La politica migratoria sconquassa l’Europa
Stava quasi saltando anche il governo tedesco. La crisi è stata superata lunedì notte con l’accordo raggiunto tra la Merkel e il suo ministro dell’Interno, Horst Seehofer, che è anche il leader della CSU, il partito bavarese, che convive con la CDU, il partito della Merkel, nel gruppo parlamentare del Bundestag. Ma le frizioni tra i due partiti democratico-cristiani della Germania in ordine alla politica migratoria, non sono che uno dei tanti casi, se non il maggiore, scoppiati tra i governi europei sulla questione dei migranti. Un secondo caso è quello scoppiato tra Italia e Francia, in seguito alla decisione di chiudere i porti italiani ad una nave tedesca utilizzata dalle ONG per trasportare i profughi proprio in Italia. Macron ha addirittura lanciato accuse offensive al governo, dimenticando che la Francia non solo chiude i porti, ma sigilla anche le frontiere di terra, come quella di Ventimiglia, respingendo con la forza donne incinte. Un terzo caso è quello dell’Austria, che a seguito della proposta tedesca di rinviare i richiedenti asilo nel Paese di prima accoglienza, minaccia di chiudere la frontiera del Brennero, per impedire il passaggio di profughi provenienti dall’Italia. Sono tre casi, ma le ripercussioni si sono avute anche in altri Paesi. L’Ungheria, ad esempio, ha alzato muri e reticolati ai suoi confini verso Sud. Che ne è dell‘accordo di Schengen? E il trattato di Dublino, che affida al Paese di prima accoglienza la responsabilità della gestione del migrante, è ancora valido? L’Italia afferma che il migrante che sbarca in Italia in realtà sbarca in Europa e che la responsabilità della sua gestione è quindi europea, una responsabilità condivisa e non unilaterale. Il Consiglio europeo della settimana scorsa non è arrivato a conclusioni chiare e questa vaga indeterminatezza lascia le cose come stanno, cioè conflittuali, nonostante qualche accorgimento di risulta, come i “centri di transito” previsti dalla Germania per i richiedenti asilo. Questa indecisione ha fatto gridare all’Europa andata a pezzi. Sulla rete le teste calde si sono sbizzarrite: “Bisogna uscire subito da questa Europa che ci fa invadere e che non ci aiuta”. “Non possiamo sperare nulla da questi governi ipocriti che ci danno continue lezioni, razzolando male nel loro pollaio”. Senza parlare delle accuse rivolta all’UE, responsabile, secondo loro, di tutti i nostri mali, dall’economia che va male, all’invasione dei clandestini. Sono indignazioni non informate. Sono scoppi d’ira, frutto spesso d’ignoranza e di fanatismo. “Dobbiamo riprenderci la nostra sovranità, senza farci mettere i piedi in testa da nessuno”. E’ un altro dei leit-motiv che infarciscono i social web. Questo sovranismo populista è pericoloso e i responsabili politici non devono alimentarlo. E’ giusto e doveroso che l’Italia faccia sentire la sua opinione sui temi che si discutono in Europa, ma è sbagliato farlo con toni bellicosi, come se l’Unione europea fosse un nemico dal quale difendersi. Può servire tenere una linea rigida e fare proposte, ma non serve mettere l’Europa in stato d’accusa. Delegittimare l’Unione, come fa qualche ministro, è assolutamente sbagliato, perché oltre che a indebolire l’Unione agli occhi esterni, si diffondono opinioni qualunquiste e disgregatrici. Abbiamo invece bisogno dell’UE. Essa ha assicurato – affermava recentemente Sabino Cassese – sessanta anni di pace dopo due guerre mondiali che hanno prodotto immense distruzioni e circa 60 milioni di morti. Essa può ancora evitare che rinascano i demoni delle divisioni che provocarono quelle distruzioni e quei morti. Ha consentito a piccole nazioni, come quella italiana, di avere un posto nel mondo, dove sarebbe rimasta inascoltata da potenze demograficamente, economicamente e militarmente tanto più grandi. Ha anche agevolato l’introduzione di leggi moderne, come quella ambientale, che non saremmo riusciti, da soli, ad adottare in breve tempo. Il fatto che l’Europa conviene non vuol dire che dobbiamo accettare passivamente le decisioni europee. Dobbiamo far valere l’interesse nazionale, ma senza dimenticare che c’è un interesse comune più importante, che non va perduto di vista”.
Condividiamo queste opinioni e vorremmo che i nostri ministri le facessero proprie. L’Europa non si trova in buona salute. Il fenomeno migratorio ha contribuito a questo suo preoccupante malessere, ma non dimentichiamo che è nell’interesse nazionale che l’UE riesca nel più breve tempo possibile a ristabilirsi e a progredire, anche con il sostegno dell’Italia.