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La Ue garantisce equa concorrenza sul mercato e i contadini applaudono: tutela contro lo schiavismo

Non sempre il contado usa il trattore per spargere liquame sulle istituzioni, quando viene accontentato il trattore viene usato per fare il suo lavoro nei campi e il contado plaude alla Ue. «Dopo la più grande manifestazione di agricoltori italiani a Bruxelles da oltre 25 anni, con più di 3mila associati della Coldiretti che hanno lasciato le proprie aziende nella giornata del Consiglio dei ministri agricoli dei 27, lo scorso 26 febbraio 2024» fa sapere un’entusiasta Coldiretti, «il Consiglio e il Parlamento europeo hanno infatti raggiunto un accordo sul regolamento che vieta nel mercato comunitario i prodotti realizzati con il lavoro forzato. Sarà la Commissione europea a condurre le indagini al di fuori del territorio dell’Ue con l’obiettivo di vietare l’immissione e la messa in vendita sul mercato dell’Ue di qualsiasi prodotto realizzato sfruttando il lavoro forzato. Una prima vera svolta per far rispettare, come chiesto a gran voce dalla mobilitazione della Coldiretti, il principio di reciprocità, ossia la necessità che dietro tutti i prodotti in vendita all’interno dei confini europei ci sia la garanzia del rispetto delle stesse norme che riguardano l’ambiente, la salute e anche il lavoro».

Lavoro da fare, piuttosto che proteste contro chi possa e debba svolgere quel lavoro, del resto non manca, a detta proprio di Coldiretti. Un monitoraggio della stessa Coldiretti nei mercati degli agricoltori di Campagna amica sugli effetti concreti dei cambiamenti climatici ha infatti messo in evidenza che le fave vengono raccolte nel Lazio con oltre un mese di anticipo, così come in Sardegna e Puglia, e lo stesso vale per le fragole, mentre in Veneto sono comparsi sui banchi dei mercati contadini gli asparagi verdi; in arrivo ci sono poi anche carciofi romaneschi, piselli, erbe spontanee e agretti.

La finta primavera, con un febbraio che è stato il più caldo mai registrato (+3,09° rispetto alla media storica) e un gennaio con +1,6° – sottolinea la Coldiretti –, ha mandato in tilt le coltivazioni nei campi lungo tutto lo stivale e stravolto completamente le offerte stagionali normalmente presenti su scaffali e bancarelle in questo periodo dell’anno rendendo impossibile una programmazione scalare della raccolta. Il risultato – precisa la Coldiretti – è un boom di primizie sui banchi di verdure e ortaggi dove è possibile trovare una grande varietà di offerta made in Italy. Per ottimizzare la spesa e non cadere negli inganni il consiglio della Coldiretti è quello di verificare l’origine nazionale, acquistare prodotti locali che non devono subire grandi spostamenti, comprare direttamente dagli agricoltori e non cercare per forza la frutta o la verdura perfetta perché piccoli problemi estetici non alterano le qualità organolettiche e nutrizionali, i cosiddetti brutti ma buoni. Nelle scelte dei consumatori grande rilievo viene dato alla freschezza del prodotto e al luogo di acquisto con una tendenza a privilegiare la spesa dal produttore. Anche perché – continua la Coldiretti – la verdura comperata direttamente dal contadino dura di più non dovendo affrontare lunghe distanze per il trasporto prima di arrivare nel punto di vendita ed è più buona e ricca di nutrienti perché raccolta quotidianamente al giusto grado di maturazione.

Complessivamente la superficie italiana coltivata ad ortofrutta – sottolinea la Coldiretti – supera 1 milione di ettari e vale oltre il 25 per cento della produzione lorda vendibile agricola italiana. I punti di forza dell’ortofrutta italiana sono l’assortimento e la biodiversità, con il record di 120 prodotti ortofrutticoli Dop/Igp riconosciuti dall’Ue, la sicurezza, la qualità, la stagionalità che si esalta grazie allo sviluppo latitudinale e altitudinale dell’Italia, una caratteristica vincente per i prodotti ortofrutticoli del Belpaese. Un patrimonio del Made in Italy sul quale pesa però la concorrenza sleale – denuncia Coldiretti – con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. Un esempio sono le nocciole dalla Turchia, su cui pende l’accusa di sfruttamento del lavoro delle minoranze curde. Ma ci sono anche l’uva e l’aglio dell’Argentina e le banane del Brasile gravati da pesanti accuse del Dipartimento del lavoro Usa per utilizzo del lavoro minorile. “E’ assurdo che un Paese come l’Italia che ha la leadership per la produzione ortofrutticola debba importare prodotti dall’estero che peraltro non rispettano le stesse regole alle quali sono sottoposti i nostri agricoltori in materia di ambiente, salute e diritti dei lavoratori” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di imporre a livello Ue il principio della reciprocità, a partire dagli accordi commerciali che offrono paradossalmente condizioni agevolate all’ingresso di frutta e verdura straniere.

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