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Non devono parlare di principi se collaborano con gli autocrati

Le circostanze non dovrebbero mai alterare i principi.

Oscar Wilde, da “Un marito ideale”, 1895

Spesso si sente parlare di ipocrisia e di ipocriti. E non solo per della gente comune, ma anche per persone che hanno delle importanti responsabilità politiche ed istituzionali. Anzi, soprattutto per loro. Riferendosi ai dizionari, l’ipocrisia è una parola che ha origine dalla lingua greca antica e significa finzione, simulazione di virtù mancate, di qualità, intenzioni e capacità diverse da quelle vere e reali. Secondo il parere degli specialisti l’ipocrisia deriva dal desiderio di nascondere e/o camuffare i veri motivi e/o sentimenti agli altri. Mentre l’ipocrita, sempre dalla lingua greca antica, è proprio una persona che “indossa una maschera”.  L’ipocrita parla e/o agisce comunemente in modo tale da apparire diverso da quello che è realmente. Lui nasconde le proprie e reali intenzioni e la sua vera personalità., con lo scopo di ingannare gli altri ed avere dei voluti favori e/o raggiungere determinati obiettivi. Si tratta di persone non oneste, con abilità ingannatrici e prive di lealtà.

L’ipocrisia è un grave vizio che è stato stigmatizzato anche nelle Sacre Scritture. Il profeta Isaia affermava: “Perciò il Signore dice: “Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me, e il loro timore di me è solo un comandamento insegnato da uomini”” (Isaia; 29,13). Mentre nel Vangelo di Matteo, riferendosi al Signore, si legge: “Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra; ma il loro cuore è lontano da me” (Matteo 15:8). Nello stesso Vangelo si avverte: “Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci” (Matteo 7:15). Per l’evangelista Matteo gli ipocriti sono solo dei “Serpenti, razza di vipere” (Matteo 23:33). Da documenti storici risulta che la definizione di ipocrita data da Platone, il noto filosofo della Grecia antica, vissuto circa venticinque secoli fa, fosse “odioso al pari delle porte dell’Ade chi nasconde un pensiero nell’animo e ne dice un altro”.

François de La Rochefoucauld, principe di Marcillac e duca di La Rochefoucauld, è stato un noto filosofo, scrittore ed aforista francese vissuto nel diciassettesimo secolo. Per lui “L’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù”. È un aforismo che si può leggere nel suo libro Reflexions ou sentences et maximes morales (Riflessioni o sentenze e massime morali; n.d.a.), noto comunemente come Maximes (Massime). Il libro, che è una raccolta di 504 massime, è stato pubblicato per la prima volta nel 1665 ed in seguito ha avuto altre quattro ripubblicazioni. In quel libro l’autore affermava che “L’interesse mette all’opera ogni sorta di virtù e di vizio”, oppure che “La lealtà esibita è una dichiarata impostura”. Dalle sue riflessioni, a lui risultava che “Siamo così assuefatti a mascherarci agli altri, che finiamo per mascherarci a noi stessi”. Egli era convinto che “Poche persone sono abbastanza sagge da preferire la critica che è loro utile alla lode che le tradisce”. Ma anche che “L’amor proprio è il più grande di tutti gli adulatori” e che “La modestia, che sembra rifiutare le lodi, in realtà desidera soltanto riceverne di più raffinate”. François de La Rochefoucauld, nel suo libro Reflexions ou sentences et maximes morales ha, tra l’altro, trattato e stigmatizzato due dei vizi umani, l’ipocrisia e la falsità. E lo ha fatto maestosamente, lasciando ai posteri delle valorose massime morali, dalle quali tutti devono trarre insegnamento. Un altro ben noto scrittore, filosofo, storico e saggista francese del diciottesimo secolo, Voltaire, ha espresso la sua opinione anche sul sopracitato libro di François de La Rochefoucauld. Per Voltaire si trattava di “…uno dei libri che più contribuirono a formare il gusto della nazione e a dargli uno spirito di giustezza e di precisione. […]. Era un merito che nessuno prima di lui (de La Rochefoucauld; n.d.a.) aveva avuto in Europa dopo la rinascita delle lettere”.

La storia, questa saggia e valorosa maestra, ci insegna, tra le tantissime altre cose, che l’ipocrisia e la falsità servono per nascondere la mancanza dei principi e valori. La storia dell’essere umano ci insegna che l’ipocrita non ha niente in comune con una persona che fa propri e rispetta i principi e i valori. Tra molte altre persone che durante la loro vita hanno sempre testimoniato, tra l’altro, di essere portatori di sani principi e stimati valori, ci sono stati anche i Padri Fondatori dell’Europa unita, che cominciò a costituirsi subito dopo la seconda guerra mondiale. Dopo quella devastatrice guerra, delle persone lungimiranti e che avevano delle responsabilità politiche ed istituzionali nei propri Paesi condividevano la convinzione di costituire uno Stato federale che doveva comprendere diversi Stati europei. Ovviamente, basandosi su delle regole ben precise ed accettate ufficialmente da tutti i Paesi membri. Il 25 marzo 1957 a Roma i rappresentati dei primi sei Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Belgio, Lussemburgo ed Olanda), costituirono la Comunità Economica Europea. Erano gli stessi Paesi firmatari del Trattato di Roma che sei anni prima avevano firmato a Parigi, il 18 aprile 1951, un altro importante e molto significativo accordo, quello che diede vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Si trattava di Comunità, sia quella economica, sia quella del Carbone e dell’Acciaio, che si basavano, facendole proprie, anche sulle lungimiranti idee degli autori del documento “Per un’Europa libera e unita”, noto anche come “Il Manifesto di Ventotene”, pubblicato nell’estate del 1941. In quel documento si affermava, tra l’altro, che “…Occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un largo Stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali […], abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli Stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”. Agli inizi degli anni ’90 del secolo passato la Comunità Economica Europea annoverava dodici Paesi membri. Il 7 febbraio 1992 i rappresentanti ufficiali di quei dodici Paesi firmarono in Olanda il Trattato di Maastricht, con il quale nacque l’attuale Unione europea. L’Unione, nel suo Statuto, nonché in altri suoi documenti, fa riferimento ai principi e ai valori dei Padri Fondatori dell’Europa Unita.

L’autore di queste righe ha spesso fatto riferimento e ha trattato per il nostro lettore l’importanza dei principi e dei valori che hanno portato alla costituzione dell’Europa unita. Lo ha fatto anche nel dicembre scorso. Riferendosi al lungimirante pensiero dei Padri Fondatori, egli scriveva che essi erano convinti che “…tutto si doveva basare sui meriti e non sulle ingannatrici apparenze e su certi “interessi”, compresi quegli “geostrategici e/o geopolitici”. Ma i Padri Fondatori dell’attuale Unione europea erano altrettanto convinti che prima di arrivare ad unire insieme meriti e valori dei singoli Paesi, si dovevano valorizzare i meriti ed i valori in ciascuno di loro. Compresi anche i ben noti valori della democrazia” (Soltanto per testimoniati meriti e non per altre ragioni; 4 dicembre 2023). Gli autori de “Il Manifesto di Ventotene”, riferendosi proprio al “largo Stato federale” che si doveva costituire, nell’ultima riga del Manifesto avvertivano convinti che “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”. Ed avevano ragione. Lo conferma la storia di questi quasi sette decenni. Perché non sempre coloro che hanno dovuto prendere delle decisioni, in determinate circostanze, hanno rispettato i sani principi dei Padri Fondatori. Principi e valori che purtroppo continuano a non essere osservati e rispettati da chi di dovere. Principi e valori calpestati ed offesi non di rado per raggiungere degli interessi di parte e non dell’Unione. Da fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti documentati e testimoniati alla mano, risulterebbe che ormai quei principi e valori fatti propri e rispettati dai Padri Fondatori dell’Europa unita dopo la seconda guerra mondiale, ma anche da altri che hanno contribuito e continuano a farlo, per avere proprio quell’Europa, purtroppo vengono spesso e consapevolmente calpestati da alcuni alti rappresentanti istituzionali dell’Unione europea e di determinati singoli Paesi membri dell’Unione. E per nascondere e/o camuffare i loro atti, il loro operato, inevitabilmente fanno uso dell’ipocrisia. Lo fanno senza remore e rimorsi di coscienza, perché uno non può essere, allo stesso tempo, portatore di sani principi morali ed ipocrita. O l’uno o l’altro.

Durante questi ultimi decenni l’Unione europea ha dovuto affrontare diverse situazioni che hanno messo a dura prova sia gli alti rappresentanti istituzionali dell’Unione, sia le massime autorità dei singoli Paesi membri. Situazioni difficili, generate da interessi di parte di determinati Paesi, che urtano con quelli degli altri. Ma anche situazioni generate da crisi internazionali, fuori dai confini dell’Unione europea, ma che coinvolgono e spesso danneggiano la stessa Unione e suoi Paesi membri. Da quello che è accaduto risulta che non sempre simili situazioni sono state affrontate nel modo giusto e dovuto. Il che ha portato a dei risultati che non onorano e non rispettano i principi ed i valori dei Padri Fondatori, sui quali è stata fondata prima la Comunità Economica Europea e poi, in seguito, anche l’Unione europea. Lo conferma quanto è accaduto durante l’ultima pandemia. Così come lo conferma come è stata affrontata l’aggressione della Russia contro l’Ucraina; una guerra tuttora in corso. Ma lo ha confermato e continua tuttora a confermarlo anche la drammatica crisi dei profughi da diversi Paesi africani e non solo, che arrivano soprattutto in Italia, per poi cercare di andare in diversi altri Paesi dell’Unione europea. Tutto ciò testimonia la grande importanza delle scelte durature, risultato di decisioni difficili, ma basate sui principi e sui valori e non sugli interessi temporanei. Sia di singoli Paesi che urtano con quegli degli altri, sia di quelli noti come “interessi geopolitici e geostrategici” che spesso passano i confini dell’Unione europea. Riferendosi a questi ultimi, l’autore di queste righe scriveva all’inizio del dicembre scorso per il nostro lettore: “Ragion per cui, anche quando si dovrebbe decidere sull’allargamento dell’Unione europea con altri Paesi membri non devono prevalere gli “interessi geostrategici e/o geopolitici”, bensì i meriti. Si, proprio i meriti che ogni Paese candidato ha dimostrato di avere e di portare, come valore aggiunto, con la propria adesione all’Unione europea. Compresi anche i Paesi dei Balcani occidentali. Anzi, soprattutto quei Paesi. E soprattutto l’Albania e la Serbia”. E poi egli si riferiva al continuo sostegno che la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia sta dando ad alcuni autocrati balcanici in cambio di certi accordi occulti ed in contrasto con i sani principi e valori fondamentali dell’umanità. Si tratta di principi e valori sanciti dalle convenzioni internazionali, di cui l’Italia, ma anche i Paesi balcanici, compresi l’Albania e la Serbia, sono firmatari. L’autore di queste righe, trattando questo argomento, scriveva per il nostro lettore: “Bisogna altresì sottolineare, fatti accaduti, documentati e pubblicamente noti alla mano, che sia in Albania che in Serbia il potere viene gestito da due autocrati che ne hanno non pochi di scheletri nei propri armadi. Potrebbe spiegare la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia quali siano i meriti e i valori aggiunti che porterebbero questi due Paesi con la loro futura adesione nell’Unione europea?!” (Soltanto per testimoniati meriti e non per altre ragioni; 4 dicembre 2023).

Chi scrive queste righe sta seguendo sia i “rapporti di amicizia e di reciproca collaborazione”, sia l’appoggio, in sede europea, della presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia per gli autocrati balcanici. Chi scrive queste righe è convinto che se scelgono di collaborare con gli autocrati, gli alti rappresentanti istituzionali non devono poi parlare di principi e di valori. Aveva ragione Oscar Wilde: le circostanze non dovrebbero mai alterare i principi. E neanche gli ipocriti istituzionali.

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