lavoro

  • Otto lavoratori su dieci trovano un lavoro dopo aver ricevuto il sostegno del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione

    Secondo una relazione pubblicata dalla Commissione europea, più di otto lavoratori licenziati su dieci (81%) hanno trovato un nuovo lavoro entro 18 mesi dal ricevimento del sostegno del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). L’ultima relazione biennale di attività del FEG ha evidenziato il ruolo chiave del fondo nell’aiutare i lavoratori licenziati a riqualificarsi e reinserirsi nel mercato del lavoro. Grazie al suo sostegno, i lavoratori sono stati in grado di acquisire nuove competenze, comprese quelle digitali, prepararsi a nuove opportunità di lavoro attraverso il tutoraggio, l’orientamento professionale e l’assistenza nella ricerca di lavoro, o avviare una propria impresa.

    I dati della relazione si basano sulle relazioni finali di attuazione delle misure del FEG presentate nel 2023 e nel 2024, che riguardano il sostegno a oltre 5.300 lavoratori. In questi due anni il Fondo ha investito 16,4 milioni di euro in formazione, ricerca di lavoro e altre forme di sostegno.

    Dal 2007 ad oggi il FEG ha fornito 719 milioni di € in 185 casi di esuberi collettivi, offrendo sostegno a oltre 175 000 lavoratori licenziati in 20 Stati membri.

  • La Cina chiude il cerchio

    L’ultima decisione del colosso cinese in relazione al settore Automotive è rappresentata dalla sospensione degli incentivi all’acquisto delle auto elettriche. Questa decisione si rivela decisamente anticiclica sia sotto il profilo economico che ideologico e chiude il cerchio di una strategia di politica estera ed economica cinese con il conseguimento degli obiettivi. E dimostra, innanzitutto, ancora una volta, come le autovetture elettriche non rappresentassero l’opzione strategica all’interno di una ideologia ambientalista e tantomeno un fattore economicamente sostenibile.

    In altre parole, la transizione elettrica si è rivelata semplicemente come uno strumento politico e soprattutto economico finalizzato alla crescita della dipendenza europea dalle forniture cinesi e, di conseguenza, un fattore di crescita dell’ingerenza politica della Cina.

    Lo stesso monopolio delle terre rare che rende ora il colosso cinese centrale in qualsiasi politica di sviluppo tanto europea quanto statunitense è stato realizzato negli ultimi decenni con la totale miope sottovalutazione strategica dei vertici politici europei e statunitensi. I primi impegnati in una ridicola transizione ambientalista ma non preoccupandosi delle materie prime con le quali realizzarla, i secondi incapaci di apprezzare l’indipendenza energetica che lo Sheil Oil e Sheil Gas hanno garantito liberandoli dal ricatto mediorientale, ma ora si trovano nuovamente ostaggio del colosso cinese, cioè da una istituzione politica a loro avversa.

    E mentre il successo elettorale di una finta ideologia progressista spingeva i vertici politici europei ad occuparsi dei tappi per le bottiglie ed i secondi della tutela della economia finanziaria, la Cina, giocando proprio sulla pochezza espressa dai vertici delle istituzioni occidentali, ha raggiunto e realizzato una vera e propria dipendenza nel mondo occidentale dalle proprie forniture di terre rare.

    In altre parole, la assoluta miopia europea che ha impostato ed abbracciato questo delirio ambientalista del GreenDeal, il quale ha determinato anche il divieto alle auto endotermiche al 2035 anticipato al 2030 per quanto riguarda le flotte aziendali ed autonoleggio, nei fatti si è dimostrata la piattaforma ideologica perfetta per realizzare il quadro del gigante cinese e così portare a compimento il proprio progetto di allargamento della propria ingerenza politica.

    La Cina è stata, e rimane, il principale alleato del delirio europeo relativo alla transizione elettrica nella mobilità come della digitalizzazione (imperdonabile scegliere una strategia senza valutare le problematiche che la rendano possibile). Un errore clamoroso che ha visto coinvolte anche le case automobilistiche europee le quali, ignorando, o peggio, sottovalutando ogni valutazione sulle potenzialità del mercato, hanno abbracciato ed investito nel delirio di una transizione elettrica che ora pagano con delle trimestrali da brividi. Volkswagen e Porsche presentano, infatti, trimestrali disastrose non tanto legate al calo delle vendite quanto agli assurdi investimenti in impianti per la produzione di automobili elettriche che il mercato non vuole ora e probabilmente neppure domani.

    La miopia occidentale ha portato la Cina di fatto a diventare la prima potenza strategica nel mondo non tanto per una potenzialità economica e culturale, quanto grazie agli effetti delle proprie strategie di approvvigionamento tali da renderla monopolista. In più la Cina è riuscita addirittura ad esportare un modello di sviluppo che ora con la fine degli incentivi abbandona senza alcun rimorso, mentre i governi europei e in particolare quello italiano hanno ancora una volta dimostrato di avere sottoscritto sic et nunc.

    Basti ricordare che contemporaneamente alla sospensione degli incentivi alle auto elettriche in Cina, con una coincidenza persino comica, il governo italiano ha varato un piano di incentivi per il passaggio proprio alla mobilità elettrica. Con un tempismo che dimostra sostanzialmente l’assoluta disconnessione, incompetenza ed inadeguatezza del governo e soprattutto dei ministri competenti per materia.

    Il buio strategico che l’Europa e gli Stati Uniti hanno dimostrato negli ultimi decenni durante la corsa all’approvvigionamento cinese si rivela sicuramente come il più tragico a livello strategico dal dopoguerra ad oggi e conferma la sostanziale incapacità delle esponenti istituzionali occidentali ad affrontare la complessità di un mercato globale.

    Ancora una volta, la presunzione occidentale basata su di una superiorità intoccabile ha fatto sì che al vertice istituzionale degli Stati Uniti e delle istituzioni europee potessero accedere persone prive di ogni qualifica ma forti della sola legittimazione elettorale, mentre la Cina è riuscita a chiudere il quadro della propria strategia riuscendo ad esportare in Europa l’ideologia ambientalista che pone le proprie auto al centro di tale sviluppo mentre gli Stati Uniti hanno spinto per un modello di sviluppo economico senza preoccuparsi degli elementi base per sostenerlo.

    Non va trascurato come la forza della Cina sia stata sostenuta soprattutto dalla debolezza delle istituzioni occidentale le quali invece di pensare al futuro nel medio e lungo termine hanno abbracciato, coadiuvati dalla miope complicità del mondo accademico, ideologie e soprattutto modelli politici con un respiro strategico fino alla settimana successiva o al massimo al prossimo appuntamento elettorale.

    Il declino culturale di un continente non è espresso dalla mancanza di tutela dei vari generi come richiede la cultura Woke e tantomeno da rigurgiti “fascisti” nostalgici considerati pericolosi per la democrazia. Il vero declino culturale è rappresentato dalla incapacità di leggere ed immaginare il futuro economico e di sviluppo del proprio continente, proprio mentre la Cina chiude il proprio cerchio relativamente allo sviluppo dell’economia occidentali.

    L’ultima decisione del colosso cinese in relazione al settore Automotive è rappresentata dalla sospensione degli incentivi all’acquisto delle auto elettriche. Questa decisione si rivela decisamente anticiclica sia sotto il profilo economico che ideologico e chiude il cerchio di una strategia di politica estera ed economica cinese con il conseguimento degli obiettivi. E dimostra, innanzitutto, ancora una volta, come le autovetture elettriche non rappresentassero l’opzione strategica all’interno di una ideologia ambientalista e tantomeno un fattore economicamente sostenibile.

    In altre parole, la transizione elettrica si è rivelata semplicemente come uno strumento politico e soprattutto economico finalizzato alla crescita della dipendenza europea dalle forniture cinesi e, di conseguenza, un fattore di crescita dell’ingerenza politica della Cina.

    Lo stesso monopolio delle terre rare che rende ora il colosso cinese centrale in qualsiasi politica di sviluppo tanto europea quanto statunitense è stato realizzato negli ultimi decenni con la totale miope sottovalutazione strategica dei vertici politici europei e statunitensi. I primi impegnati in una ridicola transizione ambientalista ma non preoccupandosi delle materie prime con le quali realizzarla, i secondi incapaci di apprezzare l’indipendenza energetica che lo Sheil Oil e Sheil Gas hanno garantito liberandoli dal ricatto mediorientale, ma ora si trovano nuovamente ostaggio del colosso cinese, cioè da una istituzione politica a loro avversa.

    E mentre il successo elettorale di una finta ideologia progressista spingeva i vertici politici europei ad occuparsi dei tappi per le bottiglie ed i secondi della tutela della economia finanziaria, la Cina, giocando proprio sulla pochezza espressa dai vertici delle istituzioni occidentali, ha raggiunto e realizzato una vera e propria dipendenza nel mondo occidentale dalle proprie forniture di terre rare.

    In altre parole, la assoluta miopia europea che ha impostato ed abbracciato questo delirio ambientalista del GreenDeal, il quale ha determinato anche il divieto alle auto endotermiche al 2035 anticipato al 2030 per quanto riguarda le flotte aziendali ed autonoleggio, nei fatti si è dimostrata la piattaforma ideologica perfetta per realizzare il quadro del gigante cinese e così portare a compimento il proprio progetto di allargamento della propria ingerenza politica.

    La Cina è stata, e rimane, il principale alleato del delirio europeo relativo alla transizione elettrica nella mobilità come della digitalizzazione (imperdonabile scegliere una strategia senza valutare le problematiche che la rendano possibile). Un errore clamoroso che ha visto coinvolte anche le case automobilistiche europee le quali, ignorando, o peggio, sottovalutando ogni valutazione sulle potenzialità del mercato, hanno abbracciato ed investito nel delirio di una transizione elettrica che ora pagano con delle trimestrali da brividi. Volkswagen e Porsche presentano, infatti, trimestrali disastrose non tanto legate al calo delle vendite quanto agli assurdi investimenti in impianti per la produzione di automobili elettriche che il mercato non vuole ora e probabilmente neppure domani.

    La miopia occidentale ha portato la Cina di fatto a diventare la prima potenza strategica nel mondo non tanto per una potenzialità economica e culturale, quanto grazie agli effetti delle proprie strategie di approvvigionamento tali da renderla monopolista. In più la Cina è riuscita addirittura ad esportare un modello di sviluppo che ora con la fine degli incentivi abbandona senza alcun rimorso, mentre i governi europei e in particolare quello italiano hanno ancora una volta dimostrato di avere sottoscritto sic et nunc.

    Basti ricordare che contemporaneamente alla sospensione degli incentivi alle auto elettriche in Cina, con una coincidenza persino comica, il governo italiano ha varato un piano di incentivi per il passaggio proprio alla mobilità elettrica. Con un tempismo che dimostra sostanzialmente l’assoluta disconnessione, incompetenza ed inadeguatezza del governo e soprattutto dei ministri competenti per materia.

    Il buio strategico che l’Europa e gli Stati Uniti hanno dimostrato negli ultimi decenni durante la corsa all’approvvigionamento cinese si rivela sicuramente come il più tragico a livello strategico dal dopoguerra ad oggi e conferma la sostanziale incapacità delle esponenti istituzionali occidentali ad affrontare la complessità di un mercato globale.

    Ancora una volta, la presunzione occidentale basata su di una superiorità intoccabile ha fatto sì che al vertice istituzionale degli Stati Uniti e delle istituzioni europee potessero accedere persone prive di ogni qualifica ma forti della sola legittimazione elettorale, mentre la Cina è riuscita a chiudere il quadro della propria strategia riuscendo ad esportare in Europa l’ideologia ambientalista che pone le proprie auto al centro di tale sviluppo mentre gli Stati Uniti hanno spinto per un modello di sviluppo economico senza preoccuparsi degli elementi base per sostenerlo.

    Non va trascurato come la forza della Cina sia stata sostenuta soprattutto dalla debolezza delle istituzioni occidentale le quali invece di pensare al futuro nel medio e lungo termine hanno abbracciato, coadiuvati dalla miope complicità del mondo accademico, ideologie e soprattutto modelli politici con un respiro strategico fino alla settimana successiva o al massimo al prossimo appuntamento elettorale.

    Il declino culturale di un continente non è espresso dalla mancanza di tutela dei vari generi come richiede la cultura Woke e tantomeno da rigurgiti “fascisti” nostalgici considerati pericolosi per la democrazia. Il vero declino culturale è rappresentato dalla incapacità di leggere ed immaginare il futuro economico e di sviluppo del proprio continente, proprio mentre la Cina chiude il proprio cerchio relativamente allo sviluppo dell’economia occidentali.

  • SpaceX says it has cut Starlink services to Myanmar scam camps

    Elon Musk’s SpaceX says it has cut Starlink satellite communication links to more than 2,500 devices used by scam compounds in Myanmar.

    More than 30 compounds are believed to be operating along the Thai-Myanmar border, where people from around the world are trafficked and forced to work on scams generating tens of billions of dollars annually.

    Announcing the move, Lauren Dreyer, head of Starlink business operations, said the firm takes action on the rare occasion it identifies violations.

    The service’s termination follows Monday’s takeover of one of the largest compounds, KK Park, by the Myanmar military, as it retakes territory lost to insurgent groups over the past two years.

    Campaigners have long warned that Starlink technology has enabled the mainly Chinese crime syndicates to operate from remote locations along the border.

    Myanmar has become infamous for these operations, which defraud victims through romantic ploys and bogus investment schemes.

    Workers are lured under the guise of legitimate jobs, only to be held captive and forced into criminal activity.

    Survivors recount gruelling conditions, long hours, torture and beatings for failing to meet targets. Many of the victims come from African countries.

    “In Myanmar… SpaceX proactively identified and disabled over 2,500 Starlink Kits in the vicinity of suspected ‘scam centers’,” Dreyer said in a post on X.

    “We are committed to ensuring the service remains a force for good and sustains trust worldwide: both connecting the unconnected and detecting and preventing misuse by bad actors,” she added.

    On Monday Myanmar’s military said it had “cleared” KK Park, releasing more than 2,000 workers and confiscating 30 Starlink terminals.

    Photographs show the satellite dishes on the compound’s rooftops and footage supplied to the BBC showed thousands of workers leaving KK Park on foot.

    However, at least 30 other scam compounds remain active along the border, employing tens of thousands globally. Many are protected by militia groups loyal to the Myanmar military and it is unclear whether they have also lost access to Starlink services they once relied on.

    These centres have become a key component of Myanmar’s wartime economy, as the junta battles various rebel groups while relying on Chinese support to maintain its hold on power.

  • L’ultima illusione ideologica

    L’ultima illusione ideologica di sentirsi protagonisti prende forma nel palcoscenico palestinese.

    Il piano di pace presentato dal Presidente Trump ha ottenuto la piena approvazione di tutti i paesi arabi ad esclusione dell’Iran, che è il principale finanziatore di gruppi terroristici di Hamas (*) ed Hezbollah. Di conseguenza nessun esponente presente all’interno della Flotilla si può più appropriare del diritto di rappresentare la maggioranza dei popoli arabi e quindi respingere la bozza di accordo presentata dagli Stati Uniti, anche perché i pochi rappresentanti in degli Stati arabi affacciati sul Mediterraneo e saliti su queste barche sono poi scesi quasi subito per una evidente incompatibilità con l’ideologia Lgbt rappresentata anche all’interno di queste barche.

    Un atteggiamento che dovrebbe far riflettere questi illuminati progressisti che vogliono salvare i palestinesi e che attribuiscono alle popolazioni arabe una inesistente mentalità inclusiva di genere.

    Pur considerando ogni forma di protesta legittima e quindi anche questa, tuttavia ancora una volta una manifestazione politica si sta trasformando in una ridicola sceneggiata. Uno spettacolo indegno confermato anche dalla presenza di parlamentari sia del Parlamento italiano che europeo, i quali, in virtù dei voti che hanno preso, dovrebbero restare ai propri seggi per ottemperare agli obblighi elettorali che hanno assunto verso i propri elettori.

    Quanto ai sindacati ed alla CGIL in primis, questi hanno assistito in silenzio alla deindustrializzazione di tutti i settori ma in particolare dell’Automotive determinata dalla politica della Commissione europea con l’applicazione del GreenDeal.

    Mentre in tutta Europa si stanno azzerando centinaia di migliaia di posti di lavoro con una ricaduta devastante per il sistema produttivo delle filiere produttive italiane, proclamare uno sciopero generale, si ribadisce NON per tutelare i lavoratori, ma come strumento di appoggio politico ed ideologico rappresenta un controsenso di dimensioni imbarazzanti.

    La reale crisi di rappresentatività che la politica italiana ed europea rappresentano in modo così evidente ora può essere allargata anche alle associazioni sindacali che hanno abbandonato come missione istituzionale la tutela dei lavoratori considerati ormai sacrificabili sull’altare del consenso ideologico. Viceversa risulta politicamente molto più appagante per tutte le associazioni sindacali rendersi protagoniste di scelte politiche ed ideologiche che con tutto hanno a che fare meno che con il mondo del lavoro e la tutela di chi opera.

    In altre parole, questa vicenda si conferma come l’ennesimo capitolo di una illusione ideologica di protagonismo che vede protagonisti attori di quart’ordine che cercano un palcoscenico che gli viene fornito purtroppo dalle tragedie e dalle guerre in atto ora in Europa quanto in Medio Oriente.

    (*) il regime reggente a Gaza

  • La Grande Panda e la speculazione industriale

    La realizzazione in Serbia della Grande Panda rappresenta l’esempio di come si possa utilizzare la speculazione di stampo finanziario in ambito industriale.

    Mentre a Rimini al Meeting di Comunione e Liberazione gli esponenti dell’Unione Europea disquisiscono delle ragioni della propria marginalità, nel territorio europeo prende corpo una nefasta strategia industriale basata sul trasferimento di lavoratori a basso reddito e quindi a basso costo.

    Mentre al meeting di Comunione e Liberazione va in scena il vuoto siderale espressione di un ceto politico ormai distante anni luce dalla realtà ma sempre disponibile a ricevere l’applauso di un pubblico ammaestrato, nessun esponente del mondo politico e tantomeno cattolico ha detto una parola o ha fatto menzione di questa speculazione sulla pelle di persone disponibili a qualsiasi condizione di lavoro.

    All’interno di questo meeting le persone con i propri interventi dimostrano di essere interessate solo alla sopravvivenza della Ue dalla quale dipende la retribuzione di molti ospiti.

    Contemporaneamente nel più assoluto disinteresse nella fabbrica destinata alla produzione della nuova Fiat Grande Panda arriveranno a breve circa 800 lavoratori stranieri provenienti da Nepal e Marocco.

    La conferma è arrivata dal consigliere comunale per l’economia, Radomir Erić, con dichiarazioni riportate da Televizija Kragujevac.

    Indipendentemente dal fatto che la Serbia non faccia parte dell’Unione Europea, una simile tratta di lavoratori, i quali proprio perché provenienti da regioni e stati a basso reddito si dimostrano disponibili ad accettare 597 euro di stipendio mensile, una cifra inaccettabile anche per i lavoratori serbi.

    Proprio il già basso costo della manodopera serba aveva spinto alla chiusura dello stabilimento a Torino delocalizzando la produzione appunto in Serbia.

    In altre parole, la dirigenza quanto i principali azionisti di Stellantis, non sazi dei vantaggi in termini di costi che questa delocalizzazione produceva, hanno inaugurato una nuova strategia organizzativa finalizzata alla riduzione dei costi industriali e ad aumentare una “competitività” la quale, invece, nasconde isolo l’ingordigia di azionisti insaziabili.

    Questa opportunità è rappresentata dalla possibilità di utilizzare un quadro normativo del paese ospitante, che permetta di “deportare” lavoratori provenienti da zone ancora a più basso livello retributivo anche rispetto al paese dove la fabbrica è realizzata.

    Le delocalizzazioni venivano incentivate dai governi dei paesi per aumentare il proprio livello di occupazione, ma quello che la Serbia permette a Stellantis è assolutamente fuori da ogni senso umano anche se collocato all’interno di una volontà speculativa.

    E sia chiaro :anche se ora può sembrare assolutamente assurdo ed impossibile tuttavia non è da escludere che il prossimo passo normativo che un paese potrà mettere in atto per attirare investimenti industriali, possa venire rappresentato dalla possibilità di offrire una copertura normativa che permetta alle aziende di utilizzare come lavoratori i bambini alle catene di montaggio.

    La logica che esprime questa “evoluzione” strategica tra Serbia e Stellantis non può avere un limite e ci sarà sempre uno stato disponibile ad offrire maggiori possibilità di sfruttamento umano in termini di costi.

    Nel frattempo Comunione e Liberazione, come tutti i sindacati a Rimini, “dormono il sonno dei giusti”.

  • Immigrazione e inversione culturale

    Uno degli aspetti più evidenti ed imbarazzanti del declino culturale dell’intera intera classe politica e dirigente viene spesso rappresentato dell’infantile processo di semplificazione adottato nei confronti di fenomeni complessi così interpretandoli attraverso un classico paradigma ideologico.

    Il fenomeno dell’immigrazione rappresenta sicuramente uno di questi casi, la cui difficile gestione di fatto ha determinato la creazione di due schieramenti politici avversi ed incompatibili, rappresentati da chi si dichiara assolutamente contrario sic et nunc contrapposto a coloro i quali, invece, vedono addirittura in questo epocale fenomeno l’unico strumento che possa assicurare la ripresa economica, cioè rispondere alla richiesta delle imprese di nuove figure professionali e, contemporaneamente, determinare la soluzione all’inverno demografico italiano ed europeo.

    Il recente studio pubblicato da Le Figaro, quasi completamente ignorato dai media italiani, ha il grande merito di riportare dei dati che possano fornire una griglia di valutazione da applicare ad una complessità in termini oggettivi (ma ovviamente sempre opinabili) e così escludere le interpretazioni politiche ed ideologiche. Questo studio sottolinea come le imposte versate dagli immigrati coprano solo l’86% dei costi che essi generano per il contribuente. Inoltre, solo il 62,4% degli immigrati in età lavorativa risulta occupato, contro una media UE del 67,5% e un tasso del 69,5% per i cittadini francesi nativi, in più con una percentuale di Neet sicuramente superiore.

    A questo si aggiunga che le politiche dei diversi stati tendono a favorire i ricongiungimenti familiari (forse inevitabili) determinando ulteriori flussi ma non più legati ad un ipotetico inserimento professionale ma motivati da ragioni semplicemente familiari, quindi con un aggravio ulteriore di costi per la pubblica amministrazione.

    Del resto il gap esistente tra le figure professionali richieste dalle imprese (quasi il 70% hanno difficoltà a reperire figure tecniche) e l’immigrazione assolutamente inidonea a rispondere a queste ricerche professionali non fa che certificare l’assoluta incompatibilità tra i due fenomeni.

    Questa consapevolezza, ovviamente, non deve portare le autorità politiche europee ed italiane ad una radicalizzazione delle posizioni, quindi con una chiusura totale ai flussi migratori. Contemporaneamente sarebbe finalmente giunto il momento di crescere culturalmente, abbandonando così la classica soluzione semplicistica ed ideologica che vede nell’immigrazione la soluzione ad ogni problematica nazionale sia essa economica politica o sociale.

    Lo sforzo culturale più che politico dovrebbe venire rappresentato ora più che mai dall’inizio di una articolata riflessione proprio in relazione a quel declino culturale del quale l’Italia e l’Europa intera ne rappresentano il simbolo.

    In questa “inversione culturale” proprio il nuovo tentativo di comprensione del fenomeno dell’immigrazione, potrebbe in questo caso dimostrarsi un fattore decisivo.

  • La Danimarca consente di lavorare agli immigrati in attesa di permesso, ma scoppiano le polemiche

    Nel centro di detenzione danese di Ellebæk gli immigrati in attesa di verifica della sussistenza dei presupposti per ottenere asilo possono lavorare e di essere retribuiti. «Lavoriamo perché non abbiamo scelta. Se non lo facciamo, restiamo seduti tutto il giorno in cella» raccontano. Alcuni ritengono che la loro situazione configuri una situazione di lavoro forzato indiretto, ma lavorare non è un obbligo per chi si trova nella struttura. Le cronache registrano che in questo centro danese sono stati avviati programmi in collaborazione con aziende private che permettono ai detenuti di lavorare all’interno della struttura. Le paghe molto basse (0,8 euro per ora) fanno pensare ad alcuni che il centro serva di fatto solo a fornire manodopera a basso costo alle aziende coinvolte.

    Tra le aziende che danno lavoro agli ospiti di Ellebæk figura Premium Acqua, il distributore danese di San Pellegrino, il marchio italiano di acqua minerale di proprietà della multinazionale svizzera Nestlé. Sanpellegrino ha comunicato di non essere direttamente presente nel mercato danese. Premium Acqua afferma di aver avviato la collaborazione con il servizio penitenziario danese nel 2015, descrivendola come parte di un’iniziativa volta a sostenere il reinserimento dei detenuti.

  • La Commissione cerca candidati per il gruppo di esperti scientifici sull’IA

    La Commissione europea sta istituendo un gruppo scientifico di esperti indipendenti per sostenere l’attuazione e l’applicazione del regolamento sull’intelligenza artificiale (IA). Il gruppo si concentrerà sui modelli e sui sistemi di IA per finalità generali, fornendo consulenza all’Ufficio europeo per l’IA e alle autorità nazionali in merito ai rischi sistemici, alla classificazione dei modelli, alle metodologie di valutazione e alla vigilanza transfrontaliera del mercato. Avvertirà inoltre l’Ufficio per l’IA dei rischi emergenti.

    La Commissione cerca 60 membri per un mandato rinnovabile di 24 mesi.

    Per candidarsi occorre avere esperienza in modelli e sistemi di IA per finalità generali, effetti dell’IA, o settori correlati, come la valutazione dei modelli, la valutazione del rischio e le misure di attenuazione, la cibersicurezza, i rischi sistemici emergenti e le misure e soglie di calcolo. Gli esperti devono avere un dottorato di ricerca o esperienza equivalente e rimanere indipendenti da qualsiasi fornitore di IA.

    Il processo di selezione garantirà l’equilibrio di genere e la rappresentanza degli Stati membri dell’UE e nei paesi SEE/EFTA. Sebbene la cittadinanza dell’UE non sia un requisito, l’80% degli esperti deve provenire dagli Stati membri dell’UE o dell’EFTA.

    È possibile candidarsi fino al 14 settembre.

  • Patto per le competenze: formati oltre 6,1 milioni di lavoratori

    L’indagine annuale nell’ambito del patto per le competenze per il 2024 rivela che oltre 6,1 milioni di persone sono state formate nell’ambito del patto. Più di 3.200 organizzazioni che investono nello sviluppo delle competenze hanno aderito al patto, tra cui industria, parti sociali, erogatori di istruzione e formazione, autorità locali e servizi per l’impiego.

    Il patto riunisce organizzazioni pubbliche e private che collaborano in partenariato per individuare le carenze di competenze e intraprendere azioni concrete per affrontarle.

    Dall’indagine emerge anche che il patto ha accelerato il sostegno ai lavoratori e alle imprese in tutti i settori economici. Nel 2024 i membri di 20 partenariati su vasta scala hanno formato in media il 33% della loro forza lavoro. Nell’ambito dell’Unione delle competenze, la Commissione ha invitato i membri del patto a raddoppiare gli impegni a favore del miglioramento delle competenze e della riqualificazione.

  • Human rights groups warn of ‘surge’ in migrant worker deaths in Saudi Arabia

    Human rights groups are warning of a “surge” of deaths of migrant construction workers in Saudi Arabia, as it prepares to host the World Cup in 2034.

    Labourers are already dying from preventable workplace accidents in the country, according to Human Rights Watch and FairSquare which have both published reports today.

    Many such deaths are wrongly classified as having occurred due to natural causes and the families of workers are not compensated, the reports say.

    Both groups have called on the Saudi Authorities to ensure basic safety protections for the country’s huge migrant work-force.

    “The 2034 Saudi World Cup will be the largest and most expensive ever, but it could also have the highest cost in human lives, as millions of migrant workers build infrastructure, including 11 new stadiums, a rail and transit network, and 185,000 hotel rooms,” Minky Worden, director of Global Initiatives at Human Rights Watch, said.

    The warnings come a day after the President of FIFA, Gianni Infantino, visited the country along with Donald Trump – attending a US-Saudi investment forum.

    FIFA – football’s global governing body – says it has a “steadfast commitment to the protection and promotion of human rights in the context of its operations.”

    But Human Rights Watch has accused FIFA of failing to learn lessons from migrant worker deaths in the lead-up to the World Cup in Qatar in 2022.

    Data on migrant deaths is hard to come by in a country where human rights groups have very limited access and labour unions are banned.

    But Human Rights Watch interviewed the families of 31 workers from Bangladesh, India and Nepal who fell from heights, were crushed or decapitated by heavy machinery or were electrocuted.

    Heat is another major concern, as Saudi Arabia ramps up construction work in preparation for hosting the 2034 tournament.

    In March, a Pakistani foreman, Muhammad Arshad, was reported to have fallen from a construction site at a stadium being built in the eastern city of Al Khobar – the first death related to the World Cup.

    Last year, the Saudi government said that there had been “tangible achievements” in occupational health and safety, with rates of deaths and injuries decreasing.

    FIFA also praised “significant steps” taken by Saudi Arabia to reform its labour laws since 2018.

    But the global construction worker’s union, BWI, said there had been an “alarming rise” in accidents that could have been prevented.

    “These are the result of systematic negligence, corruption and inadequate oversight and accountability,” said BWI General Secretary, Ambet Yuson.

    And Saudi medical authorities rarely conduct autopsies to establish the exact cause of migrant workers’ deaths, according to FairSquare.

    “Hundreds of thousands of young men, many of whom have young families, are being pitched into a labour system that poses a serious risk to their lives, a medical system that doesn’t have the capacity to determine the cause of their deaths, and a political system that doesn’t appear to either protect them or find out how they died, let alone compensate the families shattered by Saudi Arabia’s negligence,” FairSquare co-director James Lynch said.

    He described FIFA’s human rights policies as a “sham.”

    “While FIFA praises Saudi Arabia to the rafters and highly-paid western law firms generate vast profits for curating Saudi’s reputation, children in places like Nepal grow up without their fathers and never even learn how they died, he said.”

    FIFA told Human Rights Watch that it plans to establish a workers’ welfare system dedicated to mandatory standards and enforcement mechanisms for World Cup-related construction and service delivery in Saudi Arabia.

    In a letter it said: “We are convinced that the measures implemented to ensure construction companies respect the rights of their workers on FIFA World Cup sites can set a new standard for worker protection in the country and contribute to the wider labour reform process, helping to enhance protections for workers on World Cup sites and beyond.”

    But Human Rights Watch said no further details were provided on how the welfare system would work.

    “Saudi authorities, FIFA, and other employers should ensure that all migrant worker deaths, regardless of perceived cause, time, and place are properly investigated and that families of deceased workers are treated with dignity and receive fair and timely compensation,” the group said.

    The BBC has approached the Saudi authorities for comment.

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