Sostenibilità

  • Il mercato smart

    Nel “lontano” 2007 Apple reinventò completamente il telefono, destinato a diventare in pochi anni uno strumento di connessione globale anche attraverso l’introduzione della tastiera touch.

    In pochi anni i due leader del mercato di inizio millennio, Nokia e BlackBerry, incapaci di leggere le potenzialità della nuova tecnologia, hanno visto ridursi in poche stagioni la propria quota di mercato, fino alla loro inevitabile uscita dal mercato.

    Attualmente, nel solo primo trimestre del 2024,le spedizioni globali di smartphone sono aumentate del 7,8% rispetto allo stesso periodo del 2023, con 289,4 milioni di dispositivi, e  sono Samsung ed Apple a detenere le maggiori quote del mercato globale.

    Nel 1997, Toyota lanciò la Prius, prima autovettura elettrica in pochi anni diventata una icona del politicamente corretto e delle forze politiche che amano definirsi “progressiste e moderne”. Del successo “naturale” (inteso come semplice scelta dei consumatori), ad oltre ventisette anni dall’inizio di una potenziale elettrificazione della mobilità su gomma, la quota di mercato detenuta dalla trazione elettrica si aggira attorno al 10% delle vendite globali.

    Tuttavia questa quota di mercato (10%) è stata raggiunta unicamente attraverso l’impegno di migliaia di miliardi dei bilanci pubblici, finalizzati a favorirne la produzione da una parte e dall’altra la vendita di queste autovetture.

    Paradossale, poi, se si considera che buona parte della produzione di autoveicoli elettrici provenienti dalla Cina veda non solo le prime cinque aziende partecipate direttamente dallo Stato, ma soprattutto l’utilizzo di quella energia necessaria per la produzione direttamente fornita dalle centrali a carbone.

    Prova ne  sia che attualmente alla Repubblica cinese venga attribuita una quota di emissioni superiore a tutta quella del mondo occidentale.

    Risulta quindi, non solo finanziariamente, suicida continuare in questo cieco ed ideologico sostegno, e con risorse pubbliche, a favore di una transizione elettrica in quanto aumentano le emissioni globali, una follia che vede la propria massima espressione nel divieto nel 2035 imposto dalla Comunità europea della vendita dei motori endotermici.

    Per di più, uno sforzo che ha come ridicolo obiettivo quello di ridurre una quota già risibile dell’inquinamento totale, cioè il solo 1% che viene imputato all’autotrazione (*). Prova ne è che il punto di pareggio in relazione alle emissioni tra il ciclo produttivo delle auto elettriche e quelle a motore endotermico trova il punto di equilibrio solo una volta raggiunti i 100/120.000 km. Senza dimenticare come la composizione di queste emissioni da autotrazione risulti per lo più attribuibile  soprattutto alla resistenza al rotolamento dei pneumatici ed all’utilizzo dei freni piuttosto che alle emissioni dei motori endotermici.

    Tornando, quindi, al quadro comparativo queste semplici considerazioni relative ai diversi esiti nelle scelte del mercato sulle due tipologie di innovazione (ammesso e non concesso che l’auto elettrica rappresenti una innovazione) dimostrano come il processo di elettrificazione della mobilità risulti solo l’espressione di un disegno politico ed ideologico al quale si aggiunge quello speculativo.

    Un processo che ha fatto della auto elettrica l’icona di  una parte dello schieramento politico europeo, quello stesso orfano da decenni di una ideologia massimalista di riferimento dopo la caduta del muro e Berlino, e della quale si è appropriata.

    In altre parole, in rapporto alle risorse pubbliche utilizzate a favore di questa elettrificazione (sia per quanto riguarda la produzione che l’acquisto) e gli esiti del mercato probabilmente la sanità sarebbe stata un settore molto più strategico verso il quale dirottare queste ingenti risorse pubbliche, le quali stanno continuando a diminuire, specialmente del nostro Paese.

    Questa deriva elettrica assolutamente ideologica e priva di una sostenibilità economica, la cui produzione non fa che aumentare le emissioni, porterà inoltre ad una ulteriore desertificazione industriale e conseguente perdita del posto di lavoro in quelle economie occidentali le quali ancora oggi detengono i piu importanti primati nei motori endotermici e che assicurano oltre 1.000 miliardi di tasse e milioni di posti di lavoro.

    Il mercato, in altre parole, non avendo recepito la visione ideologica e politica di una classe politica in relazione alla mobilità elettrica e falsamente sostenibile, ha già dimostrato di essere molto più “smart” dell’intera classe politica italiana ed europea.

    (*) https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AE8MlslB

  • Il tentativo speculativo di Volkswagen

    Volkswagen, la seconda casa automobilistica al mondo dopo Toyota, fu la prima ad approvare ed addirittura sostenere la deriva ambientalista dell’Unione Europea, la quale, con la prima presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen impose lo stop nella UE alle auto termiche dal 2035.

    Una posizione non condivisa, invece, proprio da quella Toyota che per prima aveva investito nella movimentazione elettrica (la Prius è del 2011) e che quindi considerava assolutamente utopistica la politica massimalista partorita in Europa verso una completa adozione dei motori elettrici.

    Il calcolo espressamente speculativo adottato dal consiglio di amministrazione della casa di Wolfsburg era rappresentato dalla banale ma assolutamente speculativa considerazione che, semplicemente appoggiando la politica europea dei trasporti con i tutti i suoi vincoli ambientalisti, si potessero creare le condizioni per la nascita di un nuovo mercato.

    In altre parole, l’intera dirigenza della Volkswagen era “confidente” di avere di fronte a sé decenni di lavoro assicurato attraverso la imposizione di una transizione elettrica dell’intero parco circolante europeo composto da circa 300 milioni di vetture.

    Il mercato, cioè l’intero sistema di consumatori, invece ha dimostrato come la politica ambientalista europea non rappresenti in nessun caso il “sentiment” dell’utenza, ma soprattutto emerge evidente come non esistano le condizioni per una scelta ancora molto incerta non solo per i “benefici” ambientali ma anche in ragione della sostenibilità economica verso una movimentazione elettrica.

    Di conseguenza risulta chiaro come la dirigenza di Volkswagen abbia adottato non tanto una strategia economica e di prodotto finalizzata al massimo rendimento degli stabilimenti già in essere ed assicurare tanto l’occupazione che il rendimento degli investimenti, si è preferito adottare una speculazione di natura industriale ma di conio assolutamente ideologico, auspicando così che questa determinasse l’esplosione di una domanda inesistente, allora come oggi, relativa alle automobili elettriche.

    Il fatto, poi, che ora quella stessa dirigenza proponga di chiudere uno o più stabilimenti in Germania in conseguenza della scarsa redditività negli impianti stessi, anche perché a differenza di BMW e Mercedes i volumi da confermare anno per anno sono vicino ai dieci (10) milioni di autovetture vendute, rappresenta il sigillo di garanzia di un approccio a quel mercato espressione dell’adozione  di una  speculazione industriale alimentata da una deriva ideologica ambientalista proposta dalla Ue e priva di qualsiasi sostegno e contenuto reale.

    Risulta chiaro, quindi, come la politica assieme all’ideologia facciano il loro ingresso all’interno dei consigli di amministrazione, i quali dovrebbero garantire il perfetto funzionamento di una macchina complessa come quella di un’industria in competizione nel mercato globale. Questi assicurano solo un disastro strategico ed operativo colossale, confermato nel settore finanziario dall’abbandono da parte di Black Rock di buona parte di quei titoli di “investimento” legati al mondo ambientalista (ESG). Persino lo stabilimento Audi di Bruxelles, creato espressamente per la produzione alto di gamma di auto elettriche, risulta ora a rischio chiusura, dimostrando come anche nella fascia “premium” non esista alcuna traccia di una domanda, anche se sostenuta dalle agevolazioni fiscali.

    La pericolosa crisi della casa tedesca, che coinvolge anche l’intero settore della componentistica Automotive italiana, dimostra, ancora una volta, come la domanda di un bene o servizio non si possa creare attraverso interventi di natura politica, fiscale o peggio ideologica e tantomeno si possano creare le condizioni per la creazione un nuovo mercato attraverso degli atti istituzionali di manifesta natura politica.

    Un principio talmente chiaro e limpido che però evidentemente in Volkswagen non hanno mai capito, esattamente come all’interno della Commissione europea.

     

  • L’UE investirà 7 miliardi di euro in infrastrutture di trasporto sostenibili

    La Commissione europea ha selezionato 134 progetti nel settore dei trasporti che riceveranno oltre 7 miliardi di euro in sovvenzioni dell’UE nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa. Si tratta dell’invito più importante nell’ambito dell’attuale programma trasporti del meccanismo.

    Circa l’83% dei finanziamenti sosterrà progetti in linea con gli obiettivi climatici dell’UE, incentrati sul miglioramento e l’ammodernamento delle ferrovie, delle vie navigabili interne e delle rotte marittime all’interno della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). I progetti ferroviari riceveranno l’80% dell’importo totale di 7 miliardi di euro.

    Tra i progetti più importanti figurano i collegamenti ferroviari transfrontalieri negli Stati membri baltici (Rail Baltica), tra la Francia e l’Italia (Lione-Torino) e tra la Danimarca e la Germania (tunnel Fehmarnbelt).

    Una ventina di porti marittimi in diversi paesi beneficeranno inoltre di un sostegno per l’ammodernamento delle infrastrutture, in particolare per la fornitura di energia elettrica da terra per le navi e il trasporto di energia rinnovabile.

    Tra i progetti selezionati, diversi aumenteranno la capacità dei corridoi di solidarietà UE-Ucraina, istituiti per agevolare le importazioni e le esportazioni tra l’Ucraina e l’UE, grazie al miglioramento delle infrastrutture stradali, dei valichi di frontiera ferroviari e all’integrazione del sistema ferroviario ucraino.

    Il 18 luglio entra inoltre in vigore il regolamento TEN-T riveduto, che contribuirà fortemente a promuovere modi di trasporto più sostenibili, a favorire la digitalizzazione e a migliorare la multimodalità tra i diversi modi di trasporto.

  • L’UE commemora le vittime della crisi climatica globale

    Il 15 luglio l’UE ha commemorato le vittime della crisi climatica globale nel corso di una cerimonia tenutasi a Bruxelles alla presenza del Commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, e di rappresentanti del governo belga.

    Questa giornata è un invito all’azione per ridurre al minimo l’impatto dei cambiamenti climatici ovunque possibile e aumentare la resilienza per proteggere vite e mezzi di sussistenza.

    Nel 2023 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno firmato una dichiarazione congiunta per istituire una giornata annuale dell’UE dedicata alle vittime della crisi climatica globale, il 15 luglio di ogni anno. Si tratta di un’occasione per ricordare le vittime in Europa e nel mondo, e per sensibilizzare a quanto è possibile fare per ridurre il rischio degli impatti climatici ed essere meglio preparati a rispondere alle catastrofi climatiche.

    All’inizio di quest’anno la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla gestione dei rischi climatici, in risposta alla prima valutazione europea dei rischi climatici ad opera dell’Agenzia europea dell’ambiente.

  • Alberi per il nostro futuro

    La biodiversità non è solo un valore, è un’esigenza per la salute umana, per la nostra stessa sopravvivenza.

    Intaccare di continuo la natura con la cementificazione ancora inarrestata, la mancanza di cura dei boschi, il disboscamento selvaggio, la continua sparizione di specie viventi (a partire dagli insetti) sta portando a una perdita di biodiversità che il professor Ferrini, docente di Arboricoltura all’Università di Firenze, stima nella misura del 17% per il 2100.

    Ogni nostra azione porta delle conseguenze per le future generazioni ed è bene tenere in considerazione quanto gli alberi aiutano la vita degli esseri umani, dal contrasto dell’inquinamento all’abbassamento delle temperature nei periodi di maggior calore, alla sopravvivenza e proliferazione degli insetti (senza i quali non ci sarebbero frutti e fiori) e degli uccelli (altrettanto utili all’ecosistema), gli alberi, fin dagli albori della vita sul pianeta, hanno consentito che l’uomo trovasse l’habitat necessario alla sua sopravvivenza.

    Nonostante una maggior sensibilità verso la funzione imprescindibile degli alberi, che vi è stata negli ultimi anni, rimangono ancora tantissimi problemi dovuti alla loro mancanza di cura, spesso sono abbattuti nelle aree coltivate, mentre è invece dimostrato che anche i vigneti producono uva migliore se c’è qualche albero, e alla abitudine di troppi sindaci di abbattere piante, anche secolari, piuttosto che investire nella loro manutenzione, per creare grandi aree cementificate e assolate.

    Gli alberi sono anche molto utili per bonificare terreni inquinati perché estraggono gli inquinanti e li trattengono nei loro tessuti o perché le radici degli alberi stessi trasformano gli inquinanti in composti non tossici.

    In Senegal sono state piantate milioni di mangrovie per proteggere la costa e la Cina, per frenare la desertificazione dei suoli, sta costruendo da anni una grande muraglia di alberi. L’Italia, che ha un grande patrimonio boschivo sugli Appennini, pur con l’impegno di varie associazioni (Legambiente tra esse), è ancora lontana dall’aver compreso appieno il valore e la necessità di rispettare e coltivare gli alberi. Infatti anche i forti stanziamenti dell’Unione europea per rimboschire le aree urbane non stati utilizzati da molti Comuni, tra i quali Milano, o per incapacità o per incuria ed indifferenza o addirittura, come a Milano, perché a forza di cementificare non sono state individuate per tempo aree da piantumare.

    Il 21 novembre si festeggerà come ogni anno la giornata mondiale dell’albero. Speriamo che per quell’occasione il governo, da un lato, e gli amministratori regionali e locali, dall’altro, abbiano qualche buona notizia da darci, abbiano realizzato finalmente qualche progetto concreto.

  • La prima accademia dell’industria a zero emissioni formerà 100mila lavoratori del fotovoltaico

    La Commissione ha presentato l’Accademia per l’energia solare, la prima di una serie di accademie dell’UE che saranno istituite nell’ambito della normativa sull’industria a zero emissioni nette allo scopo di sviluppare le competenze necessarie lungo le catene del valore delle tecnologie a zero emissioni nette. Queste accademie svilupperanno insieme all’industria contenuti e programmi di apprendimento, al fine di garantire competenze e forza lavoro sufficienti nella catena del valore.

    Si stima che, nel solo settore della produzione di energia solare fotovoltaica, entro il 2030 saranno necessari circa 66mila lavoratori qualificati affinché l’Ue consegua i propri ambiziosi obiettivi in materia di energie rinnovabili, garantendo nel contempo la competitività industriale. Nei prossimi 3 anni l’Accademia per l’energia solare mira a formare 100mila lavoratori nella catena del valore del fotovoltaico per affrontare l’attuale carenza di manodopera e competenze nel settore.

    Sulla scorta del modello riuscito dell’Accademia europea delle batterie, l’Accademia per l’energia solare progetterà contenuti di apprendimento insieme all’industria e alle parti interessate della catena del valore del fotovoltaico. Svilupperà inoltre certificati di apprendimento, che attesteranno le competenze acquisite grazie ai corsi di formazione, promuovendo in tal modo anche la mobilità della forza lavoro in tutto il mercato unico. I programmi saranno attuati mediante partner locali: imprese, università, erogatori di istruzione e formazione professionale o di altro tipo con cui l’Accademia firmerà un contratto per l’erogazione dei programmi.

    La Commissione sostiene l’istituzione dell’Accademia per l’energia solare con 9 milioni di euro provenienti dal programma per il mercato unico. Il progetto sarà attuato dall’Istituto europeo di innovazione e tecnologia attraverso la comunità della conoscenza e dell’innovazione EIT Innoenergy.

  • Indagine rivela atteggiamento positivo nei confronti delle auto elettriche in Europa

    Il 57% dei conducenti di automobili non elettriche sta valutando la possibilità di passare a veicoli elettrici, nonostante i costi. E’ quanto emerge da un’indagine dell’osservatorio europeo per i carburanti alternativi condotta in 12 Stati membri dell’UE.

    L’impegno dell’UE a ridurre del 90% le emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti entro il 2050 — come stabilito nel Green Deal europeo e nella strategia per una mobilità sostenibile e intelligente — è in linea con questa tendenza, sottolineando il ruolo dei veicoli a zero emissioni. Il nuovo regolamento su un’infrastruttura per i combustibili alternativi promuove la realizzazione di infrastrutture di ricarica pubbliche di facile uso in tutta l’UE.

    Con oltre 19.000 intervistati, l’indagine è una delle principali per quanto riguarda l’atteggiamento dei consumatori nei confronti della mobilità elettrica. I rispondenti, suddivisi tra gli attuali conducenti di veicoli elettrici a batteria e i conducenti di veicoli non elettrici, hanno inoltre evidenziato i benefici per il clima e l’efficienza in termini di costi dei veicoli elettrici a batteria.

    Circa due terzi degli intervistati ritiene che il prezzo rimanga un grande ostacolo. Un terzo prevede tuttavia di acquistare un’automobile elettrica nei prossimi cinque anni.

    L’indagine ha coinvolto partecipanti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna e Svezia.

  • Snam e De Nora avviano la costruzione di una Gigafactory a Cernusco sul Naviglio

    Un centro produttivo di circa 25mila metri quadri a Cernusco sul Naviglio (MI) mira a diventare il più grande polo produttivo nazionale di elettrolizzatori per la generazione di idrogeno verde, sistemi e componenti per l’elettrolisi dell’acqua e celle a combustibile. Prende il via il cantiere per la costruzione della Gigafactory guidata da Industrie De Nora – tramite De Nora Italy Hydrogen Technologies S.r.I. (Dniht) -, ha l’obiettivo di diventare polo produttivo di elettrolizzatori sul territorio nazionale, con una capacità che raggiungerà i 2GW equivalenti entro il 2030. Il termine dei lavori è previsto tra la fine del 2025 e i primi mesi del 2026. L’opera punta inoltre a facilitare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità parte del Green Deal Europeo. L’ordine di grandezza dell’investimento per la Gigafactory a Cernusco sul Naviglio “è sui 100 milioni di euro. Non amiamo dare dettagli su quanto investiamo, siamo gelosi di questi numeri” ha dichiarato Paolo Dellachà, amministratore delegato di De Nora.

    Dnhit e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno firmato lo scorso luglio 2023 un decreto di concessione che ha riconosciuto a Dnhit un importo pari a circa euro 32 milioni in forma di contributo alla spesa a valere sul fondo istituito dal Ministero per il sostegno finanziario alle imprese che partecipano alla realizzazione di Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (Fondo IPCEI). Il percorso di decarbonizzazione “va sostenuto secondo una visione di neutralità tecnologica e l’Europa punta a diventare leader nella produzione delle tecnologie, anche grazie alla forza che l’Italia può esprimere nella nuova legislatura, anche considerando la maggiore stabilità del nostro governo rispetto a quella degli altri Paesi” ha spiegato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in video collegamento durante la posa della prima pietra per la Gigafactory.

    L’importo è finanziato tramite risorse del Pnrr. Gli importi destinati alla concessione di agevolazioni a Dnhit potranno essere successivamente integrati fino a circa euro 63 milioni, a seguito delle ulteriori disponibilità derivanti dalle attivazioni destinate al sostegno dell’IPCEI Idrogeno. “Penso si debba fare più e meglio per coniugare la sostenibilità ambientale con quella sociale ed economica. In questo contesto l’idrogeno verde avrà un ruolo preminente” ha aggiunto Urso nel corso del suo intervento. Per questo l’avvio dei lavori qui a Cernusco sul Naviglio “è un’ottima importante e significativa notizia, in considerazione della strategicità dell’opera” ha concluso.

    La realizzazione dell’opera sarà portata avanti in collaborazione con Snam, che in De Nora detiene una quota pari a circa il 21 per cento. La posa della prima pietra “è sempre un evento simbolico che sancisce l’inizio della costruzione per il futuro Net-Zero. Il futuro sarà fatto di energia rinnovabile ma anche di molecole verdi. Questo progetto è strategico perché rappresenta una di quelle opportunità che ci consente di giocare un ruolo come Italia e come Europa all’interno della transizione” ha sottolineato Stefano Venier, amministratore delegato di Snam. “Stiamo scoprendo pian piano che dipendiamo da altri Stati per la transizione, questa è un’opportunità per essere indipendenti”, ha infine concluso Venier, ricordando che oltre l’80 per cento dei pannelli fotovoltaici viene realizzato in Cina. A proposito della collaborazione tra le due Società, per l’ad di De Nora il “modello De Nora-Snam”, applicato per la realizzazione della Gigafactory a Cernusco sul Naviglio, “è sicuramente replicabile, non solo in Italia ma anche in altri Paesi”.

    L’idrogeno “è fondamentale perché consente il trasporto e lo stoccaggio delle rinnovabili, che è il punto più difficile nella transizione e l’Italia, con le sue aziende e le sue tecnologie, è protagonista nell’innovazione” ha affermato Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy. “La transizione – ha proseguito – è già in atto, è epocale, e avviene con aziende e tecnologie italiane al centro. De Nora è un esempio di azienda italiana che nasce dall’artigianalità, cresce nella tecnologia e diventa leader mondiale”. Anche Snam è “protagonista all’interno del processo di transizione” che vedrà “un asse tra il Nord Africa e l’Europa. L’Europa ha capito che ci dobbiamo mettere assieme, sostenere le nostre eccellenze: ci saranno dei corridoi che vedranno le reti con le rinnovabili solari che dall’Africa attraverseranno l’Italia e l’Europa, dal Nord Europa avremo l’eolico. Ma perché questo sia possibile dobbiamo avere tecnologie”. L’impianto che sarà costruito, ha concluso Valentini, “dimostra che la transizione verde è sostenibile per l’economia e può portare posti di lavoro”.

    L’iniziativa supporterà la riduzione dei costi di produzione degli elettrolizzatori, contribuendo a centrare l’obiettivo di capacità installata finale prevista in Europa e di neutralità tecnologica necessario per la transizione energetica. La collocazione della Gigafactory in una primaria area industriale e produttiva a poca distanza da Milano consentirà inoltre di contribuire attivamente alla crescita economica e occupazionale del territorio locale, con la previsione di creare circa 200 posti di lavoro diretti e un indotto complessivo di circa 2000 persone. Il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha definito l’opera “una dimostrazione di quella che è l’indirizzo che il nostro Paese e l’Europa devono avere in questo ambito”. Quindi “sostenibilità come opportunità, investimenti sul territorio, posti di lavoro e sostenibilità ambientale. Credo sia un esempio bellissimo, rappresenta esattamente quello che ho sempre sostenuto debba essere la sostenibilità” ha chiosato.

  • Arriva Combimais XI

    Presentato a Milano l’undicesimo protocollo CombiMais. Il sistema in 10 anni ha dimostrato di saper stabilizzare la produzione, rispettando ambiente, sostenibilità e qualità, ha detto Mario Vigo dell’azienda agricola Folli a Robbiano (Milano), ideatore del protocollo CombiMais e presidente del CentroStudi Innovagri, l’associazione impegnata nello studio e la ricerca dell’innovazione nell’agroalimentare.

    Come si legge sulle pagine de Il Sole 24 Ore, il contesto è la borsa cerealicola regionale Granaria a Milano, dove nello scorso aprile è stato presentato il nuovo protocollo CombiMais1.1, undicesimo aggiornamento del primo, presentato in occasione di ExpoMilano nel 2015. Il protocollo è una sorta di distillato di buone pratiche rivolte ai coltivatori, per reagire ai cambiamenti climatici e di contesto che rendono sempre più complessa la coltivazione del mais e la redditività per le aziende.

    Il modello è quello dell’aggregazione tra aziende, per ridurre i costi di produzione e mettere a fattor comune le competenze. Il coordinamento agronomico del protocollo CombiMais è affidato a Leonardo Bertolani; gli step delle attività sono sotto la regia del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, guidato dal professo Amedeo Reyneri che, in occasione della presentazione alla stampa, ha chiarito i riferimenti scientifici del progetto.

    La presenza alla presentazione milanese del protocollo CombiMais di Alessandro Beduschi, assessore all’Agricoltura, Sovranità Alimentare, Foreste di Regione Lombardia, ha permesso agli imprenditori del protocollo presenti in sala di fare emergere le richieste del mondo agricolo lombardo. «CombiMais dimostra che questo non è un settore reazionario negazionista – ha detto l’assessore – invece si propone un approccio olistico, una antologia di buone prassi che la tecnologia rende possibili per colture irrinunciabili come quella del mais. Questa iniziativa dovrebbe entrare nella politica regionale e anche nazionale: è una risposta concreta, non ambientalismo sterile».

  • L’UE adotta un nuovo regolamento sul metano per monitorare e ridurre le emissioni nocive di combustibili fossili all’interno e al di fuori dell’Europa

    La Commissione adotta la prima normativa europea volta a monitorare e ridurre efficacemente le emissioni di metano prodotte dal settore energetico in Europa e nel mondo.

    Il nuovo regolamento obbliga l’industria europea del gas fossile, del petrolio e del carbone a misurare, monitorare, comunicare e verificare correttamente le proprie emissioni di metano, conformemente alle più stringenti norme di monitoraggio, e ad adottare misure per ridurle. Vieta inoltre il rilascio in atmosfera e la combustione in torcia nei settori del petrolio e del gas, salvo in circostanze inevitabili, specie per motivi di sicurezza.

    Poiché l’Europa continua a importare la maggior parte dell’energia fossile che consuma, il regolamento riguarderà anche le emissioni di metano prodotte dai combustibili fossili importati e introdurrà progressivamente requisiti più rigorosi per garantire che agli esportatori si applichino gradualmente gli stessi obblighi di monitoraggio, comunicazione e verifica degli operatori dell’UE.

    La Commissione istituirà inoltre uno strumento di monitoraggio mondiale degli emettitori di metano e un meccanismo di allarme rapido per gli eventi a super emissione al fine di condividere informazioni sull’entità, sulla ricorrenza e sull’ubicazione delle fonti con elevate emissioni di metano all’interno e all’esterno dell’UE. Grazie a questo strumento, la Commissione potrà chiedere informazioni rapide sulle misure adottate dai paesi interessati per contrastare tali fughe.

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