutazioni effettuate dai fornitori di piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi per individuare e analizzare i rischi derivanti dai loro servizi, quali la diffusione di contenuti illegali, la disinformazione o la protezione dei minori. Tali relazioni illustrano inoltre le misure messe in atto da piattaforme e motori di ricerca per attenuare i rischi individuati.

    La Commissione organizzerà inoltre seminari in cui i fornitori di tali servizi designati saranno invitati a presentare le valutazioni dei rischi pubblicate ai coordinatori nazionali dei servizi digitali, alle organizzazioni della società civile e ad altre parti interessate. Tali seminari dovrebbero svolgersi all’inizio del 2025.

  • Associazione nazionale “Dalla parte del consumatore” propone un vademecum per il contrasto alle truffe on line

    “Il fenomeno delle truffe on line è in costante e preoccupante aumento!” a rilevare tale dato ed a lanciare l’allarme è  l’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”.

    Quest’ultima, infatti, dai dati in proprio possesso, basati su segnalazioni ricevute, vicende seguite per tutelare i diritti dei propri associati e lo studio e la catalogazione di pronunzie dell’Arbitro Bancario Finanziario e dell’Autorità Giudiziaria,  ha potuto costruire un quadro completo del fenomeno.

    Secondo l’Associazione le truffe on line non solo sono in continuo aumento ma stanno registrando una sensibile evoluzione anche per quanto concerne le modalità tecniche  delle stesse, divenendo sempre più sofisticate, insidiose e difficili da individuare per il consumatore che viene, nella maggior parte dei casi, colto alla sprovvista.

    “Dal phishing siamo approdati alla truffa del codice QR, passando attraverso il visching e lo smishing – afferma l’avv. Emilio Graziuso, Presidente dell’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” – Anche lo stesso phishing, forma iniziale di truffa on line, si è evoluto con il tempo ed ha assunto la forma della c.d. truffa del pacco ed ultimamente lo stesso è effettuato non più solo tramite e su email semplice ma attraverso e su indirizzo di posta elettronica certificata (pec), sotto forma di notifica di atti giudiziari o comunicazioni di enti pubblici” .

    Un vero e proprio arrembaggio, quindi, ai dati sensibili ed al denaro di ignari consumatori che molto spesso non riescono a fronteggiarlo non avendo una informazione adeguata come scudo protettivo.

    Ed è proprio sul versante dell’informazione che l’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” da anni svolge un ruolo di vera e propria “prevenzione”.

    “L’informazione è l’arma più potente della quale il consumatore può munirsi per difendere i propri diritti. Essa, infatti, agisce in una fase preventiva evitando, sin dal principio, il verificarsi dell’evento dannoso. Una volta  che il consumatore è stato vittima di una truffa on line, infatti, il danno si è ormai verificato ed alla vittima del raggiro non resta che percorrere la strada giudiziaria, preceduta dalla mediazione o dalla procedura dinnanzi all’Arbitro Bancario Finanziario, per la tutela dei propri diritti” afferma l’avv. Emilio Graziuso.

    Nell’ambito della propria attività di informazione, l’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” ha redatto un apposito vademecum – aggiornato costantemente sulla base delle nuove tipologie e modalità di truffa –  che si prefigge di fornire uno strumento rapido, agile ed efficace per consentire al cittadino di individuare immediatamente una truffa informatica e non rimanere vittima della stessa.

    VADEMECUM CONTRO LE TRUFFE ON LINE

    1.Nessuna Banca, Società (sia essa di gestione di carte di credito, sia essa di spedizione, ecc.), Ente Pubblico o Autorità Giudiziaria (Nazionale o estera) chiede, attraverso email, pec, sms, whatsapp o telefonicamente i dati personali del cliente;

    2.l’indirizzo dal quale proviene la mail o la pec fraudolenta non è quello ufficiale dell’Istituto di credito, della Società, dell’Ente o dell’Autorità Giudiziaria (Nazionale o estera) alla quale si vorrebbe attribuire e del quale viene riprodotto, spesso in modo perfetto, il logo;

    3.l’oggetto della email o della pec è, spesso, generico, alle volte scritto in lingua inglese o appare come risposta ad una email precedente;

    4.nella email o pec fraudolenta, non viene, quasi mai inserito il nome e cognome del destinatario, ma sono utilizzati locuzioni standard come “Gentile cliente”, “Egr. signore” ecc.;

    5.nel testo della mail o pec sono presenti errori di ortografia e di grammatica. Ad esempio: molte parole sono privi di accenti, di lettere o sono unite con quelle successive; l’italiano, in alcuni passaggi, è poco comprensibile;

    1. Anche la formattazione del testo risulta poco precisa;
    2. le mail o pec (phishing), gli sms (smishing) e le telefonate (vishing) fraudolenti, nel proprio contenuto, paventano, qualora non si inseriscano i dati richiesti, un danno economico, il blocco del conto corrente, della carta di credito o di un pacco in attesa di consegna. In altri casi, l’inserimento dei dati è richiesto per riscuotere vincite o beneficiare di offerte irrinunciabili. In altri ancora si tratta di comunicazione di azioni giudiziarie intraprese nei confronti del destinatario per evitare le quali è possibile concludere unn accordo con il pagamento di una somma di denaro;

    8.le email o pec, gli sms ed i whatsapp fraudolenti contengono l’indicazione di un link di rimando ad un sito che, sebbene spesso identico o molto simile a quello della Banca o della Società per le quali i truffatori si spacciano, non è, invece, quello ufficiale. Su tale link di rimando è bene, quindi, non cliccare;

    9.spesso le email o pec pervenute dai phisher ricadono tra la posta indesiderata;

    10.per evitare di cadere vittima di una truffa informatica si consiglia di:

    a)non aprire e cancellare immediatamente email, pec, sms e whatsapp sospetti;

    b)non intrattenersi in conversazioni telefoniche con soggetti/istituti/enti ed in particolare con coloro che richiedano di effettuare operazioni o inserire o fornire i propri dati personali e/o i propri codici di accesso;

    c)non fornire mai i propri dati personali, codici di accesso ed informazioni private;

    d)qualora si è, effettivamente, clienti della Banca o della Società della quale si è ricevuto telefonate, email o pec, sms o whatsapp sospetti, telefonare o contattare, tramite i canali ufficiali, la detta Banca o Società;

    11.non scansionare codici QR dei quali non si è certi della provenienza;

    12.qualora si sia rimasti vittime di truffe on line: bloccare, immediatamente, il proprio conto corrente e la propria carta di credito, comunicare l’accaduto al proprio istituto di credito e sporgere denunzia alla Polizia Postale.

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