parola

  • Zitta!

    Che cosa vuole dire che contestare è un diritto? Quando si travalicano i limiti e si trasforma il proprio dissenso in un atto di pura violenza?

    Non dovrebbe essere difficile capirlo e ciò senza tirare in ballo l’intera cultura costituzionale.

    Basterebbe applicare il principio morale secondo il quale non si deve fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.

    Proviamo ad immaginare se, invece della ministra Roccella, fosse stata una esponente della parte avversa ad essere svillaneggiata: le contestatrici avrebbero ritenuto accettabile che venisse zittita? Certo che no. Ma, purtroppo, non per difendere una visione democratica, liberale della vita. Giusto per il contrario: per rivendicare la pretesa ad essere le sole autorizzate ad aprire bocca; le uniche le cui idee meritano di essere difese e divulgate.

    Come disse un Presidente della Repubblica, non da tutti amato, mi viene a questo punto da ripetere: “Non ci sto”.

    E’ per questo che rivendico il diritto a contestare la vostra contestazione arrogante e fanatica e, parafrasando uno slogan genitale a voi certamente noto, mi sorge spontaneo affermare che “il cervello è mio e lo gestisco io”. Vi piacciano o meno le mie idee e la pluralità delle voci che vorrei continuare ad ascoltare per informarmi.

  • Sofia Goggia: la tutela bipolare

    Campionessa olimpica a Pyeongchang nel 2018, tre volte vincitrice della Coppa del Mondo (DL), vincitrice di due ori mondiali e medaglia d’argento a Pechino 2022. Questo rappresenta una parte del palmarès di Sofia Goggia, atleta bergamasca di sci alpino alla quale un giornalista in vena di interessi da basso ventre non ha chiesto quali possano essere le difficoltà per una atleta di livello mondiale nella gestione di un rapporto in ambito sentimentale o semplicemente relazionale. Spinto, invece, da un irrefrenabile prurito inguinale e da una quasi maniacale e voyeristica ricerca di intimità rubata voleva sapere se fosse a conoscenza di casi di omosessualità all’interno della nazionale femminile e di quella maschile.

    Il desiderio di avere delle informazioni dirette relative alle “tendenze” sessuali degli atleti (ma solo se omosessuali) rappresenta il livello del giornale che ospita tale intervista e, ancora oggi, testimonia una penosa attenzione riservata ad un argomento (l’omosessualità) assolutamente privato tanto quanto l’eterosessualità.

    Il caso di cui molti dibattono da quel lunedì pasquale parte dalla ricerca maniacale di un povero giornalista di creare del sensazionalismo e magari un caso sulla base di presunti comportamenti sessuali del mondo dello sci alpino e confermati dalla campionessa azzurra.

    La prima considerazione parte quindi dal ridicolo livello espresso tanto dal giornalista quanto dal Corriere della Sera i quali dimostrano una ancora oggi morbosa attenzione per le sole tendenze omosessuali degli atleti, convinti di suscitare un interesse esattamente come quello di cui risultano pervasi entrambi.

    Il successivo coro scomposto, poi, di proteste assolutamente sguaiato ed eccessivo che ha visto come protagoniste tanto giornaliste quanto esponenti di associazioni Lgbt dimostra il livello di massimalismo ideologico del nostro Paese, molto più adatto ad un regime dittatoriale che non ad una democrazia liberale.

    La diversità e la stessa lontananza di opinioni, andrebbe ancora una volta ricordato, rappresentano una ricchezza di un paese in quanto stimolano il confronto dal quale prende corpo un inevitabile arricchimento, quindi proprio per questo degni di ogni tutela.

    Il concetto di diversità e lontananza che il mondo del politicamente corretto vorrebbe tutelare emerge solo quando risulti espressione di una attitudine sessuale, ma la medesima tutela viene disattesa invece se si manifesta in forma legittima quanto criticabile di opinioni.

    E’ inaccettabile un comportamento così ambiguo e bipolare il quale da una parte tende a tutelare la sola diversità definita sulla base di comportamenti sessuali e privati (1) ma contemporaneamente tende a non riconoscerla se tale diversità si manifestasse nell’ambito di legittime opinioni (2).

    Mai come adesso la bipolarità evidente prende forma come in una insostenibile forma di prevaricazione sessuale, cioè basata sulla tutela della diversità in relazione alle sole attitudini sessuali ma non applicata alla diversità di opinioni.

    E che altro potrebbe essere se non una forma di violenza quella che riconosce un diritto solo se esercitato nella sfera sessuale escludendo ogni altra tutela se espresso in contesti lontani dalla sessualità?

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