Media

  • In attesa di Giustizia: i soliti sospetti

    “In attesa di Giustizia” non va in vacanza e nella settimana che segna l’inizio delle ferie giudiziarie (di cui qualcuno ancora lamenta che lavorare stanca, contestando l’eliminazione renziana dei primi quindici giorni di settembre) vi è nuovamente l’imbarazzo della scelta tra le notizie da commentare o far emergere all’attenzione dei lettori.

    La più ghiotta, si fa per dire, riguarda l’indagine della Procura di Perugia che sta disvelando come alla passione per il dossieraggio non siano risultati estranei nemmeno apparati della Direzione Nazionale Antimafia: struttura fortemente voluta da Giovanni Falcone con il compito di coordinare le indagini sulla criminalità organizzata delle Procure Distrettuali; viceversa, non sembra che tra le sue funzioni vi sia mai stata quella di rovistare tra i conti correnti di esponenti politici, imprenditori, personaggi noti, e le segnalazioni di operazioni sospette della Banca d’Italia. Per farne che? Bisognerà chiederlo – se mai vorrà rispondere – al luogotenente della G.d.F.  che sembra gestisse (su input di chi? a Perugia si ipotizza che sia coinvolto anche qualche magistrato) una centrale di dossieraggio abusivo proprio all’interno della DNA, ed ha fatto della sua vita una missione dedicata all’accesso abusivo ai sistemi informatici per poi accumulare un tesoretto di dati pronti per un che non è certamente legato ad inchieste su mafia e terrorismo per le quali non erano stati richiesti…però già dal 2020 parte di queste informazioni riservate era stata condivisa con le redazioni di importanti quotidiani.

    Già, i media, senza i quali questo mercimonio (impensabile che tali scambi avvengano gratuitamente) non avrebbe motivo d’ essere: il “DDL Nordio”, appena approdato in Senato, si propone – tra l’altro – proprio di porre un argine all’uso delle Procure come cassette della posta per informazioni di garanzia, brogliacci di intercettazioni, estratti conto e contabili di bonifici bancari.

    “Orrore, operazione di regime, bavaglio alla libertà di informazione! noi continueremo a pubblicare le intercettazioni anche prima che siano legittimamente utilizzabili”: questo il proclama dell’indomito Travaglio ertosi ad ultimo baluardo della democrazia contro un’operazione di censura a matrice fascista. Pronto a sfidare i sicari dell’OVRA (non lo ha detto ma probabilmente lo ha pensato) l’Uomo del Fatto non si è reso conto che in questo modo ha confessato, caso mai la cosa fosse sfuggita, vari reati e ne ha commesso uno nuovo: istigazione a delinquere perché tale nobile attività di inchiesta giornalistica contro i soliti sospetti è un crimine per quanto punito con severità minore al mancato rispetto di un semaforo rosso; il rigore della legge prevede, infatti, una multa massima di 258€ in alternativa alla pena detentiva che non viene mai inflitta a nessuno. In realtà neppure quella pecuniaria.

    Eppure a causa di intercettazioni ed informazioni di garanzia dal sen fuggite vite intere possono essere rovinate, come quella di un padre separato (è storia recente, una delle tante), imputato di violenza sessuale sulla figlioletta in base alla equivoca interpretazione di una captazione telefonica: intercettato, indagato, revocata la potestà genitoriale, licenziato, processato, assolto. Assolto, non colpevole, chiamate come volete la conclusione di questo come di altri processi: non è un lieto fine da prescrizione del reato o con un mite patteggiamento a seguito di accordo economico, il ritiro della querela o grazie ad altro bizantino e salvifico cavillo. Intanto un’esistenza è stata devastata.

    Proprio dei reati di violenza sessuale e della delicatezza della valutazione della prova si è scritto recentemente su queste colonne e, sebbene non sia fonte di consolazione, non capita solo da noi. L’ultimo esempio è quello di Kevin Spacey, grande attore, imputato di reati di matrice sessuale che per l’ordinamento americano sono particolarmente esecrabili come recita l’incipit di ogni puntata di Law & Order Special Victims Unit.

    Assolto prima a New York e poi a Londra ma una carriera finita, una vita gravemente condizionata.

    Queste sono le esperienze giudiziarie quotidiane che dovrebbero insegnare qualcosa ai giustizialisti da tastiera, ai cacciatori dei soliti sospetti, i vari Travaglio ai Gramellini di turno: storie che imporrebbero ancora di riflettere su quanto è facile distruggere un uomo e sia opportuno astenersi da giudizi preconcetti.

    Sfortunatamente sono lezioni che, come pare, in pochi dimostrano di sapere apprendere e, allora, avanti il prossimo, ce n’è per tutti…

  • Il Parlamento europeo bando il premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo

    Il Parlamento Europeo ha pubblicato il bando per la presentazione delle proposte per il Premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo.

    Il Premio, assegnato ogni anno intorno al 16 ottobre, giorno dell’omicidio della giornalista, è un riconoscimento annuale per il giornalismo d’eccellenza che promuove e difende i principi e i valori fondamentali dell’Unione europea, quali dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e diritti umani.

    Possono partecipare giornalisti o team di giornalisti di qualsiasi nazionalità, presentando inchieste approfondite pubblicate o trasmesse da mezzi di comunicazione con sede in uno dei 27 Stati membri dell’Unione. Lo scopo è di sostenere e mettere in risalto l’importanza del giornalismo professionistico per la salvaguardia della libertà e dell’uguaglianza.

    Il premio, e i 20.000 euro assegnati al vincitore, dimostrano il sostegno del Parlamento nei confronti del giornalismo investigativo e l’importanza di una stampa libera. Negli ultimi anni, il Parlamento ha segnalato i tentativi, all’interno e all’esterno dell’UE, di minare il pluralismo dei media.

    I giornalisti possono presentare i loro articoli sul sito entro le 23.59 del 31 luglio 2023.

    Per maggiori informazioni: info@daphnejournalismprize.eu

  • “Questo non è maltempo ma effetti del cambiamento climatico”, l’appello di 100 scienziati ai media

    Cento scienziati hanno lanciato un appello ai media italiani affinché, davanti ai disastri meteorologici, poiché si parla troppo spesso di maltempo e non di cambiamenti climatici. Nel testo, scritto, tra gli altri, dal premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, Antonello Pasini, Nicola Armaroli, Stefano Caserini, Enrico Giovannini, Luca Mercalli, Telmo Pievani si legge: “Giornalisti, parlate delle cause del cambiamento climatico, e delle sue soluzioni. Omettere queste informazioni condanna le persone al senso di impotenza, proprio nel momento storico in cui è ancora possibile costruire un futuro migliore. I media italiani parlano ancora troppo spesso di ‘maltempo’ invece che di cambiamento climatico.

    Quando ne parlano, spesso omettono le cause e le relative soluzioni. È come se nella primavera del 2020 i telegiornali avessero parlato solo di ricoverati o morti per problemi respiratori senza parlare della loro causa, cioè del virus SARS-CoV-2, o della soluzione, i vaccini.

    Nel suo ultimo rapporto il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc) è chiarissimo su quali siano le cause principali del cambiamento climatico: le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili. Ed è altrettanto chiaro su quali siano le soluzioni prioritarie: la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas, e la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili. Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta – prosegue l’appello – e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate.

    Per queste ragioni invitiamo tutti i media italiani a spiegare chiaramente quali sono le cause della crisi climatica e le sue soluzioni, per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro”.

  • Il costo milionario del vizio di un primo ministro irresponsabile

    L’irresponsabilità aggrava le colpe e persino i crimini, checché se ne dica.

    Marcel Proust

    “Ad un vicin mercato due Compari,/ a corto di denari,/ vendettero d’un grande Orso la pelle,/ d’un Orso, ben inteso,/ che non aveano ucciso ancor né preso”. Così inizia la favola “L’Orso e i due Compari” di Jean de La Fontaine. I compari, due imbroglioni che volevano guadagnare soldi facili con delle eclatanti ma effimere promesse, garantiscono che entro due giorni avranno pronta e consegneranno la pelle dell’orso. Certamente tutto doveva essere ben pagato però. E come ci racconta La Fontaine, i due compari “…senza fare i conti coll’Orso,/ vanno in traccia dell’amico”. Ma il loro coraggio svanisce in seguito, perché appena nel bosco, “…ecco che subito si affaccia/ la belva che galoppa e mostra i denti”. Ovviamente i due compari, tremando dalla paura, si scordano della loro promessa. “Contratto addio! Non è quello il momento/ di far affari colla bestïaccia,/ ma di scappar… e scappan come il vento”. Jean de La Fontaine ci racconta cosa accade in seguito. “L’uno svelto s’arrampica su un albero,/ l’altro si butta in terra colla faccia,/ e fa il morto, non fiata, avendo udito/ che l’orso con chi puzza di cadavere/ di rado si è mostrato inferocito”. E veramente l’orso, sentendo la “puzza da morto” del compare sdraiato per terra, “nel bosco si rintana”. Vedendo l’orso scomparire nel bosco, il compare, salito sull’albero, “…scende allor dal ramo/ e coll’altro di cuore si congratula/ che ancor la sia passata così piana”. Una volta vicino all’altro ancora sdraiato e tremante dalla paura, chiede se l’orso gli avesse detto qualcosa riguardo alla sua pelle “…quando il muso all’orecchio avvicinò?”. Il suo amico, che non mancava di spirito e di pronta risposta, nonostante avesse passato dei brutti momenti pochi minuti prima, disse, se non avesse frainteso l’orso, che “…non bisogna vendere dell’orso/ la pelle mai prima d’averlo preso”. Ovviamente esistono anche altre varianti della stessa favola che, secondo gli studiosi, ci arriva, come tante altre, da Esopo. E si sa che Jean de La Fontaine ha ripreso e messo in versi molte delle favole attribuite ad Esopo, vissuto venticinque secoli fa nell’antica Grecia. Favole dalle quali ci si può imparare sempre. I due amici della favola “L’Orso e i due Compari”, nota anche come “La pelle dell’orso”, somigliano, per le loro ingannatrici promesse, a due altri imbroglioni, personaggi di un’altra nota favola, “I vestiti nuovi dell’imperatore”, maestosamente scritta da Hans Christian Andersen. Anche in questa favola sono due imbroglioni che, appena arrivati nella città dove viveva l’imperatore, spargono la voce di essere degli abili tessitori e di avere un particolare tessuto che non poteva però essere visto dalle persone incapaci e dagli imbecilli. Cosa accade poi è ben noto a noi tutti. Andersen ci racconta che, alla fine, è stato un bambino a mettere fine a quello “stato di incantesimo” che aveva costretto tutti a vedere quello che proprio non c’era. Con la sua innocenza il bambino disse quello che vedevano tutti, ma che nessuno voleva che si sapesse, per paura di passare per degli imbecilli. Disse che il re non aveva niente addosso! Tornando alla favola “L’Orso e i due Compari” di Jean de La Fontaine, l’insegnamento trasmesso, la morale è semplice: non credere mai a coloro che promettono una cosa che difficilmente potranno avere e/o fare.

    Una delle tante significative e vissute testimonianze di quell’insegnamento si è verificata di recente anche in Albania. Fatti accaduti alla mano, ormai anche in base a delle decisioni definitive prese da diversi tribunali internazionali, dimostrano inconfutabilmente che il primo ministro ha molto in comune con i due compari della favola di Jean de La Fontaine. L’unica differenza è che, mentre i due compari promettevano, in cambio di denaro, di consegnare la pelle dell’orso, il primo ministro albanese, dal 2015 e fino a qualche settimana fa, prometteva e giurava pubblicamente di incassare denaro nelle casse dello Stato, in seguito ad una causa giudiziaria da lui generata. Una causa che sulla base aveva la chiusura di un media televisivo che era critico con lui e con il suo operato. Il nostro lettore sarà informato di questo caso nei seguenti paragrafi. Si tratta però di un ulteriore caso che testimonia la consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media in Albania. Una violazione come espressione diretta della volontà e delle spinte vendicative del primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana di questa vissuta, sofferta e testimoniata realtà in Albania (Consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media; 3 aprile 2023). Purtroppo per le casse dello Stato e per i poveri contribuenti albanesi, le “minacce” e le “promesse” del primo ministro, per avere dei milioni come ricompensa al caso giudiziario da lui generato, non sono valse a niente. Anzi, adesso si devono pagare dei milioni per il vizio, uno dei tanti, dell’irresponsabile primo ministro albanese. Ma mentre il compare della favola, quello che ha finto di essere morto, diceva all’altro che “…non bisogna vendere dell’orso/ la pelle mai prima d’averlo preso”, il primo ministro albanese, dopo aver scatenato un caso perso già in partenza, adesso si è “scordato” delle sue “minacce” e delle sue “promesse” e sta cercando di fare delle altre, molto “originali”, per spostare l’attenzione pubblica.

    Il caso in questione riguarda lo scontro del primo ministro albanese con un imprenditore italiano attivo nel campo delle energie rinnovabili e dei rifiuti. Lui è noto in Italia, tra l’altro, anche come amministratore delegato della squadra di pallavolo di Roma che ha vinto lo scudetto 1999-2000. In più lui nel 2014 ha acquisito una squadra di calcio londinese, della terza divisione inglese. Lo stesso imprenditore ha investito in Albania negli anni ’90, insieme con un noto gruppo energetico italiano ed una nota banca tedesca, nel campo delle energie rinnovabili, per la costruzione di una centrale idroelettrica su un fiume nel sud del Paese. In seguito, nell’aprile 2013, ha investito in Albania anche nel campo mediatico, con una importante emittente televisiva. Una emittente che dal 2014 ha cominciato a trasmettere a tempo pieno sia in Albania che anche sul territorio italiano. Ed è proprio con quell’imprenditore, titolare dell’emittente televisiva, con il quale si è scontrato aspramente il primo ministro albanese. Vendetta che è stata scatenata perché la linea editoriale dell’emittente non era gradita al primo ministro albanese. Anzi, era molto critica con lui e con il suo operato. Ovviamente anche l’imprenditore italiano non era uno stinco di santo. Da indiscrezioni rese note a tempo debito, risulterebbe che, trovatosi in difficoltà con gli investimenti sulla centrale idroelettrica, cercava di avere degli accordi con il governo. E siccome i negoziati svolti non hanno dato gli attesi risultati, non per motivi di principio da parte delle autorità albanesi, allora è cominciato anche lo scontro tra le due parti contendenti. Uno scontro che con l’andare del tempo diventò sempre più agguerrito. Ovviamente l’imprenditore italiano e le sue imprese in Albania, soprattutto l’emittente televisiva, partivano in difesa. Invece, da parte del primo ministro albanese, tutto è stato trattato più come una vendetta che come uno scontro e un contenzioso amministrativo. In seguito, per camuffare la vera ragione, il primo ministro e i suoi più stretti collaboratori hanno coinvolto anche le istituzioni del sistema di giustizia, soprattutto la procura ed il tribunale, per colpire l’avversario, l’imprenditore italiano. Da quel momento il caso ha suscitato interesse pubblico e mediatico ed ha scatenato accuse reciproche. Un caso che è finito nelle aule dei tribunali in Albania e poi anche nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America.

    L’accanimento del primo ministro albanese, dei suoi più stretti collaboratori e dei media da loro controllati contro l’imprenditore italiano si scatenò ufficialmente nel giugno 2015, una settimana prima delle elezioni amministrative. Tutto cominciò l’8 giugno 2015 con l’accusa all’imprenditore, da parte della procura albanese, di “evasione fiscale, riciclaggio e falso in documentazione”. Poi proseguì con il sequestro della emittente televisiva, il cui segnale, dal 10 ottobre 2015, venne oscurato. La ‘scusa’ era il “mancato pagamento delle forniture di energia elettrica”. In seguito il 13 novembre 2015 venne oscurato il segnale della stessa emittente sul territorio italiano. Sono stati congelati i beni dell’imprenditore italiano e di sua madre, anche lei azionista dell’emittente televisiva. Il primo ministro albanese, nel giugno 2015, durante una trasmissione televisiva in prima serata, considerava l’imprenditore italiano e i suoi collaboratori come un “fenomeno scandaloso contro il quale abbiamo dichiarato guerra e che combatteremo fino alla fine”. E poi il governo da lui capeggiato avrebbe “fatto tremare le fondamenta del sistema giudiziario”! Nel frattempo l’imprenditore italiano si trovava nella capitale del Regno Unito. Ed era proprio a Londra dove è stato sottoposto ad un arresto eseguito dalla polizia inglese, in seguito ad un mandato di cattura internazionale emesso l’8 giugno 2015 dalla procura albanese. Mandato con il quale si chiedeva l’estradizione dell’imprenditore italiano in Albania per poi essere lì giudicato. Dopo l’avvio del processo giudiziario nel Regno Unito a carico dell’imprenditore italiano, nel luglio 2016 il tribunale londinese Westminster Magistrates Court (Tribunale dei magistrati di Westminster; n.d.a.) non ha accolto la richiesta della procura albanese per l’estradizione. Secondo il tribunale londinese le prove depositate dal governo albanese a carico dell’imprenditore italiano sono state considerate come “totalmente fuorvianti”. Dopo quella sentenza, il governo albanese aveva annunciato un ricorso in appello. Ricorso quello poi dopo ritirato. Chissà perché?! Forse perché le prove non erano veramente attendibili, bensì prefabbricate ad artem solo e soltanto per l’uso dalle istituzioni del sistema di giustizia albanese. L’imprenditore italiano, invece, aveva presentato nel frattempo una richiesta per l’avvio di un procedimento arbitrale contro lo Stato albanese presso l’ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes – Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti; che è un’istituzione della Banca mondiale con sede a Washington D.C.; n.d.a.). Ebbene l’ICSID ha dato ragione all’imprenditore italiano. In seguito anche l’Interpol ha ritirato il mandato d’arresto contro l’imprenditore italiano. Mentre nell’aprile 2019 l’ICSID ha condannato il governo albanese al pagamento all’imprenditore della somma di 110 milioni di euro in risarcimenti e spese. In seguito, contro quella decisione, il governo albanese ha presentato ricorso. Mentre il primo ministro albanese tuonava e giurava che l’imprenditore italiano non avrebbe ricevuto niente, nessun centesimo da parte dello Stato albanese. Lui si è scatenato contro tutti quelli che sostenevano il contrario. Anche sui media internazionali che citavano le decisioni del tribunale londinese Westminster Magistrates Court e dell’ ICSID. Anzi, secondo il primo ministro albanese, sarebbe stato proprio l’imprenditore italiano a dover pagare dei milioni. Una ben nota retorica che da tempo non convince più nessuno. Il 29 marzo scorso è arrivata la decisione definitiva dell’ICSID sul sopracitato ricorso del governo albanese. Ebbene, quel ricorso è stato di nuovo rigettato ed è stata rinnovata la condanna per il governo albanese a pagare all’imprenditore italiano i danni a lui causati. Danni che ammontano a circa 110 milioni di euro, più gli interessi bancari e delle ingenti spese per le procedure giudiziarie.

    Chi scrive queste righe è convinto che l’ingente somma da pagare dai poveri cittadini albanesi è il costo milionario del vizio di un primo ministro irresponsabile. Proprio di colui che adesso, dopo aver fallito con le sue ingannatrici retoriche, le sue promesse e le sue minacce, sta facendo un’altra proposta “originale”. Quella di far uscire l’Albania dall’ICSID, con tutte le gravi conseguenze. Ad oggi lo hanno fatto solo la Bolivia, il Venezuela e l’Ecuador. Paesi che sono noti per delle realtà preoccupanti nei rispettivi territori. Chi scrive queste righe, trova anche delle somiglianze tra il primo ministro albanese e i due compari della favola di Jean de La Fontaine. Ed egli è convinto, come Marcel Proust, che l’irresponsabilità aggrava le colpe e persino i crimini, checché se ne dica.

  • Consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media

    La stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva,

    ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva.

    Albert Camus

    Era il 16 settembre 2022 quando la Commissione europea adottò un regolamento, un Atto per la libertà dei media europei (European Media Freedom Act). Un Atto “per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’Unione”. L’intenzione era, tra l’altro, quella della salvaguardia contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali e, allo stesso tempo, di stabilire misure per proteggere l’indipendenza degli editori e rivelare i conflitti di interesse. Si tratta di un Atto con il quale si cerca di regolamentare l’indipendenza dei media di servizio pubblico, nonché la trasparenza sulla proprietà dei media e sull’allocazione della pubblicità. Si fa altresì sapere da documenti ufficiali resi pubblici che “…la legge per la libertà dei media stabilirà nuovi requisiti per la distribuzione della pubblicità statale ai media affinché la distribuzione sia trasparente e non discriminatoria”. La vicepresidente della commissione per i Valori e la Trasparenza, riferendosi al nuovo Atto ha dichiarato: Negli ultimi anni abbiamo assistito a varie forme di pressione sui media: è giunto il momento di agire. Dobbiamo stabilire principi chiari: nessun giornalista dovrebbe essere spiato a causa del suo lavoro e nessun mezzo di comunicazione pubblico dovrebbe diventare un mezzo di propaganda.”. Mentre il Commissario europeo per il Mercato interno, ha dichiarato che i media, tra l’altro, devono far fronte “…a minacce alla libertà e al pluralismo”.

    Durante la prima settimana dello scorso mese è stato reso pubblico il testo di una risoluzione del Parlamento europeo sull’Albania. Una risoluzione che deve essere discussa adesso in Parlamento, prima di essere definitivamente approvata. Una risoluzione che è molto critica e tratta diversi argomenti della realtà albanese durante l’anno 2022. Tratta con preoccupazione anche la continua violazione della libertà dei media. Nel testo della risoluzione si afferma che il Parlamento europeo “…esprime la sua preoccupazione per la mancanza del progresso al raggiungimento della trasparenza istituzionale e della libertà dei media”. In più si accentua “…il ruolo che hanno i dirigenti politici alla creazione di un ambiente che possa rendere possibile simili libertà”. Nel testo della risoluzione si evidenzia anche che il Parlamento europeo “…condanna gli sforzi per discreditare i giornalisti” per poi condizionare l’informazione pubblica. Si evidenzia anche “…il fallimento a garantire la sicurezza dei giornalisti”. Si afferma che l’Albania ha avuto “un mancato progresso” durante gli ultimi due anni per quanto riguarda la libertà dei media. Tutto ciò dovuto alle “…pressioni politiche contro i giornalisti, soprattutto da parte del governo, mentre il primo ministro ha assunto il ruolo del disciplinatore”. Nel testo della risoluzione si evidenziano anche “…i finanziamenti diretti dei media da parte di diverse agenzie governative, senza trasparenza”. In più si chiede al governo di “…garantire l’indipendenza dei media sulle trasmissioni pubbliche”, di regolamentare i media e di fare “…la trasparenza della proprietà, dei finanziamenti e della pubblicità pubblica dei media”. Bisogna sottolineare però che il testo di questa risoluzione è stato scritto dalla relatrice del Parlamento europeo per l’Albania, che è dello stesso schieramento politico di cui fa parte anche il partito socialista, capeggiato dal primo ministro albanese.

    Nella terza settimana del mese appena passato la violazione della libertà dei media in Albania è stata evidenziata anche dall’ultimo rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Si tratta di un rapporto molto critico che analizza ed evidenzia la corruzione a tutti i livelli delle istituzioni governative ed altre serie problematiche. Il rapporto tratta anche la preoccupante realtà in cui si trovano i media in Albania. Si evidenzia che purtroppo “…ci sono pochi media indipendenti, perché la maggior parte dei media sono di proprietà di noti imprenditori con molteplici interessi, i quali usano i media per far progredire [proprio] quegli interessi”. Il rapporto evidenzia, anche che ci sono prove credibili che “… alti rappresentanti dei media usano i media per ricattare le imprese, minacciandoli con dei rapporti negativi”. Tutto con il tacito, ma ben noto appoggio del governo e soprattutto del primo ministro. Si perché in Albania il primo ministro, colui che fa di tutto per controllare i media, ha degli ottimi rapporti di “collaborazione reciproca” con i proprietari dei media. E se qualcuno, per motivi puramente di interessi imprenditoriali in altri settori, quello delle infrastrutture per primo, cerca di “minacciare” e sgarra nelle politiche editoriali e della copertura mediatica delle attività del primo ministro, allora arriva subito la punizione del primo ministro onnipotente. Il nostro lettore è stato informato anche di queste punizioni (Inevitabili conseguenze dell’irresponsabilità di un autocrate; 6 dicembre 2022).

    La violazione della libertà dei media in Albania, non di rado, è stata trattata anche da noti giornali ed agenzie mediatiche internazionali. Critiche molto dure sono state fatte ufficialmente alcuni mesi fa anche dai rappresentanti della nota organizzazione Reporters Sans Frontières (Reporter senza frontiere; n.d.a.). Il 29 settembre 2022 il noto quotidiano tedesco di orientamento conservatore Die Welt (Il mondo; n.d.a.) ha dedicato un articolo alla preoccupante realtà albanese. Una realtà con molte gravi problematiche legate alla corruzione diffusa, al sistema “riformato” della giustizia e alla violazione della libertà dei media. L’autrice dell’articolo evidenzia, tra l’altro, che infatti “…la corruzione è una piaga per l’Albania che è molto difficile da far guarire. Il Paese si schiera alla 110a posizione tra i 180 dell’Indice della Percezione della Corruzione [attuato] da Transparency Internazional (Trasparenza internazionale; n.d.a.)”. E poi, basandosi su delle verifiche fatte da lei personalmente in Albania, l’autrice evidenzia che la corruzione “…non è presente soltanto negli alti livelli, ma anche nella vita quotidiana di ogni cittadino, dalla visita dal medico alla scelta della scuola elementare”. Sempre in base alle verifiche fatte personalmente sul posto dall’autrice dell’articolo, lei scrive “…l’Albania non è ancora in grado di esercitare un controllo giuridico, costituzionale e parlamentare sul governo”. Perciò il primo ministro ha “le mani libere” per fare quello che lui ha deciso. L’articolo tratta anche la violazione della libertà dei media in Albania. Riferendosi a quello che le ha conferito la rappresentante dell’Unione Europea in Albania, l’autrice scrive che “La concezione della stampa come un correttore ha bisogno di svilupparsi in Albania”, ribadendo che il Paese si schiera alla 103a posizione tra i complessivi 180, secondo la graduatoria pubblicata dai Reporters Sans Frontières. L’autrice dell’articolo scrive che i media, soprattutto quelli televisivi, “sono principalmente nelle mani di alcuni ricchi imprenditori e con dei legami politici”. Aggiungendo che il primo ministro “ha suscitato ultimamente scalpore dopo aver minacciato una giornalista con la ‘rieducazione’”, dopo alcune domande imbarazzanti per lui. In seguito il primo ministro ha escluso la giornalista dalle prossime conferenze stampa.

    Il 18 novembre 2022 sono venuti in Albania un gruppo di giornalisti che rappresentavano i Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e Reporters Sans Frontières. Hanno avuto un difficile incontro con il primo ministro albanese. In una conferenza stampa, dove era presente anche il primo ministro, i giornalisti hanno affermato, tra l’altro, che il primo ministro gli aveva mentito, riferendosi alla sopracitata “condanna” della giornalista con la “rieducazione”. In più i rappresentanti di Reporters Sans Frontières hanno accusato il primo ministro albanese di averli attaccato durante l’incontro che hanno avuto con lui prima della conferenza stampa, in presenza anche di altri rappresentanti istituzionali internazionali. Hanno, altresì, dichiarato però che nonostante quegli attacchi, loro non indietreggeranno. Uno dei rappresentanti di Reporters Sans Frontières ha dichiarato durante la conferenza stampa che l’Albania è l’ultima nei Balcani occidentali per quanto riguarda la libertà dei media, schierandosi solo prima della Turchia. E si sa qual è la realtà dei media in Turchia! In più lui ha dichiarato che il primo ministro albanese non è trasparente e che non possono essere tollerabili le conferenze stampa con delle domande accordate prima. Alcuni rappresentanti di Reporters Sans Frontières presenti all’incontro con il primo ministro hanno confermato, ad una fonte mediatica non controllata dal primo ministro, che durante l’incontro lui “…ha reagito male quando uno di noi ha detto che in Europa solo la Turchia che ha dei giornalisti incarcerati e media chiusi è peggio dell’Albania”. Loro hanno confermato che il primo ministro “…si è scontrato personalmente con gli interlocutori, a volte aggredendoli, a volte cercando di sedurre”. Loro hanno confermato che il primo ministro, durante quell’incontro “…aveva un comportamento tipico di un dirigente non democratico”. Mentre il segretario della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti ha chiesto al governo albanese di aumentare gli sforzi e di non trascurare i giornalisti. In più ha chiesto al governo di “riconoscere il ruolo dei giornalisti come critici nell’interesse  degli cittadini e di applicare le raccomandazioni della Commissione europea e del Consiglio d’Europa sulla sicurezza dei giornalisti”. Lui ha sottolineato: “…siamo stati qui [anche] tre anni fa ed abbiamo constatato il basso livello della libertà dei media. Adesso vediamo che la situazione non è migliorata e, anzi, siamo preoccupati perchè non abbiamo più a che fare con la cattura dei media, ma constatiamo la cattura dei giornalisti per servire gli stretti interessi privati. Ma in una democrazia i media servono per proteggere gli interessi del pubblico”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières hanno evidenziato tutto in un rapporto scritto e reso pubblico il 18 novembre 2022. Loro affermano che “…Per molte delle minacce contro il giornalismo indipendente in Albania, la causa continua ad essere la “cattura” delle parti importanti dell’ambiente mediatico da interessi imprenditoriali”. Riferendosi ai proprietari dei media nel rapporto si afferma che “…usano sistematicamente i loro asset mediatici per servire le loro agende private o politiche, invece che l’interesse pubblico”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières scrivono nel loro sopracitato rapporto, dopo l’incontro con il primo ministro albanese, che “…l’ingerenza diretta dei proprietari dei media sull’indipendenza editoriale è alta”. Secondo loro tutto ciò “…ha minato da tempo la fiducia del pubblico sull’integrità dei media ed ha portato ad una cronica autocensura nell’ambito della comunità dei giornalisti, nonché alla mancanza di un qualitativo rapporto investigativo”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières, dopo l’incontro il 18 novembre scorso con il primo ministro albanese, non sono stati convinti da lui e dalle sue giustificazioni. Essi sono convinti però, riferendosi alla libertà dei media, che “la situazione in Albania sta peggiorando”. E questa conclusione la hanno dichiarata anche durante la sopracitata conferenza stampa con il primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe è convinto che in una dittatura gli spazi per i media indipendenti sono, se non inesistenti, veramente molto, ma molto, limitati. Egli, da anni ormai, è convinto che in Albania è stata restaurata e si sta sempre più consolidando una nuova e pericolosa dittatura. Il nostro lettore è stato molto spesso informato, sempre fatti alla mano, di una simile realtà. Ragion per cui c’era da aspettarsi anche la consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media. Chi scrive queste righe condivide il pensiero di Albert Camus secondo il quale “La stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva, ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva”.

  • La Commissione propone norme per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’UE

    La Commissione europea ha adottato una legge europea per la libertà dei media: una nuova serie di norme per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’UE. La proposta di regolamento prevede, tra l’altro, garanzie contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali e contro la sorveglianza. Pone l’accento sull’indipendenza e sul finanziamento stabile dei media del servizio pubblico come pure sulla trasparenza della proprietà dei media e sulla distribuzione della pubblicità statale. Stabilisce inoltre misure finalizzate alla tutela dell’indipendenza dei responsabili editoriali e alla divulgazione di conflitti di interesse. La legge affronterà infine la questione delle concentrazioni dei media e creerà un nuovo comitato europeo indipendente per i servizi dei media, costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione dei media. La Commissione ha inoltre adottato una raccomandazione complementare con l’obiettivo di incoraggiare la creazione di garanzie interne per l’indipendenza editoriale.

    La legge europea per la libertà dei media farà sì che i media – pubblici e privati – possano operare più facilmente a livello transfrontaliero nel mercato interno dell’UE, senza pressioni indebite e nel contesto della trasformazione digitale dello spazio mediatico.

    • Tutela dell’indipendenza editoriale: il regolamento imporrà agli Stati membri di rispettare l’effettiva libertà editoriale dei fornitori di servizi di media e di migliorare la protezione delle fonti giornalistiche. Inoltre i fornitori di servizi di media dovranno assicurare la trasparenza della proprietà, divulgando pubblicamente tali informazioni, e adottare misure volte a garantire l’indipendenza delle decisioni editoriali individuali.
    • No all’uso di software spia ai danni dei media: la legge per la libertà dei media prevede solide garanzie contro l’uso di software spia ai danni dei media, dei giornalisti e delle loro famiglie.
    • Indipendenza dei media del servizio pubblico: laddove esistano media del servizio pubblico, i finanziamenti loro erogati dovrebbero essere adeguati e stabili, in modo da garantire l’indipendenza editoriale. Il direttore e il consiglio di amministrazione dei media del servizio pubblico dovranno essere nominati con una procedura trasparente, aperta e non discriminatoria. Gli organi di informazione del servizio pubblico dovranno fornire una pluralità di informazioni e opinioni in modo imparziale, in conformità alla loro missione di servizio pubblico.
    • Test del pluralismo dei media: la legge per la libertà dei media impone agli Stati membri di valutare l’impatto delle concentrazioni del mercato dei media sul pluralismo dei media e sull’indipendenza editoriale. Prevede inoltre che qualsiasi misura adottata da uno Stato membro, legislativa, regolamentare o amministrativa, che comporti possibili ripercussioni sui media, sia debitamente giustificata e proporzionata.
    • Trasparenza delle pubblicità statali: la legge per la libertà dei media stabilirà nuovi requisiti per la distribuzione della pubblicità statale ai media affinché la distribuzione sia trasparente e non discriminatoria. La legge migliorerà inoltre la trasparenza e l’obiettività dei sistemi di misurazione dell’audience, che hanno un impatto sugli introiti pubblicitari dei media, in particolare online.
    • Protezione dei contenuti mediatici online: sulla base della legge sui servizi digitali, la legge per la libertà dei media prevede garanzie contro la rimozione ingiustificata di contenuti mediatici prodotti secondo gli standard professionali. Nei casi che non comportano rischi sistemici come la disinformazione, le piattaforme online di dimensioni molto grandi che intendono rimuovere determinati contenuti mediatici leciti considerati contrari alle politiche della piattaforma dovranno comunicare i motivi della prevista rimozione ai fornitori di servizi di media prima che la stessa abbia effetto. Eventuali reclami presentati dai fornitori di servizi di media dovranno essere trattati da tali piattaforme in via prioritaria.
    • Nuovo diritto dell’utente di personalizzazione dell’offerta mediatica: la legge per la libertà dei media introdurrà il diritto di personalizzare l’offerta mediatica su dispositivi e interfacce, come le TV connesse, consentendo agli utenti di modificare le impostazioni predefinite in modo che queste riflettano le loro preferenze.

    La proposta è accompagnata da una raccomandazione che stabilisce una serie di migliori pratiche volontarie raccolte dal settore e volte a promuovere l’indipendenza editoriale e una maggiore trasparenza della proprietà. La raccomandazione fornisce un pacchetto di strumenti comprendente misure volontarie che le imprese del settore dei media possono prendere in considerazione, quali ad esempio condizioni favorevoli per la produzione indipendente di contenuti editoriali, soluzioni per consentire ai giornalisti di partecipare alle decisioni cruciali per il funzionamento degli organi di informazione o strategie volte a garantire la stabilità a lungo termine della produzione di contenuti informativi.

    La Commissione propone di istituire un comitato europeo per i servizi dei media indipendente, costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione dei media. Il comitato promuoverà l’applicazione efficace e coerente del quadro normativo unionale sui media, in particolare assistendo la Commissione nella preparazione di orientamenti sulle questioni di regolamentazione dei media. Sarà inoltre in grado di formulare pareri in merito alle misure e alle decisioni nazionali riguardanti i mercati dei media e le concentrazioni del mercato dei media.

    Il comitato coordinerà inoltre le misure normative nazionali relative ai media di paesi terzi che presentano un rischio per la sicurezza pubblica per garantire che tali media non eludano le norme applicabili nell’UE. Il comitato organizzerà anche un dialogo strutturato tra le piattaforme online di dimensioni molto grandi e il settore dei media per promuovere l’accesso a diverse offerte mediatiche e monitorare il rispetto da parte delle piattaforme delle iniziative di autoregolamentazione, come il codice di buone pratiche dell’UE sulla disinformazione.

    Spetta ora al Parlamento europeo e agli Stati membri discutere la proposta di regolamento della Commissione secondo la procedura legislativa ordinaria. Una volta adottato, il regolamento sarà direttamente applicabile in tutta l’Unione europea. La Commissione incoraggerà le discussioni, in particolare nell’ambito del Forum europeo dei mezzi di informazione, sulle pratiche volontarie delle imprese del settore dei media connesse alla raccomandazione che accompagna la proposta.

    Fonte: Commissione europea

  • Per eleggere il Presidente 24 ore di silenzio stampa

    Per arrivare all’elezione condivisa del Capo dello Stato sarebbe prima di tutto necessario che i vari giornalisti, analisti, commentatori ed esperti decidessero di stare zitti per 24 ore, infatti da giorni non stanno fornendo notizie ma ci propinano diverse e dannose elucubrazioni, che spesso diventano masturbazioni pseudo intellettuali, con il risultato di rendere ancora più difficile un accordo tra le forze politiche.

    In sintesi le uniche cose certe sono che: 1) Draghi potrebbe rimanere a guidare il governo solo se il Capo dello Stato fosse eletto dalla stessa, od eventualmente più ampia, maggioranza che forma  l’attuale governo; 2) se Draghi dovesse andare al Quirinale il nuovo capo del governo dovrebbe garantire la stessa stabilità che ha garantito Draghi e questo è un impegno che solo le forze politiche possono prendere; 3) il Presidente Mattarella, nel suo messaggio di fine anno, ha detto in maniera incontrovertibile che il Parlamento è sovrano, di conseguenza se la grande maggioranza del Parlamento lo votasse non potrebbe  che  tornare ad essere Presidente e noi riavremmo la situazione attuale che ha aiutato e continuerebbe ad aiutare l’Italia nel contesto interno ed internazionale.

    Come ultima, ovvia, considerazione il Presidente della Repubblica deve essere in grado di affrontare, oltre ai noti problemi sanitari ed economici, le nuove emergenze Russia-Ucraina, Cina ed Iran con le conseguenze energetiche e di stabilità in varie aree del pianeta. Difficile immaginare che alcuni dei nomi circolati, più o meno ufficialmente, in questi giorni, benché di buon livello, possano offrire le necessarie garanzie per affrontare questo tipo di problemi. Perciò il richiamo da un lato al buon senso e dall’altro al silenzio è d’obbligo, ma siamo purtroppo certi che tutti continueranno a parlare con la conseguenza che, oltre a dar aria ai denti, renderanno sempre più difficile ogni accordo di buon senso.

  • Censurato e riaperto in poche ore il canale Youtube di Radio Radio

    “Ventisei ore per ripensarci, ed evitare il peggio. A questo punto il soggetto di cui parliamo non è certo Radio Radio, bensì la piattaforma multinazionale di YouTube”. E’ quanto si legge sul sito ufficiale della storica emittente radiofonica romana Radio Radio che, dopo la cancellazione di domenica 14 giugno del suo canale TV da parte del noto colosso statunitense, ha visto la mattina del 15 giugno revocare l’oscuramento avvenuto ‘per violazione delle norme della community’. La sospensione del canale sarebbe dovuta ad una segnalazione riguardante video con contenuti discriminatori su minori che, come dichiarato dal direttore di radioradio.it Fabio Duranti che aveva fatto partire immediatamente una diffida in cui si intimava a Youtube il ripristino del canale previa azioni legali, non sono mai stati pubblicati.

    Alla notizia della censura tante e immediate le rimostranze dei numerosi fan dell’emittente che a Roma e dintorni è nota, e amata, per l’ampio spazio dedicato allo sport, e alle due squadra della capitale, e per i talk di approfondimento di temi di attualità affrontati con modalità fuori dal coro come l’emergenza coronavirus raccontata in queste settimane con personaggi poco presenti nei salotti televisivi abituali e teorie che la maggior parte dei media definirebbe complottiste.

  • In Kazakhstan la XV Edizione dell’Eurasian Media Forum

    La XV edizione dell’Eurasian Media Forum si terrà dal 22 al 24 maggio 2018 ad Almaty, in Kazakhstan.

    Il Forum è stato fondato nel 2001 come istituzione non politica, il cui scopo principale è quello di fornire una nuova piattaforma per esaminare le questioni est-ovest, con il coinvolgimento attivo di personalità politiche, giornalisti e commentatori.

    L’agenda del 2018 affronterà una serie di questioni legate alle sfide globali, tra cui le attuali tensioni tra i Potenti della Terra, le riforme dell’Unione Europea, le fake news e i social media, le nuove tecnologie, i cambiamenti climatici e altro ancora. Il messaggio chiave di questa edizione sarà “Evoluzione”.

    Negli anni il Forum ha ospitato personalità di spicco del mondo accademico, dei mass media, della politica provenienti dagli Stati Uniti, dall’Europa, dall’Eurasia e dal Medio Oriente. L’Eurasian Media Forum è ormai un evento nazionale credibile e riconosciuto che offre  ai partecipanti l’opportunità di incontrare funzionari governativi di alto livello, giornalisti e delegati internazionali che garantiscono la pluralità dei punti di vista.

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