Ucraina

  • Gli scenari di guerra

    La Cina, in risposta al divieto statunitense di esportatore tecnologia verso centoquaranta aziende operanti in Cina ed in particolare con azionariato cinese in vigore dal 31.12.2024, ha deciso di fermare le esportazioni di terre rare (gallio germanio ed antimonio) le quali soni fondamentali per la realizzazione di semiconduttori.

    Questo ennesimo episodio di “rappresaglia commerciale” rappresenta l’ultimo atto di un conflitto politico e strategico che sta definendo lo scenario bellico che vedrà sempre più contrapposte le due vere superpotenze mondiali: Stati Uniti e Cina.

    Proprio questo conflitto dalle dimensioni e ripercussioni simili ad un conflitto nucleare riduce ogni altro scenario di guerra in corso a semplici fattori strutturali e specifici ma soprattutto funzionali alla strategia bellica complessiva.

    In particolare lo scenario del conflitto russo ucraino acquisisce all’interno della nuova strategia statunitense un valore strategico fondamentale. Le prime bozze del piano di pace che sembra l’amministrazione Trump proporrà ai due contendenti si potrebbero sintetizzare in un congelamento delle posizioni attuali, la nascita di una zona cuscinetto ed il divieto per l’Ucraina di aderire alla Nato valevole per i prossimi vent’anni. L’obiettivo dell’amministrazione americana, quindi, risulta quello di concedere a Putin, in considerazione anche dell’impossibilità dell’Ucraina di resistere a lungo, un parziale riconoscimento delle proprie ambizioni territoriali.  Una concessione che ovviamente non terrebbe in alcuna considerazione le responsabilità dello stesso conflitto, ma avrebbe l’importante funzione di allontanare la Russa dall’alleanza dell’ultimo periodo imbastita con la Cina.

    Sul fronte opposto, ma non meno importante, la scelta di rinominare il medesimo mediatore che riuscì a creare le condizioni per un incontro tra i leader della Corea del Nord ed il presidente Trump va intesa nella medesima ottica in quanto la sua nomina risulta funzionale ad una volontà di creare un progressivo, anche se solo parziale, isolamento della Cina sul versante coreano.

    Nel sentiment statunitense, infatti, viene considerata molto probabile l’apertura di un nuovo scenario bellico, e non solo commerciale, che dovrebbe coinvolgere la Cina e Taiwan. Quest’ultima rappresenta una realtà fondamentale nell’economia mondiale per la propria produzione di microchip, molto spesso con capitali statunitensi.

    Tornando al divieto di export delle terre rare, deciso appunto in risposta dalle autorità cinesi alla politica statunitense, sarebbe allora interessante capire se esista una minima percezione e consapevolezza da parte delle autorità istituzionali, politiche, strategiche ed economiche dell’Unione Europea in relazione alle conseguenze che si potrebbero determinare con il mantenimento delle posizioni europee in uno scenario strategico e politico nuovamente polarizzato da Stati Uniti e Cina. In altre parole, se sia “possibile e sostenibile” il mantenimento delle strategie ideologiche ambientaliste completamente svincolate dal contesto internazionale verso una elettrificazione della mobilità, e quindi una diretta dipendenza dall’export cinese, che sicuramente determinerà una riduzione dell’indipendenza politica ed economica, quindi democratica, dell’Unione europea.

    I termini del nuovo confronto, o meglio del nuovo conflitto mondiale, non saranno più determinati, come in passato, da una divisione tra due blocchi, occidentale ed orientale, ma tra due complesse articolazioni economiche ed istituzionali: quella statunitense e la rivale cinese.

    L’idea, quindi, di agevolare attraverso l’adozione di facilitazioni politiche e normative una “transumanza elettrica” made in China non solo rappresenta la condizione per il suicidio politico, economico ed occupazionale della stessa Unione Europea, in più potrebbe essere interpretata come una scellerata scelta di campo da parte di entrambi i contendenti.

  • Diversi conflitti e scontri armati in corso

    Mai pensare che la guerra, non importa quanto necessaria,

    non importa quanto sia giustificata, non sia un crimine.

    Ernest Hemingway

    Era il 18 dicembre 2022. Durante un’intervista ad una rete nazionale televisiva italiana alla vigilia di Natale, Papa Francesco ha, tra l’altro, detto: “Da tempo io ho parlato, stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzetti. Quella dell’Ucraina ci sveglia un po’ perché è vicina, ma la Siria da 11 anni che è in guerra terribile. Lo Yemen quanto? Myanmar? Dappertutto in Africa. Il mondo è in guerra”. Da anni ormai il Santo Padre sta parlando di “una terza guerra mondiale a pezzi”. Lo ha ribadito anche l’8 gennaio scorso durante il tradizionale incontro con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. “Il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito una terza guerra mondiale a pezzi in un vero e proprio conflitto globale”. ha detto allora papa Francesco. Un tema che il Santo Padre ha trattato anche durante la sua visita in Belgio, il 27 settembre scorso, ripetendo, accanto al Re e alla Regina del Paese, la sua grande preoccupazione per la situazione in diverse parti del pianeta. “Il mondo è malato a causa delle fratture e delle ostilità che impediscono la pace e generano distruzione”, ha detto il Pontefice. Ed ha aggiunto che “Siamo vicini a una guerra quasi mondiale. I governanti sappiano assumersi la responsabilità, il rischio e l’onore della pace”.

    La sua preoccupazione sulla drammatica situazione in diverse parti del mondo Papa Francesco la ha espressa anche domenica scorsa, 1° dicembre. Il Pontefice, come fa sempre ormai dopo ogni sua recita dell’Angelus dall’inizio della guerra in Ucraina, ha affermato: “…Esprimo la mia preoccupazione, il mio dolore, per il conflitto che continua a insanguinare la martoriata Ucraina. Assistiamo da quasi tre anni a una tremenda sequenza di morti, di feriti, di violenze, di distruzioni”. Poi ha sottolineato che “La guerra è un orrore, la guerra offende Dio e l’umanità, la guerra non risparmia nessuno, la guerra è sempre una sconfitta, una sconfitta per l’umanità intera!”. Ma il Santo Padre ha anche invitato tutti di pregare “…per la Siria, dove purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime”. Aggiungendo convinto che “…Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta, tutta la famiglia umana è sconfitta.”.

    Sì, in Siria da alcuni giorni ormai si sta combattendo. Combattono alcuni raggruppamenti ribelli e terroristi contro l’esercito regolare siriano. Uno di quei raggruppamenti rappresenta una delle frazioni jihadiste di Al Qaeda. Ma tra i gruppi combattenti ribelli ci sono anche coloro che hanno l’appoggio della Turchia che, come è ormai noto pubblicamente da anni, non ha smesso mai di contrastare i curdi, sia quelli turchi che siriani. Ebbene, dopo pochissimi giorni l’esercito siriano, ritirandosi, ha permesso agli oppositori del governo di entrare ed occupare alcune città nel nord del Paese e soprattutto Aleppo, la seconda città come grandezza ed importanza, dopo la capitale Damasco. E, guarda caso, tutto è cominciato proprio mentre è entrato in vigore il cessate il fuoco in Libano. Una situazione quella siriana che ha messo in movimento, oltre ai belligeranti locali, anche altri Paesi, quali la Russia e l’Iran, in sostegno del governo e, come sopra menzionato, la Turchia che appoggia in vari modi gli oppositori del governo. Da due giorni ormai è entrata in azione anche l’aviazione russa accanto ai reparti aerei dell’esercito siriano per contrastare l’avanzamento dei ribelli e i terroristi. E tutto ciò dopo tredici anni, tempo in cui cominciò il conflitto in Siria.

    Ovviamente non si è trattato di un’iniziativa “a caso”. Dalle analisi fatte dagli specialisti durante questi ultimi giorni, risulterebbe molto probabile che tutto sia dovuto all’altro conflitto armato nel Medio Oriente, quello tra Israele e Hamas. Un conflitto che ha in seguito coinvolto anche i militari Hezbollah, i quali, in vistosa difficoltà, hanno accettato di firmare il cessate il fuoco tra Israele ed il Libano. Un accordo quello entrato in vigore alle ore 04.00 del 27 novembre scorso, il quale prevede che nell’arco di 60 giorni si garantirà la creazione di una zona sicura di 30 chilometri nel sud del Libano. E durante questo periodo di tempo Israele si impegnerà a rientrare entro i suoi confini nazionali. Come garante del rispetto di questo accordo ci sarà un comitato internazionale a guida statunitense. Ma, sempre secondo le analisi fatte durante questi ultimi giorni, risulterebbe altrettanto probabile che l’attacco dei raggruppamenti ribelli e terroristi contro l’esercito siriano sia dovuto anche ad altre realtà geopolitiche e non solo. Realtà legate, oltre all’indebolimento delle formazioni militari dei Hezbollah, anche all’impegno militare in Ucraina della Russia, un forte sostenitore del governo siriano, che perciò non può impegnarsi pienamente in Siria. Ma anche alla situazione interna dell’Iran, coinvolto, altresì, nel conflitto della Striscia di Gaza, avviato il 7 ottobre 2023. Un conflitto quello di alcuni giorni fa in Siria, che ha generato una nuova e molto preoccupante situazione nel Medio Oriente. Una regione quella, dove si sono schierati, per diversi motivi ed interessi anche altri Paesi come la Russia, l’Iran, gli Stati Uniti d’America, la Cina, la Turchia ed altri.

    All’appena cominciato conflitto in Siria tra i raggruppamenti ribelli e terroristi, appoggiati dalla Turchia e l’esercito siriano, sostenuto dalla Russia e dall’Iran hanno subito reagito anche le potenze internazionali. Con una loro dichiarazione congiunta gli Stati Uniti d’America, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania hanno affermato che “…l’attuale escalation non fa che sottolineare l’urgente necessità di una soluzione politica guidata dalla Siria al conflitto, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Una Risoluzione adottata il 18 dicembre 2015 che stabilisce le linee guida per una soluzione politica del conflitto iniziato in Siria dal 15 marzo 2011. Alla sopracitata Risoluzione fanno riferimento anche le conclusioni del Consiglio europeo del 18 ottobre scorso. Conclusioni in cui, tra l’altro, si ribadisce che “Solo una soluzione politica in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza Onu permetterà a tutti i siriani di vivere in pace e sicurezza”.

    Anche nei Balcani, in questi ultimi giorni, la situazione non è tranquilla. E si tratta di nuovo di un conflitto tra la Serbia ed il Kosovo. Nella notte del 29 novembre scorso una forte esplosione ha gravemente danneggiato un importante acquedotto nel nord del Kosovo, a Zubin Potok. Si tratta di un acquedotto che oltre al rifornimento con acqua di vaste aree del Kosovo, fornisce anche le centrali elettriche del Paese. Il che ha generato gravi e multidimensionali problemi non solo per la popolazione. Tenendo presente anche altri atti simili nel passato, le massime autorità del Kosovo hanno accusato la Serbia. Il Consiglio di sicurezza del Kosovo, riunito nella mattinata del 30 novembre ha affermato che la Serbia “… ha la capacità per un simile attacco criminale e terroristico”. Immediate sono state anche le reazioni delle istituzioni internazionali e dei rappresentanti delle cancellerie dei Paesi occidentali. Tutti hanno condannato l’atto ed hanno espresso preoccupazioni per le probabili e pericolose conseguenze in un periodo come questo e tenendo presente le alleanze della Serbia con la Russia, ma non solo.

    Chi scrive queste righe seguirà questo nuovo conflitto nel nord del Kosovo ed informerà il nostro lettore. E nonostante le dimensioni si tratta sempre di un conflitto che si aggiunge ai diversi altri in corso nel mondo. Chi scrive queste righe pensa che i massimi rappresentanti delle cancellerie occidentali e delle istituzioni internazionali devono trarre sempre lezione anche dalla convinzione di Ernest Hemingway sulle guerre. E  cioè che non bisogna mai pensare che la guerra, non importa quanto necessaria, non importa quanto sia giustificata, non sia un crimine.

  • Putin tra debolezza e reale isolamento

    Per quanto Putin si sforzi di apparire un leader il cui prestigio internazionale, almeno in quella parte del mondo che pensa di pilotare intorno ai suoi interessi, sia in continua ascesa per le sue  nuove e sempre più pericolose alleanze, la realtà è un po’ diversa.

    Dopo aver mal digerito l’assenza dell’Armenia dall’incontro  dei vertici dell’alleanza militare, tra i sei paesi ex sovietici, ora è il presidente del Kazakistan, Kassym Tokayev, che non ha mai sostenuto l’operazione militare speciale e cioè l’invasione dell’Ucraina in sprezzo di ogni regola internazionale, a dargli qualche nuovo mal di  pancia.

    Il presidente kazako, che si è spesso espresso per un dialogo di pace, ora si è spinto anche più in là dichiarando, in un articolo pubblicato sul quotidiano russo Izvestia, che le Nazioni Unite sono un’organizzazione internazionale insostituibile.

    Da tempo tra Putin e il presidente kazako si assommano i motivi di frizione e il rifiuto di Tokayev di unire il Kazakistan ai paesi Brics ha portato lo zar russo a vietare l’importazione dei  prodotti agricoli del Kazakistan

    Per Putin la spina nel fianco non è da poco considerato che il Kazakistan è un grande paese, ricco di immensi giacimenti petroliferi,ha la più importante economia tra gli  stati ex sovietici e intrattiene ottime relazioni commerciali e politiche con l’Occidente.

    Putin che pensava, nel rapporto con la Cina,di controbilanciare il peso ed il potere cinese con altre sue importanti aree di ingerenza si trova ora sguarnito sui confini kazaki dove non ha gli amici succubi che si illudeva  di avere ed è sminuito, nel contesto internazionale, dal filo doppio che ha stretto con Kim Jong-Un.

    I nuovi scenari siriani, che si sono aperti  nelle ultime ore, per altro preoccupanti per tutti, con molti aspetti nei quali il peso dell’Iran e degli integralisti islamici non sono certo parte secondaria, creano anche per Putin un nuovo fronte.

    Il despota russo sta intensificando a dismisura le azioni contro l’Ucraina, le minacce nucleari e le azioni di sabotaggio contro i paesi dell’alleanza dimostrando che, nel giocare il tutto per tutto, ha una sempre maggior debolezza e reale isolamento.

    Quanti gli stanno intorno si dividono in due categorie: quelli, come parte dei paesi Brics, che cercano di portare a casa qualche personale beneficio e quelli, come la Corea del Nord o l’Iran che non possono allearsi altro che con dei dittatori e assassini come loro.

    Intanto la Cina sta a guardare, il dragone infatti è sempre pronto a incenerire chi gli dà fastidio.

  • Solidali con l’Ucraina e capaci di costruire quella politica comune che ancora manca all’Europa

    Secondo il Financial Time Putin starebbe arruolando ribelli sciiti yemeniti Houthi, cioè quelli che ornai da tempo stanno impedendo il transito navale nel Mar Rosso, sequestrando e colpendo navi mercantili occidentali, israeliane o comunque a loro collegate.

    Se la Russia, che ha spiegato contro l’Ucraina un esercito di quasi 600.000 uomini, ha avuto bisogno di più di 10.000 soldati della Corea del Nord, già attivi in Ucraina, ed ora ingaggia anche gli yemeniti le ragioni sono diverse ed alcune molto chiare.

    Putin non può certo mandare al fronte i figli degli oligarchi o la piccola e media borghesia, impiegati di concetto, dirigenti, laureati, ma anche operai specializzati e tecnici non possono essere sacrificati al fronte perchè servono all’economia del paese, presente e futura.

    Lo zar ha saccheggiato le regioni più lontane per trovare la carne da cannone necessaria a sostenere la sua guerra di occupazione, ha anche svuotato le carceri per trovare combattenti pronti a tutto, ha indetto leve straordinarie ma non può fare ammazzare coloro che rappresentano l’ossatura del sistema, ecco allora la scelta di cercare carne fresca da mandare al macello in paesi dove il valore della vita umana è meno che zero.

    Con l’arruolamento di coreani del nord e Houthi ottiene anche un effetto psicologico, secondo lui, quello di dimostrare una volta di più il suo disprezzo per l’Occidente e per ogni regola internazionale.

    Putin vuole dimostrare che sta dando vita ad alleanze che palesemente creano un fronte allargato contro l’Occidente, che è sua intenzione proseguire nella costruzione di un sistema che si oppone all’Occidente non solo con le armi ma anche ingenerando paure che nascono comprensibilmente quando le minacce arrivano da luoghi e persone che non rispettano né regole né gli altri.

    Come immagini Trump, o chiunque altro, di poter siglare una pace solida, qualunque siano le condizioni, quando l’interlocutore, Putin, è alleato ed amico di Kim Jong-Un che ogni tanto, per passare il tempo, tira un missile sul mar del Giappone, per non parlare degli Houthi?

    Siamo andati troppo oltre ed i prossimi anni, comunque vada, non daranno le sicurezze di pace e di vivere civile ai quali siamo stati abituati, comprenderlo ora può aiutare a capire meglio perché, pur essendo difficile e dispendioso, dobbiamo continuare ad essere solidali con l’Ucraina e capaci di costruire quella politica comune che ancora manca all’Europa.

  • Le sfide che attendono Trump

    Il dittatore nord coreano Kim Jong Un non è un pazzo e non lo è mai stato. Piuttosto, ha sempre e volutamente lasciare che altri lo pensassero come squilibrato e irrazionale. Prevedere il comportamento di una persona razionale è relativamente facile e nel trattare con lui si usa lo stesso linguaggio e si parte dalle stesse premesse logiche. Se, invece, si ha a che fare con una persona imprevedibile occorre essere eccezionalmente prudenti nei propri comportamenti, se non altro per evitare che illogici scatti d’ira possano essere seguiti da reazioni incontrollate. Con tutti i rischi che ciò comporterebbe. Tutto ciò a Kim faceva gioco.

    Premesse le sicure differenze e la diversa scala su cui agisce, anche Donald Trump ha saputo usar la stessa tattica in tutti questi anni. Alcune sue sparate erano e sono, oggettivamente, inverosimili o almeno irrazionali. Sembrano piuttosto spacconate. Ad esempio la volontà di applicare dazi al 100% su tutte le merci cinesi o di non voler più rispettare l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica. Da imprenditore quale è sempre stato, il tycoon è sicuramente presuntuoso ma non è affatto stupido e conosce bene le possibili conseguenze, negative per il suo stesso Paese, dell’applicazione di idee come quelle sopra enunciate. Proprio come un qualunque imprenditore e buon venditore davanti alla controparte usa, all’occorrenza e alternativamente, bastone e carota. Suscitando in chi ha di fronte il dubbio di una sua imprevedibilità, spesso ottiene risultati che con un dialogo semplicemente razionale non avrebbe potuto perseguire.

    Un esempio riuscito della sua tattica sta nella richiesta perentoria agli alleati membri della Nato di aumentare almeno al 2% del PIL le proprie spese per la difesa. Inoltre, ha richiesto loro di organizzarsi, pur rimanendo dentro la Nato, per provvedere in gran parte autonomamente alla propria difesa. Prima di lui ci avevano già provato altri Presidenti, sia democratici che repubblicani, ma con nessun risultato concreto. Trump invece c’è riuscito: quasi tutti i Paesi europei hanno già raggiunto (qualcuno l’ha superato) il 2% e l’Unione, pur continuando ad essere politicamente divisa, sta cercando un qualche modo per razionalizzare e uniformare le proprie spese in armamenti. Naturalmente, la parte del leone la faranno pur sempre le armi americane.

    La sua parola d’ordine sventolata in campagna elettorale è stata quella di aumentare i dazi di importazione da tutti i Paesi che vantano un avanzo commerciale verso gli Stati Uniti. Ovviamente qualcosa dovrà fare verso questa direzione, se non altro per dare l’impressione ai propri elettori di mantenere gli impegni elettorali, ma, come ogni venditore di tappeti, chiederà 100 per ottenere 10 o, se sarà bravo e fortunato e gli interlocutori si lasceranno intimidire, almeno 20. Tuttavia, non può sottovalutare, proprio perché uomo di impresa, che un aumento generalizzato di tariffe di importazione avrà come prima conseguenza un aumento dell’inflazione interna e come seconda l’incremento delle stesse importazioni, più care, tramite Paesi terzi.

    Le due sfide più grandi che lo attendono sono però la guerra in Medio Oriente e quella in Ucraina. A Netanyahu ha detto di “completare il lavoro” fino alla distruzione di Hamas e, per quanto riguarda l’Ucraina, ha promesso di porre fine al conflitto in pochi giorni.

    Indubbiamente nessuno ancora riesce ad immaginare come pensa di risolvere i due casi ma qualunque osservatore di politica internazionale può constatare che la situazione del Medio Oriente è talmente complicata che nemmeno Kissinger avrebbe saputo cosa proporre per pacificarla. Israele è molto divisa al proprio interno e una grande frangia della popolazione pensa di avere il diritto su tutta la terra che va dal mare al Giordano. Cosa succederebbe ai milioni di palestinesi che attualmente vi abitano considerato che né Giordania né Egitto né Siria possono permettersi (né lo vogliono) di assorbirli? Non va nemmeno dimenticato che l’ultima Legge Fondamentale voluta da Netanyahu e dai suoi fanatici alleati statuisce che Israele è la terra degli ebrei e, di conseguenza, chiunque non lo sia è, se va bene, al massimo tollerato. Anche la soluzione che tutti invocano e che sembrerebbe la più ovvia, quella dei due Stati, non è più, se mai lo è stata, di semplice applicazione. Settecentomila sono attualmente i coloni abusivi presenti in Cisgiordania e ogni giorno aumentano. Come sarà possibile scacciarne almeno una gran parte per consentire la nascita di uno stato palestinese? Si inizia una guerra civile? E a Gaza? La militanza di Hamas può anche essere ridotta ai minimi termini ma le morti e le distruzioni causate dallo IDF hanno sicuramente aumentato la diffusione dell’odio contro Israele e i suoi abitanti.

    La questione Ucraina sembra apparentemente più semplice ma così non è. Certamente si dovrà negoziare con Putin anche abbandonando al suo destino la “marionetta impazzita” Zelensky, ma quali possono essere la basi su cui incontrarsi? La Russia sta vincendo sul campo di battaglia e le ultime autorizzazioni di Biden in merito all’uso di armi americane verso l’entroterra russo non cambieranno le sorti del conflitto, salvo innescare una guerra più ampia che potrebbe diventare mondiale. Mosca potrebbe essere disponibilissima a qualche trattativa ma ci sono punti cui non potrebbe rinunciare in nessun modo: l’Ucraina non dovrà mai entrare nella Nato, l’esercito ucraino dovrà diventare quasi inoffensivo e Donbass e Crimea devono restare russi. Ovviamente, se gli Stati Uniti, primi attori di questo conflitto, accettassero queste condizioni, la guerra potrebbe finire immediatamente ma tutto il mondo leggerebbe tale esito come una sconfitta dell’Occidente. L’unica maniera per salvare la faccia, se pur parzialmente, sarebbe di annunciare l’immediato ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Ne applaudirebbero non solo gli Stati Uniti ma anche Russia e Cina perché l’ingresso di Kiev nell’Unione significherebbe, per motivi economici e politici, la fine del sogno di una Europa politicamente più integrata e quindi le grandi potenze potrebbero continuare a negoziare da posizione di forza con i singoli staterelli dell’Europa.

    A completamento di quanto sopra e considerate le difficoltà fin qui enunciate (e non sono certo tutte quelle sul tavolo) che Trump si troverà ad affrontare, non si può tacere che gli ostacoli maggiori potranno nascere all’interno degli stessi Stati Uniti. Molti Presidenti statunitensi hanno tentato di cambiare la politica estera del Paese ma i loro sforzi sono spesso falliti a causa di una inerzia onnipresente in tutte le strutture pubbliche ben consolidate di ogni Paese. Carter aveva deciso nel 1977 di ritirare le forze americane presenti in Corea del Sud e non ci riuscì. Obama annunciò di voler chiudere Guantanamo nel 2009 ma quella prigione è ancora attiva. Lo stesso Trump aveva dichiarato che nel 2019 non sarebbe più rimasto nessun militare statunitense in Siria eppure nulla avvenne. In tutti questi, e in altri casi, la burocrazia non si è mai opposta apertamente ma ha vanificato quelle che sembravano essere decisioni imprescindibili. Non è, comunque, soltanto una questione di burocrazia. Esistono forze apparentemente slegate tra loro che tuttavia riescono sempre a far prevalere il loro orientamento contrario. Così come in altri Stati democratici, i ministri dispongono ma è chi sta sotto di loro che applica o vanifica decisioni che sembrano irreversibili. Negli Stati Uniti la struttura del Dipartimento di Stato e di quello della Difesa sono macchine complesse e godono nella pratica di una loro certa autonomia. Oltre a loro, le varie Agenzie di intelligence agiscono non solo al di fuori ma frequentemente addirittura all’insaputa dei vertici politici. Come non bastasse, il sistema elettorale americano fa sì che senatori e deputati che pur appartengono a uno dei due partiti dominanti rendono conto personalmente alla base elettorale cui devono la loro permanenza o meno al Senato e al Congresso. Più che in altre democrazie i parlamentari si trovano spesso a votare differentemente dalla posizione ufficiale del loro partito. Che dire poi delle numerose, e spesso ricche, lobby che condizionano governi e parlamenti? Sia il settore privato che molti governi stranieri agiscono da sempre sul Congresso per garantirsi le politiche che li favoriscono riuscendo a bloccare, o almeno annacquare, decisioni che potrebbero essere di interesse pubblico.

    Infine, sempre negli Stati Uniti, hanno un loro peso anche i vari Think tank ove, per partito preso o per conformismo assodato, si elaborano concetti e programmi poi ampiamente pubblicizzati dai media e quindi influenti sull’opinione pubblica.

    È pur vero che Trump ha annunciato di voler fare piazza pulita di tutti gli alti funzionari dei quali dubita la fedeltà ma, se mai ci riuscisse considerato il trasformismo ed il travestimento connaturato a molti alti burocrati, il rischio è che li sostituisca con gente inesperta che potrebbe inficiare l’efficienza della macchina burocratica.

  • Putin indebolito

    A due anni e mezzo dall’inizio della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina appare purtroppo evidente che l’Ucraina non ha ottenuto tutti gli aiuti promessi, che quelli avuti sono arrivati con colpevoli ritardi, che tuttora non vi è via libera per utilizzare alcune armi e che, di conseguenza, la situazione diventi ogni giorno più insostenibile.

    La Russia continua a bombardare le abitazioni civili, le centrali energetiche, scuole ed ospedali prendendo sempre più di mira la capitale ucraina.

    Nel frattempo si attendono le elezioni americane, con le conseguenze che ne potrebbero derivare, e si assiste, impotenti, all’immobilismo europeo, fatti salvi alcuni paesi dell’est e del nord Europa, che si spreca in affermazioni di sostegno ma nel concreto dilaziona e prende tempo rendendo sempre più difficile la salvezza territoriale ucraina.

    Se la situazione ucraina è sempre più difficile vale la pena soffermarsi su quanto invece ha ottenuto Putin scatenando questa guerra e sacrificando centinaia di migliaia di soldati russi, immolati alla sua idea di potere.

    Se l’obiettivo di Putin era di conquistare in poco tempo l’Ucraina per russificarla, abbattere la sua classe politica, sostituendola con una di suo gradimento, rendere tutto il Paese uno stato satellite dipendente dalla grande Russia, Putin ha miseramente fallito. Al di là delle eventuali, piccole o meno, conquiste territoriali si è visto in modo inequivocabile che gli ucraini non accetteranno mai di essere russificati, su questo punto Putin ha perso.

    Se Putin voleva indebolire la Nato ha ottenuto il risultato opposto, come avevamo già scritto dopo poche settimane di guerra, la Nato è più forte e coesa di prima e gli stati della ex repubblica sovietica, salvo Slovacchia ed Ungheria, sono più che mai decisi a contrastare con ogni mezzo Putin ed hanno equipaggiamenti militari di grande potenza.

    L’operazione dello zar di tentare un ricompattamento militare ed economico con le ex repubbliche sovietiche si è rivelato un fallimento, il Kazakistan, per timore di diventare un bersaglio come l’Ucraina, viste le sue molte ricchezze e la presenza di una minoranza russa, guarda semmai alla Cina e comunque non vuole essere coinvolta da relazioni strette con il Cremlino. L’Azerbaijan ignora Mosca, l’Armenia, antico alleato di Mosca, si è sospesa dall’organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva che univa cinque delle ex repubbliche sovietiche, mentre Moldavia e Georgia, con il rischio dopo le recenti elezioni di gravi disordini, sono sempre più attirate verso l’Europa.

    La conclamata alleanza con la Cina sta rivelando risvolti poco simpatici per Putin che di fronte all’imperatore cinese non ha quella voce in capitolo che sperava ed ha ottenuto solo di vendere il suo gas senza altri significativi vantaggi economici o di prestigio, anzi perdendo sempre più peso internazionale rispetto al colosso cinese.

    Anche nei territori africani, dove la presenza russa con la Wagner, poi rinominata Africa Corps, era importante e aveva portato l’acquisizione di ricche concessioni e nuovi rapporti con le autorità locali, si sta sempre indebolendo il peso dello zar proprio perché cittadini e governi si sono resi conto di non aver tratto alcun beneficio dalla presenza russa.

    Ed è fallita anche l’aspettativa di minare i rapporti tra Stati Uniti, Francia e Germania creando un cuneo dentro l’Alleanza Atlantica.

    L’alleanza di Putin con la Corea del Nord, la presenza sul territorio russo ed ucraino di armi e militari nord coreani, testimonia come Putin, nella disperata ricerca di partner, in un mondo che sempre più lo ignora politicamente, sia disposto ad allearsi con i peggiori dittatori. D’altra parte un vecchio detto dice Chi si assomiglia si piglia e ancora Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei e più dittatore di Putin, che uccide e fa suicidare i suoi avversari, in patria, in galera e all’estero, c’è giusto Kim Jong-un, un’amicizia che ha bisogno di altro sangue per essere sancita definitivamente.

    Comunque finisca, quando finirà, la guerra, Putin non sarà mai il vincitore né a livello locale né internazionale, la sua smodata sete di potere ha scavato la fossa alla Russia e ci vorranno anni per ricucire il baratro che la guerra ha scavato fisicamente e psicologicamente tra popoli che avrebbero potuto vivere in pace nel reciproco rispetto.

    Fatte queste brevi e certamente non complete osservazioni ci troviamo davanti ad una realtà che in divenire è sempre più preoccupante per la follia sia di coloro che non hanno la capacità, la volontà di porre un limite alla loro smania di potere che di coloro che non possono fermarsi se vogliono avere una possibilità di garantire la sopravvivenza del loro popolo.

    Se a questo aggiungiamo le follie di chi pensa con la tecnologia di appropriarsi del mondo e di sostituire gli essere umani con le macchine vediamo bene come ogni giorno porti nuove paure ed insicurezze che si manifestano anche nella confusione mentale, e conseguente violenza, di tanti adolescenti, ma questo non sembra colpire più di tanto la coscienza collettiva o la politica.

  • Impianti di stoccaggio del gas dell’UE pieni al 95% prima del 1° novembre

    Durante la crisi energetica, gli Stati membri dell’UE hanno deciso di fissare un obiettivo giuridicamente vincolante per riempire gli impianti di stoccaggio del gas al 90% della capacità entro il 1° novembre di ogni anno, allo scopo di garantire una sicurezza sufficiente dell’approvvigionamento e la stabilità del mercato nei mesi invernali. Secondo gli ultimi dati ora pubblicati da Gas Infrastructure Europe, in vista della scadenza, l’attuale livello di stoccaggio del gas dell’UE è superiore al 95%. In questo momento nell’UE sono infatti stoccati circa 100 miliardi di metri cubi di gas, pari a quasi un terzo del nostro consumo annuo.

    Il regolamento sullo stoccaggio del gas del giugno 2022 stabilisce l’obiettivo vincolante dell’UE di riempire al 90% gli impianti di stoccaggio entro il 1° novembre di ogni anno, con obiettivi intermedi per i paesi dell’UE al fine di garantire un riempimento costante durante tutti i 12 mesi. Il regolamento rientra in un’ampia gamma di misure adottate dall’UE a seguito della crisi energetica innescata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, miranti a preparare meglio il sistema energetico europeo alla stagione invernale.

  • Fatti che smentiscono verità di parte

    I fatti sono la realtà che smentisce ogni presunta verità di parte.

    La Russia ha aggredito l’Ucraina, bombardato scuole, ospedali, abitazioni civili, supermercati, compiuto  stragi come quella di Bucha, messo in pericolo centrali nucleari e colpito quelle elettriche condannando al buio ed al gelo centinaia di migliaia, milioni di civili, compresi bambini ed anziani.

    La Russia ha deportato migliaia  di bambini strappandoli alle loro case, ai loro genitori e parenti, per cercare di snaturare la loro cultura e vita e trasformarli in russi.

    La Russia aveva stretto un accordo con la Cina, tramite la maggiore esportazione di gas, già nel 2021, prima dell’inizio dell’invasione, accordo che le consente oggi di utilizzare la tecnologia e  i molteplici componenti dell’industria cinese per proseguire nella sua sciagurata guerra contro l’Ucraina.

    La Russia ha stretto un’alleanza con un despota folle, nelle sue minacce ed azioni guerrafondaie, come Kim Jong-un e grazie a questo accordo la Corea del Nord ha alzato pericolosamente le sue minacce contro la Corea del  Sud ed inviato migliaia di suoi soldati e di armamenti per combattere contro l’Ucraina. E sempre la Russia ottiene da tempo armi dall’Iran.

    La Russia, tramite la Wagner, e il presunto defunto Prigozin, si è impossessata di importanti giacimenti e ricchezze in vari paesi africani.

    La Russia manovra e minaccia contro gli Stati suoi vicini, incarcera i cittadini dissidenti, fa sopprimere gli oppositori al regime, sia in patria che all’estero.

    La Russia usa hacker per destabilizzare paesi democratici.

    La Russia vuole creare un nuovo ordine mondiale nel quale avere un posto predominante.

    La Russia ha commesso molti più crimini di quelli che abbiamo elencato e continua a commetterli pur essendo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sbeffeggiando gli stessi principi per i quali l’organizzazione è nata.

    Abbiamo detto la Russia ma non è vero, non è vero perché è Putin il fautore, la mente malvagia che ha architettato tutto questo, ed altro ancora, mentre il popolo russo è mandato come carne da cannone a combattere, mentre i russi sono tenuti all’oscuro di quanto sta realmente avvenendo con l’involontaria complicità di quanti, non solo in occidente, non riescono a contrastare lo zar, almeno con la stessa controinformazione da lui usata contro tutti coloro che non sono suoi alleati.

    Le parole di Rutte, il nuovo segretario della Nato, parole chiare e coraggiose, speriamo servono a rendere meno miopi quei leader politici che nel passato antico e recente non hanno saputo agire per prevedere ed evitare tante sofferenze e quei pericoli che oggi sono sempre più incombenti, le armi a Kiev non possono aspettare e devono poter essere usate come è necessario senza alcun tipo di restrizione e la diplomazia, se ancora esiste, cominci ad agire su tutti i fronti.

  • Notizie in breve per ricordare a chi dimentica

    Ogni giorno Mosca fa volare i suoi missili sulle centrali nucleari ed energetiche dell’Ucraina, il rischio di un disastro nucleare è sempre più reale e gli ucraini, nell’inverno, sono al gelo e senza luce, per Putin ogni mezzo è lecito per distruggere la popolazione che invece, insieme al proprio esercito, gli resiste dando prova di un attaccamento alla patria e di un coraggio degno di  ogni onore.

    Steven Seagal, l’ex popolare attore americano, ormai bolso e grasso e che ha preso la cittadinanza russa ha nuovamente dichiarato, dopo quanto già detto all’inizio della guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina, di essere pronto a morire per Putin, il suo presidente. Speriamo vada presto in Russia e che le tv italiane smettano di trasmettere i suoi vecchi e ridicoli film.

    Molte fonti confermano che soldati nord coreani stanno già combattendo contro l’Ucraina ed altre migliaia si stanno addestrando in Russia, lo zar macellaio continua ad usare gli esseri umani, russi o di qualunque nazionalità, come carne da cannone pur di tentare di sfiancare i coraggiosi soldati ucraini che, ad oltranza, difendono  la loro patria e la loro identità.

    L’India, secondo notizie statunitensi, sarebbe il secondo maggior fornitore della Russia per tecnologie soggette a restrizione, così anche l’India alimenta sempre più la macchina da guerra di Putin attraverso microchip e macchine utensili particolari, il primo paese a supportare Putin è la Cina, l’India contribuisce con circa un quinto della tecnologia sensibile che invia a Putin per la sua sciagurata guerra.

    Putin si è rifiutato di rispondere alla telefonata del cancelliere tedesco, la sua arroganza prima o poi dovrà pagare un prezzo.

    Ancora un delitto pesa su Putin: è morta, durante il trasferimento da un carcere all’altro, anche la giovane reporter ucraina catturata da Mosca nel 2023.

    Ancora una volta, fortunatamente, fallisce il test, sarebbe il quarto, per il super missile di Putin, l’area di lancio si è trasformata in un immenso cratere.

  • Sostenere Kiev con tutto quello che occorre

    Se su Kiev arrivano i missili russi, è bene che a Kiev siano mandati i missili occidentali per colpire i depositi di armi in Russia.

    Come sempre, l’Europa e gli Stati Uniti si rimpallano la decisione sull’invio di armi a Kiev e sull’utilizzo di queste armi anche in territorio russo, al fine di poter minare l’avanzata delle truppe di Putin e la continua distruzione di abitazioni civili in Ucraina. Dall’altro canto Putin a metà settembre ha firmato un decreto per aumentare il numero dei militari, che ora arrivano a 1,5 milioni di unità. Intanto continuano gli attacchi alle centrali ucraine per infiacchire sempre più la popolazione, da tempo ormai periodicamente privata di riscaldamento e/o di luce. Basti ricordare, ad esempio, gli attacchi di droni russi agli impianti di Sumy.

    Sono inoltre frequenti i sorvoli da parte di aerei russi nei cieli di Paesi Nato, salvo poi ritirarsi rapidamente. Si tratta di operazioni mirate a testare l’allerta dei Paesi europei.

    Putin insiste a bombardare palazzi residenziali, facendo morti e feriti, ma inorridisce se i droni ucraini, finalmente, riescono a colpire i suoi depositi di armi. Secondo Kiev, la Russia sta preparando attacchi alle centrali nucleari ucraine e molti sembrano aver dimenticato che Mosca ha sequestrato da ormai molto tempo una centrale atomica in Europa, ricattando così il mondo intero.

    Intanto tra le vittime continuano ad annoverarsi bambini e i missili balistici russi continuano a essere lanciati anche sul porto di Odessa. Kramatorsk come vari villaggi nella regione di Kherson sono stati ulteriormente presi di mira.

    Ancora: il cannibale di Volgograd, condannato per omicidio e cannibalismo e poi graziato dal presidente russo e mandato a combattere in Ucraina è tornato nella sua città, in convalescenza. Molti russi sono preoccupati per il ritorno a casa di vari criminali graziati dal Cremlino purché andassero a combattere al fronte. Le notizie, si sa, arrivano frammentate ma pare che oltre 50 russi siano morti per mano di questi delinquenti arruolati come soldati una volta che hanno potuto fare ritorno dal fronte alle proprie abitazioni.

    Il 22 settembre sembra che il supermissile russo Sarmat sia esploso nel suo sito di lancio e che questo tipo di esplosioni sia già avvenuto in altre occasioni. Questo lascia sperare che le tanto minacciate superarmi di Putin non siano sempre così efficienti come lui afferma.

    Resta il fatto che Putin utilizza armi che gli arrivano dai suoi sanguinari alleati, dall’Iran e dalla Corea del Nord ma la Cina cosa fa veramente?
    Anche se il Consiglio europeo continua a sostenere in modo risoluto l’indipendenza, integrità e sovranità dell’Ucraina mentre i confini riconosciuti a livello internazionale, lo zar del Cremlino aumenta l’escalation della sua aggressione, in spregio alle nuove sanzioni adottate dalle Ue verso Bielorussia, Iran e Corea del Nord quale risposta al loro sostegno a Putin. Le sanzioni comunque non sembrano per ora essere quel deterrente risolutivo che si sperava, anche perché molti continuano a praticare esportazioni tramite triangolazioni e questo la dice lunga sulla moralità e correttezza di molti paesi

    I mass media, almeno in Italia, hanno ridotto molto la copertura informativa su quanto sta avvenendo in Ucraina, ma è bene che ciascuno di noi cerchi di informarsi il più possibile perché la scellerata determinazione di Putin di proseguire in questa guerra sanguinosa, che ha portato ad autentici massacri e stragi di civili (bimbi inclusi), resta una minaccia per tutti noi e non è il momento di tentennamenti o indifferenza.

    Salvini e Orban, una parte del Pd e il M5s per parte loro continuano a parlare della necessità di fermare la guerra senza indicare proposta diversa dalla resa dell’Ucraina e della sua conquista da parte di Putin.

    A chi parla di pace dovrebbe essere chiesto di presentare progetti concreti, non a scapito degli ucraini; a chi parla di diplomazia va ricordato che ad oggi, purtroppo, le feluche non sono state in grado di imbastire con Putin neppure l’avvio di una trattativa. A chi vuole seriamente la pace non resta che la strada di sostenere Kiev con tutto quello che occorre, sia per riconquistare il proprio territorio, invaso dai russi, che per garantire alla popolazione civile il massimo della sicurezza e quei sistemi energetici necessari per poter affrontare l’inverno.

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