libro

  • La disinformazione arma di guerra

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Franco Maestrelli apparso su Corrispondenza Romana il 3 aprile 2024

    Nel dicembre 2023 è tornato in libreria un romanzo da anni esaurito. Si tratta de Il montaggio di Vladimir Volkoff (Edizioni Settecolori, Milano 2023, pagine 350, euro 25,00 con una postfazione di Stenio Solinas), pubblicato per la prima volta in Italia da Rizzoli nel 1983 e che viene presentato solitamente come un romanzo di spionaggio. Uscito in Francia nel 1982, ottenne il Grand Prix du Roman de l’Académie Française e venne tradotto in una decina di lingue.

    A prescindere dal successo del romanzo, quale interesse riveste ora questo libro e chi è l’autore? La trama è abbastanza complessa: Aleksandr Psar, figlio di un emigrato russo, deluso dalla società occidentale e desideroso di rientrare in Russia, vende la sua anima al diavolo sotto l’aspetto di Pitman, funzionario del KGB a Parigi. Psar nelle vesti di agente letterario servirà il governo sovietico come “agente di influenza”. Istruito dal suo reclutatore Pitman e da Abdulrakmanov, il cervello dell’ufficio D del KGB, Psar opera negli ambienti letterari parigini. Il suo incarico è diffondere idee che destabilizzino la società occidentale, usando come armi la disinformazione e l’intossicazione. Si serve di intellettuali di sinistra e di destra come pedine più o meno consapevoli che gli servono da cassa di risonanza.

    La chiave di lettura del romanzo è in questa frase dell’autore. «Non sarei creduto, se affermassi che Il montaggio è soltanto frutto della mia immaginazione». Sotto forma di romanzo quindi l’autore descrive le reali «misure attive» come effettivamente svolte.

    Volkoff nato a Parigi nel 1932 da una famiglia della prima emigrazione russa e morto nel 2005, dopo la laurea e il servizio militare in Algeria (nel servizio di intelligence), svolge un’intensa attività di romanziere. Grazie a un suo romanzo di spionaggio di successo incontra Alexandre de Marenches allora direttore dello SDECE, il servizio di controspionaggio d’oltralpe che gli suggerisce l’idea di dedicarsi al tema della disinformazione che l’Unione Sovietica utilizzava ampiamente nei paesi occidentali. Volkoff sceglie come mezzo questo romanzo. Come seguito e corollario pubblicherà alcuni saggi, mai tradotti in italiano, che permettono di approfondire il tema quali La désinformation arme de guerre. Textes base (L’Age d’Homme, 1986), Petite histoire de la désinformation. Du Cheval de Troie a Internet (Editions du Rocher, 1999) e Manuel du politiquement correct (Editions du Rocher, 2001).

    Nel vocabolario occidentale la parola disinformazione giunge piuttosto tardi (in quello sovietico però era già presente) e si fonda sul manuale del generale e filosofo cinese Sun Tzu (V – VI secolo a,C.) L’arte della guerra. Il segreto dell’antico stratega cinese può essere riassunto in queste sue affermazioni: «La suprema arte della guerra, sta nel soggiogare il nemico senza combattere» e «Tutta l’arte della guerra è fondata sull’inganno». Per fare questo bisogna pianificare e raccogliere informazioni sul nemico attraverso le spie ma soprattutto, prima di aprire le ostilità, gli agenti segreti devono cercare di dividere il fronte nemico, suscitare falsi rumori, dare informazioni errate e demoralizzarlo affinché perda ogni volontà di resistenza.

    Nella guerra si usano dunque astuzie, intossicazione attraverso informazioni false, uso della propaganda “bianca” o “nera” (quella la cui fonte non è individuabile come nemica), e l’influenza sulle popolazioni attraverso operatori in territorio nemico che, ben mimetizzati, suscitino sottilmente divisioni e contrapposizioni nel paese. La disinformazione in senso stretto secondo Volkoff si colloca a mezza strada tra l’intossicazione e l’influenza e, attraverso l’uso dei media che fungono da cassa di risonanza, cerca di modificare l’atteggiamento della popolazione nemica.

    Se l’uso della cosiddetta guerra psicologica è una tecnica, la disinformazione è una dottrina. La disinformazione nell’epoca attuale ha avuto uno sviluppo sempre maggiore al punto che oggi accanto alla guerra convenzionale troviamo sempre un’attività di disinformazione che la precede o la affianca e ormai si parla di guerra asimmetrica, di guerra ibrida e di grey war zone. Storicamente è stata sviluppata fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso in Unione Sovietica nel Dipartimento D del KGB. Questa dottrina si sposa perfettamente con l’insegnamento di Lenin che, accanto all’uso del terrore, prevede che i comunisti all’occorrenza debbano essere pronti, per il trionfo della Rivoluzione, a impiegare ogni astuzia, ogni stratagemma illegale, a negare e dissimulare la verità. Da qui l’abilità del Dipartimento D di falsificare fotografie, firme, documenti con cui intossicare l’Occidente. Non è propaganda, la cui fonte nemica è ben visibile, ma un’intossicazione lenta attraverso una lunga catena, con un misto di vero e di falso, usando i media come cassa di risonanza o inquinando intellettuali e politici di sinistra e di destra. Se necessario la Rivoluzione è capace di creare anche la reazione, per screditarla o per disarmarla come nel caso del “Trust” narrato anche nel romanzo. L’attuale offensiva contro l’Occidente ha riportato l’interesse e l’allarme nei confronti del pericolo delle “misure attive” di disinformazione utilizzate da Cina e Russia.  Oggi la disinformazione ha raggiunto livelli altamente sofisticati grazie all’enorme sviluppo di internet e della “intelligenza artificiale”, che all’epoca del romanzo Il Montaggio, pur previsto, non era ancora così diffuso. In questa complessa epoca di guerre asimmetriche, il confronto dell’Occidente con i suoi nemici si gioca più che con le armi, con i media e con la disinformazione che disarma la già fragile società occidentale. Auspicabile, pertanto, far tesoro degli scritti di Volkoff anche sotto forma di romanzo per farsi idee proprie e non suggestioni e fake news ispirate dagli agenti di influenza.

  • Separazione delle carriere: se ne parlerà a Milano in occasione della presentazione del libro del Sostituto Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Caltanissetta, Gaetano Bono

    Mercoledì 6 marzo 2024, dalle ore 15.30 alle ore 17.30, presso la Biblioteca “Avv. Giorgio Ambrosoli” al Palazzo di Giustizia di Milano sarà presentato il libro Meglio separate. Un’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura, del dott. Gaetano Bono, Sostituto Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Caltanissetta, incentrato sulla divisione delle carriere dei Magistrati.

    Dialogheranno con l’autore l’Avv. Antonino La Lumia, Presidente dell‘Ordine degli Avvocati di Milano, il Dott. Fabio Roia, Presidente del Tribunale di Milano, il Dott. Marcello Viola, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, l’Avv. Valentina Alberta, Presidente Camera Penale di Milano, il Dott. Giuseppe Santalucia, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, l’Avv. Giovanni Briola, Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Avvocati di Milano. L’incontro sarà Introdotto dall’Avv. Daniele Terranova, Commissione Giustizia Tributaria dell’Ordine Avvocati Milano e moderato dall’Avv. Alessandro Mezzanotte, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

    L’evento, gratuito, è organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano attraverso la Fondazione Forense, nell’ambito del programma di formazione continua per gli Avvocati.

  • Idee per una “destra laburista” – Il nuovo libro di Mario Bozzi Sentieri

    È possibile declinare una visione di destra-non-conservatrice, quanto piuttosto “laburista”? La risposta è “sì”.
    È possibile attraverso una visione partecipativa, antiborghese, post-capitalista, espressione di un nuovo umanesimo del lavoro, capace di coniugare competenze e rappresentanza popolare.
    Al di là degli slogan e delle facili battute ad effetto, da qui può partire una nuova stagione di crescita per l’Italia: dalla riscrittura di un nuovo lessico politico ed economico-sociale, intorno al quale aggiornare parametri, strategie produttive, politiche d’intervento, perfino una “visione della vita e del mondo”, un pensiero lungo
    insomma, che dia ali all’auspicato processo di cambiamento.
    Una destra che voglia e sappia essere consapevolmente laburista deve portare a sintesi l’insieme delle aspettative che vengono dal Paese reale: aspettative politiche e culturali, economiche e sociali. Al fondo un nuovo protagonismo nazionale, in grado di ridare dignità e ruolo all’Italia.

    Mario Bozzi Sentieri, muovendosi tra citazioni e richiami di pensatori come Gramsci, Oriani, Sorel, De Benoist e Molnar, sintetizza così gli obiettivi di una “destra laburista” che guardi al futuro: “Al primo livello, quello politico, c’è la necessità di ritrovare il senso della sovranità, esautorata dal profitto globalizzato. Al secondo quello di introdurre nella vita economica i valori etici. Al fondo l’idea della ‘funzione sociale’ della proprietà e del ruolo del lavoratore” (p. 102).

    Dare forma concreta al nuovo lessico delle imprese fatto di solidarietà e inclusione, intese spesso solamente in maniera “cosmetica” e strumentale, le quali possono avere un senso autentico solo se legate a identità e radici.

    Dare forma alle “transizioni” che rischiano di generare una nuova “società della sorveglianza” (descritta da Guillaume Travers) e ulteriori atomizzazioni dei singoli e dei lavoratori, di fronte a cui è necessario forgiare nuovi “patti tra produttori”, la parola magica che animò il sindacalismo rivoluzionario del  primo ‘900, immettendo un “sistema di valori in circolo nel corpo vivo società”. Sistema di valori forti e radicati, di doveri e valori lontani dal liberismo, “né moderati, né conservatori” ma profondamente sociali.

    Mario Bozzi Sentieri, Idee per una destra laburista (Edizioni sindacali, 2024, 106 pp., 15 euro)

    Per acquisti: www.edizionisindacali.it

    Mario Bozzi Sentieri è giornalista e scrittore. A partire dalla seconda metà degli Anni Settanta ha collaborato alle principali pubblicazioni dell’area anticonformista. Dal 1990 al 2000 ha fatto parte della redazione del mensile “Pagine Libere”, specializzandosi in tematiche economiche e sociali, con particolare attenzione alla dottrina partecipativa. Scrittore “eclettico” ha al suo attivo diversi saggi dedicati al sindacalismo rivoluzionario e al moderno movimento delle idee. Tra gli ultimi libri: L’Idea partecipativa dalla A alla Z. Principi, norme, protagonisti (2020), La Rivoluzione 4.0 (2022). E’ direttore responsabile del trimestrale “Partecipazione”.

  • Le sei ore di Robert Brasillach, romanzo poliziesco

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Franco Maestrelli pubblicato su destra.it il 28 gennaio 2024

    Nel 1974 il raffinato e coraggioso editore Vanni Scheiwiller pubblicò un piccolo libro di Robert Brasillach (1909 – 1945), André Chenier (All’insegna del pesce d’oro, Milano) di cui curai l’edizione e una breve introduzione ed ora, a cinquanta anni di distanza, quasi per un debito agli anni giovanili, torno a occuparmi dello scrittore francese in occasione dell’edizione di un suo romanzo poliziesco, Sei ore da perdere (Edizioni Settecolori, Milano 2023). In questo mezzo secolo l’atteggiamento nei confronti dello scrittore è mutato. Allora Brasillach era noto solo in ambienti di nicchia fortemente politicizzati e altrove era oggetto dell’anatema che colpiva alcuni autori maudits.

    Negli anni Sessanta l’editore Giovanni Volpe gli aveva dedicato un volume collettaneo intitolato Omaggio a Brasillach (1967) e Il Borghese aveva tradotto il suo romanzo più compiuto I sette colori (1966) più una precedente edizione da samizdat dei Poemi di Fresnes (Edizioni del Solstizio, Roma s.d.). Oggi rilevo invece che anche in Italia la critica letteraria si occupa di lui e tende seppure timidamente a riconoscergli il suo ruolo nel mondo delle lettere francesi. Infatti negli anni tra le due guerre Brasillach si fece conoscere e apprezzare già in giovane età per le sue collaborazioni giornalistiche, per i suoi romanzi, per le sue opere teatrali e per la sua celebre Histoire du cinéma (1935) e contro la sua condanna a morte molti di intellettuali francesi, come François Mauriac, Paul Valery, Paul Claudel, Jean Cocteau, Colette e altri, chiesero invano la grazia al Generale De Gaulle.

    Già dal 1931 l’Action Française di Charles Maurras gli aveva affidato la pagina letteraria e dal 1937 divenne caporedattore della rivista Je suis partout. Dall’iniziale maurassismo Brasillach si orientò verso un filo fascismo sempre più accentuato fino alla rottura con Maurras. Scoppiata la guerra Brasillach partecipò come tenente e fatto prigioniero dai tedeschi finì in campo di prigionia ed è appunto da lì che prende avvio la trama del romanzo. Sei ore da perdere tra un treno e l’altro alla Gare de Lyon – e per gioco del destino sei ore furono i brevissimi tempi con cui il Tribunale gollista decise la sua condanna a morte per tradimento e collaborazionismo eseguita nel forte di Montrouge il 6 febbraio 1945 – è il tempo a disposizione del tenente B., liberato dalla prigionia e di passaggio a Parigi prima di ritornare a casa, per cercare notizie di una misteriosa fanciulla di cui il suo compagno di prigionia Bruno Berthier si era invaghito durante una breve licenza.

    Il tenente B. ha poche informazioni, un nome e un indirizzo, raccolte durante i lunghi dialoghi di prigionia ma deve recapitare un messaggio del commilitone in una Parigi occupata, siamo a novembre 1943, ben diversa da quella che aveva conosciuto prima della guerra. E’ una Parigi senza auto, nei ristoranti i menu sono limitati e si devono usare i buoni pasto a cui il tenente B. non è abituato. Dai colloqui con la ragazza, con la sua affittacamere, con un agente di polizia che sta indagando su un omicidio, il tenente B. scopre una realtà ben diversa anche da quella che aveva appreso dai giornali giunti in prigionia. Una realtà sconvolta dalla guerra, dalla paura dei bombardamenti, dai traffici del mercato nero e delle forti contrapposizioni politiche tra resistenti e volontari nella LVF sul fronte russo.

    Una Parigi che ricorda quella del regista Marcel Carné e dello scrittore Georges Simenon, che Brasillach aveva apprezzato da critico letterario negli anni Trenta, cupa, piena di incertezza e di ambiguità umane. In questo romanzo si rivela un Brasillach disilluso, ben lontano dalla solarità giovanile e piena di speranza degli altri romanzi: la vittoria degli Alleati e dei gollisti si avvicina e per chi, come il Maresciallo Pétain, Charles Maurras e lo stesso Brasillach che avevano puntato sulla Germania seppure con diverse modalità di comportamento e di motivazioni, si avvicina la inevitabile e prevedibile resa dei conti. Il tenente B. in questa Parigi occupata si improvvisa investigatore alla Maigret per portare a termine l’incarico affidatogli dal compagno di prigionia e che lo porterà a scoprire un delitto e l’imprevedibile colpevole. Un vero romanzo poliziesco dunque che originariamente fu pubblicato a puntate come feuilleton sul settimanale La Révolution nationale dal marzo al giugno 1944 e in volume solo nel 1953 e che non può che avvincere il lettore, anche quello di oggi particolarmente attirato da questo genere letterario, anche per l’accurata ed elegante edizione nella collana diretta da Stenio Solinas che con Manuel Grillo ha rilanciato la casa editrice Settecolori e che già nel 1985 aveva stampato l’altro romanzo di Brasillach La ruota del tempo (Comme le temps passe).

    Robert Brasillach – Sei ore da perdere – con introduzione di Roberto Alfatti Appetiti e postfazione di Fausta Garavini – Edizioni Settecolori, Milano, 2023 – pagine 242 – euro 22,00

  • ‘Dispersi di guerra’, il nuovo libro della storica Silvia Pascale

    Si intitola Dispersi di guerra ed esce il 24 gennaio il nuovo volume sugli IMI (Internati militari italiani) firmato dalla storica Silvia Pascale e Orlando Materassi. Il libro racconta una tragica verità, che solo oggi, a 80 anni di distanza, le famiglie possono conoscere: decine di IMI finirono nelle cliniche naziste degli orrori.

    Alle già troppe vittime accertate della Seconda guerra mondiale si aggiungono le migliaia di soldati sconosciuti e dispersi, tuttora sepolti in luoghi ignoti in territorio straniero o italiano. Per ognuna di queste spoglie senza nome c’è almeno una persona, ma molto più spesso una famiglia che per molto tempo ha aspettato invano il ritorno del proprio caro e a un certo punto, in seguito, ne ha dovuto accettare la perdita senza conoscerne realmente il destino.

    Alcune di queste famiglie non hanno mai smesso di cercare. Al loro fianco ci sono le associazioni e gli enti che credono fermamente nella necessità di fare memoria pubblica : il singolo dramma familiare si unisce quindi alla ricostruzione della vicenda storica, confluendo nella narrazione collettiva.

  • Premio Megliounlibro 2023: quando le favole diventano testimonianza del proprio paese di origine

    Io sono figlio del fiume in Congo, sono nato in una regione in cui sfocia in tutta la sua grandezza e bellezza e arrivo a Pavia, in Italia, dove c’è il Ticino, cosiddetto “fiume azzurro”: dove cerco di riproporre la tradizione congolese ho ritrovato il fiume. La mia idea è proprio quello di riproporre storie che altrimenti non si conoscerebbero, e scrivere in italiano, per i ragazzi dai 9 ai 99 anni”. Sono parole di Paul Bakolo Ngoi, autore che sa valorizzare le tradizioni del Paese d’origine, la Repubblica Democratica del Congo, parlando ai più giovani e alle diverse generazioni con chiarezza e ironia e trasmettendo tra le righe la classica “morale della favola, e vincitore del premio letterario Megliounlibro con la sua opera più recente “Nonno mi racconti una favola”.

    Il Premio Megliounlibro è nato nel 2019 durante la Bologna Children’s Book Fair “per valorizzare testi scelti tra quelli recensiti di recente dal magazine Megliounlibro, che più degli altri abbiano saputo rapire il piccolo lettore, trasportandolo in una dimensione ricca di messaggi e portatrice di bellezza nelle sue variegate sfaccettature”, così Laura Prinetti, direttore responsabile.

    Per la giuria, composta da Marco Bertola presidente Giuria, giornalista, vicepresidente del Book Counselling, Ayleen Pineda architetto, esperta Letterature comparate, redazione Megliounlibro, Marinella Blanchi docente scuola primaria IC Toscanini-Perotti, Torino, Laura Prinetti, direttore responsabile Megliounlibro, docente Università Cattolica, “Nonno raccontami una favola” una perla luminosa, che affascina e coinvolge, trasportando i bambini, ai quali le favole sono destinate (e anche gli adulti che leggeranno con loro) in un mondo fantastico ma non distaccato dal reale.

    Megliounlibro, magazine di orientamento alla lettura, edito da 26 anni dalla non profit Il Segnalibro Book Counselling Service, ha tra i fini la promozione “della lettura che trasmette bellezza” per un target dai bambini agli adulti. Una redazione composta da cinque donne, e una schiera di collaboratori, tutti volontari e preparatissimi nel vagliare l’aspetto estetico e formativo delle opere. La sfida è trovare “i classici del futuro”, le perle. Questo Premio arriva a #BookcityMilano 2023 per valorizzare l’opera di un autore che ha il merito di saper trasmettere con garbo le tradizioni del suo Paese d’origine.

  • L’Africa raccontata dagli italiani che vivono lì

    Riceviamo dal sito bancadipiacenza.it e pubblichiamo 

    «Un libro curioso, piacevole da leggere, in parte biografico, che dà una visione dell’Africa cogliendo le sensibilità di italiani che lì vivono» (Stefano Zecchi); «I libri, come i film, raccontano la nostra vita vista dagli altri. La mia ultima fatica editoriale fa questo: testimonia la quotidianità di chi ha deciso di spostare le proprie esistenze in Kenya piuttosto che in Tanzania. Perché l’ho scritto? Non c’è una ragione legata a un progetto, è nato per caso, con lo scopo di lanciare messaggi utilizzando le altrui esperienze» (Cristiana Muscardini).
    Questi alcuni flash del dialogo tra il filosofo-scrittore e l’ex europarlamentare autrice del volume Safari – Viaggio nella vita di italiani in Africa (Ed. Gruppo Albatros-Il Filo), presentato al PalabancaEventi (Sala Panini) per iniziativa della Banca di Piacenza. Istituto ringraziato dall’on. Muscardini, che ha mandato un saluto – alla memoria – a Corrado Sforza Fogliani, definito «Presidente in eterno», ricordato anche dal vicepresidente della Banca Domenico Capra nel suo intervento di saluto. L’autrice (esperta di questioni europee, di ambiente e terrorismo, studio a Milano ma Valtrebbia come rifugio, dove vive con Mario e Anastasia e gli inseparabili cani – Luna, Tatanka, Evita, Sirio – e gatti – BobBon, Neve, Mao Mao), assecondando le sollecitazioni del prof. Zecchi, ha spiegato la grande differenza tra europei e africani: «Noi europei, pur avendo storie in comune, siamo sì diversi ma cerchiamo di restare uniti nelle diversità. In Africa non è così: le religioni hanno creato fratture spaventose».
    L’ex docente di Estetica ha posto quindi l’accento sulla nuova colonizzazione dell’Africa da parte della Cina. «E’ un problema gravissimo», ha risposto l’autrice, spiegando che «la Cina ha fatto lì investimenti colossali in infrastrutture, di cui poi rimane proprietaria e da cui pretende un ritorno. Gestisce le attività industriali e paga gli operai africani 1 dollaro al giorno, creando tensioni sociali che spesso sfociano in sommosse. E qui l’Europa non è esente da responsabilità, avendo lasciato troppo spazio allo strapotere cinese».
    Il prof. Zecchi ha osservato come nel libro si trovino delle sottolineature che spiegano l’esistenza non di una sola Africa, ma di più Afriche che faticano a rapportarsi con la nostra cultura e che vivono situazioni esplosive, come l’ultimo conflitto Hamas-Israele dimostra. Durante l’incontro è stato anche approfondito un altro aspetto: molto spesso si giudicano le cose secondo il nostro parametro di democrazia, «ma la democrazia – ha rimarcato l’on. Muscardini – non la puoi portare da fuori, deve crescere all’interno dei popoli. Il mondo arabo ha bisogno di pane, di speranze di una vita migliore. È difficile, però, che possano accettare il nostro modo di vivere. Il momento è molto difficile: bisognerebbe dare a milioni di giovani qualcosa di diverso dall’integralismo. Ma è sbagliato aiutare direttamente i governi, che usano i soldi per scopi personali».
    Netto il giudizio del prof. Zecchi sulla colonizzazione dell’Africa da parte dell’Occidente («volgare e falsa»); l’illustre ospite si è chiesto: «Ma non li possiamo lasciare in pace? Loro stanno bene così. Invece in noi prevale la volontà di imporre un’idea di vita, di bene, perché continuiamo a pensare che ci devono guardare come persone che hanno qualcosa da insegnare». Una posizione che ha trovato d’accordo anche la dott. Muscardini, al netto della precisazione che «è giusto offrire tecnologia e istruzione senza imporre modelli», e lasciando ai presenti, in chiusura, questa suggestione: «Non ho mai visto un bambino africano piangere».

  • Al PalaEventi Banca di Piacenza il Prof. Zecchi presenta ‘Safari’ di Cristiana Muscardini

    “Perché non lasciare l’Africa e i suoi abitanti al proprio destino?” Teatro della provocazione, lanciata dal Prof. Zecchi, eminente scrittore e filosofo, la sede centrale della Banca di Piacenza, nel capoluogo emiliano, cornice la presentazione del libro Safari, di Cristiana Muscardini (appena pubblicato dal Gruppo Albatros).

    È una delle serate di confronto e promozione della cultura che l’istituto di credito svolge sul territorio in cui opera, la provocazione – davanti a una platea altamente sensibile alla questione – la lancia il Professor Stefano Zecchi a Cristiana Muscardini, autrice del volume.

    Perché – risponde l’autrice con quella distanza critica che lo stesso Zecchi ravvisa nelle pagine del libro – se il nostro modello di sviluppo non è detto sia il migliore è altrettanto vero che non possiamo ignorare come la mancanza di strumenti vitali, come l’acqua potabile, siano un grave ostacolo non solo allo sviluppo ma alla stessa sopravvivenza delle popolazioni africane.

    E prosegue “gli africani credono che in Europa siamo tutti simili mentre, pur essendo europei abbiamo caratteri diversi, storie diverse tra uno stato e l’altro, lo stesso capita a noi europei parlando degli africani senza capire i grandi distinguo che ci sono tra africani arabi e musulmani, africani musulmani ma non arabi, africani animisti o di religioni cristiane. L’Africa centrale, l’Africa profonda è ben diversa dal Maghreb, da quella delle coste mediterranee. “L’Africa, sottolinea ancora Muscardini, è un crocevia potenzialmente esplosivo tra gli interessi commerciali e le ipoteche che la Cina accende, sotto forma di investimenti allo sviluppo, per perseguire le proprie mire egemoniche globali e gli interessi, in alcuni stati, dei russi che, attraverso Prigozhin, si sono impossessati di immense ricchezze difese dai miliziani della Wagner.

    Certo – rimarca Muscardini con l’esperienza e le riflessioni che derivano da 25 anni di permanenza nel Parlamento europeo e che le hanno consentito il confronto con colleghi di altri Paesi europei, –  la democrazia non si esporta, la democrazia deve essere lasciata maturare in seno al popolo, in un processo bottom-up e non certo top-down. Ma questo non giustifica l’inerzia che l’Unione europea ha troppo spesso mostrato di fronte al vicino continente africano sia per i problemi legati alla povertà che al terrorismo e non ultimo alla nuova colonizzazione cinese.

    Ancor meno giustifica che l’Europa si sia spesso dimostrata quel cattivo attore su scala globale che Zecchi ravvede spesso nell’occidente, fornendo aiuti senza prestare attenzione al fatto che i governi li utilizzassero effettivamente a favore dei governati. Solo un impiego delle risorse a favore di quei milioni di giovani che rappresentano la maggioranza degli abitanti del continente nero, osservano Zecchi e Muscardini, può offrire una soluzione al problema immigrazione che investe l’Europa e consentire così agli africani di perseguire il proprio destino sul proprio territorio. A beneficio, peraltro, di quella biodiversità che in Africa trova un giardino ancora non violato da un ritmo di sviluppo talmente forsennato da dimenticare, come accade altrove, la propria stessa sostenibilità.

    Nel libro anche i racconti della vita di italiani che si sono trasferiti in Africa, dopo l’ultima guerra, le loro avventure, le speranze, le difficoltà e le conquiste in un territorio che hanno imparato a conoscere ed amare e poi paesaggi, rituali, bracconieri e suggestivi ricordi.

  • Cristiana Muscardini torna in libreria con il libro ‘Safari’

    Dopo diverse pubblicazioni sui temi europei, sul terrorismo e sul covid Cristiana Muscardini torna in libreria con il libro Safari edito da Albatros.

    Oltre alle storie di italiani che hanno trascorso la loro vita in Africa, affrontando esperienze diverse, l’autrice ci porta a conoscere paesaggi, a provare sensazioni, a riscoprire la ineluttabile legge della catena alimentare affrontando, con lucide disamine, alcuni dei tanti problemi che ancora rendono non facile la comprensione reciproca tra le diverse culture.

    “I libri ed i film sono la nostra vita negli occhi degli altri”, scrive la Muscardini che crede che ognuno abbia qualcosa da dire e da dare ma spesso non se ne renda conto.

    In una società sempre più tesa a cercare altrove quello che non sappiamo riconoscere in noi, e nelle persone che ci camminano a fianco, il libro, tra leoni e gazzelle, paesaggi naturali e guaritori, esperienze vissute e bracconieri, ci porta a vedere quell’Africa nera, quell’Africa profonda che vide nella Rift Valley la nascita dei primi esseri umani.

  • È ancora il tempo delle favole?

    Tra gli eventi di Bookcity (13 – 19 novembre), kermesse dedicata al mondo dei libri e alla lettura all’interno della città, è da segnalare l’incontro e con consegna del Premio Megliounlibro 2023 – Sezione Ragazzi a Paul Bakolo Ngoi, scrittore originario della Repubblica Democratica del Congo. L’appuntamento è il 14 novembre, alle ore 17, alla Biblioteca Sormani (Sala del Grechetto- Via Francesco Sforza, 7).

    Incontro sulla tematica sempre affascinante della favola come tradizione classica e base per ogni tipologia narrativa contemporanea, nel contesto del magazine Megliounlibro che da 26 anni segnala le “perle” nel mare dell’offerta editoriale (www.megliounlibro.it).

    Il Premio Megliounlibro è nato nel 2019 per valorizzare testi scelti tra quelli recensiti di recente, che più degli altri “abbiano saputo rapire il piccolo lettore, trasportandolo in una dimensione ricca di messaggi e portatrice di bellezza nelle sue variegate sfaccettature”. Questo per la sezione Ragazzi.

    Sarà premiata l’opera più recente della ricca produzione dell’autore, che sa valorizzare le tradizioni del Paese d’origine, parlando ai più giovani e alle diverse generazioni con chiarezza e ironia e trasmettendo tra le righe la classica “morale della favola”.

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