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Il triste esito del “socialismo liberale”

Le due ideologie politiche socialista e liberale si dimostrano sempre più convergenti nella realtà. Da sempre, infatti, all’interno del nostro Paese si confrontano sostanzialmente due schieramenti ideologici in campo politico ma soprattutto economico.

Il primo si definisce espressione di un ipotetico mondo liberale in contrapposizione a quello legato alla ideologia socialista. Il confronto, anche cruento sotto il profilo dialettico, tuttavia alla fine si conclude con il compiaciuto conseguimento di un unico risultato, cioè la nefasta sintesi di entrambi gli approcci ideologici, liberale quanto socialista.

Basti rilevare come la pressione fiscale sia arrivata ad oltre il 50,3% e rappresenti la massima declinazione di una centralità dello Stato e soprattutto di una propria funzione “fondamentale”, come ogni ideologia socialista da sempre propone ed ora applicabile anche nell’ambito dell’Unione Europea.

In questo contesto, già di per sé negativo per le attività economiche quanto per la vita degli stessi cittadini, anche una timida applicazione della teoria liberale potrebbe fungere da contrappeso.

In Italia, però, invece di creare le condizioni per un più agevole accesso ai servizi generati da una sana concorrenza tra monopolisti, la sua applicazione ha permesso la creazione di posizioni di pura speculazione in campo energetico, esercitate a sfavore ovviamente degli utenti.

L’effetto disastroso di questa pseudo economia liberale, la quale in Italia altro non rappresenta se non interessi monopolisti, viene rappresentato dalle tariffe elettriche pagate dalle imprese e dai cittadini nel mese di aprile con i concorrenti europei.

Il confronto impietoso dimostra quanto inaccettabile si sia dimostrata la disonestà intellettuale di tutti i governi che hanno gestito la strategia energetica negli ultimi anni. Il governo Draghi ha atteso vanamente la definizione di un Price Cap a livello europeo mentre la Spagna lo ha adottato fin dall’inizio fissandolo a 40 euro ed il differenziale tra le tariffe praticate risulta imbarazzante.

Successivamente il governo Meloni ha abolito le tariffe tutelate inneggiando ad un fasullo mercato libero come opportunità per gli utenti, aumentando contemporaneamente l’IVA dal 5 al 22%, precedentemente abbassato al governo Draghi.

In altre parole, la sintesi di queste due ideologie teoricamente contrastanti, le quali sono state applicate da tutti i governi che si sono susseguiti alla guida dell’Italia negli ultimi trent’anni, ha creato le condizioni di un mercato energetico privo della funzione calmieratrice dello Stato come di una qualsiasi forma di concorrenza tra monopolisti.

Un disastro strategico epocale il quale condanna il nostro Paese ad una progressiva marginalità all’interno di qualsiasi contesto economico globale, già di per sé appesantito da una folle transizione energetica voluta dall’Unione Europea.

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