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I dadi ormai sono stati tratti

Le persone serie sanno come chiedere scusa.
Le altre continuano a cercare scusa.

In tutti gli Stati membri dell’Unione europea dal 23 al 26 maggio scorso si è votato per la nuova composizione del Parlamento europeo. I dadi ormai sono stati tratti. Come tutte le elezioni anche queste concluse ieri avranno una particolare importanza. Soprattutto se si tiene conto della realtà e delle problematiche nei singoli paesi e nelle stesse Istituzioni dell’Unione europea. Nonostante il risultato finale però, ci sarà, per qualche tempo, anche l’incognita della permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione europea, permanenza dalla quale sarà stabilito il numero complessivo dei seggi del Parlamento europeo. Attualmente il Parlamento ha 751 deputati, compreso anche il presidente. Così è stato sancito dal Trattato di Lisbona del 10 luglio 2014. Ma nel caso il Regno Unito uscisse definitivamente dall’Unione europea, allora il numero complessivo dei seggi si ridurrebbe a 705. Tutto si saprà entro e non oltre il 31 ottobre 2019, data che stabilisce la nuova scadenza delle trattative per la Brexit tra i rappresentanti del Regno Unito e del gruppo negoziatore dell’Unione europea.

Le elezioni concluse ieri (26 maggio n.d.r.) accadono proprio quarant’anni dopo quelle svolte tra il 7 e il 10 giugno 1979 nei nove Paesi membri dell’Unione europea. Erano le prime elezioni europee a suffragio universale diretto. Una novità importante e significativa quella del suffragio universale diretto. Perché fino ad allora la composizione del Parlamento europeo si stabiliva, secondo regole ben definite, dai parlamenti nazionali dei singoli Paesi membri dell’Unione. Una decisione quella del suffragio universale diretto, presa il 20 settembre 1976 dal Consiglio europeo, ed entrata poi in vigore nel 1º luglio 1978, per rimanere tuttora valida.

Chi scrive queste righe, in questi ultimi giorni ha avuto modo di seguire un video presentato a Milano l’8 maggio scorso, in occasione della festa dell’Europa. Era un’intervista rilasciata da Arnaldo Ferragni, un ottimo conoscitore della storia dell’Unione europea e delle sue Istituzioni, essendo stato, per decenni, direttamente coinvolto. Nel 1979 egli era il direttore dell’Ufficio di Roma del Parlamento europeo e si occupò direttamente della campagna di comunicazione per le elezioni europee. Un matitone con le bandiere dei nove Stati membri dell’Unione europea di allora è stato scelto come simbolo comunicativo. Il significato: con quella matita si doveva fare la scelta, votando per i singoli deputati del Parlamento europeo. Per l’Italia lo slogan allora era “Vota per la tua Europa!”. Durante la sopracitata intervista Arnaldo Ferragni ricorda anche che all’elettore doveva arrivare chiaramente il messaggio: “Tu non sei al di fuori di questa Europa. Sei l’Europa stessa. Quindi se tu vai a votare, devi votare, in un certo senso, per te stesso”. Adesso, quarant’anni dopo, quei messaggi e quelle parole pronunciate nel 1979 suonano più che attuali. Anzi! Ne assumono una particolare importanza. Entro poche ore, in giornata, si saprà anche la composizione del Parlamento europeo per i prossimi cinque anni. Con l’incognita però, della presenza del Regno Unito nell’Unione europea.

Nel frattempo, oltre all’incognita della permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione, ci sono anche le dimissioni, annunciate il 24 maggio scorso, della premier Theresa May. Le ha annunciate in lacrime, esprimendo anche il suo “profondo rammarico per non aver potuto attuare la Brexit”. Adesso in gara per la successione, sia alla guida del partito conservatore che al numero 10 di Downing Street, si sono schierati subito in tanti. Alcuni dei quali, già ministri nel governo di Theresa May, sono anche convinti sostenitori di una Brexit senza compromessi con l’Unione Europea. Da sottolineare però che tutto ciò ha avuto un primo risultato. E cioè che il partito conservatore della May ha perso molto, posizionandosi al quinto posto. Il primo posto lo ha avuto il Brexit Party, il nuovo partito di Nigel Farage. Rimane tutto da vedere cosa accadrà nei prossimi mesi nel Regno Unito.

In seguito alla pubblicazione di un video che coinvolgerebbe il vice cancelliere austriaco e capo del partito alleato di governo, quest’ultimo ha rassegnato le sue dimissioni. Accadeva dieci giorni fa. Un giorno dopo, il 18 maggio scorso, nonostante le elezioni europee alle porte, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha chiesto di andare “il prima possible alle elezioni anticipate”. Richiesta accettata in seguito anche dal presidente della Repubblica austriaca. Perciò le elezioni anticipate in Austria si svolgeranno all’inizio del prossimo autunno. Ma nonostante le sue dimissioni, il partito del cancelliere Kurz ha vinto ieri nelle elezioni europee. Un risultato che potrebbe rappresentare anche una previsione per le prossime elezioni nazionali in Austria.

In Albania continuano le proteste contro il malgoverno. Sabato scorso, 25 maggio, a Tirana sono scesi di nuovo in piazza i cittadini a manifestare pacificamente. Erano in tanti, veramente in tanti, per chiedere le dimissioni del primo ministro, come il diretto responsabile della grave crisi politica, istituzionale e sociale in cui si trova ormai da mesi l’Albania. I cittadini delusi e indignati hanno di nuovo espresso la loro determinazione per sconfiggere definitivamente il male che sta affliggendo il paese e loro stessi. Lo hanno fatto pacificamente, in un modo più significativo e convincente di prima. Nella serata del 25 maggio scorso, la viale principale di Tirana era riempita di manifestanti che avevano portato con se la loro indignazione, ma anche la loro determinazione di andare fino in fondo, chiedendo solo e soltanto i loro sacrosanti diritti. La prossima protesta sarà tra qualche giorno, domenica 2 giugno. I cittadini saranno lì, forse più numerosi di prima. Che anche i dirigenti dell’opposizione siano altrettanto determinati, come i cittadini! E che non ci si arrivi a qualche accordo “dell’ultima ora” tra loro e il primo ministro! Perché i precedenti, purtroppo, non mancano. Basta riferirsi a quel famigerato accordo del 18 maggio 2017, con il quale sono state vergognosamente tradite tutte le aspettative, le speranze e la fiducia dei cittadini.

Durante questi ultimi giorni anche gli albanesi hanno seguito con interesse lo svolgimento delle elezioni europee, attendendo i risultati definitivi. Perché, nonostante l’Albania non sia ancora un paese membro dell’Unione, la gran parte degli albanesi rimangono sempre europeisti convinti. Ma questo non può permettere, mai e poi mai, sia ad alcuni alti rappresentanti delle istituzioni europee, soprattutto della Commissione europea, che a qualche funzionario della Delegazione dell’Unione europea a Tirana, di comportarsi come rappresentanti di parte. Con tutte le dannose e intollerabili conseguenze per il Paese e i suoi cittadini.

Chi scrive queste righe auspica che i rappresentanti delle nuove istituzioni europee, soprattutto quelli della Commissione e della Delegazione dell’Unione europea a Tirana, si comportino come previsto dal loro mandato. Né più e né meno! E che non diventino, come spesso è accaduto, fatti alla mano, sostenitori del male, rappresentato dal primo ministro. Che siano, semplicemente, dei professionisti seri. Che siano delle persone serie. Anche perché le persone serie sanno come chiedere scusa quando sbagliano. Le altre continuano sempre a cercare scusa. Le elezioni europee sono oramai concluse. Mentre le proteste in Albania continuano. I dadi sono stati tratti. Per tutti.

 

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