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  • Piaggio lancia il robot per caricare e scaricare merci in magazzino

    Piaggio Fast Forward (Pff), la società del Gruppo Piaggio, con sede a Boston, incentrata sulla robotica e mobilità del futuro, ha presentato kilo, il rivoluzionario robot dotato di tecnologia smart following. Svelato in anteprima mondiale al Modex, la principale fiera americana nel settore del supply chain in corso in questi giorni ad Atlanta (Georgia, Usa), kilo è un pianale robotizzato hand free con una capacità di carico fino a 130kg. Grazie all’innovativo pacchetto di sensori e agli imaging radar 4D sviluppati da Pff di cui è dotato, kilo è in grado di seguire l’operatore, muoversi in autonomia e percorrere oltre 100 tracciati memorizzati. “La nostra tecnologia robotica sta potenziando la forza lavoro in tutto il mondo; kilo offre opzioni personalizzabili con la possibilità di utilizzare gli strumenti software più innovativi per gestire il rapporto uomo-robot”, ha dichiarato Greg Lynn, Ceo di Piaggio Fast Forward. “Dall’industria manifatturiera a qualsiasi settore che si basa sul movimento ripetitivo di merci, per esempio campus o impianti produttivi, la tecnologia autonoma di Pff consente ai nostri robot di muoversi in sicurezza con e intorno ai lavoratori in ambienti complessi, snellendo i flussi e aumentandone la produttività”, ha aggiunto.

    kilo è progettato per lavorare al fianco delle persone, consentendo agli utenti di spostare materiali in modo naturale, riducendo il rischio di lesioni. kilo rappresenta la prima applicazione del software comportamentale autonomo Travel on Known Paths di Pff, e per gli operatori rappresenta un innovativo strumento di lavoro in grado di seguirli o muoversi in autonomia. La piattaforma di kilo è altamente personalizzabile: può essere equipaggiata con carrelli o scaffali specifici per il settore o la struttura di impiego, garantendo la giusta configurazione per qualsiasi lavoro. Inoltre, l’applicazione per mobile Pff pro tools, consente di gestire con facilità una flotta di robot e permette un costante intervento di aggiornamento del software. Nel progetto di riqualificazione e ammodernamento che coinvolgerà lo stabilimento produttivo di Mandello del Lario, il Gruppo Piaggio ha previsto l’integrazione del robot kilo all’interno delle nuove linee produttive di Moto Guzzi per agevolare e supportare le manovre degli operatori. A seguire è previsto l’utilizzo di kilo anche negli altri poli produttivi del Gruppo in Italia, in India, Vietnam e Indonesia.

    kilo amplia la gamma robot di Piaggio Fast Forward, e si affianca ai droni terrestri gita e gitamini, che sono già commercializzati nel mercato statunitense, dove la circolazione di robot per le strade cittadine è disciplinata. In presenza di un regolamento stradale adeguato, i robot di Piaggio Fast Forward, grazie alla tecnologia di cui dispongono, potranno muoversi in autonomia su marciapiedi e strade pedonali, rispondendo alla crescente richiesta di consegna dell’ultimo miglio e a domicilio. Oltre alla progettazione, produzione e commercializzazione dei droni terrestri, Pff è impegnata anche nello sviluppo dei sensori con innovativa tecnologia dedicati anche al mondo delle due ruote, in grado di offrire una sicurezza senza pari, svolgendo un ruolo fondamentale nella prevenzione di incidenti e nella protezione dei motociclisti. Il sistema Pff Rider Assistance Solution ha recentemente fatto il suo debutto sulla nuova adventure bike Moto Guzzi Stelvio. È la prima volta che questi sensori radar vengono progettati per l’utilizzo su una moto. I vantaggi, rispetto a un tradizionale sistema di assistenza alla guida basato su sensori a ultrasuoni, sono un campo visivo estremamente ampio e un monitoraggio sempre affidabile, indipendentemente dall’illuminazione e dalle condizioni ambientali. Questi dispositivi svolgono un ruolo fondamentale sul fronte della sicurezza attiva, garantendo le funzioni di Forward Collision Warning (Fcw), Blind Spot Information System (Blis), Lane Change Assist (Lca) e Following Cruise Control (Fcc).

  • Le moto accelerano, gli scooter frenano: nel 2023 le vendite di due ruote continuano a tirare

    Con un +15,2%, le moto sostengono il mercato delle due ruote a motore di novembre che, malgrado una flessione importante dei ciclomotori, chiude ancora in positivo. Il 2023 continua così a confermarsi come l’anno migliore dal 2011 per l’andamento delle immatricolazioni di moto, scooter e ciclomotori in Italia. È questo il quadro che emerge dal comunicato stampa sull’andamento del mercato mensile diffuso da Confindustria Ancma (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori).

    Con 16.784 unità vendute, novembre è risultato il mese meno performante per un mercato 2023, che comunque rimane in positivo (+1,78% rispetto al 2022). Accanto alla crescita delle moto, con un incremento del 15,26% e 7.363 unità immatricolate, per la prima volta nel corso del 2023 si è assistito invece a una flessione del mercato degli scooter (complice anche l’andamento negativo del settore elettrico e il confronto col +43% del novembre 2022), che ha perso il 3,88% e registrato 8.382 vendite; particolarmente critica la situazione dei ciclomotori, che hanno chiuso novembre con 1.039 veicoli registrati e un calo del 24,82%.

    Nonostante il rallentamento del mese, il mercato cumulato del 2023 continua a crescere a doppia cifra: +16,07% e 327.866 unità vendute. La migliore performance rimane quella degli scooter con 168.942 veicoli, pari a un incremento del 21,22%; ottimo anche l’andamento delle moto, che sono cresciute del 14,84% e hanno immatricolato 141.031 mezzi; i ciclomotori rimangono fanalino di coda con 17.893 unità vendute pari a una flessione dell’11,87%.

    L’esaurimento degli incentivi statali ha paralizzato il mercato elettrico, che ha chiuso novembre con una flessione del 63,68% – il peggior risultato dell’anno – e soli 544 veicoli messi in strada. Particolarmente difficile la situazione degli scooter, che hanno lasciato sul terreno 70,98 punti percentuali, targando 285 unità. “Alla luce di questi dati – si legge nella nota di Ancma – appare necessaria l’immediata riattivazione degli incentivi recuperando i 5,6 milioni di euro avanzati dalla campagna 2022 e rimasti ad oggi inutilizzati. In vista della prevedibile affermazione del mercato dei quadricicli elettrici nel corso del 2024 appare inoltre improrogabile l’incremento del fondo Ecobouns dedicato alla categoria L”.

    Alla luce della discussione parlamentare in atto sulla revisione del Codice della strada, Ancma ha infine auspicato “l’accoglimento del pacchetto di richieste per promuovere ulteriormente l’utilizzo delle due ruote che l’associazione ha sottoposto al Governo, anche in considerazione del trend positivo delle vendite”.

  • Ducati cerca 200 addetti da assumere a termine

    Un picco di ordini ben superiore al budget preventivato, a cui si aggiunge la necessità di recuperare i ritardi accumulati negli ultimi mesi. E così a Bologna, lo stabilimento Ducati lavora a pieno regime. E questo comporta “un boom di assunzioni mai visto così in Ducati”, come lo definisce Mario Morgese, responsabile relazioni industriali della Rossa di Borgo Panigale.

    L’azienda bolognese è alla ricerca di circa 200 persone, da assumere entro fine aprile con contratti a termine con scadenza 31 maggio. E per questo ha incaricato tre agenzie per il lavoro – Randstad, Adecco e Synergie – di occuparsi del reclutamento, anche se poi i contratti vengono firmati direttamente con Ducati. Un meccanismo già rodato, se si considera che – al netto di questa situazione eccezionale – i picchi produttivi fanno comunque parte dell’ordinaria amministrazione della Rossa di Borgo Panigale nella prima parte dell’anno. In Ducati, generalmente, il fabbisogno viene soddisfatto assumendo lavoratori stagionali, che vengono poi inseriti in un meccanismo di staffetta generazionale: parte di loro, infatti, viene stabilizzata con un contratto part time ciclico verticale, per poi in futuro passare al tempo pieno prendendo il posto di un lavoratore prepensionato.

    Questa volta, di fronte a un eccesso di fabbisogno senza precedenti, buona parte dei lavoratori (al momento ne è già stato trovato un centinaio) viene cercata tra il personale di aziende in crisi o in cassa integrazione del territorio bolognese: un caso è quello della Fiac di Pontecchio Marconi, azienda di proprietà della multinazionale svedese Atlas Copco destinata a lasciare Bologna a partire da luglio.

    Per l’azienda-simbolo delle moto made in Italy, il ‘picco’ arriva a un anno di distanza dal momento più difficile, quando Ducati fu tra le prime imprese bolognesi a fermarsi a causa della pandemia del coronavirus. “Di fronte a un importante aumento degli ordinativi uniti ad alcuni ritardi nell’arrivo dei materiali che si sono verificati per via del Covid sulla catena distributiva e che hanno rallentato la produzione – spiega Morgese – abbiamo la necessità di recuperare ed evadere le richieste, mai così numerose, arrivate nella prima parte dell’anno”. Un allargamento che si porta con sé anche la ‘benedizione’ delle sigle sindacali: “Ben vengano i nuovi ingressi, ma questo picco produttivo va trasformato in un’opportunità per accelerare il percorso di crescita occupazionale anche per chi è già in organico con contratti precari”, commenta Simone Selmi (Fiom Cgil).

  • Il valore della filiera by Ducati

    All’interno di una azienda come si può calcolare il valore di una filiera intesa nella sua definizione più ampia, cioè dalla ideazione fino alla realizzazione del prodotto complesso finito? E abbastanza complesso individuare delle figure professionali all’interno di una struttura aziendale che abbiano le capacità di valutare e comprendere la percezione del valore che una filiera riesce a trasmettere accrescendo il valore reale ma contemporaneamente quello percepito della sintesi di prodotto e brand nella complessa strategia di comunicazione. Contemporaneamente risulta anche difficile trovare i fattori di calcolo che possano indicare il valore economico “aggiunto” di ogni passaggio della filiera. Tuttavia, all’interno di un prodotto complesso, l’interruzione della catena articolata che compone la filiera provoca un danno economicamente rilevante, indipendentemente  dal valore del bene “esternalizzato” rispetto alla filiera.

    La scelta, a mio avviso scellerata, da parte della direzione della Ducati di utilizzare per la propria Scrambler, modello iconico degli anni ’70, dei telai prodotti in Vietnam rappresenta l’apogeo della dimostrazione della incapacità di comprendere il valore della filiera intera. Gli aspetti di una simile incomprensione risultano sostanzialmente due.

    La prima sicuramente è legata al sentiment che il marchio Ducati suscita per i cultori e centauri come espressione non solo italiana ma soprattutto della meccanica emiliana che ruota attorno all’asse di Borgo Panigale. In altre parole, Ducati rappresenta la specificità unica nella sua espressione motoristica, cioè non solo della tecnologia italiana ma di una microzona che partecipa alla filiera complessa della moto e che ruota attorno all’Emilia, patria delle passioni motoristiche.

    La seconda può risultare addirittura offensiva nei confronti dell’azienda che ha visto perdere la fornitura dei telai e degli operai che ci lavorano (la Verlicchi) relativa alla motivazione sostanzialmente economica che ha spinto Ducati a scegliere un fornitore vietnamita.

    Al di là della difficoltà di mantenere collegamenti continui relativi a possibili aggiornamenti che non possono sempre venire sostituiti con rapporti digitali ma sempre più spesso attraverso riunioni ed aggiornamenti, la motivazione che ha spinto Ducati a scegliere un fornitore esterno rispetto a quello italiano è sostanzialmente rappresentata da un risparmio del 10% per singolo telaio.

    Rispetto, infatti, ai settanta (70) euro che l’azienda bolognese richiedeva per la produzione del telaio della Scrambler si è preferito un fornitore vietnamita che ne richiedeva sessantatré (63). Un risparmio netto di sette (7) per  telaio che per  una produzione di 10.000 arriva a settantamila (70.000) euro: il prezzo finale di poco meno di sette moto.

    Anche se probabilmente questa scelta ha reso un migliore equilibrio finanziario (nel breve tempo) rispetto al precedente è evidente che il danno d’immagine di contenuti e di sostanza per il brand Ducati di Borgo Panigale risulti incalcolabile in relazione proprio alla tipicità del prodotto che non è solo un prodotto espressione del made in Italy ma viene anche percepito come l’espressione di una area che ruota attorno a Borgo Panigale, della cui sintesi la moto ne risulta espressione.

    Quindi, a fronte di un vantaggio finanziario immediato espresso da un  risparmio del 10% sul singolo componente, con  questa strategia si dimostra sostanzialmente la mancanza di cultura che impedisce di comprendere il valore economico per l’azienda bolognese attribuito alla interruzione della filiera nella sua complessità ed articolazione.

    Soprattutto, una volta ancora, viene dimostrato come non si riesca a comprendere che un prodotto sempre più dai consumatori venga percepito come espressione di un processo culturale, cioè la sintesi felice del know-how professionale ed  industriale il cui valore percepito cresca anche con l’apporto del brand, a suo volta espressione di immagine e storia.

    Snaturarne  la natura attraverso minime sinergie di costi rappresenta una follia anche per le ricadute economiche che sinceramente non si pensava possibile a Borgo Panigale.

  • In Italia il turismo va su due ruote

    Negli ultimi anni si è nuovamente diffusa la voglia di viaggiare su due ruote: che si tratti del weekend in zone limitrofe o delle lunghe ferie estive, la sensazione è che in tanti scelgano la moto come mezzo per trascorrere del tempo libero a contatto con la natura.

    L’impressione positiva è confermata da una recente indagine condotta dalla società di ricerche JFC, pubblicata da Il Sole 24 Ore, sul mercato generato dal turismo in moto.

    La ricerca ha restituito un quadro molto interessante, con numeri di tutto rispetto: si parla di un fatturato, per l’Italia, di circa due miliardi di euro, di cui più della metà generato dagli stranieri in visita nel nostro Paese, per un totale di circa 12 milioni di presenze.

    Dati molto eloquenti che confermano l’importanza economica di una categoria ben disposta a spendere nel territorio di cui fruisce: contrariamente al turista “mordi e fuggi”, il mototurista ama assaporare le prelibatezze locali e, necessariamente, soggiorna lungo il suo itinerario. La spesa media si attesta intorno ai 1.500 euro per una vacanza in Italia, arrivando a 4.000 per un viaggio all’estero.

    Se i produttori di motociclette e accessori hanno compreso da tempo la portata del fenomeno, non altrettanto è successo per molte amministrazioni locali che tendono a considerare il mototurista un ospite di serie B. In pochi, infatti, riescono a capire quanto ormai il mototurismo sia sempre più un capitolo importante del business turistico. Un solo esempio: a Misano per il World Ducati Week a luglio sono arrivati in quasi centomila da ben 73 Paesi.

    In questi giorni la Eaglerider (tour operator mondiale collegato alla Harley Davidson) sta rilanciando le offerte speciali per i pacchetti di mototurismo in giro per il mondo, giusto per capire le dimensioni del business.

    Altri esempi abbastanza eloquenti sono il centro storico di Modena, gioiello Patrimonio Unesco, riempitosi di appassionati di Honda Gold Wing nell’ultimo weekend di settembre, ma anche il Lago di Como recentemente preso d’assalto dai fan della Moto Guzzi.

    Come afferma Massimo Feruzzi, top manager della società di ricerca Jfc, “il mototurismo oggi produce per l’economia turistica italiana, almeno due miliardi circa di fatturato, di cui ben 1,4 miliardi grazie agli stranieri. Il settore è in grado di generare circa 12 milioni di presenze. Il mototurismo coinvolge 1, 5 milioni di italiani, con un’età media di 48 anni”.

    Inoltre sono oltre 3 milioni le presenze dei mototuristi italiani che effettuano la propria vacanza in moto dentro i confini nazionali, per un valore complessivo di fatturato generato pari a 318 milioni, mentre – sempre secondo le stime Jfc – sono circa 6 milioni le presenze dei mototuristi italiani che effettuano la propria vacanza in moto al di fuori dei confini italiani, per un valore complessivo di fatturato generato all’estero pari a 900 milioni.

    La quota dei mototuristi italiani all’estero è pari al 46,4%. Tra le destinazioni estere, gli Stati Uniti raccolgono la maggior quota di viaggi in moto (20,1%), seguiti dai Paesi del Nord Africa con il 12,2% (Tunisia e Marocco su tutti), dal Sud America (7,9%), dalla Nuova Zelanda (6,8%), dall’Irlanda e dal Medio Oriente (ambedue con il 6,2%).

    Importante notare l’interesse per la Via della Seta, l’Albania ed il tour dell’Himalaya. Il mercato ha importanti potenzialità. I mototuristi italiani rappresentano una quota contenuta del potenziale mercato internazionale, che per l’ Europa è calcolato in 10,5 milioni di persone, mentre a livello mondiale i mototuristi sono stimati in circa 117 milioni.

    Tra le destinazioni italiane vince la Toscana (22,2% delle preferenze), seguita da Alpi e passi dolomitici (10,5%), Sardegna (8%), Sicilia (6,1%) e la Costiera amalfitana (5,1%).

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