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Pitti Uomo e Filati: sic et simpliciter

L’ultima edizione di Pitti Uomo e Filati come sempre ha fornito  il quadro della situazione attuale e dei trend del complesso sistema tessile abbigliamento, contemporaneamente ai dati consuntivi del 2018.

Ancora una volta Firenze con Pitti Uomo e Filati (ma non si dimentichi Pitti bimbo), con i propri appuntamenti, si dimostra punto di riferimento mondiale nel sistema tessile abbigliamento italiano indicando tanto i plus quanto le criticità del sistema. Pitti Uomo sostanzialmente ha confermato  per il 2018 un andamento del settore sostanzialmente positivo registrando un +2,4% del fatturato complessivo (9.515 mln) con una perdita del  -1,7% del valore della produzione italiana (una pericolosa inversione rispetto al +1,7 % del 2017) ed una crescita dell’export del +4,9% (6.396 mln).

Purtroppo i consumi finali calano  ancora del -4,8% confermando il calo dei consumi in forte crescita rispetto alla diminuzione del -1,7% del 2017. Per quanto riguarda invece Pitti Filati il 2018 si è chiuso con un aumento del +3,2% del fatturato che ha superato di 11 milioni quello del 2015 dal quale abbiamo assistito nel 2016/17 ad una invarianza dei fatturati complessivi del settore filati. In questo contesto brilla anche l’aumento del valore della produzione italiana che cresce del +2,7% alla quale si abbina la crescita dell’export +2,9%. Tuttavia il primo semestre di quest’anno si è rivelato decisamente meno performante rispetto all’andamento del 2018 come già il IV trimestre dello scorso anno lasciava presagire. Si comincia a parlare di cassa integrazione a fronte di calo degli ordini, così come dell’export, mentre le crisi aziendali si protraggono nel tempo senza una soluzione (in questo il caso Cantarelli ne risulta l’emblema).

Le due manifestazioni fieristiche, in altre parole, dimostrano, anche nei momenti di difficoltà, di rappresentare perfettamente l’andamento del secondo settore industriale italiano sia per il contenuto internazionale (1222 i brand rappresentati) che per l’espressione dell’asset italiano. In questo in senso, infatti, si sono registrati dei minimi cali delle presenza (-3/5%) specialmente tra i buyer italiani espressione della difficoltà del dettaglio indipendente e più in generale della stagnazione dell’economia italiana. A questo quadro problematico si aggiunge la relazione sull’andamento dei primi sei mesi del distretto biellese, vera  eccellenza mondiale nei filati e tessuti, che registra un calo dell’export del -10%. In altre parole il primo semestre 2019, in attesa dei dati di Milano Unica, si conferma come un periodo di inversione di tendenza rispetto alla crescita positiva del 2018.

Tutto questo meriterebbe una maggiore attenzione relativa alle problematiche che impediscono e gravano sullo sviluppo di questo importante settore industriale, secondo per occupazione ed export in Italia ma che ora paga in aggiunta anche l’avversione ideologica del governo contro il settore industriale.

Ad una sostanziale lontananza ed incompetenza nella gestione dell’ultimo decennio da parte della politica in generale e dei vari governi che si sono succeduti alla guida della nostro Paese si aggiunge ora, alla già citata avversione, anche la negazione dell’importanza del settore  industriale come elemento di  sviluppo economico ed occupazionale. Questo settore industriale e quello  metalmeccanico sono i primi due per occupazione e valore dell’export (e definiti nel passato come “old Economy” dai dotti strateghi economici italiani) ed ora meriterebbero diverse professionalità e una rinnovata attenzione e competenza per le  proprie problematiche.

Ma come ormai è evidente come  in Italia … Tutto cambia perché nulla cambi…

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