Sanità

  • Chi è diretto in Spagna faccia attenzione al virus Crimea-Congo e alle punture delle zecche

    Non si può parlare di epidemia ma di allarme sì. Per la seconda volta, infatti, in Spagna è stato segnalato un  caso di infezione da virus Crimea-Congo, acquisito localmente da un uomo di 74 anni che è deceduto durante il ricovero in ospedale. L’uomo ha dichiarato di essere stato punto da una zecca il 24 luglio, mentre partecipava a una battuta di caccia in un’area rurale di Badajoz (Estremadura). La febbre emorragica Crimea-Congo è trasmessa dalle zecche e può infettare animali selvatici e domestici ma solo gli uomini sviluppano sintomi gravi che possono portare anche alla morte. Il Ministero della Salute ha diffuso una serie di raccomandazioni per tutti coloro che stanno per recarsi in Spagna al fine di evitare punture di zecche.

    La malattia può trasmettersi anche venendo a contatto con tessuti di animali appena macellati visto che le zecche prediligono ovini, caprini e bovini (per loro tali presenze non sono letali) e alcuni uccelli. Chi invece è sensibile alle punture di zecche sono gli struzzi che possono mostrare un’elevata prevalenza dell’infezione nelle aree endemiche, dove hanno generato casi umani. Ad esempio, un’epidemia si è verificata in un mattatoio di struzzi in Sud Africa, senza malattia apparente in questi animali.

    In Europa, questa infezione è endemica nella regione balcanica. Il primo caso umano era stato riscontrato dalle autorità spagnole nel 2016. Inoltre, nel 2011, uno studio aveva segnalato la presenza del virus Crimea-Congo nelle zecche della provincia di Caceres. Il virus Crimea-Congo rientra nell’elenco dei Blueprints dell’OMS, i focolai di malattie che, in assenza di vaccinazione, potrebbero portare a una grave emergenza sanitaria globale

  • Spunti per un programma di governo della sanità pubblica

    Spunti per un programma di governo: Salvini e Di Maio sono al corrente della deprecabile situazione che si è creata nella sanità negli ultimi anni? Conoscono le liste di attesa per esami diagnostici nelle varie Regioni? Sanno che se in Lombardia, per anni all’avanguardia nel Ssn, vi è stato lo scandalo dei mesi occorsi per avere i risultati delle biopsie (nel caso di tumori anche pochi  giorni contano e molto), in altre Regioni italiane il dissesto è sempre più emergente in assenza di posti letto e di cure tempestive? Sanno che in Italia i medici di famiglia sono circa 90 ogni 100mila abitanti mentre in Germania 167, in Francia 155 e in Olanda 145? Sanno che nei prossimi 10 anni il 70% dei medici di base andrà in pensione e che se non saranno aumentate le possibilita di accedere alla laurea ed al ruolo (secondo le stime ENPAM), soltanto 11mila medici saranno rimpiazzati rispetto ai 33.392 che andranno in pensione? Sanno che la popolazione invecchia e che di conseguenza il ricorso al medico di base è sempre più frequente e necessario? Pensano almeno di valutare la possibilità di dare allo specialista il ricettario unico così da evitare la ridicola manfrina che costringe un paziente ad andare prima dal medico di base il quale gli prescrive una visita specialistica effettuata la quale il malato deve tornare per la ricetta dal medico di base? Quanti passaggi inutili e spreco di tempo e di denaro, quanti costi che potrebbero essere evitati! Lo sanno Salvini, Di Maio e i loro sherpa politici?

  • In attesa di Giustizia: sanità malsana

    Ci risiamo: un’ennesima indagine della Procura della Repubblica di Milano disvela il supposto malaffare che alligna nel sistema sanitario lombardo: considerato a buon diritto un’eccellenza a livello nazionale ma non estraneo a quei fenomeni criminali che facilmente allignano e prosperano là dove vi sono consistenti volumi di denaro pubblico in distribuzione.

    Non è la prima volta, come si è anticipato, la storia rassegna numerosi precedenti da quello del Centro di Medicina Nucleare che coinvolse circa quattrocento medici di base accusati di prescrivere, dietro – peraltro –  modeste prebende economiche, accertamenti diagnostici strumentali inutili per garantire ad un istituto convenzionato di avvantaggiarsi con un giro di affari diversamente ingiustificato a danno della ASL competente che ne rimborsava il costo, alla più recente vicenda giudiziaria della “Santa Rita”, nota anche come clinica degli orrori. Da ultimo e a tacer d’altro, vi è stata l’inchiesta che ha attinto un noto primario ortopedico, poche settimane addietro rinviato a giudizio per lesioni colpose e corruzione: proprio dalle investigazioni svolte nei confronti di costui è scaturito il filone d’indagine che ha portato all’arresto di altri medici del Gaetano Pini e del Galeazzi, che sono considerati centri ortopedici di prima grandezza.

    Avrete notato che su queste colonne non sono stati fatti nomi, neppure con riferimento a fatti che hanno visto ormai concludersi definitivamente l’iter giudiziario: ne spiegherò il perché costituente la ragione di fondo dell’articolo di questa settimana, fatta la premessa maggiore che è giusto vi sia un controllo sociale sulla gestione di un settore pubblico sensibile come la sanità e sulla amministrazione della giustizia. L’informazione deve, dunque esserci, ma alcuni limiti perimetrali appaiono opportuni.

    Cominciamo dal passato più o meno remoto, sempre con riferimento alle vicende ricordate: coloro che sono stati coinvolti a diverso titolo sono morti, stanno scontando lunghe pene detentive, qualcuno deve essere ancora giudicato, altri sono risultati estranei ai fatti. Tutti costoro, se già processati hanno – se non altro – il diritto all’oblio, quantomeno per evitare che da giudizi e pregiudizi ricadano immaginabili effetti negativi su incolpevoli famigliari e/o collaboratori.

    Chi, invece, non è ancora attinto da una sentenza di condanna ha la giusta pretesa di far valere la propria presunzione di non colpevolezza e, soprattutto, di non essere giudicato al di fuori di un Tribunale sulla scorta di una conoscenza frammentaria ed atecnica degli atti.

    A maggior ragione, una significativa riservatezza dovrebbe essere assicurata a chi risulta “solamente” raggiunto da un provvedimento di cattura ed è, quindi, ben lontano non solo da una affermazione di colpevolezza ma anche solo da un rinvio a giudizio.

    Proviamo a immaginare l’impatto che “il mostro sbattuto in prima pagina” ha sull’esistenza di figli incolpevoli che devono andare a scuola il giorno dopo, di coniugi che dovranno affrontare i colleghi di lavoro, i conoscenti, i vicini di casa: non è sicuramente ciò che la giustizia e chi la amministra vuole ma la fuga di notizie sembra essere un aspetto ineliminabile e quanto appena accaduto con riguardo a primari e imprenditori arrestati, con atti processuali e intercettazioni telefoniche disponibili nelle redazioni di giornali e telegiornali prima ancora che in cancelleria è paradigmatico.

    La Sanità è malata? Il rimedio sta altrove, non certo nello spettacolarizzare di arresti e vicende umane nelle quali anche il colpevole, o presunto tale, nel suo malessere esprime una tragicità che meriterebbe – se non rispetto – almeno un minimo di riserbo.

  • Ospedale 4.0: Bologna capitale dell’innovazione

    Apparecchi  elettronici che monitorano la qualità dell’aria in corsia, sensori nei materassi che rivelano i movimenti dei degenti, stampanti 3D in sala operatoria: questo è lo tsunami elettronico che si sta facendo largo tra gli ospedali moderni, stravolgendone completamente le fondamenta. L’ospedale 4.0 del futuro sarà più efficiente e meno affollato, rendendo così più facile il lavoro di medici e sanitari e migliorando la qualità della degenza dei pazienti.

    Questo scenario ipertecnologico, se confrontato con la dura realtà quotidiana degli ospedali italiani che non riescono a garantire i livelli essenziali di assistenza con lunghissime liste d’attesa, sembra semplicemente da fantascienza.

    Se in America tutto questo è ormai a portata di mano, in Italia si sta pian piano costruendo quella che dovrebbe essere la struttura principale per la sanità del futuro. Per la prima volta in Italia un team di bioingegneri si è trasferito in pianta stabile all’interno di un ospedale, creando un laboratorio ad hoc per un’equipe medica, prima pietra della chirurgia 4.0: questo accade a Bologna, al Policlinico universitario Sant’Orsola Malpighi, nell’unità di chirurgia maxillo-facciale. In questa struttura gli specialisti di tecnologie biomediche che manovrano navigatori, simulatori, software e stampanti 3D collaboreranno con i chirurghi durante gli interventi in sala operatoria. Tutto questo grazie all’alleanza tra il pubblico (sanità e università) e il privato, che attraverso la Fondazione bolognese Face3D ha fin qui raccolto 600mila euro per sostenere ricerca e sviluppo di nuove metodologie interventistiche e per la formazione di nuovi specialisti.

    “Non è un caso se questa iniziativa pilota di chirurgia 4.0 nasce nell’unità maxillo-facciale del Sant’Orsola, avanguardia internazionale nel settore, perché è sul volto, veicolo dell’identità di ognuno di noi, che interventi di precisioni millimetrica con realtà aumentata, preceduti da progetti e simulazioni chirurgiche virtuali in 3D, esprimono la massima efficacia”, spiega Alberto Lenzi, presidente della Fondazione Face3D. “I tumori alla bocca e al volto sono il 5% delle patologie tumorali (quelli al seno sono il 12% per dare le proporzioni) ma non se ne parla perché i pazienti non si vedono, sono persone che si nascondono agli occhi della società, perché deturpate”, ha poi proseguito Lenzi. “Noi medici del Sant’Orsola collaboriamo da anni con il dipartimento di Bioingegneria dell’Alma Mater, ma ora abbiamo dato forma a un’unità operativa congiunta, costituita da bio-ingegneri e da chirurghi, e a un’unione fisica tra le due discipline. Il laboratorio è nell’area centrale del policlinico: qui stiamo costruendo il futuro della chirurgia fondata sull’interazione e integrazione non solo di conoscenze e di tecnologie, ma anche di risorse pubbliche e private”, sottolinea Claudio Marchetti, luminare e direttore dell’Unità operativa bolognese di chirurgia maxillo-facciale.

    Servono capitali importanti per acquistare strumentazioni come il simulatore che ricostruisce virtualmente il volto di ogni singolo paziente o il nuovo navigatore per intervenire in zone interne al cranio dove l’occhio umano non può arrivare. Ma non serviranno solo macchinari. “Serviranno sempre più ingegneri (biomedici) non solo nelle industrie ma anche negli ospedali”, è l’avviso ai giovani che lancia Marchetti.

    Questi sono i primi passi per capire come dovrà essere l’ospedale del futuro, capace di usare internet, l’intelligenza artificiale, i sensori e tutto l’hi-tech necessario curare sempre meglio e più velocemente. Questo nuovo sistema permetterà anche di curare anziani e pazienti cronici soprattutto nelle loro abitazioni, grazie a sistemi di sensori e software predittivi che comunicano in tempo reale con i medici. Anche gli esami clinici, almeno quelli di base, saranno fatti in casa, con dispositivi economici da usare in combinazione con lo smartphone. Per una sanità più efficiente e meno invasiva.

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