Costume e Società

L’uso del packaging: dalla riduzione dello spreco alla sostenibilità

E’ una presenza ormai scontata nella vita quotidiana di tutti ma la si conosce ancora poco. E’ il packaging, più comunemente definito imballaggio, settore che si è dotato di una normativa vent’anni fa e del quale, almeno in Italia, se ne parla poco e ancora meno si pensa a dotarsi di adeguati canoni informativi, in un’era, tra l’altro, in cui parole come ‘green economy’ e ‘sostenibilità’ stanno diventando sempre più comuni, tra i giovanissimi e non solo, a tal punto da far sviluppare una coscienza critica che ci spinge sempre più a cambiare gli stili di vita.

Nel nostro Paese si deve fare ancora tanto, come è emerso durante un incontro sul tema alla Società Umanitaria di Milano, soprattutto dal punto di vista scientifico e culturale dato che gli stessi addetti ai lavori del packaging sono molto poco informati sulle peculiarità del settore. Basti pensare che negli Stati Uniti esistono almeno otto Università cha da quasi 50 anni hanno introdotto insegnamenti relativi all’imballaggio e al packaging, mentre in Italia da qualche anno è nato l’Istituto Italiano di Imballaggio, onlus che si rapporta con l’Istituto Superiore di Sanità, e che al momento svolge ricerche in stretta collaborazione con case produttrici per rilevare le criticità del packaging.

Quando si parla di packaging si parla in realtà di un sistema fatto da ciò che è a diretto contatto con il prodotto (liquidi, alimenti, cosmetici, medicinali), il cosiddetto packaging primario, al quale si aggiunge l’insieme delle confezioni (packaging secondario) che costituirà il packaging da trasporto (packaging terziario). Ed è un sistema, come ha sottolineato il Direttore dell’Istituto, Marco Sachet, che cambia parallelamente al modo di consumare, basti pensare alla diffusione del commercio on line che ha moltiplicato gli imballaggi e, di conseguenza, anche il traffico legato al trasporto dei prodotti. Se fino a qualche anno fa infatti c’erano camion che settimanalmente trasportavano merci imballate oggi sulle autostrade e strade cittadine si assiste ad un continuo movimento di mezzi che effettuano consegne. Con conseguenze, purtroppo, deleterie per l’ambiente, che in qualche modo si scontrano con la necessità di rendere sempre più ecosostenibili gli imballaggi attraverso soluzioni alternative alla plastica, anche in vista di una possibile riduzione della produzione mondiale dei polimeri. Non è un caso che ci si stia impegnando sulla ricerca di standard tecnici per imparare a produrre con metodologie a basso impatto ambientale, per questo si sta diffondendo la cultura di un packaging il più leggero e meno voluminoso possibile, con indicazioni chiare sulla sua fine dopo l’utilizzo. Deve perciò essere elaborato per un corretto  riciclo o per il recupero energetico, come da tempo chiede il legislatore.

Se per le plastiche il recupero e riciclo ha ancora un percorso tecnico e culturale abbastanza lungo, per il recupero dei materiali per imballaggio in acciaio da tempo si sta impegnando, con sistemi ad hoc, RICREA, mentre per il recupero dell’alluminio un lavoro attento lo sta svolgendo il CIAL. In tutti i casi, naturalmente, va tenuto presente sempre il fattore economico, ovvero introiti e spese da parte dei Comuni. E qui etica e tutela ambientale sono ancora lontane dal trovare una quadra sebbene i dati parlino sempre più di una cittadinanza consapevole e attenta, anche se il fenomeno sulla penisola è ancora a macchia di leopardo.

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Raffaella Bisceglia

Pugliese trapiantata a Milano da 13 anni, è laureata in Lingue e Letterature Straniere. Giornalista professionista dal 2001 attualmente svolge l’attività di addetta stampa e collabora con Famiglia Cristiana e Cronaca Qui. In passato ha lavorato, tra gli altri, per le emittenti televisive Telenova e Telepiù, per il quotidiano Il Meridiano e scritto di calcio e televisione per i siti Calciomercato.com e Datasport e il settimanale Controcampo.

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