Un ragazzo di 28 anni tiene in scacco la Germania
E mette a rischio la possibilità di fare un governo di «grande coalizione»
È il leader dei 70mila iscritti al movimento giovanile (tra i 14 e i 35 anni) del partito socialdemocratico tedesco (SPD), i «Jusos», che voteranno no al referendum indetto dal presidente Martin Schulz sulla grande coalizione. Fino a ieri nessuno lo conosceva, all’infuori dei giovani socialdemocratici, oggi è balzato alla ribalta della cronaca politica perché conduce pubblicamente una strenua battaglia a favore del no all’accordo firmato dal suo presidente Schulz con la cancelliera Angela Merkel per la formazione di un governo detto di grande coalizione, tra la CDU/CSU democratica cristiana e l’SPD socialdemocratico. Questo illustre sconosciuto si chiama Kevin Kühnert e anziché una Grande coalizione, vorrebbe un governo di minoranza presieduto dalla Merkel con l’appoggio esterno, variabile, dei partiti dell’opposizione, SPD incluso, il che vorrebbe dire mettere il governo in balia della volontà politica di chi non si assume la responsabilità di farne parte. Addio stabilità, addio fiducia dei mercati, addio responsabilità dichiarata. Proprio quello che il popolo tedesco ha rifiutato dalla fine della guerra ad oggi, proprio una formula che la cancelliera Merkel ha rifiutato fin dall’inizio delle consultazioni per la formazione di un governo. Il periodo di Weimar, prima dell’avvento al potere dei nazionalsocialisti di Hitler, con la sua instabilità e con il conseguente continuo aumento dell’inflazione, ha lasciato ferite e ricordi che i tedeschi non vogliono rivivere. Il rischio che il massimalismo di questo ragazzo possa far saltare l’accordo già firmato il 12 ottobre è reale, Schulz ha condizionato la sua firma al voto dei 600 delegati Spd che si riuniranno a congresso domenica prossima e al referendum che avrà luogo per i 450mila iscritti. E’ noto che Schulz, come presidente, non ha il carisma che hanno avuto altri suoi predecessori e non ha il prestigio che sarebbe necessario per far accettare senza discutere le scelte da lui fatte nel corso del negoziato con la Merkel, tanto più che sulle posizioni di Kevin Kühnert ci sono anche il sindaco di Berlino Michael Muller e la governatrice della Renania-Palatinato, Malu Greyer. Il primo ha nella sua maggioranza i postcomunisti della Linke e la seconda si ribella al tetto annuo di 200mila richiedenti asilo che figura nell’accordo concordato con la Mrkel. Queste tre posizioni critiche di dirigenti socialdemocratici peseranno certamente nei due eventi previsti da Schulz : il Congresso del 21 gennaio e il referendum degli iscritti. Non osiamo prevedere quel che potrebbe succedere nel caso in cui l’accordo firmato con la Markel dovesse saltare. L’ultima istanza potrebbe essere il ritorno alle urne, ma i sondaggi, per quel che valgono, direbbero che la situazione non si modificherebbe più di tanto rispetto alle elezioni del settembre scorso, il che vorrebbe dire instabilità e disordine in un’Europa che invece necessita di stabilità e di accordi per procedere oltre e uscire dal guado in cui si trova da qualche anno a questa parte. Le proposte di Macron per un rilancio rimarrebbero sulla carta e nel frattempo l’attività internazionale sempre più globalizzata continuerebbe senza un apporto significativo dell’UE. «Mai indire referendum su temi molto importanti», ho sentito ripetere a più riprese nel corso di un convegno organizzato a Lussemburgo all’inizio di dicembre dalla Fondazione al Merito Europeo. Lo affermavano ex primi ministri, ex membri di governo, ambasciatori e studiosi universitari. Si riferivano al referendum sulla Brexit indetto da Cameron nel Regno Unito e al referendum sulla riforma costituzionale indetto da Renzi il 4 dicembre 2016. Nei referendum i votanti non votano quasi mai in funzione della finalità del referendum stesso, ma si esprimono piuttosto a favore o contro chi è al governo in quel momento, facendo cadere su di lui tutte le colpe e le indignazioni accumulate nel frattempo per l’accadere delle vicende nazionali. Che succeda così anche in Germania con gli iscritti all’SPD contro Schulz? Un altro aspetto che conferma il rischio rappresentato dal giovane ventottenne capo dei Jusos è quello della rivoluzione generazionale. In Italia è accaduto tre anni e mezzo fa con Renzi, che ha «rottamato» la vecchia classe dirigente al potere da sempre, in Francia è successo con Macron un anno fa, che ha anch’esso liquidato la dirigenza di due partiti da sempre al potere. In Austria è accaduto due mesi fa. Sono fenomeni fisiologici, si potrebbe dire, oppure sono la conseguenza di errori compiuti e non riconosciuti in tempo utile. Comunque sia, se la linea Schulz verrà bocciata sarà un colpo durissimo alla stabilità, predicata da Steinmeier e auspicata dai mercati, e riconosciuta fin qui come valore dai politici tedeschi. Nel frattempo il 28enne Kevin fa trattenere il fiato all’intera Germania e di conseguenza a tutta l’Europa.