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Quando il dipendente può pretendere la gratifica

Premiare il dipendente, che nel corso dell’anno si è distinto per il proprio lavoro, non è solo una prassi delle aziende, in alcuni casi è un vero e proprio obbligo a loro carico.

La gratifica annuale al dipendente è obbligatoria in base al Ccnl: se il contratto collettivo di lavoro di una determinata categoria prevede premi in corrispondenza del conseguimento di determinati risultati produttivi, la gratifica non è più una misura discrezionale da parte del suo datore di lavoro, ma un obbligo il cui mancato rispetto può essere denunciato in tribunale o davanti alla Direzione Lavoro proprio come succede in caso di mancato pagamento dello stipendio ordinario.

Anche la gratifica discrezionale reiterata diviene legalmente esigibile da parte di tutti i lavoratori poiché l’uso aziendale ripetuto, non semplicemente una tantum, fa sorgere un obbligo unilaterale di tipo collettivo.

Gratifiche e premi si suddividono in tre categorie: i premi di produttività, sono costituiti da riconoscimenti economici corrisposti alla collettività dei dipendenti al raggiungimento di determinati risultati aziendali, i premi di rendimento sono legati non all’andamento dell’azienda bensì ai risultati ottenuti dal dipendente grazie all’impegno mostrato sul lavoro, i premi fedeltà, sono gratifiche riconosciute ai dipendenti che permangono in azienda per diversi anni.

Il 45% delle Pmi italiane corrisponde la gratifica anche non in contanti ma con forme di welfare aziendale, con misure cioè che (alternativamente o congiuntamente) forniscono ai lavoratori formazione, conciliazione tra lavoro e vita privata, assicurazione per il dipendente e la sua famiglia. Il dato è emerso dal Welfare Index, studio su 2.140 aziende piccole e medie condotto da Generali Italia, insieme a Confindustria e Confagricoltura.

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