accordo

  • Nasce un asse Londra-Berlino per la difesa e la cooperazione militare

    In un momento di crescente incertezza geopolitica e di minacce sempre più pressanti sullo scenario internazionale, il Regno Unito e la Germania hanno siglato un accordo di difesa bilaterale destinato a rafforzare la sicurezza nazionale di entrambi i Paesi e, più in generale, dell’Europa. Il Trinity House Agreement – questo il nome dell’accordo – è stato firmato a Londra dal ministro della Difesa britannico John Healey e dal suo omologo tedesco Boris Pistorius. L’accordo rappresenta un passo significativo verso una maggiore cooperazione militare tra i due Paesi.

    Healey ha descritto la firma come un “momento cruciale nelle relazioni tra Regno Unito e Germania” e un “importante passo avanti per la sicurezza europea”. “Questo accordo assicura livelli senza precedenti di nuova cooperazione con le Forze Armate e l’industria tedesca, portando benefici alla nostra sicurezza e prosperità condivise, proteggendo i nostri valori comuni e rafforzando le nostre basi industriali della difesa”, ha dichiarato Healey durante la cerimonia di firma presso la storica Trinity House a Londra.

    L’accordo, il primo di tale portata tra i due Paesi, mira a incrementare la collaborazione in aria, terra, mare, spazio e cyberspazio, rafforzando non solo le rispettive capacità militari ma anche il pilastro europeo della Nato. Alla luce delle tensioni crescenti nell’Europa orientale e dell’aggressione russa in Ucraina, il patto si configura infatti come una risposta alle sfide comuni che Londra e Berlino, insieme ai loro alleati, stanno affrontando per garantire la sicurezza europea. “Non dobbiamo dare per scontata la sicurezza in Europa”, ha commentato il ministro della Difesa tedesco. “La Russia sta conducendo una guerra contro l’Ucraina, sta aumentando enormemente la sua produzione di armi e ha lanciato ripetutamente attacchi ibridi contro i nostri partner nell’Europa orientale”, ha spiegato Pistorius. Per questo motivo, Pistorius ha evidenziato l’importanza di continuare a lavorare a stretto contatto con il Regno Unito per colmare le lacune critiche di capacità, soprattutto nel campo delle armi a lunga gittata.

    Uno degli obiettivi principali del Trinity House Agreement è infatti il rafforzamento delle capacità di difesa e deterrenza, soprattutto in relazione al fianco orientale della Nato, dove la minaccia russa continua a destare preoccupazioni. In particolare, Regno Unito e Germania lavoreranno insieme allo sviluppo di nuove armi di precisione a lungo raggio, capaci di viaggiare più lontano e con maggiore accuratezza rispetto ai sistemi attuali, come il missile da crociera Storm Shadow attualmente in uso dall’esercito britannico. La cooperazione tra i due Paesi includerà anche progetti di ricerca congiunta su droni terrestri e marittimi, oltre che lo sviluppo di nuovi sistemi marittimi senza equipaggio, un’area strategica fondamentale per la protezione delle acque territoriali e delle infrastrutture critiche sottomarine. Una parte dell’accordo prevede, infatti, la protezione delle infrastrutture sottomarine nel Mare del Nord, come i cavi di telecomunicazioni ed energia, considerati vulnerabili in un contesto di guerra ibrida e attacchi cibernetici.

    L’accordo non si limita a un semplice potenziamento della difesa nazionale, ma prevede anche un forte impatto sull’economia del Regno Unito. Grazie a una collaborazione con la società della difesa tedesca Rheinmetall verrà costruita una nuova fabbrica di canne per sistemi d’artiglieria nel Regno Unito, creando oltre 400 posti di lavoro e contribuendo con quasi mezzo miliardo di sterline all’economia britannica nel prossimo decennio.

  • Cosa potrebbe accadere in seguito e delle scelte pragmatiche

    Sì, ne era convinto John Maxwell Coetzee, noto scrittore sudafricano e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2003. Per lui “il pragmatismo vince sempre sui principi”. Aggiungendo anche che “è così che vanno le cose, l’universo si muove, la terra cambia sotto i nostri piedi; i principi sono sempre un passo indietro”. Una sua convinzione basata sulla sua lunga esperienza di vita sia in Sudafrica che in altri Paesi ed espressa nel suo libro Summertime (Tempo d’estate, n.d.a.), pubblicato nel 2009. Il sostantivo ‘pragmatismo’ ha le sue origini nella lingua greca antica. In quella lingua prâgma significava un ‘fatto, una cosa concreta’. Nei dizionari e nelle enciclopedie con la parola pragmatismo si intende una scelta, un comportamento che punta a far prevalere e preferire i risultati concreti e pratici più che i principi e/o i valori morali.

    Venerdì 18 ottobre è stata resa nota la decisione della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma sui primi profughi arrivati in Albania con la nave “Libra” della marina militare italiana due giorni prima, il 16 ottobre. Un trasferimento fatto in base all’Accordo, noto come il “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma il 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal primo ministro albanese. Un Protocollo ratificato in seguito, nel febbraio scorso, sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    I giudici del Tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento dei dodici profughi nei due Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio; n.d.a.). La decisione sanciva che “…il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”. Per i giudici della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma…“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia.”.

    Il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa in seguito ad una richiesta presentata dalla Repubblica Ceca, in base ad una domanda di protezione presentata da un cittadino moldavo. Una domanda rifiutata perché le autorità ceche avevano ritenuto la Moldavia come un Paese sicuro, ad eccezione di una sua parte, la Transnistria. Bisogna sottolineare che il diritto dell’Unione europea riconosce come sicuro tutto il territorio di un Paese terzo in questione, e non solo una sua parte. Ebbene, proprio in base a quella norma di diritto, il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso che “…i criteri che consentono di designare un Paese terzo come di origine sicura devono essere rispettati in tutto il suo territorio”. Bisogna tenere presente che le decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea condizionano anche le sentenze dei sistemi giudiziari di tutti i Paesi dell’Unione, Italia compresa.

    Ovviamente le reazioni in Italia dei massimi rappresentanti sia dell’opposizione che della maggioranza, per ovvi motivi diversi, sono state molto dure.

    Le reazioni sono state tante, forti e motivate anche in Albania, criticando l’Accordo e mettendo in evidenza il suo fallimento. Reazioni fatte però solo dai rappresentati dell’opposizione, da quei pochi media che il primo ministro non riesce a controllare, da noti analisti e dagli abitanti delle aree dove sono stati costruiti i due Cpr. Delle forti reazioni, come quelle fatte dopo la firma dell’Accordo il 6 novembre scorso. Reazioni che allora erano molto critiche soprattutto nei confronti del primo ministro, che aveva fatto tutto senza la ben che minima trasparenza, in piena violazione della Costituzione. Allora il primo ministro albanese, alcuni suoi ministri e tutti i media da lui controllati hanno difeso con entusiasmo l’Accordo. Le cattive lingue dicevano allora che lo facevano per avere il supporto della presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, nonché degli alti rappresentanti italiani nel Consiglio europeo e nelle altre istituzioni dell’Unione. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024; ecc…). Ma in seguito “l’entusiasmo” del primo ministro albanese sull’Accordo” cominciò a svanire. Lui cominciò a “liberarsi” dalle sue responsabilità già da alcuni mesi fa. Durante un’intervista rilasciata ad un giornalista de La Repubblica nel maggio scorso lui, riferendosi proprio all’Accordo, ha dichiarato che “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue”. Invece adesso, dopo la sopracitata decisione del Tribunale di Roma il primo ministro non ha detto una sola parola. Si nasconde come fa sempre quando si trova in difficoltà. Chissà perché?!

    Nel frattempo il primo ministro albanese continua vigliaccamente a tacere. Fa male perciò la sua “cara amica Giorgia” a fidarsi di lui. Lei che con l’Accordo del 6 novembre 2023 sui migranti con l’Albania, tra il pragmatismo ed i principi ha scelto il primo. “Il pragmatismo vince sempre sui principi; è così che vanno le cose”, scriveva John Maxwell Coetzee nel suo libro “Tempo d’estate”. Chissà se funzionerà anche questa volta? Di una cosa però la presidente italiana deve essere attenta, dell’infedeltà del suo “caro amico”, il primo ministro albanese.

  • India and China agree to de-escalate border tensions

    India and China have agreed on patrolling arrangements to de-escalate tensions along a disputed Himalayan border which has seen deadly hand-to-hand clashes in recent years, India’s top diplomat has said.

    Vikram Misri said on Monday the two sides have agreed on “disengagement and resolution of issues in these [border] areas that had arisen in 2020”.

    He was referring to the Galwan Valley clashes – the first fatal confrontation between the two sides since 1975, in which both sides suffered casualties.

    Relations between the neighbours have been strained since then.

    “An agreement has been arrived at on patrolling arrangements along the Line of Actual Control (LAC) in the India-China border areas, leading to disengagement and a resolution of the issues that had arisen in these areas in 2020,” Mr Misri said.

    Mr Misri, however, did not give any details about the disengagement process and whether it would cover all points of conflict along the disputed border.

    The Indian foreign secretary’s statement comes just a day before Indian Prime Minister Narendra Modi travels to Russia for a meeting of Brics nations which includes Brazil, Russia, India, China and South Africa.

    Mr Misri didn’t confirm if a bilateral meeting between Mr Modi and Chinese President Xi Jinping was on the agenda.

    His remarks on Monday mark a major development between the two nuclear-armed nations since the Galwan clashes.

    Troops in the Galwan Valley fought with clubs and sticks because of 1996 agreement between the two countries that prohibited the use of guns and explosives near the border.

    Several rounds of talks between their diplomats and military leaders in the last four years had not resulted in a major breakthrough.

    Troops from the two sides clashed in the northern Sikkim area in 2021 and again in the Tawang sector of the border in 2022.

    Border tensions have cast a long shadow on India-China relations for decades. The two countries fought a war in 1962 in which India suffered a heavy defeat.

    Business relations between the two Asian giants have also suffered due to the tensions.

    The root cause is an ill-defined, 3,440km (2,100-mile)-long disputed border. Rivers, lakes and snowcaps along the frontier mean the line often shifts, bringing soldiers face to face at many points, sparking a confrontation.

    The two nations have been also competing to build infrastructure along the border, which has sparked further tensions.

  • Accordo tra Italia e Islanda sull’energia geotermica

    Italia e Islanda firmano accordo di cooperazione sull’energia geotermica a margine dell’Assemblea annuale dell’Arctic Circle. Il ministro dell’Ambiente, Energia e Clima islandese, Guðlaugur Þór Þórðarson e l’ambasciatore d’Italia in Norvegia e Islanda, Stefano Nicoletti – delegato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin –, hanno firmato a Reykjavik un memorandum d’Intesa sulla Cooperazione nel Settore dell’Energia Geotermica tra Italia e Islanda. La cerimonia di firma ha avuto luogo presso la sede del ministero dell’Ambiente islandese, a margine dell’Assemblea annuale dell’Arctic Circle, il principale forum di dialogo e cooperazione internazionale sul futuro dell’Artico. Frutto di un lungo negoziato tra i ministeri dell’Ambiente ed Energia dei due Paesi, il MoU mira a stabilire e intensificare la cooperazione tra enti italiani e islandesi attivi nel settore dell’energia geotermica, tra cui istituzioni pubbliche, il settore privato e gli enti di ricerca e sviluppo nel campo dell’energia. Le aree di cooperazione includono, tra gli altri, l’esplorazione e l’utilizzo delle risorse geotermiche per la produzione di elettricità e il trasferimento di calore, il teleriscaldamento e le attività relative allo sviluppo e gestione di centrali geotermiche.

    Secondo l’ambasciatore Nicoletti, “l’Intesa predispone la cornice giuridica affinché Italia e Islanda, i due principali player europei del settore geotermico, possano avviare una collaborazione strutturata che faccia leva sulla lunga tradizione e le altissime competenze maturate dai due Paesi in questo ambito. L’Islanda, da questo punto di vista, rappresenta il partner ideale per un Paese all’avanguardia nel geotermico come l’Italia. Ciò in virtù delle immense risorse che si celano nel sottosuolo islandese, che contribuiscono per il 60 per cento alla produzione destinata al consumo interno di energia primaria e per il 30 per cento alla generazione elettrica a livello nazionale, e alla partecipazione a diverse iniziative di ricerca a livello europeo ed extra europeo. L’elevato know-how islandese, unito alle avanzate competenze industriali e scientifiche italiane sia in ambito geologico che per quanto attiene la conversione dell’energia, possono fornire un importante contributo agli sforzi legati alla transizione energetica tramite la geotermia”. Il capo di Gabinetto del Mur, Marcella Panucci, presente a Reykjavik per partecipare alla Arctic Circle Assembly 2024, ha sottolineato l’importanza di dare seguito a quanto concordato coinvolgendo il nostro settore privato, valorizzando la eccellente collaborazione con il ministro Pichetto Fratin, confermata anche questo frangente.

  • Una pericolosa sudditanza

    Finché possiamo dire ‘quest’è il peggio’, vuol dir che il peggio ancora può venire.

    William Shakespeare; da “Re Lear”

    “Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati…”. Sono dei versi di uno scrittore turco. Versi che sono stati pronunciati nel 1998 anche dall’allora sindaco di Istanbul (1994 – 1998), attualmente presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. E proprio per aver recitato questi versi in pubblico, lui è stato condannato, nel novembre 1998, con la pena di dieci mesi ed il divieto di ricoprire cariche pubbliche a vita. Per i giudici il suo discorso pubblico è stato “un’attacco allo Stato ed incitamento all’odio religioso”. Una condanna della quale scontò soltanto quattro mesi di prigione. In più è stata annullata, dopo circa tre anni ed in seguito ad un emendamento costituzionale, anche quella parte della condanna che riguardava il divieto di ricoprire delle cariche pubbliche a vita.

    Nel 2001 Erdogan è stato uno dei fondatori del partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi – AKP; n.d.a.). Un partito che nel 2002 vinse con il 34,3% dei consensi, diventando il primo partito del Paese. Erdogan nel 2003 divenne il 59° primo ministro della Turchia. Incarico che ha mantenuto fino al 2014. Mentre il 28 agosto del 2014, è stato eletto 12o presidente della Turchia. Dopo quella sua elezione, Erdogan si è dimesso dalla guida del partito. In seguito al fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016, lui ha deciso di rafforzare i propri poteri. Perciò, come presidente della Repubblica, ha decretato lo svolgimento del referendum costituzionale il 16 aprile 2017. Referendum che gli ha permesso, tra l’altro, di diventare di nuovo anche il dirigente del partito AKP. Bisogna sottolineare che Erdogan non ha mai nascosto anche la sua propensione per la religione islamica. E durante la sua lunga carriera politica ha contribuito attivamente ad un continuo e progressivo aumento del ruolo della religione islamica nella vita del Paese. E così facendo, Erdogan ha rinnovato il rapporto tra lo Stato e la religione islamica in Turchia. Invece, con un apposito emendamento della Costituzione del 1924, nel 1928 la Turchia si proclamava Stato laico. Un emendamento che non riconosceva più l’Islam come la religione dello Stato turco.

    La Turchia, negli ultimi decenni, oltre ad aver attuato una crescita economica, ha avuto anche un ruolo non trascurabile negli sviluppi geopolitici regionali. Il che ha permesso ad Erdogan, sia come primo ministro che in seguito come presidente, di mettere attivamente in pratica quella che ormai viene riconosciuta come la “Dottrina Davutoğlu”. Una dottrina presentata in un libro di un professore di relazioni internazionali all’università di Istanbul. Il libro, intitolato Profondità Strategica. La Posizione Internazionale della Turchia, è stato pubblicato nel 2001. L’autore, Ahmet Davutoğlu, trattava nel suo libro quello che il presidente turco ai primi anni ’90 del secolo passato, Turgut Özal, considerava un obiettivo strategico della Turchia. Secondo il presidente “Il 21o secolo sarà il secolo dei turchi”. Il che poteva garantire una “… giusta posizione della Turchia nel mondo”. L’autore del sopracitato libro era convinto che “…era venuto il tempo di attuare un nuovo approccio proattivo e multidimensionale nella politica estera, cominciando con tutta l’area d’influenza dell’ex Impero ottomano”. Per lui erano “… molto importanti anche l’eredità storica e i legami etnico-religiosi e culturali stabiliti, intessuti e consolidati durante secoli dall’Impero Ottomano”. In seguito Ahmet Davutoğlu, per i suoi contributi, è stato consigliere di Erdogan, poi ministro degli Esteri (2009-2014) e anche primo ministro (2014-2016).

    L’Albania è stata parte integrante dell’Impero ottomano dal 1385 fino al 1912. Perciò, come tale, rappresenta uno dei Paesi ai quali si riferisce la “Dottrina Davutoğlu”. E i rapporti tra la Turchia e l’Albania durante questi ultimi anni lo confermano. Ma oltre ai rapporti istituzionali tra i due Paesi, soprattutto dal 2013 ad oggi, bisogna evidenziare anche i rapporti di “amicizia” tra il presidente turco ed il primo ministro albanese. Rapporti che, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, dimostrano e testimoniano che più che rapporti tra due massimi rappresentanti istituzionali, sono rapporti personali, basati su degli “interessi” spesso non trasparenti. Rapporti che presentano il primo ministro albanese come un “ubbidiente sostenitore” delle volontà del presidente turco. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore a tempo debito, sia di questi rapporti che del contenuto della “Dottrina Davutoğlu” (Erdogan come espressione di totalitarismo, 28 marzo 2017; Relazioni occulte e accordi peccaminosi, 11 gennaio 2021; Diabolici demagoghi, disposti a tutto per il potere, 18 gennaio 2021; Amicizie occulte e sudditanze pericolose, 24 gennaio 2022; Autocrati che usano gli stessi metodi non a caso si somigliano, 24 ottobre 2022; Come si può credere ad un ciarlatano?, 29 agosto 2023 ecc…).

    Nell’ambito di questi rapporti è stata anche la visita del presidente turco giovedì scorso, 10 ottobre, nella capitale albanese. Una visita che formalmente era dovuta all’inaugurazione della più grande moschea nei Balcani, costruita con dei finanziamenti turchi. Un’inaugurazione che, nonostante la costruzione della moschea fosse terminata da alcuni anni, è stata rimandata proprio per volontà del presidente turco. Sì, perché lui condizionava l’inaugurazione della moschea con la condanna dei sostenitori di Fethullah Gülen, un suo amico che poi è diventato un odiato nemico. Compresi anche alcuni dirigenti della Comunità musulmana albanese. Comunità che doveva prendere possesso della sopracitata moschea. Anche di questi fatti il nostro lettore è stato informato.

    Quello che è pubblicamente accaduto giovedì scorso ha testimoniato che il primo ministro albanese ha pienamente soddisfatto le richieste del presidente turco. La cerimonia dell’inaugurazione della moschea, vista la presenza del presidente turco, non è stata organizzata però dal protocollo dello Stato albanese, bensì da quello turco. I veri organizzatori della cerimonia non hanno invitato il dirigente della Comunità musulmana albanese e anche la maggior parte degli altri rappresentanti istituzionali della stessa Comunità. Senz’altro un’espressa condizione del presidente turco. Non solo, ma anche la cerimonia religiosa è stata presieduta da un imam turco, il quale è stato nominato dalle autorità del suo Paese come l’imam della nuova moschea. Da fonti ben informate risulterebbe che dentro la moschea erano non pochi i partecipanti non albanesi, ma che conoscevano molto bene la lingua turca. Lingua con la quale sono stati svolti tutti i riti religiosi durante la cerimonia, e non più quella araba, come di consueto. Tutto quanto è accaduto giovedì scorso, 10 ottobre, durante la cerimonia d’inaugurazione della nuova moschea a Tirana, ha riconfermato che la “Dottrina Davutoğlu” sta funzionando in Albania ed il primo ministro albanese ubbidisce ed acconsente. Quanto è accaduto giovedì scorso testimonia anche una sua pericolosa sudditanza, la quale potrebbe avere delle conseguenze non auspicabili e non solo per la stessa comunità musulmana albanese. Bisogna sottolineare che durante la sua visita il presidente turco ha annunciato anche un accordo per fornire dei droni kamikaze da combattimento “TB2 Bayraktar” all’esercito albanese. Droni che, guarda caso, si producono nelle fabbriche del genero di Erdogan. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe considera come una vile e pericolosa sudditanza quella del primo ministro albanese nei confronti del presidente turco. Un autocrate con i cittadini albanesi, ma che ubbidisce vergognosamente però a colui che è ormai noto come il nuovo “sultano turco”. E con quell’autocrate, che ubbidisce al “sultano”, ma anche alla criminalità organizzata e ai clan occulti, il peggio non è finito per gli albanesi e non solo. Perché, come scriveva William Shakespeare, finché possiamo dire ‘quest’è il peggio’, vuol dir che il peggio ancora può venire.

  • Il re è nudo

    L’articolato studio che Mario Draghi ha presentato alla Commissione e a tutta l’Europa, frutto di studi ed analisi approfonditi senza linguaggi politically correct, dimostra ancora una volta che non c’è più tempo da perdere per correggere le storture ed inadempienze di questi anni.

    Draghi, sintetizzando, parla chiaro della necessità della Difesa comune, intesa a largo raggio, e cioè difesa non solo militare ma di intelligence, tecnologia, valori, economia, cultura, e chiede meno burocrazia e più attenzione ai grandi temi ed alle necessità comuni rinunciando, a favore della sussidiarietà, a quell’Europa elefante burocratico, e talvolta superficiale, che imponeva scelte e decisioni che gli Stati membri avrebbero potuto e voluto risolvere autonomamente.

    Un’Europa, capace di affrontare i temi del terzo millennio, dall’immigrazione alle terre rare, dalla ricerca tecnologica al rispetto dell’industria ma anche delle piccole imprese, dalla dimensione umana alla visione del futuro, deve essere decisa ad affrontare uno sforzo economico e politico come fino ad ora non ha saputo o voluto fare, anche per colpa del voto a maggioranza.

    L’abbiamo scritto e riscritto, non certo per primi ma altrettanto certamente non tra gli ultimi, visto gli anni che sono passati dalla prima volta, che l’Europa, e Draghi al proposito è stato molto chiaro, deve, senza paure, procedere su strade simili a quelle già applicate per l’euro. Draghi parla di trattati intergovernativi, di cooperazioni rafforzate, di un più esteso voto a maggioranza qualificata, noi ricordiamo che per arrivare alla moneta unica si decise, e fu accettato, che alcuni paesi potessero rimandare l’ingresso fino al momento nel quale si sarebbero sentiti pronti perciò non è il caso di spaventarsi di fronte all’ipotesi di un gruppo di paesi che per primi diano vita a quella Unione politica, di difesa comune, di comune politica economica, agricola  ed industriale, che non possono attendere ulteriormente, gli altri seguiranno via via.

    Un’Europa concentrica che sia aperta ad ogni collaborazione ma consapevole che a rischio non è più soltanto il nostro benessere ma la stessa libertà e democrazia.

  • La Commissione firma la convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale

    La Commissione ha firmato la convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale (IA) a nome dell’UE. Si tratta del primo accordo internazionale giuridicamente vincolante sull’IA ed è pienamente in linea con il regolamento dell’UE sull’IA, la prima normativa globale in materia di IA al mondo.

    La convenzione prevede un approccio comune per garantire che i sistemi di IA siano compatibili con i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, consentendo nel contempo l’innovazione e la fiducia. Comprende una serie di concetti chiave tratti dal regolamento dell’UE sull’IA, tra cui un approccio basato sul rischio, trasparenza lungo la catena del valore dei sistemi di IA e dei contenuti generati dall’IA, obblighi di documentazione dettagliata per i sistemi di IA identificati come ad alto rischio e obblighi di gestione dei rischi con possibilità di introdurre divieti per i sistemi di IA considerati una chiara minaccia per i diritti fondamentali.

    La firma è avvenuta in occasione della conferenza informale dei ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa a Vilnius, Lituania. Tra le parti negoziali figuravano l’UE, altri Stati membri del Consiglio d’Europa, la Santa Sede, Stati Uniti, Canada, Messico, Giappone, Israele, Australia, Argentina, Perù, Uruguay e Costa Rica. Il contributo di 68 rappresentanti internazionali della società civile, del mondo accademico, dell’industria e di altre organizzazioni internazionali ha inoltre garantito un approccio globale e inclusivo. La convenzione del Consiglio d’Europa fa parte dei più ampi sforzi dell’UE in materia di IA a livello internazionale, che comprendono discussioni in sede di G7, OCSE, G20 e Nazioni Unite.

    La convenzione sarà attuata nell’UE mediante il regolamento sull’IA, che prevede norme armonizzate per l’immissione sul mercato, la diffusione e l’uso dei sistemi di IA, insieme ad altre normative pertinenti dell’UE, se necessario.

    Dopo la firma, la Commissione elaborerà una proposta di decisione del Consiglio per concludere la convenzione. Anche il Parlamento europeo dovrebbe dare la sua approvazione.

  • Parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi

    Gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio in somma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa.

    François de La Rochefoucauld

    Francesco de Sanctis era un buon conoscitore della letteratura italiana ed un noto critico letterario del diciannovesimo secolo. Lui è anche l’autore del libro “Storia della letteratura italiana”, in cui si tratta il pensiero del grande filosofo, scrittore ed uomo politico Niccolò Machiavelli, espresso nella sua opera molto nota Il Principe. Un’opera che viene considerata anche come la base della scienza politica moderna. Francesco de Sanctis, nel quindicesimo capitolo del suo sopracitato libro scrive: “Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell’ombra le altre sue opere. L’autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l’opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina”. Ormai il detto “Il fine giustifica  i mezzi” è molto noto ed usato in molte lingue del mondo. Un detto che però non è di Machiavelli, bensì, secondo gli studiosi, coniato proprio da Francesco de Sanctis nel suo libro “Storia della letteratura italiana” su Niccolò Machiavelli ed il machiavellismo.

    La scorsa settimana si sono svolte le elezioni europee. Elezioni dalle quali sono stati scelti dagli elettori dei ventisette Paesi membri dell’Unione i 720 eurodeputati del Parlamento europeo. Elezioni che sono state svolte, a seconda del Paese, tra il 6 ed il 9 giugno scorso. L’Italia è stato l’unico Paese dove si è votato sabato 8 e domenica 9 giugno. Il risultato definitivo delle elezioni ha testimoniato una crescita dei partiti di destra che hanno vinto in diversi Paesi come la Francia, l’Italia, la Germania, l’Austria, la Polonia ecc. In Francia il presidente della Repubblica, dopo il deludente risultato del suo partito, ha decretato le elezioni legislative anticipate il 30 giugno ed il 7 luglio prossimi. La situazione politica è delicata anche in Germania, dopo la sconfitta dei partiti che compongono l’attuale governo. L’Italia è stato l’unico Paese dell’Unione europea dove il risultato delle elezioni ha confermato la vittoria del partito guidato dalla Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma la Presidente del Consiglio dei Ministri del’Italia deve essere molto attenta a certi rapporti con qualche suo omologo. Soprattutto quando si sa tutto sulla loro totale inaffidabilità. Individui che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti documentati, testimoniati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, sono degli innati bugiardi ed ingannatori. Individui che quando si trovano in difficoltà fanno di tutto, costi quel che costi, per salvarsi. Individui che con i principi ed i valori non hanno niente in comune. Ragion per cui la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, premiata dagli italiani nelle appena passate elezioni europee, deve essere molto attenta quando fa degli accordi con simili individui. Perché ha delle responsabilità istituzionali e non solo. Ma devono essere molto attenti e responsabili anche i suoi consiglieri e collaboratori che sono obbligati a raccogliere tutte le necessarie informazioni e poi riferirle alla Presidente del Consiglio dei Ministri, prima che lei prenda delle determinate decisioni. Decisioni che potrebbero essere motivate anche da interessi e/o promesse elettorali che, come tali, devono essere rispettate. Ma tutto in base ai principi morali e non spinti da certi interessi mai resi pubblici.

    La settimana scorsa era l’ultima delle campagne elettorali per le elezioni europee. Normalmente durante un simile periodo si programmano delle attività elettorali, degli incontri che sono valutati necessari per aumentare la possibilità di consenso degli elettori. Ebbene, coloro che avevano programmato le attività in cui doveva essere presente anche la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano scelto una visita in Albania. Visita che è stata realizzata il 5 giugno scorso, solo tre giorni prima della fine della campagna elettorale. Durante quella visita la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha incontrato il suo omologo albanese e poi tutti e due insieme si sono spostati in una località sulla costa adriatica ad una settantina di chilometri dalla capitale albanese. Sono andati lì perché proprio in quell’area è stato previsto di costruire due centri di accoglienza per migliaia di profughi. Tutto previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato sia di quel Protocollo, che dei successivi sviluppi a lui legati (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024 ecc…). Molto significativa è stata un’intervista del primo ministro albanese, circa tre settimane fa, ad un giornalista del quotidiano La Repubblica. Un’intervista durante la quale il primo ministro albanese aveva “perso” l’entusiasmo sulla bontà di quel Protocollo. L’autore di queste righe esprimeva al nostro lettore la sua convinzione che “…non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese”. E poi aggiungeva: “Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “l’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” la ha “dimenticata” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo […].Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia?!” (Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024).  Invece durante l’incontro avuto il 5 giugno scorso con la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, il suo “caro amico” ha cambiato di nuovo la sua opinione sull’Accordo. Chissà perché?! Si sa però che il 5 giugno scorso c’è stata solo una visita nei centri e niente più. Si sa anche che non sono stati rispettati neanche i limiti di tempo previsti dal Protocollo.

    La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha fatto però delle dichiarazioni che non hanno niente a che fare con la vera, vissuta e spesso sofferta realtà in Albania. Basta pensare che si tratta di un Paese dove in meno di dieci anni la popolazione è stata quasi dimezzata proprio perché gli albanesi stessi hanno dovuto fare la difficile e spesso sofferta scelta di diventare, anche loro, dei profughi. Lo sapeva questo la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia? Lo sapeva lei che, ben diversamente da quello che lei ha dichiarato il 5 giugno scorso, l’Albania è veramente diventato un narcostato? Una verità quella sulla quale riferiscono i rapporti ufficiali delle strutture internazionali specializzate, comprese quelle dell’Unione europea. Una preoccupante realtà quella che, da alcuni anni ormai, la stanno denunciando anche diversi noti procuratori e giudici antimafia italiani. Chissà perché non sapeva questo noto fatto la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?! Oppure lo sapeva ed ha cercato di sostenere il suo “caro amico” che si trova in grosse difficoltà, proprio perché lui deve molto anche alla criminalità organizzata.

    Chi scrive queste righe è convinto che, purtroppo, sono non pochi coloro che, avendo delle cariche istituzionali di alto livello, parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi. Aveva ragione François de La Rochefoucauld quando affermava che gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio insomma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa. Ma si sa però che il fine giustifica i mezzi.

  • Mai accordarsi con individui inaffidabili

    Una persona inaffidabile è completamente inutile.

    Confucio

    Si, proprio così. L’esperienza secolare dell’essere umano sempre ci insegna e ne è anche testimone. Ci insegna a non fare accordi con delle persone che sono pubblicamente note per essere dei bugiardi, degli ingannatori e, perciò, degli individui del tutto inaffidabili. Chissà come si è sentita la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia dopo le affermazioni fatte la scorsa settimana dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese?

    La scorsa settimana un noto giornalista italiano è stato in Albania e si è incontrato proprio con lui, con il primo ministro albanese. Un incontro durato circa un’ora, avvenuto nel giardino di un albergo affollatissimo di Tirana. Il giornalista afferma: “Quando l’ho cercato con un messaggio sul telefonino, mi ha risposto dicendomi che in Albania l’ospitalità è sacra e mi ha detto che voleva vedermi subito”. Il che significa che loro si conoscevano da prima, nonostante il giornalista non lo specifichi. Lui afferma però che “…il messaggio su WhatsApp compare esattamente all’ora dell’appuntamento”. Era un messaggio scritto dal primo ministro albanese che gli comunicava: “Sono qua dietro, nel cortile”. Un’altra conferma che quello tra loro due non era un incontro gestito dal protocollo ufficiale del primo ministro albanese, bensì un incontro tra persone che si conoscono da prima, oppure un incontro coordinato da altri. Il giornalista nota che li dove loro due si dovevano incontrare c’erano molte persone che beneficiavano della piscina, oppure che frequentavano il bar del albergo. Ma “…all’improvviso sono spariti tutti”, appena era apparso il primo ministro, Il che ha permesso al giornalista di essere solo con il primo ministro, di beneficiare della sua ospitalità, prendendo un caffè insieme. Lo afferma proprio il giornalista in un articolo pubblicato il 24 maggio scorso sul quotidiano La Repubblica. Il giornalista, Gerardo Greco, aveva intitolato il suo articolo “Migranti in Albania, Rama scarica Meloni: “Il centro sarà un flop””. Mentre nel sottotitolo aveva evidenziato, riferendosi al primo ministro albanese, che “dopo averlo appoggiato, il premier boccia il progetto voluto dal centrodestra. “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue””.

    Il giornalista, dopo aver raccontato come si sono incontrati la scorsa settimana in un affollatissimo albergo di Tirana lui ed il primo ministro albanese, già nel primo paragrafo sottolineava che “Tirana tutto intorno è un gigantesco cantiere. Solo gru che tirano su grattacieli a tempi di record”. E poi ha chiesto al primo ministro “Presidente, voi ormai costruite palazzi in una notte, e il centro italiano per i migranti in Albania è fatto solo di quattro ruspe abbandonate. C’è qualcosa che non va?”. E dopo questa sua domanda, il primo ministro, il quale, come specifica il giornalista “…assume subito l’espressione di un commissario di maturità di fronte a candidati un po’ ciucci”, spiega al giornalista, riferendosi al centro italiano per i migranti che “quella roba lì è solo italiana. L’Albania ha dato disponibilità e terreni, ma nulla di più”.

    Si tratta infatti di due centri di accoglienza che si costruiranno sul territorio albanese, nel nord del Paese, sulla costa adriatica. Lì arriveranno solo i migranti maschi partiti dalle coste del Nord Africa e salvati in mare dalle autorità italiane. Tutto è stato previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023. Un Protocollo ratificato poi nel febbraio scorso sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    E proprio secondo quel Protocollo, il primo centro di accoglienza doveva essere operativo il 20 maggio scorso. Cosa che però non è avvenuta. Il giornalista racconta nel suo sopracitato articolo che, mentre si parlava di questo fatto, il primo ministro albanese maliziosamente gli chiede: “…Ma siete sicuri che non sia già pronto?”. Al che il giornalista gli risponde: “E su presidente…non faccia così.”. E subito dopo, come afferma il giornalista, il primo ministro è diventato confidenziale ed ha detto: “Amico mio, il centro comunque in qualche mese sarà pronto, quello è niente. Ma il problema sarà farlo funzionare. E sarà molto difficile per le procedure: come fai a far ruotare 3000 persone in 28 giorni con la burocrazia italiana e con le regole europee?”. Il giornalista specifica che il primo ministro albanese gli ha affermato che attende dei ricorsi, delle battaglie politiche e che si riferiva a quello che potrà accadere non in Albania, ma in Italia. In seguito lui evidenzia quanto gli aveva confidato il primo ministro albanese durante il loro incontro, riferendosi agli accordi tra l’Italia e alcuni Paesi africani. “Anche questo piano Mattei… come fai a portarlo avanti? Sì, puoi fare accordi, aprire centri in Tunisia o in Libia. Ma sai quanti soldi ci sono in ballo sul traffico dei migranti su quelle coste? Ed è tutto gestito molto in alto”. Questo gli aveva confidato il primo ministro. E poi aveva aggiunto, suggerendo anche una soluzione per l’Italia “Mica basta la volontà politica, l’unica strategia sarebbe diluviarli di soldi. Ma tanti, tanti.[…] Lo sai chi ci vorrebbe? D’Alema ci vorrebbe!”. E si riferiva ad un suo altro “buon amico”, l’ex presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, Massimo D’Alema. Il giornalista sottolinea nel suo articolo, dopo questo suggerimento del primo ministro, che “…il premier albanese ritira fuori il suo spirito da vecchio socialdemocratico, forse cercando una riappacificazione con i socialisti europei, sospettosi dei suoi troppi WhatsApp con Meloni”.

    L’autore di queste righe, ha continuamente informato il nostro lettore, fatti accaduti, fatti documentati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, dell’inaffidabilità del primo ministro albanese. Perché non può essere mai e poi mai affidabile un bugiardo, un ingannatore innato, un individuo che fa di tutto per curare solo i suoi interessi e per schivare le sue note difficoltà e cercare di tirarsi fuori da innumerevoli scandali in cui è stato ed è coinvolto in prima persona. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore anche sull’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti, firmato il 6 novembre 2023 a Roma, sulle violazioni delle legislazioni in vigore, soprattutto in Albania e sulle tante reazioni, sia in Italia ed in Albania, che a livello internazionale (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023).

    Chi scrive queste righe è convinto che non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese. Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” lo ha “dimenticato” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo. Perciò tutti coloro che, per varie ragioni, cercano di accordarsi con lui devono ricordare di trarre insegnamento da Confucio, secondo il quale una persona inaffidabile è completamente inutile. E ti crea soltanto dei problemi. Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?!

  • Vodafone Italia passa a Swisscom, ora formerà un gruppo unico con Fastweb

    Swisscom ha stipulato accordi vincolanti con il Gruppo Vodafone Plc per l’acquisizione del 100% di Vodafone Italia per 8 miliardi di euro con l’obiettivo di integrarla con Fastweb, la sua controllata in Italia. La combinazione di infrastrutture mobili e fisse complementari di alta qualità, nonché delle competenze e asset di Fastweb e Vodafone Italia – si legge in una nota – darà vita ad un operatore convergente leader in Italia. Le economie di scala, la struttura dei costi più efficiente e le significative sinergie consentiranno alla NewCo di generare un elevato valore per tutti gli stakeholder, di sostenere gli investimenti e di offrire servizi convergenti innovativi a prezzi competitivi, migliorando le prestazioni e l’esperienza per i clienti in tutti i segmenti di mercato.

    La transazione resta soggetta all’approvazione delle autorità regolamentari e delle altre autorità competenti. Con questa transazione Swisscom rafforza in modo significativo la sua presenza in Italia, dove opera con successo dal 2007 attraverso Fastweb. Negli ultimi dieci anni Fastweb ha registrato una crescita di oltre il 50% in termini di clienti, fatturato ed Ebitda rettificato e si è affermata come uno dei principali operatori nel mercato italiano. Vodafone Italia è un operatore di rete mobile di qualità con un’ampia base di clienti. Combinando i punti di forza di Fastweb nella connettività fissa con la leadership di Vodafone Italia nei servizi mobili, la NewCo sarà in grado di generare rilevanti benefici per i consumatori, le imprese e il Paese.

    Per quanto riguarda la rete mobile, i clienti beneficeranno di una migliore connettività e qualità del servizio, grazie a una rete proprietaria gestita end-to-end. Anche i clienti dei servizi a banda larga potranno godere di una migliore qualità del servizio, grazie alla combinazione della rete proprietaria di Fastweb e del Fixed Wireless Access (FWA) 5G di Vodafone. I clienti residenziali in Italia avranno accesso ad una combinazione di soluzioni ad alte prestazioni basate su fibra e 5G. Di conseguenza, la base clienti della NewCo beneficerà di servizi convergenti, migliori performance e customer experience a prezzi competitivi. L’accesso ad asset e competenze complementari, come l’infrastruttura cloud all’avanguardia, le soluzioni avanzate nel settore della cybersecurity e dell’AI di Fastweb e le infrastrutture mobili di Vodafone Italia, metterà a disposizione dei clienti business un più ampio portafoglio di servizi di connettività e ICT di alta qualità attraverso un unico punto di accesso, accelerando la digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione in Italia.

    La NewCo sarà commercialmente più resiliente, garantendo così livelli sostenuti di investimento a lungo termine nelle migliori infrastrutture di rete fisse e mobili e in innovazione, contribuendo a colmare il digital divide e ad accelerare la trasformazione digitale del Paese. Dalla transazione nascerà un operatore con asset convergenti e le dimensioni adeguate a competere efficacemente nel mercato e incrementare il livello di concorrenza nel Paese. La NewCo continuerà, inoltre, a mettere le proprie infrastrutture di alta qualità fisse e mobili a disposizione di terzi per servizi di accesso all’ingrosso. Il closing è soggetto alle approvazioni regolamentari e di altre autorità competenti, non richiederà il voto degli azionisti Swisscom e dovrebbe verificarsi nel primo trimestre del 2025. La NewCo e il Gruppo Vodafone stipuleranno alcuni accordi di servizio transitori e a lungo termine, tra cui un contratto di licenza che consente l’uso del marchio Vodafone in Italia per un massimo di 5 anni dopo il closing.

    “Questa operazione – ha commentato Walter Renna, Amministratore delegato di Fastweb – segna un punto di svolta per Fastweb e genererà un valore significativo per tutti gli stakeholder. Grazie alla qualità superiore delle infrastrutture mobili e fisse, l’operatore convergente che risulterà dall’operazione sarà in grado di offrire connettività performante e servizi innovativi a tutti i segmenti del mercato. La NewCo contribuirà all’evoluzione di questo settore strategico con investimenti significativi in fibra e 5G, servizi innovativi Ict e sicurezza delle infrastrutture, abilitando così una rapida trasformazione digitale delle famiglie, delle imprese e della Pubblica Amministrazione”. Christoph Aeschlimann, Ad di Swisscom, ha commentato: “Swisscom opera con successo in Italia fin dall’acquisizione di Fastweb nel 2007. In questo periodo abbiamo generato un solido track record di investimenti e crescita in Italia. La logica industriale di questa fusione è molto solida. Fastweb e Vodafone Italia rappresentano una combinazione ideale per generare un elevato valore aggiunto per tutti gli stakeholder. Di conseguenza, i clienti residenziali e business beneficeranno dell’offerta più completa. Anche Swisscom risulterà rafforzata nel suo complesso, consentendoci di continuare a effettuare investimenti significativi nei mercati svizzero e italiano”.

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