Elezioni

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo volto a facilitare il voto alle elezioni europee e comunali dall’estero

    La Commissione accoglie con favore l’adozione delle nuove norme sul diritto di voto alle elezioni europee e comunali per gli europei che vivono in un altro Stato membro. Tali norme, proposte dalla Commissione nel novembre 2021, impongono agli Stati membri di fornire informazioni tempestive e chiare sulla registrazione degli elettori, sulla data delle elezioni e sulle procedure di voto, garantendo che tali informazioni siano fornite in una lingua ampiamente compresa dagli elettori. Per rafforzare ulteriormente i diritti dei cittadini mobili dell’UE, gli europei residenti in un altro Stato membro avranno ora lo stesso accesso al voto anticipato e, se disponibile, al voto per corrispondenza o online alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in questione. Nuovi modelli semplificheranno il processo di registrazione sia per gli elettori sia per i candidati, e un nuovo sistema sicuro, fornito dalla Commissione, aiuterà i paesi a condividere i dati per evitare il voto multiplo.

    Una recente relazione sulle elezioni del Parlamento europeo del 2024 ha rivelato che, sebbene vi siano circa 14 milioni di cosiddetti cittadini mobili, pochissimi votano effettivamente alle elezioni europee. Le nuove norme contribuiranno a garantire che il voto sia facile e accessibile a tutti. Gli Stati membri dispongono ora di due anni per recepire le norme, fino al giugno 2027.

  • La farsa continua, ma anche le gravi conseguenze

    Questo austero filosofo sa bene che la vita è una misera farsa; ma questo buffone non dubita di interpretare una grandiosa avventura.

    Jean Rostand; da Pensieri di un biologo, 1939

    La saggezza secolare del genere umano, dovuta anche alle tante, tantissime esperienze vissute e spesso sofferte, è stata conservata e tramandata da generazione in generazione fino ai giorni nostri. E si tratta di un’eredità di valore inestimabile. Una saggezza quella, che viene trasmessa anche dalle favole. Ogni popolo ha le sue, oltre a quelle che oltrepassano i confini nazionali. Tali sono le favole scritte dal noto scrittore francese del ‘600, Jean de La Fontaine.

    “La mucca, la Capra e la Pecora in società col Leone” è una di quelle favole, parte integrante della voluminosa raccolta intitolata Les fables (Favole; n.d.a.), pubblicata nel 1668. “Si narra che una volta stringesser comunella/ la Pecora, la Mucca, la Capra lor sorella,/ col gran signor del luogo che detto era Leone”. Così cominciava la favola. E la condizione in base alla “comunella” tra i quattro soci era “…che ognun insieme i danni e gli utili mettesse”. Dopo che fu stabilito quel patto, accade che un cervo rimase intrappolato in una fossa. Subito tutti andarono lì, avvisati dalla capra. Appena arrivato, il leone avverte che il cervo sara diviso in quattro parti. Con le sue unghie squartò la preda. E prese il primo pezzo “per la ragione ch’egli è Messer Leone”. E poi disse che un’altra parte “ancor spettami in sorte perché sono il più forte”. Prese le prime due parti, il leone aggiunse perentorio: “…La terza me la piglio perché sono il Leone,/ e se la quarta qualcuno osasse contrastarmi/ lo mangio in un boccone”.

    Attualmente alcuni tra i “grandi del mondo”, figurativamente parlando, purtroppo si stanno comportando come il leone della favola. Nonostante le convenzioni e gli accordi internazionali tra gli Stati e nonostante le dichiarazioni ufficiali di collaborazione e di rispetto reciproco, alcuni di loro vogliono predominare e prendere tutto. Con il loro noto comportamento arrogante e spesso irresponsabile, ma anche con il loro narcisismo, alcuni “grandi del mondo” pretendono, costi quel che costi, di realizzare le loro ambizioni riguardanti delle convenienze economiche a vasta scala, nonché gli obiettivi geostrategici e geopolitici. Un’inconfutabile testimonianza sono le pretese e le ambizioni, comprese anche quelle territoriali, del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Così come quelle del dittatore russo e di altri suoi simili.

    Purtroppo attualmente, come dirette o indirette conseguenze delle mire espansionistiche di alcuni dei “grandi del mondo”, in diverse parti del pianeta si stanno combattendo guerre e conflitti armati. Guerre e conflitti che stanno causando decine di miglia di vittime innocenti, compresi bambini ed anziani. Quanto sta accadendo in Ucraina, nella Striscia di Gaza, anche durante le ultime settimane, ne è una chiara e orrenda testimonianza. Da qualche giorno, purtroppo, è cominciato un nuovo conflitto armato con dei pesanti bombardamenti aerei; quello tra Israele e Iran. Un conflitto che potrebbe aggravarsi ed avere delle drammatiche ripercussioni. Un conflitto che sta coinvolgendo non solo i diretti interessati, ma anche alcuni dei “leoni del mondo”.

    Ma non sono solo loro che cercano di essere presenti, di decidere e, magari, di approfittare a livello internazionale. Ci sono anche dei “leoncini” che hanno una zona d’azione molto più limitata. Però anche loro sono arroganti, irresponsabili, ingannatori, narcisisti e, quando serve, anche buffoni. Il che genera serie preoccupazioni a livello locale, nonché gravi e drammatiche conseguenze per le rispettive popolazioni. Uno di quei “leoncini” da tredici anni ormai governa indisturbato in Albania grazie anche al “supporto internazionale”. Un “supporto” quello, in cambio di una “incondizionata disponibilità” garantita sia per alcuni dei “grandi dell’Europa”, sia per altri, da oltreoceano. E purtroppo il “leoncino” albanese ha accaparrato, l’11 maggio scorso, il suo quarto mandato consecutivo come primo ministro dell’Albania. Con tutte le derivanti conseguenze.

    Lo ha fatto con il supporto della criminalità organizzata, come risulta da moltissimi fatti accaduti, documentati, registrati, pubblicamente ed ufficialmente denunciati alla mano, lo ha fatto, abusando dei fondi pubblici. Lo ha fatto con l’uso, vietato dalla legge, dell’amministrazione pubblica sia in campagna elettorale e sia il giorno delle “elezioni”. Lo ha fatto, avendo sotto il suo pieno controllo il sistema “riformato” della giustizia che ubbidiva ai suoi ordini. Lo ha fatto in tutti i modi. L’autore di queste righe considera un vero e proprio massacro elettorale quanto è accaduto sia durante la campagna elettorale che l’11 maggio scorso, il giorno delle “elezioni”.  Alcuni capi di Stato e di governo europei ed i più alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea, hanno subito fatto gli auguri al “leoncino”, il primo ministro albanese per la sua “meritata vittoria elettorale”. E lo hanno fatto prima che uscissero i risultati ufficiali. Chissà perché tutto quell’appoggio e quella fretta?! Ma le cattive lingue ne hanno parlato tanto, elencando molti favori ottenuti ed interessi realizzati e/o da realizzare, in cambio del tanto necessario “sostegno dei grandi dell’Europa” per il “leoncino” albanese. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò (Appoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi; 19 maggio 2025).

    Il “leoncino” albanese, figurativamente parlando, durante questi ultimi tredici anni al potere come primo ministro, ha fatto suoi tutti i quattro poteri che controllano il funzionamento di uno Stato. E cioè il potere legislativo, il potere esecutivo, il potere giuridico e quello mediatico. I primi tre poteri sono stati maestosamente trattati da Montesquieu nella sua opera Lo spirito delle leggi (De l’esprit des lois; n.d.a.) pubblicata nel 1748. Mentre il quarto potere, quello mediatico, non era tale nel periodo in cui Montesquieu scriveva e pubblicava “Lo spirito delle leggi”. Adesso il “leoncino” albanese ha tutto il diritto di essere arrogante, di comportarsi e di gestire in modo irresponsabile il bene pubblico, di ingannare, cosa che lui fa molto bene e di continuo, senza batter ciglio. Lui adesso ha tutto il diritto di sfoggiare il suo ben noto narcisismo. Ma quando ci vuole lui può fare anche il buffone, soprattutto quando si trova in compagnia dei “grandi dell’Europa”. Come ha fatto esattamente un messe fa. Proprio un mese fa pioveva a Tirana, dopo giorni di bel tempo. Era il 16 maggio, il giorno durante il quale nella capitale dell’Albania si svolgeva il vertice della Comunità politica europea. E mentre pioveva, il primo ministro albanese si inginocchiava davanti alla presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia. Lo ha fatto in tal modo da mettere in imbarazzo la sua “carissima sorella”. Il nostro lettore è stato informato anche di quell’evento internazionale (Preoccupanti ed ipocriti atteggiamenti dei ‘grandi dell’Europa’; 27 maggio 2025). Ma fare il buffone alcune volte serve, e lui, il “leoncino”, il primo ministro albanese lo sa molto bene, per sua personale esperienza con i “grandi dell’Europa e del mondo”.

    Chi scrive queste righe è convinto che la farsa dei “leoni e leoncini” continua, ma anche le gravi conseguenze per milioni di esseri umani innocenti. Egli giudica molto preoccupante che i “grandi dell’Europa” continuino ad appoggiare il primo ministro albanese, rappresentante istituzionale della nuova dittatura sui generis restaurata ormai in Albania e che, grazie anche al loro appoggio, si sta consolidando continuamente. E come il leone della favola di La Fontaine “La mucca, la Capra e la Pecora in società col Leone”, che ha avuto tutti i quattro pezzi del cervo, anche il “leoncino” albanese ha fatto suoi i quattro poteri che controllano il funzionamento di uno Stato. E, parafrasando Jean Rostand, il buffone che gestisce la nuova dittatura sui generis in Albania “….non dubita di interpretare una grandiosa avventura”. E continua a farlo, nonostante tutto.

  • La solita farsa politica tra numeri, quorum e Corte Costituzionale

    Con poco meno di 46 milioni di aventi diritto hanno votato poco più di 14 milioni, cioè il 30,6%. Ma già sono cominciati i teatrini politici tra chi si considera vincitore e chi un non perdente.

    Ancora una volta si assiste al miserevole tentativo di appropriazione indebita dei risultati elettorali oggi referendari, ad ulteriore conferma della attribuzione di un ulteriore valore politico al referendum.

    Alcuni rappresentanti già ora, tra i non perdenti, avanzano la necessità di una nuova iniziativa referendaria finalizzata alla abolizione del quorum, a dimostrazione di come questi soggetti in cerca solo di un nuovo palcoscenico mediatico non abbiano neppure le basi culturali minime relative all’asset istituzionale del nostro Paese.

    La Repubblica italiana è una democrazia parlamentare delegata, all’interno della quale l’istituto del referendum è stato concepito dai costituenti come unico e timido elemento spurio di democrazia diretta, finalizzato solo ed esclusivamente alla abrogazione di una legge esistente (art.75) o di ratifica di una modifica costituzionale.

    Questa limitazione del referendum indica senza dubbio la scarsa considerazione che i costituenti avevano nella capacità di scelta degli elettori italiani la cui lontananza dal ceto politico viene confermata ancora oggi da una discutibile ed obsoleta “assenza del vincolo di mandato”.

    Viceversa, in una democrazia diretta come quella svizzera, la quale rappresenta il vero ed unico modello di democrazia contemporanea rispetto anche alla oligarchia europea, i cittadini vengono chiamati ad esprimere il loro parere attraverso il voto postale su diverse materie di interesse pubblico, quindi anche fiscali ed economiche, tematiche invece escluse dai costituenti italiani nella definizione dell’istituto del referendum abrogativo.

    In questo elvetico contesto evidentemente il quorum non ha ragione di esistere in quanto l’esito elettorale rappresenta la democratica espressione di una volontà popolare esattamente come avviene in Italia per le elezioni politiche. In Italia, infatti, il risultato delle elezioni non è legato alla percentuale di affluenza degli elettori. La pretesa, quindi, della abolizione del quorum risulta assolutamente priva di assetto istituzionale e rende ridicola ogni equiparazione tra il numero di votanti del referendum e la maggioranza che sostiene il governo.

    In più, entrambi gli schieramenti cercano di appropriarsi del numero degli aventi diritto che abbiano o meno esercitato appunto quanto costituzionalmente garantito, “partiamo dai quindici milioni di votanti”, hanno detto molti leader tra i non perdenti. Un’operazione decisamente impropria in quanto, ad esempio, al quesito relativo ai tempi per ottenere la cittadinanza italiana andrebbero tolti quasi cinque milioni di elettori che hanno votato No alla modifica legislativa.

    In questo ambito, in più, sembra incredibile come nessuno abbia avvertito come impropria la decisione della Corte Costituzionale relativa alla ammissibilità del quesito referendario sulla cittadinanza, in quanto la Corte di fatto ha avallato un referendum che proponeva non solo la volontà di abrogare la legislazione vigente ma, contemporaneamente, proponeva i “nuovi tempi” per vedere riconosciuto lo stesso diritto, quindi in immediata  sostituzione della normativa vigente, spingendosi molto al di là dei confini di una semplice abrogazione attribuita e riconosciuta dalla Costituzione italiana.

    Qualora l’esito elettorale fosse stato positivo avrebbe comunque limitato l’attività legislativa del Parlamento, indicando al suo interno già il termine di cinque anni al quale attenersi, esautorandone di conseguenza i poteri costituzionalmente garantiti come la sua stessa autonomia. In pratica il potere legislativo esercitato dal Parlamento sarebbe stato limitato nella definizione della nuova normativa anche rispetto ai tempi dallo stesso quesito referendario, trasformando in modo improprio il carattere abrogativo del referendum in addirittura propositivo e legislativo tipico di una democrazia diretta, ma in forte contraddizione quindi con l’asset istituzionale italiano.

    Ancora una volta il quadro che ne esce di fronte a questa operazione di appropriazione indebita degli esiti elettorali definisce il senso di inadeguatezza dell’intera classe politica ma anche insinua un senso di parzialità di organi ed istituzioni che dovrebbero esercitare un ruolo terzo.

  • Una grave e pericolosa realtà che deve essere conosciuta da tutti

    Avete taciuto abbastanza. E’ ora di finirla di stare zitti! Gridate con centomila lingue.

    Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito.

    Santa Caterina da Siena

    In determinate situazioni le conseguenze del tacere, del silenzio, potrebbero essere gravi. La storia, questa valorosa e stimata maestra, ci insegna che quando si tratta di questioni che oltrepassano il normale interesse di una persona, non si deve più tacere. La storia ci insegna che in tante parti del mondo, nel corso dei secoli, il tacere ha permesso diverse forme di abusi. Abusi che, in seguito, hanno generato situazioni preoccupanti e con delle gravi conseguenze non solo per una singola persona, bensì per molte e, addirittura, anche per delle intere popolazioni. Ragion per cui dire le vere verità, anche quando potrebbe comportare delle conseguenze, diventa un dovere, un obbligo morale e civico. Oriana Fallaci ne era convinta quando affermava che “Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”.

    La saggezza umana ci insegna che, in determinate situazioni, soprattutto quando si tratta di subire le gravi conseguenze di una sbagliata e non dovuta decisione di tacere, una persona responsabile potrebbe dire: “Non sono sicuro se la parola salva, ma sono sicuro che il silenzio uccide”. Perciò, in determinate situazioni, parlare, dire la verità, denunciare, invece di tacere, potrebbe salvare. Nel suo piccolo, anche chi scrive queste righe, riferendosi a molti fatti storici, a fatti accaduti e di sua conoscenza, trova giusta una simile affermazione. Ragion per cui, consapevole delle conseguenze della scelta del silenzio, del tacere, conseguenze che potrebbero riguardare e danneggiare un’intera popolazione, egli continua a denunciare, ormai da qualche settimana, il massacro elettorale attuato in Albania e reso pubblicamente noto dopo l’11 maggio scorso. Giorno in cui si dovevano svolgere le elezioni parlamentari ed invece si è trattato di un processo abusivo e in palese violazione delle leggi in vigore, avviato molti mesi prima dal partito al potere, capeggiato dal primo ministro. Un processo in cui sono stati direttamente e attivamente coinvolti la “ben convincente” criminalità organizzata, nonché i funzionari di tutti i livelli dell’amministrazione pubblica, sia centrale che locale. Si è trattato di un processo che, fatti accaduti, documentati e denunciati ufficialmente alla mano, niente ha avuto a che fare con una gara elettorale onesta e democratica. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò con la dovuta e richiesta oggettività (In attesa di altri abusi elettorali, 6 maggio 2025; Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali, 12 maggioAppoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi, 19 maggio 2025; Preoccupanti ed ipocriti atteggiamenti dei ‘grandi dell’Europa’, 27 maggio 2025).

    Di fronte ad una simile, preoccupante e pericolosa realtà, il primo ministro, trovandosi in grosse difficoltà, sta usando ormai la sua potente propaganda, i tanti media da lui direttamente controllati che sono diventati i sui portavoce fedeli, nonché molti “analisti ed opinionisti” a pagamento, per ingannare l’opinione pubblica. Ma coprire un vero e proprio massacro elettorale, come quello reso pubblico dopo le “elezioni” dell’11 maggio scorso, non è un compito facile, anzi! Neanche per un innato ingannatore, qual è il primo ministro albanese. Non è un compito facile anche per il suo ben organizzato apparato propagandistico. Un intero sistema che, da tre settimane ormai, sta cercando, costi quel che costi e con tutti i mezzi, di offuscare quanto è accaduto. E per raggiungere un così difficile obiettivo, il primo ministro albanese sta mettendo in uso qualsiasi opportunità. Comprese le sue “amicizie personali” con alcuni dei “grandi dell’Europa”.

    Non parlare e non denunciare quello che è accaduto e che ha permesso il massacro elettorale in Albania, finalizzato l’11 maggio scorso, fa parte della strategia propagandistica del primo ministro. Non parlare e non denunciare la sua stretta collaborazione con la criminalità organizzata significa fare proprio il gioco del primo ministro e della sua propaganda. Non parlare e non denunciare gli innumerevoli abusi elettorali permette però alla nuova dittatura sui generis, che da alcuni anni si sta consolidando in Albania, di diventare sempre più opprimente, preoccupante e pericolosa. E non solo per gli albanesi. Si, perché la criminalità organizzata albanese, una valida ed efficace alleata del primo ministro, del “caro amico” di alcuni dei “grandi dell’Europa”, è ormai pericolosamente presente in diversi Paesi europei, Italia compresa.

    La presenza, sia in Italia che in altri Paesi europei e del Sud America, della criminalità organizzata albanese da anni è stata evidenziata da diversi rapporti delle strutture specializzate, sia dell’Unione europea e di alcuni Paesi membri dell’Unione, sia da quelle di oltreoceano. La pericolosità della criminalità organizzata albanese da anni ormai è stata evidenziata con preoccupazione da diversi alti rappresentanti delle strutture specializzate antimafia italiane. Proprio la scorsa settimana il nostro lettore è stato informato di un’operazione contro il traffico internazionale di droga, avviata dal 2020 e condotta dalle strutture antimafia di Bari. Un’operazione che ha evidenziato la partecipazione attiva della criminalità organizzata albanese nel traffico. E proprio alcuni dirigenti di questi gruppi criminali, avevano appoggiato attivamente e finanziariamente, come sanno fare loro, alcuni candidati “vincenti” delle liste del partito del primo ministro nelle “elezioni” dell’11 maggio scorso. Candidati che erano sconosciuti al vasto pubblico e che hanno avuto, però, molti più voti degli altri candidati (Preoccupanti ed ipocriti atteggiamenti dei ‘grandi dell’Europa’, 27 maggio 2025). La pericolosità della criminalità organizzata albanese è stata evidenziata anche nell’ultimo rapporto ufficiale della DIA italiana (Direzione Investigativa Antimafia). Si tratta di un rapporto lungo e ben dettagliato, presentato al Parlamento italiano il 27 maggio scorso.

    Bisogna però non tacere, ma invece parlare, anche dell’appoggio di alcuni dei “grandi dell’Europa” per il primo ministro albanese. Per colui che rappresenta istituzionale la nuova dittatura sui generis restaurata ormai in Albania e che si sta consolidando continuamente. Si tratta però di una dittatura camuffata da un pluripartitismo di facciata, perché fatti alla mano, il primo ministro controlla tutti i poteri ed ignora i diritti costituzionali dell’opposizione. Ma per vari “interessi e convenienze” e per delle “importanti ragioni geopolitiche”, alcuni dei “grandi dell’Europa” continuano a sostenere un autocrate come il primo ministro albanese, nell’ambito della cosiddetta “Stabilocrazia”. Si tratta di un incrocio tra le parole stabilità e democrazia. Ed alcuni tra i “grandi dell’Europa”, da anni ormai, hanno scelto la “stabilità” a scapito della democrazia e dei suoi principi. E guarda caso, proprio quei “grandi dell’Europa” parlano sempre della democrazia, predicando i suoi principi. Ma un noto proverbio italiano ci ricorda che si tratta di persone che predicano bene e razzolano male. Il nostro lettore è stato informato anche di questo (Stabilocrazia e democratura, 25 febbraio 2019; Predicano i principi della democrazia ma poi, 28 giugno 2021; Interessi, indifferenza, irresponsabilità, ipocrisia e gravi conseguenze, 15 novembre 2021; ecc..).

    Chi scrive queste righe ha scelto di non tacere e di continuare ad informare il nostro lettore su tutte le preoccupanti realtà ed i successivi sviluppi, sia in Albania e nei Balcani, che altrove. Perché lui considera che qualsiasi grave e pericolosa realtà deve essere conosciuta da più persone possibile.  Chi scrive queste righe considera molto attuale l’ammonimento, fatto quasi sette secoli fa, da Santa Caterina da Siena. Lei avvertiva convinta chi di dovere: “Avete taciuto abbastanza. E’ ora di finirla di stare zitti! Gridate con centomila lingue. Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito”.

  • Preoccupanti ed ipocriti atteggiamenti dei ‘grandi dell’Europa’

    La politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso

    Franz Liszt

    Uno dei romanzi di Antoine de Saint-Exupéry, noto scrittore francese del secolo passato, è anche “Terra degli Uomini” (Terre des hommes), pubblicato nel 1939. Un romanzo in cui l’autore, che è stato anche un valoroso pilota delle linee aeree francesi di posta, in Nord Africa e Sud America, racconta diversi episodi di estremo coraggio, sia dei suoi colleghi che suoi. All’inizio del quarto capitolo del suo romanzo“Terra degli Uomini”, Antoine de Saint-Exupéry fa riferimento ad una sovrana immaginaria che desiderava visitare e conoscere i suoi sudditi per sapere se erano contenti o meno dal suo modo di regnare. I cortigiani però, per ingannarla, misero dei bei decori sulla strada che lei doveva percorrere e pagarono alcune persone per danzare mentre la sovrana passava. E così, tranne le ingannevoli messinscene, in quel tratto di strada dove la portarono i suoi cortigiani, lei non vide nient’altro. E perciò non seppe mai che in molte altre parti del suo regno erano in tanti coloro che morivano di fame. E che la maledivano.

    In questo mondo però ci sono stati e, purtroppo, ci sono ancora dei governanti, dei dittatori che, diversamente dalla sovrana che, comunque, voleva conoscere la vera realtà in cui vivevano i suoi sudditi, cercano invece, in tutti i modi, di nascondere la vera realtà in cui vivono le rispettive popolazioni. Uno di quei dittatori corrotti è anche il primo ministro albanese. E questa non è semplicemente un’opinione. Questa ormai da anni, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, è una realtà nella quale sono costretti a vivere gli albanesi. Ragion per cui solo negli ultimi dieci anni, dati alla mano, l’intera popolazione è diminuita di circa un terzo. Un dato molto preoccupante questo, ma anche molto significativo, che testimonia la drammatica realtà albanese.

    L’11 maggio scorso in Albania si sono svolte le “elezioni” parlamentari. Ma, fatti alla mano, fatti documentati ed ufficialmente denunciati, testimoniano che invece e purtroppo quelle dell’11 maggio in Albania non sono state delle elezioni, bensì un massacro elettorale. L’11 maggio scorso i cittadini albanesi non hanno potuto esprimere liberamente e democraticamente le loro volontà e le loro scelte per le persone che devono rappresentarli in parlamento.

    Quanto è accaduto in Albania l’11 maggio scorso, tra l’altro, ha inconfutabilmente testimoniato la stretta collaborazione del potere politico, rappresentato dal primo ministro, con la criminalità organizzata. Non a caso, alcuni candidati appoggiati proprio dalla criminalità organizzata, sono stati tra i più “votati”, anche se si trattava di persone sconosciute sia politicamente che per altri valori. Ma erano però le persone che sono state scelte da alcune organizzazioni criminali locali. E siccome l’Albania è un Paese con ormai meno di due milioni di abitanti, in ogni città, ogni centro abitato, tutti conoscono tutti e sanno molto di quello che accade. Il nostro lettore è stato informato degli innumerevoli abusi elettorali durante le tre ultime settimane (In attesa di altri abusi elettorali, 6 maggio 2025; Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali, 12 maggio; Appoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi, 19 maggio 2025).

    Ma il coinvolgimento attivo e spesso anche determinante nei risultati “elettorali” della criminalità organizzata è stato reso ancora più chiaro dopo le dichiarazioni dei rappresentanti delle strutture antimafia italiane fatte la scorsa settimana a Tirana. Tutto in seguito all’operazione denominata “Ura”, che in italiano significa “Il ponte”. Si tratta di un’operazione avviata dal 2020 e condotta dalle strutture antimafia di Bari. Un’operazione in cui è stata coinvolta anche l’Eurojust (acronimo di European Union Agency for Criminal Justice Cooperation; L’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale; n.d.a.), In seguito è stata coinvolta anche la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata in Albania. Le indagini si riferivano al traffico internazionale delle droghe, soprattutto della cocaina e dell’eroina, ma anche del riciclaggio del denaro sporco e dell’abuso d’ufficio.

    Ma da documenti pubblicamente noti ormai, risulta che il Giudice per le indagini preliminari di Bari ha ordinato, già dal 21 febbraio scorso, l’arresto di 52 persone, coinvolte, a vario titolo, al traffico delle droghe ed altri reati. In più si è saputo che solo un mese dopo, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata ha consegnato in tribunale la richiesta per l’arresto dei cittadini albanesi coinvolti. Ma sempre da documenti pubblicamente noti ormai, il giudice albanese ha tenuto in archivio, per più di un mese, la sua decisione firmata per gli arresti richiesti. L’approvazione per gli arresti è stata mandata alla Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata solo il 30 aprile scorso, undici giorni prima delle “elezioni”. Ma, guarda caso, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata ha comunicato alla polizia di Stato l’ordine per l’esecuzione degli arresti solo il 21 maggio scorso, dieci giorni dopo le “elezioni” (Sic!). Ed è stato proprio il giorno della congiunta conferenza stampa dei giudici e dei procuratori antimafia italiani e i rappresentanti delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia albanese. Ma, nel frattempo, chissà perché e chissà come, i principali trafficanti albanesi sono riusciti a sfuggire all’arresto. E, guarda caso, erano proprio coloro che avevano sostenuto, in tutti i modi, alcuni candidati della lista di Durazzo per il partito guidato dal primo ministro albanese. Erano proprio quei candidati che avevano “vinto” molti più voti degli altri e che adesso sono, di fatto, anche i nuovi deputati della prossima legislatura. Bisogna però sottolineare che dal porto di Durazzo era passata la maggior parte delle droghe trafficate, come risultava dalle indagini svolte nell’ambito della sopracitata operazione “Ura”.

    Ma il 16 maggio scorso a Tirana si è svolto il vertice della Comunità politica europea. Si tratta di un raggruppamento di politici di alto livello, rappresentanti di 44 Paesi europei, compresi i 27 Paesi dell’Unione europea. La Comunità è stata costituita nel 2022 e da allora si riunisce due volte all’anno in uno dei Paesi membri. Quest’anno sono stati proprio l’Albania e la Danimarca i Paesi ospitanti. Una ‘manna santa’ arrivata al primo ministro, in un periodo molto difficile dopo il massacro elettorale del 11 maggio scorso. Erano presenti molti dei “grandi dell’Europa e dell’Unione europea”. Alcuni di loro avevano inviato pochi giorni prima gli auguri al primo ministro albanese per il suo “successo elettorale”, nonostante il conteggio dei voti fosse ancora in corso. Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana di tutto ciò (Appoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi; 19 maggio 2025). Ma durante il sopracitato vertice hanno rinnovato pubblicamente il loro riconoscimento per gli “apprezzabili meriti” dell’anfitrione. Chissà perché un simile sostegno? Ma le cattive lingue hanno detto subito che si tratta di certi interessi che i “grandi dell’Europa” stanno realizzando in Albania, o che avranno in futuro.

    Chi scrive queste righe considera come molto preoccupanti ed ipocriti simili atteggiamenti dei “grandi dell’Europa”, in sostegno ad un autocrate corrotto: il primo ministro albanese. Di uno che, contrariamente alla sovrana a cui si riferiva Antoine de Saint-Exupéry nel suo romanzo “Terra degli Uomini”, ha sempre cercato, in tutti i modi, di camuffare tutto con la propaganda, con dei sostegni lobbistici, finanziati da ingenti somme di denaro provenienti dall’abuso di potere, dalla corruzione, nonché da certi raggruppamenti occulti di oltreoceano. E adesso sta beneficiando anche dell’appoggio dei “grandi dell’Europa e dell’Unione europea”. Aveva ragione Franz Liszt quando affermava che la politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

  • Appoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi

    L’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni genere di personaggio,

    perfino quello del disinteressato.

    François de La Rochefoucauld; da “Massime”, 1678

    È passata soltanto una settimana dal giorno in cui si sono svolte le elezioni parlamentari in Albania. Nel frattempo il nostro lettore è stato informato, sempre con la dovuta oggettività e soltanto riferendosi ai fatti accaduti, documentati e pubblicamente noti, sia delle aspettative prima delle elezioni che di quello che è accaduto l’11 maggio scorso, il giorno delle elezioni (In attesa di altri abusi elettorali, 6 maggio 2025; Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali, 12 maggio). Ma purtroppo durante questi giorni sono stati evidenziati, documentati e ufficialmente denunciati altri innumerevoli fatti legati a dei clamorosi abusi elettorali. Perciò si potrebbe dire che si è trattato di un processo, ben organizzato ed altrettanto ben attuato, per condizionare e manipolare il risultato delle elezioni. Si è trattato di un vero e proprio massacro elettorale.

    E solo grazie ad un simile processo, grazie a quel massacro elettorale, il primo ministro albanese ha avuto il suo quarto mandato consecutivo. Un fatto simile, tenendo presente anche la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese, si è verificato soltanto in altri regimi dittatoriali, come quello in Russia, in Bielorussia, in Turchia, per non andare oltre l’Europa. Gli abusi elettorali sono stati evidenziati, documentati e ufficialmente denunciati presso le strutture del sistema “riformato” della giustizia. Ma, chissà perché, quelle “strutture specializzate” non reagiscono. Invece è un loro obbligo costituzionale, nonché un impegno ufficialmente annunciato prima che cominciasse la campagna elettorale, intervenire per prevenire e combattere qualsiasi abuso elettorale. Purtroppo ancora niente ha costretto ad agire le “strutture specializzate” del sistema “riformato” della giustizia in Albania. Un sistema che però ubbidisce subito agli ordini partiti dagli uffici del primo ministro e dei suoi più stretti collaboratori. Come accade in tutti i sistemi dittatoriali nel mondo.

    Ormai, a conteggio dei voti quasi concluso, risulta che il partito del primo ministro albanese ha ottenuto molti più seggi parlamentati rispetto a quelli della precedente legislatura. Seggi ottenuti però mentre il numero degli elettori che hanno “votato” per il primo ministro ed i suoi candidati è stato inferiore, se si fa riferimento alle precedenti elezioni parlamentari del 2021. L’11 maggio scorso hanno votato, per la prima volta, anche i cittadini albanesi che vivono all’estero. Ma con il voto degli emigranti c’è stata una vera e propria strage elettorale. È risultato che ci sono stati più voti che schede elettorali mandati per posta! Non solo, ma a conteggio ormai concluso, risulta che il partito del primo ministro ha ottenuto dagli emigranti più del 61% dei voti considerati validi. Invece lo stesso partito ha ottenuto dagli elettori che vivono in Albania solo circa 52% dei voti. E pensare che la maggior parte degli emigranti albanesi sono stati costretti a lasciare tutto e cercare la fortuna in altri Paesi proprio per i continui abusi del potere e del bene pubblico da parte del primo ministro, dei suoi ministri e di tanti funzionari del governo centrale e delle amministrazioni locali. Un’altra “stranezza” di queste “elezioni” in Albania è legata ai voti dei carcerati, la maggior parte dei quali si trovano lì per furti ed altre cose simili. A conteggio concluso però, risulta che i carcerati hanno votato quasi tutti per il ministro degli Interni! Una specie di sindrome di Stoccolma.

    Per seguire sia tutto il processo pre-elettorale, che le elezioni parlamentari dell’11 maggio scorso, in Albania sono stati presenti molti osservatori internazionali, rappresentanti di diverse istituzioni. Ma i più numerosi sono stati gli osservatori dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights – l‘Ufficio per le Istituzioni democratiche e i Diritti umani; n.d.a.). ODIHR è una struttura molto importante della ben nota OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.). Ebbene, un giorno dopo le elezioni la coordinatrice della Missione di ODIHR ha presentato il rapporto preliminare. In quel rapporto sono stati evidenziati, raggruppandoli, significativi abusi elettorali. Durante quella presentazione era presente anche il capo della delegazione del Parlamento europeo, il quale ha, tra l’altro, dichiarato che “…Gli aspetti che hanno a che fare con la corruzione ed altre cose che vanno oltre alle elezioni, verranno certamente trattati, siate sicuri”. Ed ha aggiunto che “…questo Paese [l’Albania] non entrerà nell’Unione europea così com’è oggi”.

    E mentre aumentava di ora in ora il numero dei clamorosi abusi elettorali, che evidenziavano non un processo con qualche irregolarità, bensì un vero e proprio massacro elettorale, il primo ministro albanese riceveva gli auguri per la sua “meritata vittoria elettorale” (Sic!). La prima che lo ha augurato, la sera del 12 maggio scorso, è stata la presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia. Lei, che il primo ministro albanese la chiama ormai la mia “sorella”, scriveva: “ …la profonda amicizia e la collaborazione strategica che lega le nostre due nazioni si è ulteriormente rafforzata grazie a iniziative comuni, frutto di un dialogo costruttivo e di una volontà condivisa per affrontare le sfide globali con soluzioni innovative…”. E sempre mentre il conteggio dei voti continuava, al primo ministro sono arrivati gli auguri, in albanese, del presidente francese, che gli scriveva: “Auguri caro amico per la tua vittoria….”. Invece il cancelliere tedesco gli scriveva, sempre in albanese: “Auguri per la sua rielezione! Tanti auguri! Sono impaziente di continuare la nostra collaborazione…”. Mentre il premier britannico scriveva, in inglese però: “Auguri per la sua vittoria storica.  Attendo impaziente di continuare la nostra collaborazione…”.

    Sempre mentre il conteggio dei voti continuava, il presidente del Consiglio europeo scriveva al suo “caro amico”, il primo ministro albanese: “I più calorosi auguri per questi impressionanti risultati elettorali..”. Al primo ministro albanese non potevano mancare gli auguri della presidente della Commissione europea. Lei gli scriveva: “Auguri per la vittoria elettorale! Sotto la sua guida l’Albania ha fatto dei grandi progressi verso la nostra Unione [europea]…”. Questi però sono stati soltanto una parte degli auguri ricevuti dal primo ministro albanese, mentre il conteggio dei voti continuava. E soprattutto mentre aumentava il numero degli abusi elettorali evidenziati e denunciati. Chissà perché questa fretta per augurare a un autocrate che ha voluto, programmato ed attuato un massacro elettorale. Ormai si sa però, da diverse fonti mediatiche internazionali, che il presidente francese, il cancelliere tedesco ed il premier britannico hanno reso noti i loro progetti per avere in Albania dei centri dove trasferire migliaia di detenuti problematici e pericolosi. Tutto è stato reso noto la scorsa settimana, mentre in Albania si evidenziava, sempre di più, il massacro elettorale. Bisogna sottolineare che si tratta di progetti simili a quello ormai operativo, in seguito alla firma il 6 novembre 2023, dell’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui profughi. L’Albania rischia così di diventare un Guantanamo in Europa.

    Chi scrive queste righe è convinto che i “grandi dell’Europa” appoggiano un autocrate corrotto, come il primo ministro albanese, in cambio di proficui accordi. Chi scrive queste righe pensa che in cambio il primo ministro albanese cerca di ottenere l’appoggio o, almeno, il silenzio dei “grandi dell’Europa” di fronte ai tanti e continui abusi di potere, agli innumerevoli scandali, alla galoppante corruzione diffusa a tutti i livelli, partendo dai più alti. Abusi, scandali e atti corruttivi che, fatti pubblicamente noti alla mano, coinvolgono direttamente il primo ministro. E purtroppo i “grandi dell’Europa” lo appoggiano. Aveva ragione François de La Rochefoucauld: l’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni genere di personaggio, perfino quello del disinteressato.

  • Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali

    Quanto più grande il potere, tanto più pericoloso l’abuso.

    Edmund Burke

    Domenica scorsa, 11 maggio, in Albania si sono svolte le elezioni parlamentari. E si sapeva già anche il vincitore. Tutti coloro che conoscono la vera e vissuta realtà albanese erano quasi convinti che il primo ministro avrebbe ottenuto il suo quarto mandato consecutivo. Ed ormai, a elezioni finite, mentre si stanno contando i voti, risulterebbe, dati provvisori alla mano, che il primo ministro ha raggiunto il suo principale obiettivo, quello di ottenere un altro mandato. Non solo, ma sembrerebbe che lui raggiungerà anche un altro ambizioso obiettivo, dichiarato già all’inizio della campagna elettorale. Potrebbe avere una maggioranza parlamentare che gli permetterebbe di far passare anche leggi che richiedono l’approvazione con i due terzi dei deputati.

    Le aspettative per il raggiungimento del risultato elettorale voluto dal primo ministro si basavano sul funzionamento di una strategia ben elaborata e collaudata durante tutte le elezioni precedenti, gestite dai governi capeggiati dall’attuale primo ministro, al potere dal 2013. Una strategia, quella, basata sulla connivenza e sulla sempre più attiva collaborazione del potere politico, centrale e locale, con la criminalità organizzata. Una strategia basata anche sull’uso dell’amministrazione pubblica durante tutte le fasi delle elezioni. Una strategia basata sull’uso di tutte le istituzioni governative e statali, polizia di Stato compresa, in funzione della realizzazione degli obiettivi elettorali del primo ministro. La strategia per garantire il raggiungimento degli obiettivi elettorali del primo ministro albanese si basa fortemente, fatti pubblicamente noti e denunciati alla mano, anche sulla totale ubbidienza delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia alla volontà del primo ministro. Quanto è accaduto, purtroppo, durante gli ultimi mesi in Albania, testimonia, indubbiamente, proprio questa misera, vigliacca, spregevole e pericolosa ubbidienza. Un’ubbidienza, quella, verificata precedentemente in tante occasioni pubblicamente note. Una preoccupante e pericolosa ubbidienza che, purtroppo, è stata verificata anche durante l’ultima campagna elettorale.

    Bisogna evidenziare che il primo ministro albanese si presenta nelle elezioni, sia parlamentari che locali, con la sigla del partito socialista. Lui da quando è diventato, nel 2005, il dirigente del partito socialista, è riuscito a controllare personalmente quel partito. Un partito, successore del famigerato partito comunista, che, da anni ormai, è diventato un raggruppamento occulto e che con il partito socialista ha in comune soltanto il logo. Un partito, quello socialista, del quale il primo ministro si ricorda soltanto durante le campagne elettorali. Ma anche in casi simili lui mette sempre il suo nome prima di quello del partito. Lo ha fatto anche durante la campagna elettorale finita venerdì scorso. E così facendo, lui personalizza anche il partito.

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato sui tanti abusi elettorali accaduti durante la campagna elettorale in Albania. L’autore di queste righe scriveva che “Adesso, nonostante tutti i fallimenti riguardanti le precedenti promesse elettorali, il primo ministro punta a ottenere, costi quel che costi, il suo quarto mandato consecutivo. In caso contrario per lui potrebbero generarsi grossi e seri problemi, soprattutto di carattere penale”. Ed aggiungeva: “… certamente, il primo ministro, trovandosi ad affrontare i suoi continui fallimenti, i suoi continui ed evidenti abusi di potere, nonché le conseguenze della galoppante e molto diffusa corruzione, che lo coinvolge direttamente, adesso punta proprio al supporto della criminalità organizzata e dei raggruppamenti occulti internazionali, per condizionare e manipolare di nuovo il risultato delle elezioni del prossimo 11 maggio” (In attesa di altri abusi elettorali; 6 maggio 2025).

    Purtroppo queste previsioni sono state tutte verificate. Lo testimonia inconfutabilmente quanto è accaduto, registrato e denunciato sia nelle precedenti settimane, sia domenica scorsa, 11 maggio, durante il giorno delle elezioni. Abusi che sono stati resi pubblici dall’opposizione e da alcuni, pochissimi, media ancora non controllati direttamente dal primo ministro e/o da chi per lui. Abusi che sono stati ufficialmente denunciati, come prevede la legge elettorale in vigore, presso le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Bisogna evidenziare che prima dell’inizio della campagna elettorale per le elezioni parlamentari svolte domenica scorsa, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata., insieme con la Commissione elettorale Centrale e la Polizia di Stato hanno costituito un gruppo d’azione specializzato che doveva prevenire tutti gli abusi elettorali da loro evidenziati e/o denunciati dall’opposizione, i media e semplici cittadini. Bisogna però sottolineare, sempre fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, che in Albania se non si prevengono gli abusi elettorali, niente ha poi valore. Sì, perché nonostante si tratti di abusi ufficialmente denunciati, una volta che l’attuale primo ministro “vince” il suo mandato, chissà perché e chissà come, tutti gli abusi elettorali denunciati ufficialmente si dimenticano.

    Ebbene, anche durante queste ultime settimane di campagna elettorale sono state tante le denunce ufficiali, presentate ufficialmente dai rappresentanti dell’opposizione, sia presso la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, sia presso la Commissione elettorale Centrale e/o presso la Polizia di Stato. Ma,  guarda caso però, niente è accaduto. Chissà perché?! Un caso emblematico è accaduto domenica scorsa, il giorno delle elezioni. Un caso denunciato da un cittadino presso uno dei pochissimi media televisivi non controllati dal primo ministro e/o da chi per lui. In seguito una giornalista del media, insieme con un operatore, si sono recati sul posto indicato dal cittadino. Si trattava di un ambiente, a piano terra, di un palazzo a circa trenta metri di distanza da un seggio elettorale e alcune centinaia di metri dalla sede della Direzione locale della Polizia di Stato. Le immagini trasmesse in diretta dalla televisione hanno mostrato che dentro quell’ambiente, una stanza, c’erano alcune persone intorno a tavoli dove si vedevano tanti fogli di carta accatastati, computer portatili ed altro. Una donna, presa all’improvviso, dopo qualche secondo, si è alzata ed ha chiuso la porta. Poi, dopo un po’ di tempo, la porta si è riaperta, ma questa volta da dentro e sono uscite, con la testa coperta e, correndo, sono fuggite tutte le persone che si trovavano dentro. Dalle immagini si vedeva chiaramente che i fuggitivi avevano preso tutto, carte e computer, lasciando i tavoli “puliti”. In seguito si è saputo che era un ufficio elettorale e la signora che aprì la porta era la direttrice dell’Agenzia dell’Innovazione e l’Eccellenza. Chissà cosa faceva lì?!

    La giornalista prima e poi un rappresentante dell’opposizione, arrivato sul posto, hanno telefonato alla polizia di Stato e alla Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Ma, nonostante ciò, la pattuglia della polizia è arrivata con più di un’ora di ritardo. Poi è arrivato anche il rappresentante della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Ma questo è solo uno dei tanti clamorosi casi denunciati solo domenica scorsa 11 maggio. Però, nel frattempo, funzionava la sopracitata strategia del primo ministro per “vincere” la elezioni. E grazie a quella strategia, con l’appoggio anche della criminalità organizzata, come è risultato dalle tante denunce fatte, il primo ministro sta ottenendo il suo quarto mandato consecutivo.

    Chi scrive queste righe seguirà il processo del conteggio del voti, tuttora in corso ed, in seguito, informerà il nostro lettore. Per il momento si sa che un autocrate, il primo ministro albanese, si sta preparando ad ottenere il suo quarto mandato con degli innumerevoli abusi elettorali e grazie a un clamoroso abuso di potere. Ed è proprio il caso di ricordare che, come affermava Edmund Burke, quanto più grande il potere, tanto più pericoloso l’abuso. Questo si sta verificando in Albania.

  • In attesa di altri abusi elettorali

    Le elezioni favoriscono i chiacchieroni.

    Georges Bernanos, da “I grandi cimiteri sotto la luna”; 1938

    Domenica prossima, 11 maggio, in Albania si svolgeranno le elezioni parlamentari. Ormai è in corso l’ultima settimana della campagna elettorale. In gara ci sono il partito socialista guidato dal primo ministro, il quale chiede il suo quarto mandato consecutivo e dall’altra parte si presenta una vasta alleanza di partiti dell’opposizione, rappresentata ufficialmente dallo storico dirigente del partito democratico, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Gareggiano da soli, o riuniti in piccole alleanze, anche alcuni nuovi partiti.

    Normalmente, durante una campagna elettorale, tutti i partiti in gara presentano i loro programmi che intendono realizzare durante gli anni della futura legislatura. Ed in base a quei programmi, chiedono anche il voto dei cittadini. Ebbene, durante l’attuale campagna elettorale in Albania tutti i partiti hanno presentato i propri programmi tranne quello socialista del primo ministro, il quale, invece di un programma, ha soltanto “promesso” che sarà lui e solo lui a garantire per i cittadini albanesi il “passaporto europeo” (Sic!). E non è stata una semplice “dimenticanza” il fatto di non presentare un programma. Il primo ministro non poteva presentare più un programma. Sì, perché durante le tre precedenti campagne per le elezioni parlamentari, nonché quelle per le elezioni amministrative, lui, avendo presentato dei “programmi ambiziosi”, ha esaurito tutte le promesse che poteva fare durante questa campagna elettorale in corso. Sì, proprio così. Perché lui, il primo ministro albanese, durante tutte le campagne elettorali, da quando è salito al potere nel 2013, ha promesso mari e monti. Ma, fatti accaduti, ufficialmente evidenziati e pubblicamente noti alla mano, non ha realizzato una, solo una, di tutte quelle promesse fatte. Ragion per cui, adesso, non potendo presentare più un programma elettorale, sta cercando di ingannare di nuovo gli albanesi con la promessa del “passaporto europeo”.

    Ma sempre riferendosi a tantissimi fatti accaduti, a fatti pubblicamente noti ed ormai ufficialmente evidenziati anche da diversi rapporti delle istituzioni internazionali specializzate, risulta che gli albanesi, da anni, non hanno più bisogno del “passaporto europeo” promesso adesso, in campagna elettorale, dal primo ministro. Si perché da anni ormai, gli albanesi, nonostante non abbiano avuto un “passaporto europeo”, come tutti i cittadini dei Paesi membri dell’Unione europea, hanno però trovato altri modi per lasciare la madre patria e cercare fortuna all’estero. Come facevano durante il secolo scorso, ma anche prima, molti cittadini europei, italiani compresi, che cercavano fortuna in altri Paesi, sia in Europa che oltreoceano.

    Bisogna sottolineare però che in questi ultimi anni, gli albanesi che hanno lasciato il paese natale sono quasi un terzo dell’intera popolazione registrata dal censimento del 2011, due anni prima che l’attuale primo ministro avesse cominciato il suo primo mandato. Un fatto drammatico questo, con delle preoccupanti conseguenze per il futuro dell’Albania. Una realtà causata solo e soltanto dal malgoverno di questi tre mandati del primo ministro che hanno permesso a lui ed ai suoi “stretti collaboratori” di abusare del potere e restaurare e consolidare un nuovo regime, una dittatura sui generis, camuffata da una facciata di pluripartitismo. Il nostro lettore da anni ormai è stato informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività e sempre fatti pubblicamente noti alla mano, di una simile, preoccupante e molto pericolosa realtà.

    Una realtà, quella albanese, che durante questi ultimi mesi è evidenziata e denunciata anche da diversi noti media internazionali, sia televisivi che della carta stampata. Una realtà però che il primo ministro e la sua potente propaganda, grazie anche a dei supporti lobbistici internazionali, profumatamente pagati, ha cercato di nascondere e camuffare. E spesso, purtroppo, ci sono anche riusciti, presentando, soprattutto all’estero, una realtà illusoria ed ingannevole, che niente aveva a che fare con la vera, vissuta e spesso sofferta realtà. Realtà, quella “dipinta” dal primo ministro albanese ed enfatizzata dalla propaganda governativa, nonché dai tanti media al servizio che, purtroppo, è stata “apprezzata ed applaudita”, durante questi ultimi anni, anche da alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea, soprattutto quelli della Commissione. Chissà perché?! Le cattive lingue, anche in queste occasioni, parlavano però convinte di supporti ottenuti in seguito a degli interventi lobbistici finanziati e gestiti da un noto multimiliardario speculatore di borse statunitense. E si trattava proprio di quella realtà che, tra l’altro, ha costretto quasi un terzo dell’intera popolazione albanese a lasciare la madre patria e cercare la fortuna in vari Paesi europei. Con tutte le incognite e le inevitabili conseguenze.

    Adesso, nonostante tutti i fallimenti riguardanti le precedenti promesse elettorali, il primo ministro punta a ottenere, costi quel che costi, il suo quarto mandato consecutivo. In caso contrario per lui potrebbero generarsi grossi e seri problemi, soprattutto di carattere penale. Sì, perché lui, durante questi dodici anni che ha esercitato i suoi tre mandati da primo ministro, ma anche prima, quando era il sindaco della capitale (2000-2011), ha abusato del potere conferito. Ma anche con gli altri poteri da lui usurpati. Come quello della giustizia. Un fatto pubblicamente noto questo, del quale anche il nostro lettore è stato spesso informato. Così come è stato spesso informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, della costituzione in Albania di una pericolosa e molto preoccupante alleanza tra il potere politico, istituzionalmente rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata ed alcuni raggruppamenti occulti internazionali.

    Un’alleanza questa che, in cambio di grossi benefici, ha permesso al primo ministro di rimanere al potere, condizionando e manipolando anche i risultati elettorali. E certamente, il primo ministro, trovandosi ad affrontare i suoi continui fallimenti, i suoi continui ed evidenti abusi di potere, nonché le conseguenze della galoppante e molto diffusa corruzione, che lo coinvolge direttamente, adesso punta proprio al supporto della criminalità organizzata e dei raggruppamenti occulti internazionali, per condizionare e manipolare di nuovo il risultato delle elezioni del prossimo 11 maggio. Come fanno anche i non pochi suoi simili in altri Paesi del mondo. Quanto sta accadendo da anni in Russia, in Bielorussia, in Turchia, in Venezuela, in Corea del Nord ed in diversi Paesi africani, arabi ed asiatici, rappresenta sempre un’inconfutabile ed eloquente testimonianza.

    Bisogna sottolineare che in Albania gli abusi elettorali cominciano ad essere effettuati alcuni mesi prima, intensificandosi poi fino al giorno delle elezioni. Bisogna però sottolineare anche l’eclatante e pericolosa “passività” di tutte le istituzione del sistema “riformato” della giustizia, di fronte alle tante denunce degli evidenti abusi elettorali fatti prima e durante la campagna in corso. Abusi che coinvolgono direttamente i “sostenitori” del primo ministro, criminalità organizzata compresa.

    Chi scrive queste righe informa il nostro lettore che si tratta di abusi elettorali evidenziati anche dai rapporti dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human RightsUfficio per le Istituzioni democratiche e i Diritti umani dell’OSCE; n.d.a.), compreso quello preliminare di fine aprile scorso. Ma anche da una risoluzione del Partito Popolare europeo, votata all’unanimità il 30 aprile scorso. Perciò, tutto fa presagire altri abusi che potrebbero condizionare il risultato delle elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo in Albania. Lo scrittore francese Georges Bernanos, circa un secolo fa, affermava che le elezioni favoriscono i chiacchieroni. Ed il primo ministro ha sempre dimostrato che è un chiacchierone. Lo sta facendo anche adesso, in campagna elettorale.

  • L’antidemocratica difesa della democrazia

    La democrazia delegata dovrebbe venire garantita dalle libere elezioni che permettono ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti. La storia, poi, ha insegnato come uno strumento di garanzia, l’assenza del vincolo di mandato, troppo spesso venga utilizzato per scindere il rapporto fiduciario tra l’eletto e le aspettative dei suoi lettori. Una evidenza che rivaluta una volta di più il modello di democrazia diretta adottato con successo in Svizzera.

    Già il fatto che poco più del 50% mediamente degli elettori si rechi alle urne rappresenta un fattore di forte criticità nella stessa legittimazione del sistema democratico, pur non mettendo in dubbio l’esito espresso dalla maggioranza. Tuttavia, in quanto tale, una democrazia deve, non dovrebbe, assicurare a tutte le organizzazioni politiche la possibilità di accedere alle libere lezioni come di nominare dei propri rappresentanti in ragione della libertà di espressione. Per cui la “vigilanza democratica” relativa ad una potenziale pericolosità di un’associazione e di un partito dovrebbe garantire ex ante la libera circolazione delle idee, anche quelle più imbarazzanti ed antisistema, e non intervenire ex post su quelle che considera non in linea con i principi considerati democratici. In questo senso, in merito alla vicenda che vede in Germania la AFD considerata dai servizi segreti “estremista”, quando sarebbe stato sufficiente un minimo di analisi politica a livello europeo nel comprendere come il processo di Rearm Europe, varato dalla Commissione Europea e già ratificato dal governo di centrosinistra che ora si oppone al partito di destra Afd, avrebbe posto le condizioni di una Germania, a prossima guida Afd, armata proprio dai “difensori” europei della democrazia.

    In altre parole, un sistema democratico per essere tale non può intervenire sulla base di valutazioni politiche sull’esito delle elezioni altrimenti non verrebbe meno la stessa definizione di democrazia. Determinate scelte dell’elettorato esprimono molto spesso, anche in modo deciso, una situazione di reale difficoltà in merito alle principali tematiche economiche e sociali (*) alle quali chi si considera realmente democratico dovrebbe rispondere attraverso una presa di coscienza ed innanzitutto avviare una reale analisi dei propri errori sulle criticità espresse dagli elettori; un immediato cambiamento della classe politica in particolar modo all’interno dei partiti; una rimodulazione degli obiettivi economici come, per esempio, il Green Deal sull’invasione di prodotti dalla Cina (***).

    Viceversa, il mondo intellettuale che si definisce progressista, come le autorità politiche che lo rappresentano, preferiscono utilizzare i soliti metodi antidemocratici che prevedono di annullare le elezioni quando l’esito non sia gradito o di porre fuorilegge un partito per i medesimi motivi. Una vera democrazia si rivela tale quando, anche nei momenti di difficoltà, non viene meno ai propri principi adottando parametri ideologici.

    (*) Crisi economica e disoccupazione, disagio sociale e mancata integrazione.

  • Mercenari rumeni arricchitisi in Africa a fianco del candidato putiniano alla presidenza della Romania

    A marzo l’agenzia di stampa statale russa Tass aveva riportato le affermazioni dell’agenzia di intelligence russa Svr secondo cui l’Ue starebbe cercando di interferire nelle prossime elezioni presidenziali in Romania. L’Svr ha affermato che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto a Bucarest di impedire al candidato presidenziale rumeno Calin Georgescu, che è emerso come il favorito nelle elezioni annullate dello scorso anno, di partecipare alla ripetizione delle elezioni a maggio. Georgescu ha elogiato in passato il presidente russo Vladimir Putin come «un uomo che ama il suo Paese» e ha definito l’Ucraina «uno Stato inventato», ma sostiene di non essere filo-russo. Dopo che a dicembre la Corte costituzionale della Romania ha annullato le elezioni due giorni prima del ballottaggio dell’8 dicembre (Georgescu era uscito vincente dal primo turno e aveva dichiarato di non aver speso nulla per la campagna elettorale), i pubblici ministeri in Romania hanno avviato un’indagine in sede penale contro Georgescu, accusandolo di sostegno a gruppi fascisti, «incitamento ad azioni contro l’ordine costituzionale» e false dichiarazioni sul finanziamento della campagna elettorale e sulla divulgazione dei beni.

    Parallelamente le autorità rumene hanno condotto 47 perquisizioni in cinque contee che, secondo quanto riferito, sono collegate ad alcuni dei collaboratori di Georgescu e che hanno portato alla luce un deposito di armi, fra cui lanciagranate e pistole, e diversi milioni di dollari in contanti di varie valute. I procuratori hanno dichiarato che le accuse contro i sospettati includono “false dichiarazioni sulle fonti di finanziamento” di una campagna elettorale, possesso illegale di armi e avvio o creazione di un’organizzazione “a carattere fascista, razzista o xenofobo”.

    Tra gli uomini vicini a Georgeuscu spicca il non di Horatiu Potra, ex Legione straniera francese poi guardaspalle dello stesso Gerorgescu. Potra è diventato milionario con le sue attività nel settore della sicurezza privata: in Congo la sua compagnia è stata schierata a Goma e Sake, in Sierra Leone ha fornito i propri servizi a diverse compagnie minerarie. Sebbene non siano mai stati dimostrati legami coi mercenari russi di Evgeny Prigozhin, Potra era in Repubblica Centrafricana quando, nel 2017, sono arrivati i primi uomini del gruppo Wagner.  Lo scorso dicembre, proprio mentre infuriava la questione delle elezioni presidenziali, Potra è stato arrestato in Romania con altre 20 persone mentre si dirigeva verso Bucarest con denaro e armi per «creare disordini», ma poi è stato rilasciato. Oggi è ricercato e dovrebbe trovarsi a Dubai. La polizia gli ha trovato in casa armi, granate, lanciarazzi e mitragliatrici, ma anche 3,3 milioni dollari e 24 chili d’oro.

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