Germania

  • Le case automobilistiche europee potrebbero pagare le concorrenti cinesi per le emissioni di carbonio

    Le case automobilistiche europee, guidate da Volkswagen, rischiano di dover sborsare centinaia di milioni di euro ai produttori cinesi di veicoli elettrici per l’acquisto di crediti di carbonio, nel tentativo di evitare le pesanti multe previste dalle norme Ue sulle emissioni per il 2025. Lo riporta il Financial Times. In base alla normativa europea – ricorda il quotidiano britannico -, le case automobilistiche sono obbligate a ridurre le emissioni medie di CO2 delle loro flotte a 93,6 grammi per chilometro entro il 2025, e le aziende che supereranno questo limite saranno soggette a una multa di 95 euro per ogni grammo di CO2 in eccesso, moltiplicata per ogni auto venduta. Secondo gli analisti – scrive il Financial Times -, molte case automobilistiche dell’Ue si trovano di fronte a una scelta: accelerare la vendita di veicoli elettrici abbassandone i prezzi, pagare miliardi di euro di sanzioni o acquistare crediti di carbonio da produttori meno inquinanti. Tra i principali beneficiari di questa strategia ci sono i produttori cinesi come Byd, che vantano una solida posizione nel mercato europeo dei veicoli elettrici e dispongono di ampi pool di crediti da vendere.

    Secondo quanto riferisce il Financial Times, una delle soluzioni che molti gruppi sta adottando è il cosiddetto “pooling”, che permette di calcolare la media delle emissioni tra flotte di diverse aziende operanti nell’Unione europea. Gli analisti avvertono tuttavia che il costo dei crediti potrebbe ammontare a centinaia di milioni di euro per alcune case automobilistiche europee, in ritardo nella transizione verso la mobilità elettrica, e che l’accordo renderà meno competitiva l’industria europea, favorendo i rivali cinesi in un momento in cui Bruxelles ha imposto tariffe più alte sui veicoli elettrici cinesi per proteggere le case automobilistiche europee. Jens Gieseke, un legislatore di centro-destra del Parlamento europeo – riporta il Financial Times -, ha affermato che l’Ue ha commesso un “errore” nel consentire il pooling con le case automobilistiche statunitensi e cinesi, in quanto ciò potrebbe avvantaggiare i rivali delle case automobilistiche europee.

    Per l’analista di Ubs Patrick Hummel, secondo quanto scrive il quotidiano britannico -, lo Stato tedesco della Bassa Sassonia detiene una partecipazione del 20% in Volkswagen, mentre Renault è per il 15% di proprietà del governo, il che rende la condivisione dei gruppi con le case automobilistiche cinesi un argomento politicamente sensibile. L’Europa, sottolinea il Financial Times, è il continente che si sta riscaldando più velocemente al mondo, con un aumento delle temperature doppio rispetto alla media globale dagli anni ’80, dovuto anche alla vicinanza all’Artico in scioglimento. Questi fattori rendono ancora più pressante la necessità di rispettare gli obiettivi climatici stabiliti da Bruxelles.

  • La crisi tedesca e possibili implicazioni per l’Unione Europea

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Marco Palombi

    In Germania, il peggioramento della crisi economica ha subito, di recente, una brusca accelerazione.

    Il governo federale, sotto la guida del Cancelliere Olaf Scholz, ha adottato un approccio orientato alla continuità nominando Jörg Kukies come nuovo ministro delle Finanze.

    Tuttavia, la pressione politica si intensifica: Friedrich Merz, capo dell’opposizione della CDU e candidato alla cancelleria, ha richiesto l’anticipazione del voto di fiducia inizialmente previsto per il 15 gennaio, sottolineando che “non ci sono ragioni per attendere oltre due mesi”[i].

    La Germania sta affrontando una fase critica di deindustrializzazione, evidenziata da un calo significativo della produzione industriale.

    A settembre 2024, la produzione industriale tedesca è diminuita del 2,5% su base mensile, superando le previsioni di un calo dell’1%, e del 4,6% su base annua, rispetto alle attese di una diminuzione del 3%[ii] e [iii].

    La crisi del settore automobilistico tedesco[iv], un pilastro dell’economia nazionale, che rappresenta il 5% del PIL nazionale, riflette una serie di sfide complesse derivanti da cambiamenti strutturali, pressioni ambientali e dinamiche di mercato globali. Le aziende hanno difficoltà a gestire la transizione verso i veicoli elettrici e affrontare le crescenti pressioni dei costi[v]. Di conseguenza, Volkswagen ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti in Germania, una decisione significativa che comporta la perdita di circa 30.000 posti di lavoro.

    La situazione occupazionale in Germania, al settembre 2024, mostra un tasso di disoccupazione destagionalizzato al 6%. Questo dato non considera i disoccupati di lungo periodo che beneficiano di sussidi statali. L’Istituto per la Ricerca sull’Occupazione tedesco (IAB) ha stimato che, includendo circa 5,5 milioni di persone disoccupate da oltre un anno e supportate dallo Stato, il tasso di disoccupazione effettivo potrebbe aumentare significativamente, avvicinandosi al 18% [vi].

    La struttura del mercato del lavoro tedesco mostra un crescente divario tra l’occupazione nel settore pubblico, che continua a espandersi, e un settore manifatturiero in declino.

    Negli ultimi anni, la Germania ha registrato un incremento nell’occupazione nel settore pubblico. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica Tedesco[vii] nel 2023 il numero di dipendenti pubblici è aumentato dell’1,5% rispetto all’anno precedente, raggiungendo circa 4,9 milioni di persone impiegate nel settore pubblico. Questo incremento è attribuibile principalmente all’espansione dei servizi pubblici, in particolare nei settori dell’istruzione e della sanità, per far fronte alle crescenti esigenze della popolazione che invecchia.

    La spesa per il personale pubblico, che include salari e benefici, è aumentata del 4,1% nel 2024, a seguito di accordi sindacali e dell’espansione dei servizi (Statistisches Bundesamt, 2024; Financial Times, 2024).

    Questa forbice nella crescita evoca uno scenario in cui vi possa essere un aumento della spesa pubblica e del deficit fiscale, senza un corrispondente aumento del PIL, con potenziali implicazioni per la stabilità economica a lungo termine.

    Secondo i dati del Ministero delle Finanze tedesco, il rapporto debito/PIL dovrebbe salire al 64% nel 2024, rispetto al 63,6% del 2023. Sempre secondo il ministero, il rapporto debito/PIL della Germania è previsto in crescita, con un incremento di circa 3,2 punti percentuali tra il 2024 e il 2025, al fine di sostenere la spesa corrente e compensare le perdite fiscali derivanti dal calo produttivo.

    Questo incremento deriva da una serie di interventi fiscali volti a mitigare l’impatto dell’inflazione e della crisi energetica, tra cui il piano “Generational Capital”, che prevede un finanziamento di 12,5 miliardi di euro da destinare alle pensioni, e un pacchetto di supporto energetico dal valore di circa 200 miliardi di euro, che rappresenta il 5,2% del PIL nazionale[viii]

    Inoltre, la transizione energetica della Germania rappresenta una sfida economica ed infrastrutturale di grandi dimensioni, la cui giustificazione potrebbe essere messa in discussione dal suo costo.

    L’obiettivo della Germania di raggiungere la neutralità climatica entro il 2045 richiede investimenti in tecnologie verdi, infrastrutture energetiche e riconversione industriale per circa 450 miliardi di euro entro il 2045[ix].

    Oltre alla rete energetica, la decarbonizzazione dell’industria manifatturiera richiederà ulteriori finanziamenti. La Banca Centrale Europea[x] stima che la trasformazione del settore industriale tedesco per ridurre le emissioni di CO₂ potrebbe costare complessivamente fino a 1.850 miliardi di euro, una cifra che equivale a quasi la metà del PIL annuale della Germania.

    La pressione economica derivante da questi investimenti potrebbe avere impatti significativi sul bilancio pubblico e sul debito a lungo termine.

    Una Germania sempre più dipendente da politiche di indebitamento comune – un’idea che fino ad ora ha respinto con fermezza – potrebbe minare le fondamenta dell’UE stessa.

    Nel contesto di una crisi interna, l’opzione di rivedere o persino abbandonare alcuni degli impegni europei, inclusa l’unione fiscale e bancaria, non può essere esclusa.

    Storicamente, la Germania ha mantenuto una rigorosa politica di contenimento del debito, sancita formalmente con l’introduzione della “Schuldenbremse” o freno al debito nella costituzione nel 2009. Questa scelta riflette una cultura fiscale conservativa, basata sulla diffidenza verso un eccessivo ricorso all’indebitamento per evitare rischi di destabilizzazione economica. L’economista tedesco Hans-Werner Sinn ha ribadito più volte che la Germania non dovrebbe sostenere finanziariamente politiche, come il Green Deal europeo, se queste non portano benefici diretti e richiedono un aumento significativo del debito pubblico[xi].

    Con investimenti previsti di circa 1.850 miliardi di euro per la decarbonizzazione dell’industria, la pressione fiscale sulla Germania continua a crescere. Se il Paese decidesse di abbandonare o ridurre il proprio impegno in politiche ambientali europee di vasta portata, si creerebbe un divario tra le priorità della UE e le esigenze economiche interne. Tale approccio potrebbe spingere la Germania a limitare la propria partecipazione a progetti come il Green Deal, che comportano costi elevati senza ritorni immediati per l’economia nazionale. Markus Kerber, tra gli altri analisti, suggerisce che la Germania potrebbe orientarsi verso politiche ambientali interne, mirate alla riduzione delle emissioni nei settori industriali strategici, senza necessariamente allinearsi agli obiettivi europei [xii].

    Un possibile scenario di disimpegno progressivo dall’UE potrebbe derivare dall’accumulo di pressioni fiscali e dalla percezione di una crescente erosione della sovranità economica, legata al consolidamento delle decisioni europee in campo fiscale. Durante la crisi dell’eurozona, alcuni leader tedeschi ipotizzarono l’uscita dalla moneta unica per ripristinare la sovranità monetaria e fornire strumenti di supporto all’economia reale, qualora fosse divenuta insostenibile la permanenza nell’Euro. Questo riflette una tendenza a preservare la capacità decisionale nazionale, soprattutto per proteggere il settore industriale attraverso misure autonome.

    Con un debito pubblico in crescita per finanziare politiche onerose come l’unione bancaria e fiscale, l’elettorato tedesco potrebbe spingere un futuro governo a riesaminare il ruolo della Germania all’interno dell’UE. Tale scelta permetterebbe una maggiore flessibilità nella definizione di politiche commerciali a difesa dell’industria locale, inclusi settori chiave come la produzione di veicoli e macchinari. Tuttavia, questa ipotesi di disimpegno avrebbe profonde ripercussioni sull’economia europea e segnerebbe un ritorno a pratiche protezionistiche, come esplorato da Wolfgang Streeck, il quale ha analizzato il declino della cooperazione monetaria europea e l’ineluttabile spinta verso un’indipendenza fiscale[xiii].

    La crescente instabilità politica in Germania potrebbe quindi incidere significativamente sul futuro dell’UE, specie in vista delle elezioni del 2025, con potenziali conseguenze sull’equilibrio e sulla coesione del progetto europeo.

    [i] – Handelsblatt, 2023. “Friedrich Merz Calls for Early Confidence Vote Amid Escalating Economic Crisis.” Disponibile su: https://www.handelsblatt.com

    [ii]  Teleborsa, 2024. Germania: Produzione Industriale in Calo a Settembre 2024. Teleborsa. Disponibile su: https://www.teleborsa.it/News/2024/11/07/germania-produzione-industriale-settembre-scende-piu-delle-attese-17.html [Accesso 7 novembre 2024].

    [iii] Bundesbank, 2024. Monthly Report on Germany’s Industrial Production Decline. Bundesbank. Disponibile su: https://www.bundesbank.de [Accesso 7 novembre 2024].

    [iv] Reuters, 2024. Volkswagen plans for major restructuring, including plant closures. Reuters. Disponibile su: https://www.reuters.com [Accesso 7 novembre 2024].

    Financial Times, 2024. Germany’s automotive industry faces restructuring amid electric vehicle transition. Financial Times. Disponibile su: https://www.ft.com [Accesso 7 novembre 2024].

    European Commission, 2023. Next Generation EU: Green Deal and transition funds for sustainable development. European Commission. Disponibile su: https://ec.europa.eu/info/index_it [Accesso 7 novembre 2024].

    Destatis (Ufficio Federale di Statistica tedesco), 2024. Germany’s industrial output data September 2024. Destatis. Disponibile su: https://www.destatis.de [Accesso 7 novembre 2024].

    Start Magazine, 2024. Automotive industry and its contribution to Germany’s GDP. Start Magazine. Disponibile su: https://www.startmag.it [Accesso 7 novembre 2024].

    [v] Le automobili elettriche, che richiedono meno componenti e manodopera rispetto ai motori a combustione interna, stanno riducendo la domanda di forza lavoro nelle linee produttive tradizionali. Le case automobilistiche tedesche stanno inoltre fronteggiando una forte concorrenza da parte di produttori asiatici e americani, come Tesla, che con l’apertura del suo stabilimento nel Brandeburgo introduce standard di produzione più agili, intensificando la competizione locale. Per mantenere competitività, le aziende tedesche stanno riducendo i costi operativi e ridimensionando le risorse, inclusi i posti di lavoro.    BMW e Mercedes-Benz, così come Volkswagen, stanno progressivamente tagliando personale nelle unità produttive tradizionali e investendo miliardi di euro in automazione e innovazione per riallinearsi ai nuovi mercati e normative. Tuttavia, la necessità di riconversione impone decisioni difficili con implicazioni per decine di migliaia di lavoratori.

    Il settore automobilistico rappresenta circa il 5% del PIL tedesco e contribuisce in modo significativo alle esportazioni nazionali. La perdita di competitività e la chiusura di stabilimenti potrebbe provocare una riduzione dello 0,5% del PIL a breve termine, con un impatto che si estenderebbe lungo tutta la catena di fornitura e sui servizi correlati.

    [vi] IAB, 2023. Long-term Unemployment in Germany and its Implications. Istituto per la Ricerca sull’Occupazione (IAB). Disponibile su: https://www.iab.de [Accesso 7 novembre 2024].

    BCE, 2024. Germany’s Employment Statistics: Official vs. Extended Unemployment Rates. Banca Centrale Europea. Disponibile su: https://www.ecb.europa.eu [Accesso 7 novembre 2024]. [vii] Statistisches Bundesamt (Destatis), 2023. Personal im öffentlichen Dienst 2023. Disponibile su: https://www.destatis.de/DE/Themen/Staat/Oeffentlicher-Dienst/Publikationen/Downloads-Oeffentlicher-Dienst/personal-oeffentlicher-dienst-2023-pdf.html [Accesso 7 novembre 2024].

    [viii] Reuters, 2024. German Debt Ratio Expected to Rise Slightly in 2024, Finance Ministry Reports. Disponibile su: https://www.reuters.com/markets/europe/german-debt-ratio-likely-rise-slightly-2024-finance-ministry-2024-04-24/ [Accesso 7 novembre 2024].

    Bundesministerium der Finanzen, 2024. Public Spending and Economic Stimulus Measures for 2024. Ministero delle Finanze. Disponibile su: https://www.bundesfinanzministerium.de [Accesso 7 novembre 2024].

    Statistisches Bundesamt, 2024. Public Sector Employment Statistics. Ufficio Federale di Statistica Tedesco. Disponibile su: https://www.destatis.de [Accesso 7 novembre 2024].

    Financial Times, 2024. Germany’s Public Sector Wage Increase and Employment Growth. Financial Times. Disponibile su: https://www.ft.com [Accesso 7 novembre 2024].

    [ix] Bundesministerium für Wirtschaft und Klimaschutz, 2024. Energy Transition and Investment Projections for 2045. Ministero dell’Economia e della Protezione Climatica. Disponibile su: https://www.bmwk.de [Accesso 7 novembre 2024].

    [x] Banca Centrale Europea, 2024. Industrial Decarbonisation Cost Analysis for Eurozone. Banca Centrale Europea. Disponibile su: https://www.ecb.europa.eu [Accesso 7 novembre 2024].

    [xi] Sinn, H.-W., 2020. The Green Paradox: A Supply-Side Approach to Global Warming. Cambridge: MIT Press.

    [xii] Kerber, M., 2023. The German Response to European Fiscal Pressures and Sovereignty Issues. Journal of European Economic Policy, 12(4), pp. 245-267.

    [xiii] Streeck, W., 2017. Buying Time: The Delayed Crisis of Democratic Capitalism. London: Verso Books.

  • Nasce un asse Londra-Berlino per la difesa e la cooperazione militare

    In un momento di crescente incertezza geopolitica e di minacce sempre più pressanti sullo scenario internazionale, il Regno Unito e la Germania hanno siglato un accordo di difesa bilaterale destinato a rafforzare la sicurezza nazionale di entrambi i Paesi e, più in generale, dell’Europa. Il Trinity House Agreement – questo il nome dell’accordo – è stato firmato a Londra dal ministro della Difesa britannico John Healey e dal suo omologo tedesco Boris Pistorius. L’accordo rappresenta un passo significativo verso una maggiore cooperazione militare tra i due Paesi.

    Healey ha descritto la firma come un “momento cruciale nelle relazioni tra Regno Unito e Germania” e un “importante passo avanti per la sicurezza europea”. “Questo accordo assicura livelli senza precedenti di nuova cooperazione con le Forze Armate e l’industria tedesca, portando benefici alla nostra sicurezza e prosperità condivise, proteggendo i nostri valori comuni e rafforzando le nostre basi industriali della difesa”, ha dichiarato Healey durante la cerimonia di firma presso la storica Trinity House a Londra.

    L’accordo, il primo di tale portata tra i due Paesi, mira a incrementare la collaborazione in aria, terra, mare, spazio e cyberspazio, rafforzando non solo le rispettive capacità militari ma anche il pilastro europeo della Nato. Alla luce delle tensioni crescenti nell’Europa orientale e dell’aggressione russa in Ucraina, il patto si configura infatti come una risposta alle sfide comuni che Londra e Berlino, insieme ai loro alleati, stanno affrontando per garantire la sicurezza europea. “Non dobbiamo dare per scontata la sicurezza in Europa”, ha commentato il ministro della Difesa tedesco. “La Russia sta conducendo una guerra contro l’Ucraina, sta aumentando enormemente la sua produzione di armi e ha lanciato ripetutamente attacchi ibridi contro i nostri partner nell’Europa orientale”, ha spiegato Pistorius. Per questo motivo, Pistorius ha evidenziato l’importanza di continuare a lavorare a stretto contatto con il Regno Unito per colmare le lacune critiche di capacità, soprattutto nel campo delle armi a lunga gittata.

    Uno degli obiettivi principali del Trinity House Agreement è infatti il rafforzamento delle capacità di difesa e deterrenza, soprattutto in relazione al fianco orientale della Nato, dove la minaccia russa continua a destare preoccupazioni. In particolare, Regno Unito e Germania lavoreranno insieme allo sviluppo di nuove armi di precisione a lungo raggio, capaci di viaggiare più lontano e con maggiore accuratezza rispetto ai sistemi attuali, come il missile da crociera Storm Shadow attualmente in uso dall’esercito britannico. La cooperazione tra i due Paesi includerà anche progetti di ricerca congiunta su droni terrestri e marittimi, oltre che lo sviluppo di nuovi sistemi marittimi senza equipaggio, un’area strategica fondamentale per la protezione delle acque territoriali e delle infrastrutture critiche sottomarine. Una parte dell’accordo prevede, infatti, la protezione delle infrastrutture sottomarine nel Mare del Nord, come i cavi di telecomunicazioni ed energia, considerati vulnerabili in un contesto di guerra ibrida e attacchi cibernetici.

    L’accordo non si limita a un semplice potenziamento della difesa nazionale, ma prevede anche un forte impatto sull’economia del Regno Unito. Grazie a una collaborazione con la società della difesa tedesca Rheinmetall verrà costruita una nuova fabbrica di canne per sistemi d’artiglieria nel Regno Unito, creando oltre 400 posti di lavoro e contribuendo con quasi mezzo miliardo di sterline all’economia britannica nel prossimo decennio.

  • A Radio Radicale, oggi pomeriggio alle ore 18, Niccolò Rinaldi ricorderà Marinella Colombo

    Oggi pomeriggio, alle ore 18, l’On. Niccolò Rinaldi, già eurodeputato, interverrà a Radio Radicale per parlare della vicenda di Marinella Colombo, di minori, diritti, Jugendamt,  Germania e ricordare una donna donna ed una madre che ha lottato per la giustizia sua e di tanti genitori.

  • In attesa di Giustizia: tenetevi la farina di grilli, ridateci i bambini

    Difendere non è un lavoro, è un ministero e la difesa non è mai del reato ma delle garanzie che assistono i cittadini, a volte è un privilegio tali sono valori in campo.

    Per me lo è stato difendere Marinella Colombo: per quella che considero una scelta condivisibile non scrivo mai di vicende processuali personali in questa rubrica ma per Marinella è doveroso fare un’eccezione.

    Doveroso ma anche doloroso per ricordare questa donna coraggiosa, fulminata in poche settimane da una malattia inesorabile, che per amore dei propri figli ha sfidato la giustizia (si fa per dire) tedesca, quella italiana, lanciato segnali e richieste di intervento a quell’Europa tanto preoccupata di legalizzare il commercio della farina di grilli, ad imporre irrealizzabili interventi di manutenzione degli immobili nel nome della eco sostenibilità ma che continua a paludarsi – forse più a nascondersi – dietro il simulacro del mutuo riconoscimento delle decisioni sul falso presupposto che vi sia una identità culturale, di struttura e affidamento delle parti in causa tra i sistemi giudiziari UE senza muovere un passo nella direzione di un ravvicinamento di questi sistemi che, tra di loro, spesso non sono nemmeno lontani parenti.

    Marinella Colombo si è battuta contro il potentissimo Jugendamt, una struttura tedesca (tra l’altro di natura amministrativa, neppure legale) che decide sul destino dei figli  “bi-genitoriali”, cioè a dire con un genitore tedesco e l’altro di nazionalità diversa in caso di separazione o, comunque, di accudimento della prole: lo Jugendamt si potrebbe anche sopprimere e sostituire con un unico articolo di legge contenuto nel codice civile tedesco che preveda, in quei casi, che il minore resta sempre e comunque in Germania, affidato al genitore tedesco, fosse anche un serial killer o lo facesse abitare in una grotta nella Selva di Turingia.

    Forse ricorderò male ma fu Hitler a dire che “lo stato nazista deve considerare il bambino il bene più prezioso della nazione” ed è a Himmler che si deve il Progetto Lebensborn volto a realizzare le teorie eugenetiche sulla razza portando la popolazione sino alla soglia di centoventi milioni in una quarantina d’anni: chi mi legge abitualmente sa che “non le mando a dire” e questo Jugendamt mi sembra tanto una eredità dei tempi della croce uncinata.

    Marinella Colombo, sposata con un tedesco e madre di due figli piccoli al momento della separazione, avendo trovato un impiego in Italia ha sfidato la giustizia (si fa sempre per dire) tedesca per amore di due bambini che qualsiasi altra giurisdizione avrebbe affidato ad una madre giovane e colta di professione interprete e con ottime prospettive di lavoro in Italia…con tutti i diritti di visita, condivisione delle festività, contatto da parte del padre. Non lo Jugendamt, allineato ai dettami del “Progetto Sorgente di Vita” (Heil, Heinrich!): a Marinella sono stati tolti, negato qualsiasi contatto che non fosse in Germania e sotto l’occhiuto controllo di questa preoccupante istituzione e quei bambini se li è andati a prendere, è stata in fuga con loro per mesi inseguita da un Mandato d’ Arresto Europeo, formalmente legale come il processo cui è stata sottoposta in Italia per sottrazione di minori. Tutto ineccepibile perché in questo caso la forma è sostanza sebbene basata su presupposti ampiamente opinabili; ma tant’è, siamo partner europei e va sempre tutto bene quello che succede in uno dei Paesi Membri, anche la costituzione di un partito politico dei pedofili come pure è capitato, tutt’al più si rischia una ramanzina senza seguito da Strasburgo.

    A Strasburgo ci sono andato, con Marinella, grazie a Cristiana Muscardini, l’unica veramente pronta a mettersi in gioco: all’epoca avevo un insegnamento all’Università di Ferrara di Cooperazione Giudiziaria Internazionale e ho tenuto una relazione sul necessario ravvicinamento dei sistemi penali europei portando come esempio da non seguire quello della ingiustizia che stava subendo Marinella. Bravo, bravo ma adesso torna pure a casa: sulle tue parole e sulla denuncia di questa Signora Colombo possiamo tornare a dormire sonni tranquilli. E a casa sono tornato, per difendere Marinella insieme a quella splendida collega che è Laura Cossar che seguiva principalmente il versante del diritto di famiglia facendone una difesa dei principi e ben sapendo che si sarebbe andati incontro ad una condanna. Dura lex, sed lex: questa autentica eroina è stata condannata, ha scontato la sua pena (se non altro agli arresti domiciliari), ha raccontato la sua vicenda in un libro, si è battuta in tutte le sedi perché qualcosa cambiasse per la tutela dei minori in Germania tentando persino la “discesa in campo” politica e ha continuato a battersi anche dopo aver potuto riabbracciare i suoi figli, solo quando sono diventati maggiorenni e potuto scegliere liberamente di lasciare immediatamente la Germania per raggiungere la madre.

    Auf Wiedersehen, Jugendamt…chissà quanto hanno pesato questi interminabili lustri di dolore e battaglie sul fisico di una donna minuta ma indomabile e ora se n’è andata lasciandomi un vuoto difficile da colmare anche con il ricordo dei momenti passati insieme in nome della difesa di vincoli etici ed indicazioni culturali inderogabili e di una bellissima amicizia nata dalla stima reciproca seppure nella consapevolezza che la legge avrebbe sconfitto la giustizia.

    Buon viaggio Marinella, mi piace salutarti rubando le parole al Giulio Cesare di Shakespeare che mi sembrano scritte per te: non è importante sapere come finirà la battaglia, è importante che il giorno finisca e se ci rivedremo sorrideremo, altrimenti sarà stato comunque un bell’addio.

  • Marinella Colombo una mamma, una donna, una vita d’amore in cerca di giustizia

    Ci sono momenti nella vita nei quali è difficile esprimere a parole il proprio dolore, l’angoscia che ti costringe a fissare una parete, un albero, il vuoto chiedendoti perché?
    Marinella, oggi è mancata all’amore dei suoi figli, all’affetto del suo compagno e dei suoi amici, alle speranze che tanti riponevano in lei perché travolti dalle ingiustizie dello Jugendamt e dal silenzio delle autorità nazionali ed europee.
    E lo Jugendamt ,che ha strappato tanti bambini ad uno dei loro genitori, oggi ha fatto una nuova vittima perché il male che ha portato via Marinella, in un tempo spaventosamente rapido, è anche il frutto delle immense sofferenze che questa organizzazione tedesca, nata sotto il nazismo ed ancora vigente, le ha causato
    dopo anni di battaglie, di scontri con la burocrazia e con il sistema giudiziario, con tutte le indifferenze delle autorità italiane ed europee, dopo arresti, detenzione, blocchi delle disponibilità economiche personali, di sua mamma, e non solo, dopo aver vissuto anni senza poter vedere i propri bambini e, spesso, senza neanche poterli sentire per telefono, Marinella, una donna minuta, fragile ma con una determinazione ed un amore gigantesco, non ha potuto che per poco trovare quiete con i suoi figli perché i grandi stress avevano minato il suo corpo non certo il suo spirito.
    In questi ultimi anni aveva finalmente ritrovato un po’ di serenità, i suoi figli, gli adorati Leonardo e Nicolò, vicino a lei, un compagno affettuoso ed un lavoro nuovo, il rimpianto per la morte della mamma che tanto le era stata vicina, l’affetto degli amici, la consapevolezza di essere di grande aiuto a chi stava vivendo le stesse ingiustizie da lei subite.
    Ora Marinella ci ha lasciato vinta dalla malattia mentre era ancora indominata nello spirito.
    La Storia  di Marinella è stata più volte agli onori della cronaca ed Il Patto Sociale le è sempre stato vicino, insieme ad altri che hanno condiviso il suo dolore, la sua tragica esperienza, narrata anche in libri e film, ma, come molte volte accade, sono mancate la politica e la giustizia.
    A tutti coloro che l’hanno conosciuto resta ora l’impegno di adoperarsi per continuare nella sua battaglia ed impedire che altri bambini possano subire le stesse privazioni affettive dei suoi figli, che altre mamme e papà debbano soffrire come lei.
    Marinella non ci sei ma Ci Sei perché anime limpide come la tua ci accompagneranno sempre indicandoci la strada per impedire ingiustizie e sofferenze
    A Leonardo e Nicolò la certezza di sapere che la loro mamma è stata e rimarrà una grande mamma, una grande donna, una persona che resterà con loro e con noi.

  • Il tentativo speculativo di Volkswagen

    Volkswagen, la seconda casa automobilistica al mondo dopo Toyota, fu la prima ad approvare ed addirittura sostenere la deriva ambientalista dell’Unione Europea, la quale, con la prima presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen impose lo stop nella UE alle auto termiche dal 2035.

    Una posizione non condivisa, invece, proprio da quella Toyota che per prima aveva investito nella movimentazione elettrica (la Prius è del 2011) e che quindi considerava assolutamente utopistica la politica massimalista partorita in Europa verso una completa adozione dei motori elettrici.

    Il calcolo espressamente speculativo adottato dal consiglio di amministrazione della casa di Wolfsburg era rappresentato dalla banale ma assolutamente speculativa considerazione che, semplicemente appoggiando la politica europea dei trasporti con i tutti i suoi vincoli ambientalisti, si potessero creare le condizioni per la nascita di un nuovo mercato.

    In altre parole, l’intera dirigenza della Volkswagen era “confidente” di avere di fronte a sé decenni di lavoro assicurato attraverso la imposizione di una transizione elettrica dell’intero parco circolante europeo composto da circa 300 milioni di vetture.

    Il mercato, cioè l’intero sistema di consumatori, invece ha dimostrato come la politica ambientalista europea non rappresenti in nessun caso il “sentiment” dell’utenza, ma soprattutto emerge evidente come non esistano le condizioni per una scelta ancora molto incerta non solo per i “benefici” ambientali ma anche in ragione della sostenibilità economica verso una movimentazione elettrica.

    Di conseguenza risulta chiaro come la dirigenza di Volkswagen abbia adottato non tanto una strategia economica e di prodotto finalizzata al massimo rendimento degli stabilimenti già in essere ed assicurare tanto l’occupazione che il rendimento degli investimenti, si è preferito adottare una speculazione di natura industriale ma di conio assolutamente ideologico, auspicando così che questa determinasse l’esplosione di una domanda inesistente, allora come oggi, relativa alle automobili elettriche.

    Il fatto, poi, che ora quella stessa dirigenza proponga di chiudere uno o più stabilimenti in Germania in conseguenza della scarsa redditività negli impianti stessi, anche perché a differenza di BMW e Mercedes i volumi da confermare anno per anno sono vicino ai dieci (10) milioni di autovetture vendute, rappresenta il sigillo di garanzia di un approccio a quel mercato espressione dell’adozione  di una  speculazione industriale alimentata da una deriva ideologica ambientalista proposta dalla Ue e priva di qualsiasi sostegno e contenuto reale.

    Risulta chiaro, quindi, come la politica assieme all’ideologia facciano il loro ingresso all’interno dei consigli di amministrazione, i quali dovrebbero garantire il perfetto funzionamento di una macchina complessa come quella di un’industria in competizione nel mercato globale. Questi assicurano solo un disastro strategico ed operativo colossale, confermato nel settore finanziario dall’abbandono da parte di Black Rock di buona parte di quei titoli di “investimento” legati al mondo ambientalista (ESG). Persino lo stabilimento Audi di Bruxelles, creato espressamente per la produzione alto di gamma di auto elettriche, risulta ora a rischio chiusura, dimostrando come anche nella fascia “premium” non esista alcuna traccia di una domanda, anche se sostenuta dalle agevolazioni fiscali.

    La pericolosa crisi della casa tedesca, che coinvolge anche l’intero settore della componentistica Automotive italiana, dimostra, ancora una volta, come la domanda di un bene o servizio non si possa creare attraverso interventi di natura politica, fiscale o peggio ideologica e tantomeno si possano creare le condizioni per la creazione un nuovo mercato attraverso degli atti istituzionali di manifesta natura politica.

    Un principio talmente chiaro e limpido che però evidentemente in Volkswagen non hanno mai capito, esattamente come all’interno della Commissione europea.

     

  • Business e democrazia: la tedesca Rheinmetall apre la sua prima fabbrica di munizioni in Ucraina

    L’azienda tedesca di articoli militari Rheinmetall ha ricevuto il primo importante ordine dal governo ucraino per la costruzione di una fabbrica di munizioni in Ucraina, dando così seguito a quanto era stato annunciato a febbraio 2024 e segnando l’inizio della realizzazione del progetto. L’ordine per il gruppo tecnologico di Düsseldorf Rheinmetall copre l’intera dotazione tecnica della fabbrica fino alla sua messa in funzione. Si tratta di un valore complessivo che si aggira su una cifra nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, che sarà registrato come ordine in entrata all’inizio del terzo trimestre del 2024. È previsto che il progetto inizi a breve termine e venga completato entro pochi anni, con l’intenzione di avviare la produzione di munizioni in Ucraina entro 24 mesi. Insieme al partner di joint venture ucraino, Rheinmetall sarà anche responsabile della gestione dell’impianto.

    Armin Papperger, ceo di Rheinmetall AG: «Stiamo traducendo le parole in azioni e, insieme al nostro partner, creeremo un centro di competenza ucraino per le munizioni. L’ordine sottolinea la fiducia nelle capacità di competenza e produzione di Rheinmetall. Siamo grati di poter supportare il Paese nella sua reindustrializzazione e nel rafforzamento della sua capacità di difesa».

    Attualmente sono in corso misure in Ucraina per preparare le infrastrutture necessarie. È in procinto di essere costituita una joint venture tra Rheinmetall e un’azienda statale ucraina per la gestione della fabbrica di munizioni. Questo è stato annunciato durante una discussione a margine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco a febbraio 2024.

    A giugno 2024, il ceo di Rheinmetall AG, Armin Papperger, e il ministro ucraino per le Industrie Strategiche, Oleksandr Kamyshin, hanno firmato un accordo per espandere la cooperazione strategica alla “Conferenza sulla Ricostruzione dell’Ucraina” a Berlino. Pochi giorni prima, avevano inaugurato una fabbrica di armamenti nell’Ucraina occidentale, gestita dalla joint venture Rheinmetall Ukrainian Defence Industry LLC.

    Il primo Veicolo da Combattimento di Fanteria Lynx di Rheinmetall sarà consegnato alle forze armate ucraine entro la fine dell’anno e la produzione locale inizierà il prima possibile.

  • Tribunale russo mette sotto sequestro 239 milioni di euro investiti da Deutsche Bank

    Il tribunale arbitrale di San Pietroburgo e della regione di Leningrado, su richiesta della società RusChemAlliance, gestore del progetto per la costruzione di un complesso di trattamento e liquefazione del gas a Ust-Luga, ha sequestrato proprietà, conti e titoli di Deutsche Bank per un importo di 238,61 milioni di euro o l’importo equivalente in rubli. Lo si legge nel fascicolo dei casi arbitrali secondo quanto riporta il sito web dell’agenzia “Tass”. In precedenza, RusChemAlliance aveva intentato una causa contro Deutsche Bank per 22,2 miliardi di rubli (238,1 milioni di euro di pagamenti in garanzia e 479,51 mila euro di sanzioni) come parte delle richieste di garanzia bancaria e ha chiesto il pignoramento delle filiali al 100% di Deutsche Bank in Russia.

    Il sequestro per un importo di 238,61 milioni di euro o l’equivalente in rubli è stato imposto su titoli e beni di proprietà di Deutsche Bank e della controllata russa Deutsche Bank LLC, oltre che di Deutsche Bank Technology Center LLC. Il tribunale ha inoltre vietato a Deutsche Bank di cedere il 100 per cento delle azioni del capitale autorizzato di Deutsche Bank LLC e Deutsche Bank Technology Center LLC. Allo stesso tempo, il tribunale arbitrale ha rigettato la richiesta di RusChemAlliance di sequestrare il 100 per cento delle azioni di Deutsche Bank in Deutsche Bank LLC e Deutsche Bank Technology Center LLC. La Corte ha inoltre ritenuto che, “quando si adottano misure provvisorie sotto forma di sequestro”, è necessario indicare che esse non si applicano ai fondi dei clienti situati in tali conti.

    Nella giornata di ieri, lo stesso tribunale, sempre su richiesta della medesima società, ha disposto il sequestro di proprietà, conti e titoli di Unicredit Bank Jsc e di Unicredit Bank Ag, le controllate rispettivamente russa e tedesca di Unicredit. Il caso è legato all’emissione di un “performance bond” da parte di Unicredit e di altre banche su un contratto stipulato tra RusChemAlliance e il consorzio Linde per la costruzione di un impianto di trattamento del gas. Il consorzio Linde si è tirato indietro dall’impegno a causa del regime sanzionatorio Ue e la società russa ha preteso il pagamento delle garanzie da parte delle banche. Queste si sono rifiutate di effettuare il pagamento e la contesa viene affrontata adesso in tribunale, dove è stato disposto un sequestro conservativo di asset Unicredit per un valore di 463 milioni di euro.

    Fonti della Farnesina riferiscono che il ministero degli Affari esteri sta seguendo il caso dell’azione giudiziaria intrapresa nei confronti di Unicredit. Anche questa disputa verrà affrontata nella riunione immediatamente convocata lunedì prossimo del “Tavolo Russia”, attivato dal ministro Antonio Tajani alla Farnesina con le aziende e le istituzioni impegnate nel mercato russo.

  • Per 7 giovani arabi su 10 in Germania il Corano viene prima della legge

    Il Corano è più importante della legge tedesca secondo un sondaggio tra i giovani arabi pubblicato dalla ‘Bild Zeitung’ e rilanciato da Italia Oggi. I ragazzi che hanno partecipato al sondaggio, condotto dal Kriminologische Forschung Institut, l’Istituto di ricerca criminologica, nel Land della Bassa Sassonia, hanno in media 15 anni, frequentano dunque il ginnasio o una scuola professionale, conoscono la lingua, non sono profughi giunti da poco.

    “Quasi la metà dei ragazzi, il 45,8%, è convinta che uno Stato Islamico sia la miglior forma di governo – si legge su Italia Oggi – Il 35,3 ha comprensione per atti di violenza contro coloro che hanno offeso Allah o il profeta Maometto. Per il 31,3% è giustificata la reazione violenta contro il mondo occidentale che minaccia i musulmani. Il 67,8%, quasi i due terzi, ritiene che le regole dettate dal Corano siano più importanti delle leggi tedesche. Per il 51,5% solo l’Islam è in grado di risolvere i problemi del nostro tempo”.

    Christoph de Vries, cristianodemocratico, esperto per le questioni interne, ha dichiarato che “la ricerca dimostra che l’Islam ha lasciato tracce profonde nella nostra società. Gli adolescenti hanno queste convinzioni perché sono indottrinati. L’illusione del multiculturalismo si è dimostrata sbagliata. Bisogna accettare la realtà”.

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