I mediocri del “Politically Correct” negano sempre il merito.
Sostituiscono sempre la qualità con la quantità.Oriana Fallaci
Il 17 aprile scorso il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, durante la seduta plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, dov’era presente anche il Presidente francese Emmanuel Macron, ha spiegato finalmente la ragione per la quale la Commissione europea ha raccomandato al Consiglio dell’Unione europea l’apertura dell’Unione ai Paesi dei Balcani occidentali
In quella sede Juncker ha dichiarato che “Se non apriamo le porte [dell’Unione] per i Paesi di quella regione tragica e complicata e se non mostriamo loro una prospettiva europea, [allora] vedremmo ritornare le guerre, esattamente come nel 1990”. Per poi aggiungere “Non voglio il ritorno della guerra nei Balcani, perciò noi dobbiamo aprirci nei loro confronti”.
Riferendosi a queste dichiarazioni di Juncker, risulterebbe che l’unica vera ragione dell’apertura dell’Unione ai Paesi dei Balcani occidentali ha e avrà a che fare solo e soltanto con le congiunture geopolitiche e la sicurezza nella regione e non, come si dovrebbe, con i meriti e gli adempimenti degli obblighi e delle condizioni poste a ciascuno dei Paesi balcanici. Sarebbe il caso però di ricordare, tra l’altro, che le condizioni storiche e geopolitiche che hanno causato quelle guerre soltanto nell’ex Jugoslavia erano ben diverse da quelle di oggi.
Il Presidente francese Macron, trattando lo stesso argomento, e cioè l’allargamento dell’Unione ai Paesi dei Balcani occidentali, ha ribadito che anche lui non sarebbe contrario all’avvicinamento dei Paesi dei Balcani occidentali al progetto europeo, ma, secondo lui, non è questo il momento che questi diventino parte dell’Unione. Macron ha dichiarato di sostenere “l’allargamento [dell’Unione] soltanto se prima ci sarà una profonda riforma della nostra Europa”. Per poi ribadire chiaramente di non volere “che i Balcani guardino verso la Turchia o la Russia”, ma di non volere “nemmeno un’Europa, che funziona con difficoltà con i 28 Paesi oggi e 27 domani, la quale possa decidere che noi acceleriamo per diventare domani 30 oppure 32 [Paesi] con le stesse regole”.
Lo stesso giorno, e sempre da Strasburgo, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, riferendosi all’allargamento dell’Unione ai Paesi dei Balcani occidentali, informava ufficialmente che “Oggi la Commissione raccomanda al Consiglio [dell’Unione europea] di decidere sull’apertura dei negoziati […] con l’Albania e l’ex repubblica jugoslava della Macedonia”.
Mentre il 18 aprile scorso Federica Mogherini, durante una conferenza stampa con il primo ministro albanese a Tirana, spiegando le ragioni per le quali la Commissione europea ha deciso una simile raccomandazione, ha ribadito che “nei Balcani occidentali la politica dell’allargamento dell’Unione europea […] è riconciliazione e pace. Le relazioni del buon vicinato, del coordinamento e della cooperazione nella regione [dei Balcani] sono un elemento essenziale delle ragioni perché noi siamo riuniti insieme nell’Unione”.
Perciò le prevalenti ragioni della raccomandazione per l’allargamento sono sempre le ragioni della stabilità, della sicurezza dei confini dell’Unione europea, nonché quelle geopolitiche. Ma i meriti dove stanno? Perché se si trascurano i meriti e i veri interessi dei cittadini dei Paesi balcanici, anche i problemi che preoccupano i due alti rappresentanti della Commissione europea, non solo non si risolverebbero, ma addirittura potrebbero aumentare. Perché gli scontri potrebbero ritornare nei singoli Paesi balcanici, ma adesso non più tra di loro, come negli anni ‘90, ma bensì tra le criminalità organizzate, per spartire e dominare i traffici illeciti e i mercati delle armi, delle droghe e della prostituzione. Un simile scenario in Albania bisogna prenderlo seriamente in considerazione, fatti e dati alla mano.
Tornando alla sopracitata conferenza stampa del 18 aprile scorso a Tirana, la Mogherini dichiarava anche di sentirsi ”particolarmente orgogliosa di essere in condizione oggi di portare a Tirana la decisione che la Commissione europea ha preso ieri, di dare [una] raccomandazione positiva per la prima volta nella storia dell’Albania a che il Consiglio europeo avvii i negoziati per l’adesione dell’Albania all’Unione Europea”.
Qualcuno ricordi all’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza che infatti non è la prima volta che si raccomanda l’apertura dei negoziati per l’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea. Per due volte il Consigolio europeo ha rimandato quando si raccomandava dalla Commisione. La prima volta nel dicembre 2013, la seconda a fine 2016. Con l’auspicio, adesso, che non si avveri il detto “non c’è due senza tre”. Anche perché attualmente singoli Paesi dell’Unione hanno espresso riserve e perplessità. Riserve e perplessità legate alla criminalità organizzata, sempre in pericolosa crescita in Albania, alla corruzione galoppante a tutti i livelli delle strutture statali e dell’amministrazione pubblica, ai traffici illeciti dei stupefacenti ecc. Le sopracitate dichiarazioni del Presidente Macron potrebbero essere state basate su simili riserve e perplessità.
Circa un mese fa il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, riferendosi alla realtà albanese, dichiarava che “il traffico delle droghe è una piaga aperta che si deve curare. Bisogna strappare dalle radici le ragioni che hanno portato ad una [simile] situazione drammatica”. Negli ultimi anni sono state tante le dichiarazioni pubbliche, fatte da importanti autorità di diversi Paesi, nonché dai rappresentanti delle specializzate istituzioni e di importanti media internazionali. Dichiarazioni e constatazioni che evidenziavano l’allarmante situazione in Albania. Pochi giorni fa, nel Rapporto per il 2017 del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, erano tante le constatazioni che descrivevano realmente quanto sta succedendo in Albania. Ognuna delle qualli basterebbe per far riflettere bene prima della decisione del Consiglio dell’Unione europea, dopo la terza raccomandazione positiva della Commissione. Una, tra le altre, affermava che “La corruzione è diffusa in tutte le strutture del governo… Nonostante il governo avesse i meccanismi per indagare e condannare gli abusi e la corruzione, la corruzione nella polizia (di Stato; n.d.a.) continua ad essere un problema”. Serie e fondate preoccupazioni sulla situazione in Albania sono state ufficilamente espresse, durante gli ultimi giorni, anche dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale.
Chi scrive queste righe è fortemente convinto, e lo ha sempre espresso su “Il Patto Sociale”, che l’adesione dell’Albania nell’Unione europea si dovrebbe fare solo e soltanto per merito! Non si devono più chiudere gli occhi, le orecchie e la bocca, da chi di dovere, come nella ben nota allegoria delle tre scimmie. Dando così spazio ad altri e ulteriori abusi da parte della classe politica corrotta in Albania. Bisogna importare ed esportare meriti e valori prima di qualsiasi altra cosa. Bisogna importare ed esportare democrazia.