Interviste

Anna Galiena al Franco Parenti

Intervista all’attrice

Al Teatro Franco Parenti, dal 28 marzo al 6 aprile andrà in scena “Coppie e Doppi”, opera tradotta, adattata, diretta e interpretata da Anna Galiena e coprodotta dal Teatro Franco Parenti e da Il Sipario. Un omaggio a Shakespeare in cui l’attrice dà vita a dieci personaggi che interagiscono e dialogano tra loro, portando in scena il dualismo dell’essere umano e permettendo allo spettatore di prendere parte ad un percorso di esplorazione di tale dualismo. La pièce ad una voce propone un gioco teatrale in versi, di rimandi e seduzione in cui gli opposti si fronteggiano in un percorso di grande fascino: amore, odio, potere, gelosia, lussuria e tutte le passioni cantate dal Bardo sono espressione dell’ambivalenza umana.

 Signora Galiena è sempre un piacere incontrarla e poterne apprezzare il talento anche nella nostra città. Ci potrebbe raccontare com’è nata l’idea di quest’opera teatrale?

Certamente, con piacere. Quando lavoravo a New York e recitavo opere di Shakespeare, oltre a studiare la mia parte, per mia passione mi piaceva memorizzare anche le parti degli altri personaggi. Ad esempio, imparavo la parte di Giulietta ma anche quella di Romeo e così in altre opere. Facevo tutto da sola, ovvero, quando avevo del tempo libero recitavo sia le battute di lei sia quelle di lui e questo mi è sempre servito non solo per esercitare la memoria ma anche per far emergere sempre nuovi aspetti del personaggio che poi avrei recitato. Poi, una volta, mentre mi trovavo in una condizione di particolare stress, nel ripetere queste parti abbandonandomi solo alla melodia delle parole, quando sono arrivata ad Amleto ho percepito in me una presenza maschile che ha reso inedita l’interpretazione. Mi sono sorpresa; quasi spaventata. E andando avanti è emerso anche un personaggio femminile. A quel punto mi sono chiesta: “Forse un attore può anche recitare così, chi lo sa?”. Ho parlato di questa mia esperienza sia emotiva che creativa con l’amica Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano la quale mi disse che l’idea le sembrava ottima e mi incoraggiò a recitarlo, così come lo avevo memorizzato, all’attenzione di possibili produttori ed amici intellettuali che apprezzarono molto l’idea. Poi, per mia insicurezza il progetto non andò avanti. Nel 2011 lo rappresentai in Italia, dopo averlo tradotto ma mi resi conto che non era quello che volevo fare e ancora una volta mi fermai. Poi, pochi anni fa, due giovani produttori romani, Karin Proia e Raffaele Buranelli mi hanno invitato a fare un mio spettacolo in Sicilia. Io risposi che avevo a disposizione questo mio lavoro e a loro l’idea piacque e così, dopo aver rivisto tutto il testo, ho fatto questa “prima” nella cittadina di Patti dove il pubblico ha espresso il suo particolare apprezzamento. A quel punto ci siamo detti: “Abbiamo uno spettacolo” e diversi Teatri italiani avevano manifestato il loro interesse ma tra il Covid nel 2020 ed alcuni impegni cinematografici del 2021 e del 2022 ho potuto recitare ques’opera solo al TeatroOlimpico di Vicenza e al Teatro di Donna Fugata a Ragusa Ibla. L’anno scorso è poi arrivata la richiesta da parte dell’amica Andrée Shammah, con la quale ho lavorato sempre con grande piacere e soddisfazione, per queste date di Milano.

Tra i 10 personaggi che interpreta ce n’è qualcuno che interpreta con maggiore empatia?

In realtà no e le spiego il perché. Questo spettacolo richiede sia un esteso e profondo lavoro tecnico, sia che ci si lasci andare e ci sia abbandoni, proprio come quella volta in cui ebbi l’ispirazione di scriverlo. Perché è abbandonandosi che escono meglio fuori gli aspetti dei vari personaggi, gli aspetti del maschile e del femminile. Di un maschile aggressivo come di un femminile aggressivo, vedi quello di Lady Macbeth o di un femminile che si lascia sopraffare, come quello di Ofelia. Insomma, ci sono tante sfumature e mi piace interpretarle tutte con egual interesse e passione.

C’è qualcosa che attraverso quest’opera le piace comunicare?

Non in modo specifico. L’obiettivo che ha un qualunque progetto teatrale, è sempre lo stesso, ovvero mettere in scena uno o più aspetti dell’umana condizione nella speranza che lo spettatore possa rispecchiarsi in quella situazione e vederci qualcosa, sentire qualcosa, riflettere su qualcosa. L’obiettivo è solo questo.

Consigli per le giovani attrici e i giovani attori?

Dunque, Farei mio il consiglio che dette Katharine Hepburn ad una giornalista quando le fecero più o meno la stessa domanda molti anni fa, rispondendo “Ci vuole una salute di ferro!”. Ho sempre trovato questa risposta geniale perché è vero che facciamo un lavoro che ci dà tanto ma tanto anche ci leva. L’altra cosa che vorrei dire è che quando si ha un sogno, un sogno artistico, che si tratti di scrivere, di recitare, di comporre musica, lavorare con i colori o con le forme se veramente ti prende lo devi fare, costi quel che costi. Quando lavoravo a New York, ad un certo punto il mio motto era “O ce la faccio, o muoio!”. Ero così innamorata del personaggio di Nina, dell’opera “Il Gabbiano” di Čechov (che ho recitato nella primavera del 1980) che dentro di me pensavo che se lei era stata disposta a fare delle rinunce per raggiungere il suo scopo, lo avrei fatto anch’io. Con l’assolutismo della gioventù io mi ripetevo che volevo recitare e quindi per farcela accettai qualsiasi lavoro, anche pesante, prima di poter iniziare a vivere del mio lavoro di attrice. Non me ne importava. Potevo anche morire donna di servizio o anche operaia. O ce la facevo così, lavorando e studiando, oppure no. Ed ho seguito questa strada perché l’altra, ovvero quella di cercare contatti e amici tramite una strategica frequentazione di persone non è mai stata la mia “materia”, il mio modo di fare. Per me la ricerca verso la recitazione era tutto quello che sentivo dentro. Quello che mi scatenava l’incontro con i testi, sia classici che contemporanei: immagini, idee interpretative e una appassionata voglia di comunicare con gli altri, con un pubblico. Questo è quello che m’interessava e questo è tutto quello che ho fatto. Per cui ai giovani direi: “se avete dubbi, smettete e fate altro”. Mi spiego meglio. Se pensate di non riuscire ad avere successo. Se, al contrario, perseguite il vostro sogno con tenacia ma avete dubbi sulla vostra bravura come attori, beh! Questo è normale. Questo tipo di dubbi vi accompagnerà in tutta la vostra carriera. Ancora oggi che devo debuttare in questo spettacolo a Milano mi chiedo tutti i giorni se sarò all’altezza o meno. E quindi, alla risposta della Hepburn, nel rispondere ai giovani di oggi, aggiungerei forse una parola, ovvero “ci vogliono una volontà ed una salute di ferro”.

Grazie per il prezioso tempo dedicatoci. Verremo a vederla al teatro con grande piacere.

Grazie a voi

Date e Orari
Giovedì 6 Aprile h 20:30

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