lavoro

  • Ollolai a caccia di smartworkers, casa in Barbagia a un euro

    Work from Ollolai/Traballa dae Ollolai è il sito realizzato dall’omonimo Comune della Sardegna, in Barbagia,  in collaborazione con l’associazione culturale Sa Mata, per attrarre smart workers. «Sei interessato a lavorare a distanza dalla bellissima Sardegna, in Italia, al costo di 1 solo euro? Il borgo di Ollolai è alla ricerca di professionisti di successo che vogliano dare un contributo alla comunità condividendo le loro conoscenze. In cambio di questo prezioso contributo, potrete godere di un soggiorno quasi gratuito» è l’annuncio/proposta pubblicato sul sito che ha già riscosso un notevole successo: il Comune ha già ricevuto oltre mille richieste da tutto il mondo.

    Clarese Partis, 39 anni, designer dell’agenzia User Experience, viene dalla California ed è stata una delle prime persone che hanno risposto all’appello del Comune, compilando la richiesta all’interno del portale dedicato. «Il mio obiettivo – ha raccontato all’Ansa – è quello di fare il mio lavoro ovunque mi trovi servendomi della rete e delle nuove tecnologie. Quando si è presentata l’opportunità di partire per Ollolai ero entusiasta di venire per godere di una nuova natura, delle montagne e dall’aria fresca. Ci sono da pochi giorni e ci starò un mese, ma devo dire che vivere qui è meglio di quanto mi aspettassi e l’accoglienza è stata calorosissima. C’è così tanto da esplorare in Sardegna e sono felice di immergermi all’interno dell’isola e nella sua cultura».

    Il progetto dell’amministrazione comunale incentiva gli arrivi offrendo una casa al prezzo simbolico di 1 euro al mese, sulla scia di un’iniziativa che il Comune ha avviato qualche anno fa: con 1 euro a Ollolai si può acquistare una casa disabitata, a patto che la si ristrutturi e la si abiti, contribuendo a contrastare lo spopolamento e rilanciare l’economia del borgo. Il sindaco Francesco Columbu dice: «Accoglieremo a braccia aperte tutti quelli che vorranno venire naturalmente in base agli alloggi che abbiamo a disposizione e altrettanto facciamo per Clarese. La loro presenza rivitalizzerà il paese che offre natura, tranquillità, cibo sano, tradizioni e una comunità accogliente. Voglio ricordare anche che siamo una delle cinque blue zone del mondo (le zone della longevità)».

  • L’Agenzia delle Entrate cerca funzionari

    L’Agenzia delle Entrate rinforza i propri ranghi e sta cercando circa 4.500 nuovi funzionari. Un avviso dell’agenzia indica che i concorsi saranno banditi quest’anno, in linea con il piano triennale dei fabbisogni di personale. I profili ricercati sono quelli di funzionario per attività tributaria e funzionario per servizi di pubblicità immobiliare.

    Il programma complessivo, indicato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nei mesi scorsi è di 11mila assunzioni entro la fine del 2024, delle quali circa 6mila quest’anno. Questi ingressi, dopo anni di tagli e di spending review, consentirebbe all’Agenzia di “superare la boa della sopravvivenza”, secondo il direttore. Per accedere ai nuovi concorsi da funzionario è necessario almeno un diploma di laurea triennale giurisprudenza oppure (ma solo nel caso dei funzionari per l’attività tributaria) in economia e in scienze politiche.

    I funzionari per attività tributaria sono responsabili dell’attività in materia fiscale, dall’assistenza agli utenti sugli adempimenti fino all’elaborazione della modulistica e all’attività di analisi e ricerca dei fenomeni illeciti. Le prove per selezionarli partiranno dal diritto tributario ed elementi di teoria dell’imposta. Tra le materie d’esame ci saranno anche il diritto civile e commerciale, il diritto amministrativo, la contabilità aziendale ed elementi di diritto penale, con particolare riferimento ai reati con la pubblica amministrazione e i reati tributari.

    Un profilo diverso è quello dei funzionari per servizi di pubblicità immobiliare, che si occupano dei registri immobiliari che consentono di risalire alla titolarità dei beni e all’eventuale presenza di pesi o vincoli che ne limitano il godimento, come ad esempio le ipoteche. I loro compiti includono, tra gli altri, l’assistenza e consulenza agli utenti e l’attività di aggiornamento e conservazione delle banche dati. In questo secondo caso i concorsi tratteranno temi di diritto civile, diritto amministrativo, elementi di diritto processuale civile, elementi di diritto tributario ed elementi di diritto penale.

  • Schiavismo in Cina, denuncia contro le case automobilistiche tedesche

    I gruppi automobilistici tedeschi Volkswagen, Bmw e Mercedes-Benz sono stati denunciati dall’organizzazione non governativa Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) per sfruttamento del lavoro forzato in Cina. Presentata all’Ufficio federale tedesco per l’economia e i controlli sulle esportazioni (Bafa), la denuncia accusa le aziende di non aver fornito alcuna prova di un’adeguata gestione del rischio di lavoro forzato nei loro impianti nello Xinjiang.

    Si tratta della regione autonoma della Cina nord-occidentale popolata dagli uiguri, minoranza turcofona di religione islamica che, sulla base di numerose testimonianze, si ritiene sia oggetto di repressioni da parte delle autorità di Pechino. La legge sulle catene di approvvigionamento in vigore in Germania obbliga le aziende a migliorare la protezione dell’ambiente e dei diritti umani lungo le filiere globali. In particolare, le imprese che producono all’estero o vi fanno fabbricare parti dei propri beni devono assumersi la responsabilità dei processi di produzione e delle condizioni di lavoro presso fornitori. Come autorità di controllo, il Bafa monitora il rispetto della legge sulle catene di approvvigionamento e può sanzionare i trasgressori. Ora, la denuncia dell’Ecchr contro Volkswagen, Mercedes-Benz e Bmw è sostenuta dal Congresso mondiale degli uiguri e dall’Associazione degli azionisti etici di Germania.

    Nello Xinjiang, il primo dei tre gruppi ha una fabbrica per l’assemblaggio delle auto, che gestisce con il partner cinese Saic. Al momento, l’azienda sta preparando un’indagine indipendente sull’impianto ed è “in buoni colloqui” con Saic. In merito alla denuncia dell’Ecchr, Volkswagen si è detta sorpresa, aggiungendo che la esaminerà prima di commentarla. In passato, l’azienda ha ripetutamente affermato di non essere coinvolta in violazioni dei diritti umani. A sua volta, Bmw ha comunicato di “prendere molto sul serio” segnalazioni come quella dell’ong e ha precisato di non essere direttamente attiva nello Xinjiang. A ogni modo, il gruppo è in contatto con i fornitori e li esorta a chiarire eventuali dubbi. Nel caso in cui le accuse fossero ritenute valide e verificabili, verrebbero intraprese azioni appropriate per garantire il rispetto degli standard di approvvigionamento responsabile. Da parte di Bmw non è stato rilasciato alcun commento riguardo alla denuncia dell’Ecchr.

  • Una famiglia su tre insoddisfatta del quadro economico

    Il quadro economico delle famiglie è peggiorato nel 2022: lo scatto in negativo è stato colto dall’Istat con il report ‘La soddisfazione dei cittadini per le condizioni di vita’, che ha esaminato l’ultimo anno segnato dall’emergenza Covid. I risultati dello studio fanno emergere, di controcanto, una soddisfazione diffusa da parte dei giovani nella fascia d’età 14-19 anni, contenti di aver ritrovato tempo libero e relazioni amicali dopo i lunghi mesi della pandemia.

    Nel 2022, dunque, il 35,1% dei nuclei familiari ha vissuto un aggravamento delle condizioni economiche, andamento che è stato peggiore nelle regioni del Nord, dove il giudizio negativo si è attestato al 35,8% rispetto al 29,4 dell’anno precedente. La situazione non migliora se valutata nel complesso: nel 2022 il grado di soddisfazione per lo stato di salute del proprio portafogli ha segnato una flessione rispetto al 2021, attestandosi al 57% (contro il 58,3% precedente). Calo evidente anche tra le persone in là con gli anni: il 58,8% di chi aveva 75 anni e più ha dichiarato di essere molto o abbastanza soddisfatto (era il 64,5% nel 2021). Al contrario nell’ambito professionale si è registrato un incremento della soddisfazione tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (dal 64,1% al 69,2%), e in maniera più marcata tra le donne (dal 61,9% al 70,3%). In ascesa anche la soddisfazione tra i lavoratori in proprio (dal 46,3% al 51,2%) e tra chi era in cerca di nuova occupazione (dal 27 al 32%).

    Il confronto a livello nazionale sulle capacità economiche conferma purtroppo le distanze tra il nord e il sud, con il primo che si dichiara molto o abbastanza soddisfatto (il 61,5% dei cittadini) e il secondo che evidenzia una flessione, attestandosi al 50,9%. E rispetto al 2021 si è rilevata una flessione maggiore nel Centro, che dal 58,7% è passato al 56,7%.

    Come accennato è andata diversamente per i più giovani, che nel 2022 hanno salutato con favore la ripresa delle attività sociali, un gradimento che è stato espresso dal 58,2% degli interpellati tra i 14 e i 19 anni, con un balzo positivo di 5,9 punti rispetto al 2021. Ad aver goduto della ritrovata libertà anche le persone più mature, almeno se è vero che i 65enni hanno espresso giudizi favorevoli nell’88,6% dei casi, in crescita rispetto all’85,6% di un anno prima. La nota dolente arriva quando viene esaminato lo stato di salute, ambito che comprensibilmente sconta un giudizio più severo tra le persone anziane: per quelle con 75 anni e più i giudizi favorevoli sono passati dal 59,1% del 2021 al 55,3 del 2022.

  • Dichiarazione della Commissione europea e dell’Alto rappresentante in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile

    In occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, la Commissione europea e l’Alto rappresentante Josep Borrell hanno rilasciato la seguente dichiarazione:

    “L’Unione europea si impegna da tempo per eliminare il lavoro minorile e tutelare i diritti dei minori. Questo fenomeno rimane diffuso in tutto il mondo, insieme al lavoro forzato e ad altre forme di sfruttamento dei minori. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, il fenomeno del lavoro minorile interessa ancora 160 milioni di bambini, metà dei quali sfruttati in lavori pericolosi. In linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e con l’Appello all’azione di Durban, e come previsto dal Piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, l’Unione europea si impegna a eliminare il lavoro forzato, la schiavitù moderna, la tratta di esseri umani e tutte le forme di lavoro minorile entro il 2025.

    La Strategia globale dell’Unione europea sui diritti dei minori (2020-2024) pone l’eliminazione del lavoro minorile al centro della propria dimensione mondiale. Con il primo Piano d’azione per i giovani nell’ambito dell’azione esterna sono state proposte misure concrete di follow-up.

    L’UE aspira a diventare membro dell’Alliance 8.7 e si impegna, insieme ai partner, ad accelerare gli sforzi necessari per tutelare i diritti di tutti i minori e permettere loro di godere dell’infanzia senza subire alcuna forma di sfruttamento o abuso”.

  • Nel Mezzogiorno lavora meno di una donna su tre

    Nel Mezzogiorno d’Italia lavora meno di una donna su tre e il tasso di occupazione femminile nel Paese è di oltre 10 punti percentuali inferiore alla media europea: 43,6% contro 54,1%. In sintesi: l’Italia non è ancora un Paese per donne, con punte di estrema difficoltà al Sud, dove si registra un tasso di occupazione pari al 28,9% contro il 52% del Nord.

    A fotografare divari divenuti ormai cronici è un focus sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro contenuto nel rapporto “Terziario&Lavoro” dell’Ufficio studi di Confcommercio. Lo studio evidenzia come il gap occupazionale tra Italia e Ue risulti invece meno marcato per gli uomini: 60,3% in Italia, 64,7% in Europa.

    Analizzando i dati del 2019, non impattati dalle turbolenze scaturite dalla pandemia, Confcommercio stima che si avrebbero 433mila donne occupate in più se il tasso di disoccupazione femminile in Italia, pari all’11,1%, venisse portato al valore europeo, che si attesta al 7,2%. Un aiuto può arrivare dal settore terziario. Su 100 donne dipendenti infatti ben 75 lavorano nel terziario di mercato e 69 hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre per gli uomini alle dipendenze il valore scende al 52%. Insomma è qui che, secondo la presidente nazionale del Gruppo Terziario Donna Confcommercio, Anna Lapini, “vi sono le maggiori opportunità di occupazione femminile”. Una occupazione «di qualità”, spiega, “che Confcommercio sostiene anche promuovendo progetti concreti, come la certificazione di parità di genere, un sistema premiante per le aziende che contrasta il divario di genere in termini di inclusione professionale, retribuzioni, opportunità di carriera, formazione, conciliazione fra tempi di vita e lavoro”.

    Tuttavia la strada per colmare i divari è ancora lunga, come testimoniano ulteriormente i dati sul tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Guardando alla componente femminile, rileva lo studio, l’Italia soffre di un cronico ritardo nel confronto con i principali partner internazionali. Anche in questo caso emergono forti divari territoriali: il tasso di partecipazione femminile rispetto al valore medio europeo al Nord è inferiore di 2,5 punti, al Centro di 5 punti, al Sud di 25 punti, fermandosi in quest’area al 36% circa.

    “Per migliorare questa condizione – spiega Confcommercio – al di là delle necessarie politiche attive e della riorganizzazione ad ampio spettro dei servizi a supporto della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che scontano forti ritardi nel Mezzogiorno, la soluzione non può che passare per la valorizzazione della produttività e dall’incremento di innovazione e investimenti nel terziario di mercato».

  • In ospedale un medico su tre cambierebbe lavoro

    La fuga dagli ospedali è un desiderio per un medico su tre che si dice disposto a cambiare lavoro per avere più tempo libero e stipendi più alti. Fra i medici più avanti con l’età compare anche l’esigenza di una maggiore sicurezza sul lavoro. E la fascia di età più in crisi è quella tra i 45 e i 55 anni. E’ quanto emerge da una survey del maggior sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, a cui hanno risposto 2130 tra medici e dirigenti sanitari. Più della metà (56,1%) tra medici e dirigenti sanitari è insoddisfatta delle condizioni del proprio lavoro e 1 su 4 (26,1%) anche della qualità della propria vita di relazione o familiare. Un sintomo inequivocabile di quanto il lavoro ospedaliero sia divenuto causa di sofferenza e di alienazione.

    Una insoddisfazione che cresce con l’aumentare della anzianità di servizio e delle responsabilità, tanto che i giovani medici in formazione (24,6%) si dichiarano meno insoddisfatti dei colleghi di età più avanzata (36,5%), tra i quali si raggiunge l’apice nella fascia di età tra i 45 e i 55 anni, un periodo della vita lavorativa in cui si aspetta quel riconoscimento professionale che il nostro sistema, però, non riesce a garantire. Per quanto riguarda i cambiamenti desiderati nel lavoro, il podio è occupato da incrementi delle retribuzioni con il 63,9% delle risposte, e da una maggiore disponibilità di tempo con il 55,2%. E sono gli over 65 quelli che considerano prioritaria una maggiore sicurezza. Al contrario, l’esigenza dei giovani di una maggior disponibilità di tempo per la famiglia e il tempo libero è più alta rispetto ai colleghi con maggior anzianità di servizio. In generale, l’aumento delle retribuzioni e del tempo libero hanno un peso maggiore nelle aspettative rispetto alla progressione di carriera. Il 20% degli intervistati si dichiara ancora indeciso, segno del fatto che almeno una volta si è interrogato sul futuro della professione e sul suo ruolo all’interno del sistema.

    La crisi della professione è più sentita al sud rispetto al nord: si va dal 53,6% del nord, passando al 56,3% del centro per finire al sud e isole con ben il 64,2% di insoddisfatti. Ma il dato appare – osserva il sindacato – talmente diffuso da “configurare quasi una patologia endemica con la quale convivere e per la quale non esiste vaccino o terapia”. Pesa il fatto che l’Italia spenda solo il 6,1% del Pil per la sanità, la cifra più bassa tra i paesi del G7, ben al di sotto della media europea di 11,3% con il costo della sanità privata pari al 2,3%, poco sopra la media europea. Occorre immaginare – propone l’Anaao Assomed – un nuovo modello che tenga nella dovuta attenzione la presa in carico del paziente, sia cronico che in acuzie, aumentando posti letto e personale, e implementando quella medicina di prossimità che appare oggi sempre più teorica, liberando i professionisti dalla medicina di carta che sottrae tempo alla cura.

  • In Italia deficit di 23.000 colf all’anno

    Sempre più famiglie sono in difficoltà nel trovare badanti, baby sitter e colf. Servono fino a 23mila lavoratori domestici non comunitari in più all’anno per rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più anziana, secondo le stime di Assindatcolf. L’associazione dei datori di lavoro domestico chiede al governo di tenere conto di queste esigenze nella programmazione annuale dei decreti flussi.

    Una ricerca, realizzata per l’associazione dal centro studi e ricerche Idos e presentata alla Camera, prevede che sempre più persone avranno bisogno, per l’assistenza familiare, di personale di Paesi extra Ue: nel 2025 saranno oltre 1.400.000 i datori di lavoro che vi punteranno, dai circa 1.328.000 del 2022. In 687mila necessiteranno di badanti e 715mila di colf e altri profili.

    A partire da questi numeri, lo studio calcola un fabbisogno di manodopera aggiuntiva che oscillerebbe, nel triennio 2023-2025, tra 74mila lavoratori, nell’ipotesi mediana, e 89mila lavoratori, nell’ipotesi massima, che tiene conto anche di quanti colf e badanti che andranno in pensione nel frattempo.

    Al netto dei lavoratori di paesi dell’Unione europea, il fabbisogno di manodopera aggiuntiva non comunitaria si attesta tra circa 57mila e 68mila persone per l’intero triennio, per una media annua di 19-23mila nuovi inserimenti dall’estero. Del resto su 961mila lavoratori domestici regolari nel 2021, 672mila erano stranieri (circa il 70%) e tra di loro 514mila provenivano da paesi non comunitari. A questi si aggiungono quelli degli irregolari.

    Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha detto, a margine dell’evento, che è allo studio “un abbassamento delle tasse affinché si ottenga l’emersione del lavoro nero nel settore dei lavoratori domestici». Sul decreto flussi, la richiesta del presidente di Assindatcolf, Andrea Zini, è che “questi numeri, che bene descrivono il fabbisogno familiare, e non quello delle imprese, possano trovare spazio nell’annunciata nuova programmazione triennale, da cui il comparto domestico è rimasto escluso negli ultimi 12 anni”.

  • C’è più lavoro che prima del Covid: in due anni un milione di posti

    Il lavoro cresce più del pre-Covid ed è stabile. La ripresa dell’occupazione, nonostante il rallentamento alla fine dell’anno scorso, riesce così a “riassorbire completamente” la caduta causata dalla pandemia: tanto che in due anni, tra il 2021 e il 2022, conta quasi un milione di nuovi posti. A certificare il bilancio positivo è il rapporto sul mercato del lavoro realizzato da ministero del Lavoro, Banca d’Italia e Anpal.

    I dati dicono che nel solo 2022 sono stati creati più di 380mila posti, un valore superiore a quello registrato nel 2019, prima dell’emergenza sanitaria, quando si erano toccati i 308mila. E questa crescita occupazionale è legata quasi esclusivamente alle assunzioni a tempo indeterminato: oltre 400mila i posti di lavoro stabili in più, a fronte di una sostanziale stazionarietà dei contratti a termine e di un calo di oltre 50mila dei contratti di apprendistato. Aggiungendo i risultati del 2021, con oltre 600mila posizioni lavorative in più, ecco che nell’ultimo biennio il settore privato ha creato quasi un milione di nuovi posti.

    Tuttavia si conferma il rallentamento del mercato del lavoro a fine dell’anno scorso. La domanda, sottolinea il rapporto, “è rimasta sostenuta fino all’inizio dell’estate, riportando l’occupazione sul sentiero di crescita pre-pandemico. Nei mesi successivi la dinamica è rimasta positiva ma si è indebolita”.

    E comunque non va allo stesso modo per tutti. Tra i settori, la ripresa occupazionale dell’ultimo biennio è stata infatti eterogenea. Il comparto del turismo, che maggiormente ha risentito della crisi sanitaria, malgrado il buon andamento della stagione estiva, rimane ancora sotto i livelli pre-Covid. Meglio, invece, per le costruzioni che, anche sulla spinta del Superbonus, hanno registrato tassi di crescita molto elevati a partire dall’estate del 2020; nonostante il più recente rallentamento, la domanda di lavoro in questo settore dovrebbe rimanere sostenuta, viene evidenziato, anche grazie ai piani di investimento previsti dal Pnrr. Un rallentamento che ha pesato nella seconda metà dell’anno scorso particolarmente sul Sud, dove di più il comparto edile aveva spinto l’occupazione. In generale comunque la crescita si è concentrata nel Centro Nord. A dicembre il numero dei contratti a termine ha ripreso a salire.

    A novembre, intanto, è risalito il fatturato dell’industria: dopo due mesi di flessioni, come indicato dall’Istat, è tornato a crescere su base mensile mettendo a segno un +0,9% con una dinamica positiva sul mercato interno (+0,6%) e su quello estero (+1,3%). Su base annua, la crescita è dell’11,5% (+10,1% sul mercato interno e +14,3% su quello estero). Tra i raggruppamenti principali di industrie, l’aumento tendenziale più alto si registra per l’energia (+19,5%) che, però, su base mensile scende dell’1,8%.

    Sul fronte delle imprese, restano in territorio positivo ma rallentano le nascite di nuove attività. Dopo il brusco stop del 2020 (quando il saldo si fermò a solo +19mila) e il rimbalzo del 2021 (+87mila), con il 2022 il bilancio tra aperture e chiusure si attesta a 48mila attività in più (+0,8%) rispetto all’anno precedente, come emerge dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio. Anche in questo caso, il contributo più rilevante al risultato annuale arriva dal settore delle costruzioni (+21mila). Nel confronto con il 2021 si vede però che le nuove aperture diminuiscono del 6% e invece aumentano le chiusure (+7,5%): in valori assoluti sono rispettivamente 313mila e 265mila.

  • Cresce richiesta laureati ma uno su due non si trova

    Non solo i ricercatissimi esperti di materie Stem, ingegneri, fisici, matematici e informatici: in generale in Italia continua a crescere la richiesta di laureati da parte delle imprese ma quasi uno su due non si trova. E tra i profili più ricercati ci sono economisti ed insegnanti. Secondo i dati di Unioncamere e Anpal infatti nel 2022 la domanda di personale laureato è cresciuta ancora superando le 780mila unità, il 15,1% del totale dei contratti e l’1,4% in più rispetto all’anno precedente ma il 47% di questi profili, è risultato difficile da trovare, richiedendo un ricerca che può impegnare anche 4-5 mesi. Tradotto in numeri, 2 milioni di assunzioni nel 2022 per le quali le imprese hanno riscontrato difficoltà, circa 600mila in più rispetto all’anno scorso e quasi il doppio di prima della pandemia.

    E se nell’anno appena trascorso i più difficili da trovare sono stati i laureati in indirizzo sanitario paramedico (con una difficoltà di reperimento del 65%), quelli in ingegneria elettronica e dell’informazione (61%) e scienze matematiche, fisiche e informatiche (60%) l’indirizzo economico si attesta saldamente in cima alla classifica tra le lauree maggiormente ricercate dalle imprese: sono quasi 207mila le entrate previste lo scorso anno. Non solo, al secondo posto l’indirizzo insegnamento e formazione con 116mila ingressi previsti, poi l’indirizzo sanitario e paramedico (oltre 76mila), quello di ingegneria civile ed architettura (57mila) scienze matematiche, fisiche e informatiche (54mila).

    «Il mancato incontro tra domanda e offerta è una delle grandi strozzature del mercato del lavoro italiano”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ricorda la piattaforma excelsiorienta per aiutare gli studenti a conoscere ed orientarsi meglio nel mondo del lavoro, “in modo da scegliere il percorso di studi più adeguato alle proprie attitudini e alle esigenze delle imprese».

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