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Record di trapianti in Italia nel 2023

Nel 2023 in Italia è stato raggiunto il record di 4.462 trapianti, ben 586 in più rispetto al 2022, un anno già considerato molto soddisfacente dal centro nazionale trapianti che coordina le donazioni e gli interventi realizzati in tutti gli ospedali italiani. Il dato, come sottolinea Il Post nel riferirlo, certifica un’organizzazione efficiente e soprattutto una maggiore sensibilità delle persone che grazie alla donazione contribuiscono a salvare migliaia di vite ogni anno.

L’aumento di trapianti del 2023 ha riguardato tutti gli organi: 2.245 trapianti di rene, il 10,4% in più rispetto al 2022, 1.696 di fegato (+14,7%), 186 di polmone (+33,8%), 40 di pancreas (+5,3%) e 370 trapianti di cuore, un aumento del 46,2% rispetto ai 253 del 2022.

La regione con più trapianti è stata la Lombardia con 827, mentre in rapporto alla popolazione la prima è stata il Veneto, con 140,9 trapianti ogni milione di abitanti. Seguono Piemonte ed Emilia-Romagna, mentre nelle ultime posizioni ci sono le regioni del sud. Tra queste, l’unica che ha registrato una crescita incoraggiante è la Puglia, passata da 29,7 a 46,9 trapianti per milione di abitanti. I trapianti sono ovviamente possibili solo grazie alle donazioni, anche queste aumentate rispetto agli ultimi anni: per la prima volta sono state oltre 2.000, in aumento dell’11,6% rispetto al 2022.

Secondo i coordinatori del centro nazionale trapianti, questi risultati sono stati favoriti in particolare da due elementi nuovi rispetto al passato. La prima novità riguarda l’aumento delle segnalazioni di potenziali donatori fatte dai reparti di terapia intensiva. L’aumento è stato stimolato dai sistemi sanitari regionali che hanno applicato con insistenza il piano nazionale delle donazioni studiato cinque anni fa con l’obiettivo di organizzare meglio i trapianti. Tra le altre cose, sono raddoppiati i corsi per formare operatori sanitari che si occupano di trapianti: soltanto nel 2023 ne sono stati formati 14mila. La seconda novità che spiega la crescita dei trapianti avvenuta nel 2023 riguarda la cosiddetta donazione a cuore fermo, cioè quella che viene fatta dopo che è stata accertata la morte per assenza di attività cardiaca: questo tipo di donazione è stato introdotto stabilmente solo da pochi anni. È conosciuta a livello internazionale come donation after cardiac death, o DCD, e ha regole diverse a seconda dei paesi, soprattutto sul tempo che deve trascorrere dall’arresto cardiaco per poter procedere al trapianto.

Gli unici indicatori rimasti invariati rispetto al 2022 sono quelli relativi ai tassi di opposizione al prelievo. L’opposizione alla donazione può avvenire in due modi. Il primo caso riguarda le persone che muoiono in ospedale, soprattutto nei reparti di terapia intensiva: ci sono medici che hanno il compito di parlare con i famigliari e informarli della possibilità di consentire la donazione degli organi.

Si può dichiarare la propria volontà di donare o di opporsi alla donazione degli organi anche in vita, nel momento del rinnovo della carta d’identità. È una possibilità garantita dal 2015. Nel 2023 la percentuale di chi ha rifiutato la donazione in rianimazione è leggermente salita: circa un terzo risulta essersi opposto, principalmente perché si era dichiarato contrario in vita nel momento del rinnovo dei documenti.

Soltanto lo scorso anno negli uffici anagrafe dei comuni sono stati raccolti 2,4 milioni di consensi alla donazione, ma anche 1,1 milioni di rifiuti che si rivelano decisivi quando le persone vengono ricoverate in rianimazione in condizioni irreversibili. È una scelta spesso sottovalutata, presa senza molte informazioni. Da anni il centro nazionale trapianti promuove campagne di sensibilizzazione per convincere le persone a donare. Nonostante i buoni risultati, in Italia sono ancora circa ottomila le persone inserite nelle liste d’attesa per un trapianto.

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