Sostenibilità

  • Il cielo di piombo nel futuro europeo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    L’ideologia nella contemporaneità troppo spesso esprime unicamente la capacità o, peggio, la volontà politica di negare le realtà oggettive.

    Quanto sta avvenendo all’interno dell’Unione Europea ne rappresenta un esempio eclatante e preoccupante in un’ottica futura della stessa istituzione. Va ricordato come siano solo cinque gli stati membri, Germania, Italia, Francia, Spagna e Polonia che contribuiscono alla creazione di quasi 12.000 miliardi del Pil europeo (per semplificazione si adotta il valore a prezzi correnti piuttosto di quello a parità di potere d’acquisto [Ppa]) il quale, con l’apporto marginale degli altri ventidue componenti (22 per 5.000 miliardi di Pil), arriva a malapena ai 17.000 miliardi (*).

    In altre parole, il cuore industriale ed economico dell’Unione Europea risulta circoscritto a queste cinque nazioni e rappresenta oltre il 70% dell’intero PIL comunitario, mentre il restante 30% si può attribuire ai residuali ventidue (22) non citati. Già questa fotografia economica dovrebbe indurre l’intera istituzione europea ad una politica di tutela e conservazione del cuore pulsante economico europeo che ne garantisce la stessa sopravvivenza economica e valenza istituzionale nello scenario internazionale.

    Passando, poi, al fronte delle emissioni sempre a questi cinque Stati a forte trazione industriale viene attribuito un valore complessivo pari al 5,4% delle emissioni globali (**), mentre nella sua complessità l’Unione Europea rilascia circa il 7-7,5% delle emissioni globale.

    La Cina presenta un PIL di circa 17.800 miliardi di euro in crescita, ma al suo sistema industriale ed economico vanno attribuite il 28% delle emissioni globali, tanto da renderla il primo paese inquinante del mondo (gli Stati Uniti con un Pil di 26.990 mld di euro emettono il 21% delle emissioni globali).

    Nel confronto con l’economia cinese, quindi, l’Unione Europea produce una ricchezza complessiva di poco inferiore a quella cinese (17.000 mld in Ue rispetto ai 17.870.000 in Cina***) ma emette un quarto delle sostanze inquinanti rispetto al colosso cinese.

    Nello specifico, poi, il cuore pulsante economico e soprattutto industriale europeo (che solo nel settore Automotive garantisce 13 milioni di posti di lavoro), rappresentato dai cinque stati citati prima, Germania, Italia, Francia, Spagna e Polonia produce un PIL pari ad oltre il 65% di quello cinese ma è responsabile di emissioni inferiori di cinque volte (1/5) rispetto a quelle del gigante cinese.

    Il modello economico europeo, in altre parole, soprattutto nella sua parte industriale dovrebbe essere definito come la perfetta sintesi dell’evoluzione tecnologica ed industriale frutto di investimenti finanziari e professionali, la quale mira ad un efficientamento continuo del sistema, con l’obiettivo di ottimizzare i costi energetici e quindi la sostenibilità economica.

    Una tale superiorità dimostrata da questi numeri meriterebbe, come accennato prima, la totale ed assoluta tutela nei confronti dei prodotti di altri sistemi industriali come quello cinese, il cui sistema industriale rispetto alle emissioni risulta a forte impatto ambientale.

    Questa mancanza di attenzione o, peggio ancora, la volontà di azzerare l’asset storico dell’economia europea in nome di una infantile “transizione energetica ed ecologica” porterà inevitabilmente l’intera Europa verso un disastro molto simile, in termini economici, a quello del secondo conflitto mondiale.

    Una simile strategia rappresenta, in altri termini, una politica eversiva finalizzata al rovesciamento economico della stessa dell’Unione Europea.

    Una volontà di distruggere ogni asset industriale confermata dall’ultima proposta presentata dalla Presidente della Commissione Europea la quale vuole imporre l’introduzione dell’obbligo di riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040.

    Mentre gli Stati Uniti hanno azzerato ogni aiuto finanziario alla insostenibile transizione elettrica e, contemporaneamente, Cina ed India hanno firmato un accordo per costruire decine e decine di nuove centrali elettriche a carbone, oltre alle 1.161 già operative in Cina che assicurano oltre il 70% della energia elettrica prodotta dal carbone.

    Le conseguenze di tale ennesimo delirio ricadranno maggiormente sulle cinque nazioni che rappresentano il 70% del Pil ma solo marginalmente sulle altre ventidue che raggiungono a malapena il 30%.

    In ultima analisi, il periodo caratterizzato dalla operatività delle due ultime Commissioni europee esprime, nei contenuti e nella forma, delle analogie con quello degli “anni di piombo” durante i quali anche una parte delle istituzioni deviate operavano con gruppi terroristici per il sovvertimento del sistema democratico.

    Ora il ruolo della istituzione deviata sembra perfetto per la Commissione europea e la maggioranza che la sostiene mentre la complicità con gruppi esterni si traduce nei finanziamenti a gruppi di integralisti ecologisti e media ad essi collegati che intendono sovvertire non più l’ordinamento democratico ma l’essenza del sistema economico occidentale e conseguentemente i propri sostenitori.

    Nel periodo 1968/82 gli anni di piombo hanno causato circa 350 vittime ed oltre mille feriti, mentre il futuro di piombo originato dalle stesse istituzioni europee darà origine a 13 milioni di disoccupati, localizzati perlopiù nelle cinque nazioni. Quelle cinque che da sole determinano quel benessere diffuso di cui ancora oggi gode l’intera Unione Europea.

    (*) Germania Pil 4307 Mld di euro, Francia Pil 2903 Mld di euro, Italia Pil 2200 Mld di euro, Spagna Pil 1583 Mld di euro, Polonia Pil 849 Mld di euro

    (**) Germania 2% delle emissioni globali, Italia 1% delle emissioni globali, Francia 1% delle emissioni globali, Spagna 0,7% delle emissioni globali, Polonia 0,7% delle emissioni globali

    (***) a parità di potere d’acquisto i valori in verità cambiano a favore della Cina che registra un Pil di oltre 27.200 Mld di dollari mentre la Ue si ferma a 17.700

  • ZTL vive la France

    Una timida brezza democratica sembra alzarsi finalmente con l’approvazione da parte del parlamento francese di una legge che mette finalmente fine ad uno strumento di discriminazione come le ZTL dei centri cittadini.

    Attraverso queste impostazioni, espressione di una delega legislativa agli enti locali, viene limitato o addirittura vietato l’accesso alle città sulla base di parametri assolutamente elitari e non certo sulla base di parametri ambientalistici.

    Infatti, quando l’accesso al centro cittadino, come nella attuale normativa, viene determinato dall’anno di produzione dell’auto e non sulle base delle reali emissioni, come naturale conseguenza risulta evidente come il diritto alla mobilità venga negato alla popolazione meno abbiente, che paga una tassazione che invece non prevede limitazioni, in quanto titolare di mezzi più obsoleti rispetto a chi può acquistare mezzi recenti appartenenti a classe di emissioni formalmente meno impattanti. A conferma di questa deriva puramente ideologica giova ricordare come in Italia l’età media delle auto sia di 12 anni e otto mesi e con una cilindrata di 1.553 cc.

    In considerazione quindi di questo asset automobilistico e tornando ai parametri adottati per selezionare “le élite privilegiate che possano accedere al centro storico”, quelli adottati dalle varie amministrazioni comunali nella gestione del traffico cittadino risultano assolutamente antidemocratici.

    Basti ricordare, a conferma, come una Golf del 2010 euro 5 non solo non può in qualsiasi caso accedere al centro per esempio di Milano, ma dovrebbe restare in garage dall’ottobre 2025 pur emettendo 105mg/Km. Mentre un qualsiasi Suv immatricolato nel 2025 gode di libero accesso con 320mg/km di emissioni (quindi emissioni tre volte superiori).

    Questa consolidata selezione dei privilegi è ormai consolidata e viola il principio della non retroattività di una norma giuridica, come il legittimo affidamento che rappresenta un principio che tutela il privato il quale, in buona fede, ha confidato nella correttezza di un atto e comportamento della Pubblica Amministrazione, e che tale situazione si sia consolidata nel tempo.

    Finalmente, e va sottolineato finalmente, viene azzerata una delle forme più vergognose dell’esercizio del potere esecutivo da parte dei sindaci sulla base di una delega legislativa assolutamente arbitraria.

    In questo modo sono state pensate ed applicate le diverse ZTL con interventi discriminatori ed espressione di una anticultura ambientalista e di una mediocrità intellettuale senza precedenti.

    Attraverso questo nuovo ciclo politico espresso in Francia si può interrompere il percorso avviato dall’Unione Europea verso uno stato etico, nel quale i diritti vengono riconosciuti sempre e solo come espressione di comportamenti aderenti ai protocolli dello Stato i quali possono derogare persino dal rispetto dei principi democratici.

    Finalmente viene sottratto ai sindaci quel sottile ed intimo piacere rappresentato dal dispensare privilegi al proprio elettorato, come a Milano o in tutte le città europee.

    Vive la France.

  • Cittadella, “Piacenza Mosaico”: «Distrutta una delle piazze più amate»

    Il Patto Sociale in considerazione delle tante ferite inferte a vari luoghi storici d’Italia, ai tanti abbattimenti inutili e dannosi di alberi propone la nota pubblicata da “il Piacenza” a firma del comitato  ‘Il mosaico’ al quale  va la solidarietà della nostra testata, sempre aspettando giustizia per i cittadini 

    L’intervento del gruppo “Piacenza Mosaico”, nato dal presidio di piazza Cittadella

    «Come gruppo di cittadini che si sono organizzati spontaneamente, a partire dal 24 agosto 2024, per opporsi all’abbattimento degli alberi presenti su Piazza Cittadella e alla costruzione del parcheggio interrato nella zona più antica della città, raccogliendo circa 34.000 firme con una petizione popolare, vogliamo dire la nostra sulla “storia” di questo cantiere. Pensiamo di averne il pieno diritto, in quanto sono i cittadini i veri proprietari della città e i veri protagonisti di una protesta senza precedenti. Perdonateci se in modo molto sommario ripercorriamo alcuni passaggi, ma dobbiamo formulare un quesito finale. Innanzitutto vogliamo ricordare che a partire dal 26 agosto e fino al 7 novembre 2024, ossia 74 giorni e notti di seguito, H24, decine di piacentini, sia semplici cittadini che appartenenti ad associazioni, si sono riuniti ed organizzati in turni “militari”, senza soluzione di continuità, per presidiare in via permanente giorno e notte, la piazza ed impedire l’abbattimento degli alberi. Abbiamo incontrato decine e decine di persone, di diversa estrazione politica, culturale e sociale, assolutamente contrarie allo scempio di una delle piazze più antiche di Piacenza. Al presidio abbiamo avviato una raccolta firme, sia cartacea che su Change.org, che ha ottenuto circa 34.000 firme. Una vera battaglia di civiltà e di tutela del patrimonio artistico ed arboreo, preoccupandoci per la salute di noi tutti, soprattutto per quella delle nuove generazioni. Era l’unico polmone verde in quella zona della città, 11 tigli e 4 cedri atlantici di più di 70 anni, in un contesto tutelato dai Beni Culturali (ex-conventi del 1300 e del 1500, scuderie ducali ottocentesche, Cittadella Viscontea, Palazzo Farnese del Vignola etc). L’opposizione a questa scellerata ed illogica opera è iniziata subito nel 2013 (la concessione a Piacenza Parcheggi è del 2012, inizio giunta Dosi) con il Comitato Piazza Cittadella e Piazza Casali, Legambiente, Italia Nostra, Archistorica, Laboratorio di cultura ed Arte popolare. Da allora, nessun percorso partecipativo, nessuna risposta dal Comune alle tante osservazioni inviate.

    Si arriva al 2024 con una serie di colpi di scena tra i quali una fideiussione falsa e l’assenza di garanzie bancarie (la cosiddetta bancabilità), malgrado ciò, il Comune, consegna comunque l’area alla società appaltatrice non facendosi mancare un miglioramento delle condizioni economiche a favore del Concessionario (dimezzamento del canone, aumento del costo orario delle soste e prolungamento della concessione) con il famigerato Addendum di fine 2023 Si passa poi attraverso l’ordinanza del Giudice Fazio, che impedisce il taglio dei 15 alberi, per la loro preziosa funzione ecosistemica di contrasto alla scadente qualità dell’aria, contro la trasformazione della piazza in una desolata isola di calore, per tutelare il diritto alla salute dei residenti e dei cittadini tutti. Infatti questa inqualificabile opera “pubblica” prevede la messa a dimora di soli 9 piccoli alberi, sistemati in vasi (ma chi ha fatto i calcoli della compensazione ecologica?), una chiusura in cemento sopra al “buco” e stalli per gli autobus. Viene riconosciuto giuridicamente il ruolo ecologico degli alberi per la nostra sopravvivenza, per il contrasto all’ aumento CO2, all’ inquinamento e alle isole di calore.

    Una pietra miliare del diritto alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, con richiamo artt. 9 e 41 Cost., con il cambio della gerarchia dei valori, mettendo al primo posto l’ambiente rispetto all’iniziativa economica e all’azione amministrativa. In una città come Piacenza tra le più inquinate in Europa e nel mondo.

    Ma cosa decide di fare il Comune di Piacenza a questo punto? Prende una decisione storica senza precedenti, e scende in campo a fianco del concessionario privato, contro i suoi stessi cittadini, con un ricorso ad adiuvandum che si affianca al reclamo presentato da Piacenza Parcheggi. Il soggetto privato, che miete controversie lungo tutto lo stivale, viene supportato utilizzando soldi pubblici per avvalersi dei servigi di studi legali noti a livello nazionale, in quanto l’Avvocatura interna al Comune era momentaneamente ferma per l’allontanamento della dirigente avvocato Elena Vezzulli.

    Questo in disprezzo alla tutela del verde pubblico e del patrimonio archeologico antichissimo di Piacenza. In disprezzo delle norme di verifica di assoggettabilità al Via (Valutazione d’impatto ambientale). E soprattutto ad una chiara volontà dei cittadini, espressa da una valanga di firme raccolte con la petizione, di non procedere a realizzare un parcheggio in una piazza storica della città.

    Sappiamo tutti cosa è capitato dopo l’accoglimento del reclamo di Piacenza Parcheggi: l’abbattimento degli alberi in una sola giornata, una vera e propria esecuzione (la storica autostazione era stata smantellata nei giorni precedenti), l’effettuazione di lavorazioni di asporto del manto superficiale, qualche scavo intorno alle palizzate, la creazione di un vero e proprio deserto davanti al Palazzo Farnese, il silenzio istituzionale e il cantiere sempre più fermo…anzi fermissimo e l’applicazione di un procedimento di prevenzione collaborativa del Codice Antimafia. Da non dimenticare che a fronte della protesta dei cittadini esasperati, dopo aver subito la distruzione di una delle piazze più amate della città, si è parlato, sia da parte della maggioranza, che dell’opposizione di sinistra, di pericolosa deriva di “fascismo” e di reato di disturbo di comizio elettorale. A questo punto una domanda sorge spontanea: se il Comune ha sempre svolto diligentemente il suo ruolo di controllo nei confronti del concessionario privato, e quindi di soggetto controllore super partes, portatore di interessi pubblici, come mai ha agito in giudizio “ad adiuvandum” al reclamo del privato contro i propri cittadini?».

    Piacenza Mosaico

  • La Commissione propone di esentare i veicoli pesanti a emissioni zero dai pedaggi stradali fino al 2031

    Per stimolare e favorire la competitività del trasporto su strada sostenibile, la Commissione europea propone di esentare i veicoli pesanti a emissioni zero dai pedaggi stradali e dai diritti di utenza.

    Come promesso nel piano d’azione industriale per il settore automobilistico europeo, la Commissione propone di prorogare l’attuale periodo di esenzione dal 31 dicembre 2025 al 30 giugno 2031, fornendo alle imprese un incentivo significativo a investire in veicoli pesanti a emissioni zero.

    Il costo iniziale di questi veicoli è attualmente più elevato rispetto agli omologhi convenzionali, il che li rende meno attraenti per gli acquirenti. Questo rimane uno dei principali ostacoli a una loro più ampia diffusione. Esentando da pedaggi e diritti di utenza, l’UE intende rendere gli autocarri e gli autobus a emissioni zero un’opzione più praticabile per le imprese.

    Il periodo di esenzione proposto sarà sincronizzato con i livelli di prestazione dell’UE in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi, che puntano a una riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030.

  • Turismo in Val Trebbia: valorizzare e rispettare il territorio

    Il piacentino è uno di quei territori italiani che, specie per la città capoluogo, si lamenta di un turismo mordi e fuggi. Il turismo, nonostante le tante iniziative culturali organizzate dalla Banca di Piacenza durante tutto l’anno, non si ferma più di qualche ora o poco di più.

    Sommessamente ricordiamo che, per fare un esempio, la Val Trebbia, definita da Hemingway una delle più belle valli del mondo, continua ad essere deturpata da costruzioni di capannoni bordo strada, anche non lontano dal fiume ed in prossimità del Parco del Trebbia, e da case, casette, villini e villette di poca qualità e prive di aree verdi adeguate così che molti paesi diventano dei veri quartieri dormitorio.

    La cementificazione selvaggia, che tanto Lega Ambiente contrasta, purtroppo poco ascoltata, è uno dei più importati problemi che il piacentino dovrebbe risolvere, facciamo solo un  esempio: la faraonica rotonda, ancora non finita e costata una cifra assurda, costruita alla congiunzione di due strade panoramiche che portano al Castello di Momeliano e al Castello di Rezzanello, forse sarebbe stato meglio aggiustare le varie buche delle strade ed investire sulla conoscenza del territorio coinvolgendo anche imprese locali a partire da quelle vitivinicole.

    In sintesi oggi si riscontra un grande interesse per un turismo fuori dalle aree più conosciute e occorre valorizzare e rispettare il territorio costruendo attività industriali in aree diverse da quelle prettamente turistiche, non cementificare ad oltranza, salvare gli edifici in pietra e mattoni che sono stati abbandonati perché un territorio vale anche per la sua storia architettonica.

    Un problema italiano che diventa sempre più evidente, la cementificazione selvaggia e lo snaturamento del territorio presto saranno irreversibili e tutti ne pagheremo le conseguenze.

  • Le energie rinnovabili hanno coperto il 56% della domanda di elettricità di maggio

    Nel mese di maggio le fonti rinnovabili hanno coperto il 55,9 per cento della domanda elettrica in Italia (era il 52,8 per cento a maggio 2024): si tratta del dato più alto di sempre. In aumento la fonte fotovoltaica (+27,1 per cento), eolica (+11,3 per cento, dato con segno positivo dopo quattro mesi di flessione) e geotermica (+2 per cento). In diminuzione la fonte idrica (-15,3 per cento), e termica (-5,1 per cento). Nel mese di maggio, in diverse ore le fonti rinnovabili hanno coperto oltre il 100 per cento della domanda. Lo riferisce Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, secondo cui nel mese di maggio 2025 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’86,5 per cento dalla produzione nazionale e per la quota restante (13,5 per cento) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. Il valore del saldo estero mensile è stato pari a 3,3 TWh, -13,7 per cento rispetto al valore registrato a maggio 2024. In dettaglio, la produzione nazionale netta è risultata pari a 21 miliardi di kWh. A maggio il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 24,2 miliardi di kWh, valore in diminuzione del 2,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Il dato della domanda elettrica, destagionalizzato e corretto dagli effetti di calendario e temperatura, porta la variazione a -1,8 per cento. Tale risultato è stato determinato dalla presenza di un giorno lavorativo in meno (21 invece di 22) e da una temperatura media mensile inferiore di 0,6 gradi centigradi rispetto a maggio 2024. A livello territoriale, la variazione tendenziale di maggio è stata ovunque negativa: -3,1 per cento al Nord, -3 per cento al Centro e -1,6 per cento al Sud e Isole. Nei primi cinque mesi dell’anno il fabbisogno nazionale è in flessione dell’1,1 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2024 (+0,1 per cento il valore rettificato).

    L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali delle imprese cosiddette ‘energivore’, è in aumento dell’1 per cento rispetto a maggio 2024 (+1,2 per cento la variazione rettificata). In crescita i comparti della meccanica, alimentari, cemento calce e gesso e cartaria; in flessione mezzi di trasporto, metalli non ferrosi, chimica, ceramiche e vetrarie. Sostanzialmente stabile la siderurgia. In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica destagionalizzato e corretto dall’effetto calendario risulta in diminuzione rispetto ad aprile 2025 (-0,8 per cento). L’indice Imcei ha fatto registrare per il terzo mese consecutivo una variazione congiunturale positiva (+2,8 per cento), portando il trend in crescita. L’indice Imser elaborato da Terna sui dati dei consumi elettrici mensili forniti da alcuni gestori di rete di distribuzione (E-Distribuzione, Unareti, A-Reti, Edyna e Deval), e che viene presentato in differita di due mesi rispetto ai dati dei consumi elettrici e industriali, ha fatto registrare a marzo 2025 una variazione negativa del 3,7 per cento rispetto a marzo 2024. A maggio la nuova capacità rinnovabile è in aumento di 566 MW, -14 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Di questi, 162 MW per impianti collegati in Alta Tensione, 201 MW in Media Tensione e 204 MW in Bassa Tensione. Nei primi cinque mesi del 2025 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 2.650 MW, in flessione rispetto allo stesso periodo del 2024 (-12,1 per cento). Al 31 maggio 2025 si registrano in Italia 14.708 MWh di capacità di accumulo (valore in aumento del 69,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2024), che corrispondono a 6.285 MW di potenza nominale, per circa 803.759 sistemi di accumulo. La crescita nel 2025 dei sistemi di accumulo è guidata dall’entrata in esercizio di impianti grid scale approvvigionati da Terna tramite il meccanismo del Capacity Market. Da maggio 2024, la nuova capacità di accumulo in Alta Tensione è pari a 3.825,78 MWh.

  • Il Vicepresidente Fitto ospita il dialogo sull’attuazione dello sviluppo urbano sostenibile nell’ambito della politica di coesione

    Il 24 giugno il Vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto ospiterà a Bruxelles il dialogo sull’attuazione dello sviluppo urbano sostenibile nell’ambito della politica di coesione, che riunirà un gruppo mirato di sindaci per discutere le sfide e condividere approcci efficaci per conseguire uno sviluppo urbano sostenibile.

    L’agenda dell’UE per le città, che sarà presentata in una prossima comunicazione, delineerà un nuovo approccio a sostegno delle aree urbane. L’agenda è tesa a far sì che il sostegno dell’UE raggiunga le città e le comunità che ne hanno più bisogno e sia accessibile a tutti i potenziali beneficiari. Rafforzerà inoltre l’impegno dell’UE a favore dello sviluppo urbano sostenibile, ponendo le esigenze e gli interessi delle città in prima linea nelle future iniziative dell’UE.

    Il dialogo sull’attuazione contribuirà alla preparazione dell’agenda dell’UE per le città, la cui adozione è prevista per la fine del 2025.

    La Presidente von der Leyen ha incaricato tutti i commissari di organizzare due dialoghi sull’attuazione all’anno per allineare l’attuazione alle realtà sul terreno. Per il Vicepresidente esecutivo Fitto si tratta del primo di tali dialoghi.

  • Euro 5 e l’incertezza del diritto

    Nelle democrazie moderne e consolidate la certezza del diritto rappresenta la sicurezza di vedere garantiti i propri diritti fondamentali nel tempo.

    Viceversa all’interno di uno stato etico nel quale tutte le azioni devono essere finalizzate alla realizzazione del bene universale dello Stato Supremo, il diritto assume una componente etica e morale, di conseguenza soggetta al cambiamento che in questo caso risulta molto diversa dal concetto di evoluzione.

    Non va dimenticato, poi, come le nostre democrazie si considerino, e con piena ragione, secolarizzate, cioè separate da qualsiasi influenza religiosa. Tuttavia, contemporaneamente, le stesse istituzioni europee e nazionali hanno abbracciato ciecamente i postulati etici e morali del Green Deal per il cui conseguimento vengono sacrificati molti diritti precedentemente assicurati. Ad esempio, la vicenda della messa al bando dalla circolazione delle autovetture a gasolio euro 5 ne rappresenta la triste fotografia. Negli anni passati l’acquisto di queste automobili addirittura venne incentivato dallo Stato con l’obiettivo di rottamare auto con classi di emissioni più impattanti a favore di quelle tecnologicamente più avanzate come le euro 5. Inevitabilmente la tecnologia automobilistica da allora è riuscita ad evolversi verso automobili con emissioni ancora inferiori. All’interno di uno Stato di diritto tutte le automobili che hanno comunque ottenuto l’omologazione dovrebbero restare in circolazione e magari essere soggette ad un bollo inferiore in quanto articolato in una percentuale fissa ed in un’altra legato al valore decrescente dell’autovettura.

    Logica conseguenza vorrebbe che quindi le autovetture non più giovani pagassero anche un bollo inferiore rispetto a quelle più recenti in quanto queste ultime risultano espressione di una maggiore capacità contributiva (*).

    Nel passaggio, invece, da uno stato democratico in grado di tutelare i diritti nel tempo anche alla circolazione delle persone meno abbienti con autovetture comunque omologate dallo Stato, ad uno stato etico, ecco come per il perseguimento degli obiettivi si cambiano in continuazione le regole e soprattutto si penalizzano le classi di contribuenti meno abbienti come i possessori di automobili ormai superate.

    Solo in uno stato etico e religioso (**), quindi, si trasforma un fattore di evoluzione tecnologica del passato, come l’adozione dell’Euro 5, nella stessa motivazione allo stop alla circolazione con l’annullamento del principio della non retroattività delle norme (***).

    L’Europa da culla della cultura negli ultimi secoli con la nascita di una istituzione politica europea si dimostra incapace di proporre valori democratici ed ha iniziato una metamorfosi verso uno stato etico e religioso che rappresenta l’unica ragione di sopravvivenza del proprio ceto politico.

    Continuare a penalizzare le popolazioni con basse fasce di reddito, le quali utilizzano ovviamente autovetture più vecchie, in nome di un minimale vantaggio per l’ambiente ma a fronte del costo in credibilità per le istituzioni a causa della negazione dello stato di diritto, rappresenta la conferma di una volontà finalizzata al conseguimento di un bene supremo etico indipendentemente dai costi sopportati dalla popolazione. Contemporaneamente viene abrogata la certezza del diritto anche se solo in materia di circolazione.

    Mai come ora con questa vicenda che potremmo definire “Neuro 5”, il declino culturale di quella che una volta era il punto di riferimento della cultura mondiale risulta evidente e quanto mai drammatico.

    (*) fermo restando che la tassazione sulla mobilità privata ha raggiunto un livello inaccettabile ed insopportabile.

    (**) l’ideologia Green prevede l’adozione dei precetti che esprime esattamente come una qualsiasi religione.

    (***) Il principio di non retroattività delle norme, o irretroattività, stabilisce che una legge non può applicarsi a fatti, atti o situazioni che si sono verificati prima della sua entrata in vigore

  • L’UE più vicina agli obiettivi per il 2030 su clima ed energia, secondo i piani nazionali

    Secondo la valutazione della Commissione europea dei piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC), gli Stati membri dell’Unione europea hanno notevolmente ridotto il divario per conseguire gli obiettivi su energia e clima per il 2030. L’UE nel suo complesso è prossima a ridurre del 55% le emissioni di gas a effetto serra, come previsto dalla normativa europea sul clima, raggiungendo una quota di almeno il 42,5% di energie rinnovabili.

    Dalla valutazione della Commissione emerge che l’UE è sulla buona strada per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di circa il 54% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, se gli Stati membri attuano pienamente le misure nazionali e le politiche dell’UE esistenti e previste

    La valutazione della Commissione fornisce inoltre una solida base per le discussioni sulle prossime tappe del percorso di decarbonizzazione dell’UE per il 2040 e sul conseguimento della neutralità climatica entro il 2050.

  • Quattro siti italiani individuati dalla Ue tra i fornitori europei di materie prime

    La Commissione europea ha adottato il 25 marzo la lista finale dei Progetti strategici per le materie prime strategiche. Si tratta di 47 progetti europei che contribuiranno al rafforzamento dell’autosufficienza dell’Unione in termini di approvvigionamenti di materie prime, riducendo le dipendenze da fonti esterne e rendendo le catene del valore sempre più resilienti e sostenibili. I nuovi progetti rappresentano una milestone importante nell’implementazione del Critical Raw Materials Act, che mira a garantire che l’estrazione, la trasformazione e il riciclo europei di materie prime critiche e strategiche soddisfino rispettivamente il 10 per cento, il 40 per cento e il 25 per cento della domanda dell’Ue entro il 2030. Dopo un processo sviluppatosi in diverse fasi, sia europee che nazionali, l’Italia – si legge in una nota del ministero dell’Ambiente – ha ottenuto un importante risultato: su dieci progetti di riciclo riconosciuti strategici a livello europeo, quattro sono in Italia: in Veneto, Toscana, Lazio e Sardegna. La prima selezione dei progetti strategici per le materie prime critiche e strategiche si conclude quindi con successo per l’Italia, che riconosce il valore strategico delle materie prime critiche e strategiche per il raggiungimento degli obiettivi della transizione energetica e digitale, ma anche per altri settori strategici quali difesa, salute e aerospazio.

    I 47 nuovi progetti strategici sono distribuiti in 13 Stati membri dell’Ue tra cui Belgio, Francia, Italia, Germania, Spagna, Estonia, Repubblica Ceca, Grecia, Svezia, Finlandia, Portogallo, Polonia e Romania e “coprono uno o più segmenti della filiera delle 14 materie prime selezionate, con 25 progetti comprendenti attività di estrazione, 24 di lavorazione, dieci di riciclaggio e due di sostituzione delle materie prime”, prosegue.

    “Questi progetti garantiranno che l’Ue possa soddisfare pienamente i suoi parametri di riferimento per l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio del 2030 per litio e cobalto, realizzando al contempo progressi sostanziali per grafite, nichel e manganese. Inoltre, altri progetti strategici che coinvolgono magnesio (un progetto) e tungsteno (tre progetti) contribuiranno alla resilienza dell’industria della difesa dell’Ue, che fa affidamento sull’uso di questi materiali”, si evidenzia. Per diventare operativi, i 47 progetti strategici prevedono un investimento di capitale complessivo previsto di 22,5 miliardi di euro, che sarà coordinato dalla Commissione Ue, dagli Stati membri e dalle istituzioni finanziarie.

    Secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, “il risultato ottenuto – per la prima volta dall’approvazione del Critical Raw Materials Act e dall’approvazione della nuova legge italiana – dà l’avvio ad una nuova visione del settore delle materie prime in Italia, incentrata sulla competitività ma anche sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Infine – aggiunge il ministro – i progetti italiani che hanno ottenuto il riconoscimento di progetti strategici confermano il forte orientamento del nostro Paese verso la circolarità, la valorizzazione e l’uso efficiente delle risorse”.

    Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha parlato di un’Italia “protagonista della sfida europea per l’autonomia strategica e l’approvvigionamento delle materie prime critiche, essenziali per garantire la sicurezza e la continuità delle nostre filiere industriali”. “Confermiamo così la nostra leadership tecnologica nel settore del riciclo e dell’economia circolare”, prosegue Urso. “Le competenze italiane – conclude il ministro – daranno un contributo decisivo alla riduzione della dipendenza europea da Paesi terzi, rafforzando così la sovranità strategica dell’Europa in un settore sempre più fondamentale per il futuro”.

    Per il vicepresidente esecutivo con delega alla Strategia industriale della Commissione Ue, Stephane Sejourne “l’Ue non vuole sostituire la propria dipendenza dai combustibili fossili con una dipendenza dalle materie prime critiche: il litio cinese non si trasformerà nel gas russo di domani”. “Quindi per evitare questo – aggiunge Sejourne – dobbiamo fare varie cose tra cui dobbiamo creare un quadro legislativo per evitare queste dipendenze e oggi dobbiamo estrarre di più. In Europa, dobbiamo processare di più”. “Dobbiamo consolidare la catena del valore per le materie prime critiche in Europa e oggi abbiamo una base legale per farlo”, conclude.

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