Australia

  • Usa, Inghilterra e Australia pronti a tesserare nuovi soci in Aukus

    Sulla scorta di fonti all’interno della struttura, il Financial Times ha anticipato che Stati Uniti, Regno Unito e Australia sono in procinto di tenere colloqui ufficiali per l’adesione di nuovi membri nell’alleanza militare Aukus. Secondo il quotidiano britannico, l’annuncio dei colloqui da parte dei ministri della Difesa dei tre Paesi sarà legato al “secondo pilastro” del patto, che impegna i membri a sviluppare congiuntamente l’informatica quantistica, la tecnologia sottomarina, quella ipersonica, l’intelligenza artificiale e la tecnologia informatica. È per ora esclusa, invece, la possibilità di un’espansione del primo pilastro, progettato per fornire sottomarini d’attacco a propulsione nucleare all’Australia. L’alleanza Aukus (acronimo inglese dei tre Paesi firmatari), ufficialmente entrato in vigore nel 2023, fa parte dei loro sforzi per contrastare il crescente potere della Cina nella regione dell’Indo-Pacifico. Pechino ha infatti criticato il patto Aukus, definendolo “pericoloso” e avvertendo che potrebbe stimolare una corsa agli armamenti regionale.

    Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sta cercando d’intensificare le partnership con gli alleati statunitensi in Asia, in particolare con Giappone e Filippine, nel contesto dello storico potenziamento militare della Cina e della sua crescente assertività territoriale. Mercoledì scorso l’ambasciatore statunitense a Tokyo, Rahm Emanuel, ha scritto in un articolo sul Wall Street Journal nel quale ha lasciato intendere che il Giappone “sta per diventare il primo ulteriore partner del secondo pilastro”. Secondo numerose fonti di stampa, inoltre, Biden e il primo ministro giapponese Fumio Kishida discuteranno dell’adesione giapponese all’Aukus in occasione dell’incontro che i due leader terranno mercoledì prossimo, 10 aprile, a Washington. L’Australia, tuttavia, è cauta nell’avviare nuovi colloqui di adesione finché non saranno compiuti ulteriori progressi nella fornitura di sottomarini a propulsione nucleare a Canberra, riferiscono le stesse fonti. Giovedì prossimo, 11 aprile, Biden, Kishida e il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. terranno inoltre un vertice trilaterale.

    Il mese scorso il portale web Politico, citando proprie fonti, ha riferito che Canada e Giappone potrebbero aderire parzialmente al patto Aukus tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025. Secondo le stesse fonti, al momento si starebbe valutando un accordo che consentirà a questi Paesi di sviluppare una cooperazione globale con i membri dell’alleanza nel campo delle tecnologie militari, compreso l’uso dell’intelligenza artificiale, di missili ipersonici e tecnologie quantistiche. Secondo Politico, i tre Paesi membri del patto hanno accelerato i preparativi per l’allargamento del partenariato nel timore che gli Stati Uniti possano ritirarsi dall’Aukus, qualora Donald Trump vincesse le elezioni presidenziali a novembre. “Cercheremo opportunità per attrarre altri alleati e partner stretti”, ha detto un anonimo funzionario dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

    Politico ricorda che anche la Nuova Zelanda e la Corea del Sud hanno espresso in precedenza l’interesse ad aderire all’alleanza. L’Aukus è un partenariato sulla sicurezza tra i governi australiano, britannico e statunitense, istituita nel settembre 2021 per condurre una serie di iniziative di difesa congiunta basate su due pilastri: il primo di questi prevede la fornitura all’Australia di una flotta di sottomarini d’attacco nucleare; il secondo è legato allo sviluppo congiunto di capacità militari in otto aree, tra cui i sistemi sottomarini, le tecnologie quantistiche, l’intelligenza artificiale, la sicurezza informatica e la guerra elettronica, gli aerei ipersonici e i loro intercettori, nonché le tecnologie di innovazione e scambio di informazioni.

  • Australia legalises psychedelics for mental health

    Australia has become the first country in the world to legalise the use of psychedelics to treat some mental health conditions.

    Approved psychiatrists can now prescribe MDMA to those suffering post-traumatic stress disorder and magic mushrooms for some types of depression.

    The controversial move has been hailed as a game-changer by many scientists and mental health experts.

    However, others say the move has been too hasty and should not be over-hyped.

    Experts say there is still the risk of a “bad trip”, which is when the user has an unpleasant experience while under the influence of drugs.

    And the therapy comes at a cost, with Australian media reporting one course could cost tens of thousands of dollars.

    MDMA – also known as the party drug ecstasy – is a synthetic drug that acts as a hallucinogen. It increases the user’s energy levels, sensory experiences and distorts their sense of time.

    Magic mushrooms, which grow naturally, also have hallucinogenic effects due to the active compound psilocybin.

    While Australia is the first country in the world to regulate the drugs as medications, clinical trials are also underway in the US, Canada and Israel.

    Under the new regulations which became official in Australia on 1 July, approved psychiatrists can prescribe MDMA for post-traumatic stress disorder (PTSD) and psilocybin for depression that has resisted other treatments.

    Use of the psychedelics would be carefully monitored and not a case of “take a pill and go away”, said Dr Mike Musker, a mental health researcher at the University of South Australia.

    Describing the move as a “game-changer”, he told AFP news agency that, in the case of MDMA for example, the patient would likely have three treatments over five to eight weeks. Each treatment would last about eight hours, with the therapist staying with the patient the whole time.

    Patients should not expect a miracle cure, however.

    “I have read about stories where people have had what you call bad trips, or actually they’ve re-experienced their trauma, and so we’ve got to take great caution,” Dr Musker said.

    Professor Susan Rossell, a cognitive neuropsychologist at Melbourne’s Swinburne University said that while psychedelics certainly had the potential for therapeutic use, the move had come about too quickly.

    “When you look at interventions… for any other kind of disease, whether it’s cardiovascular disease or cancer, you cannot get a drug to market as quickly as this has been done,” she told AFP.

    Prof Rossell, who is leading Australia’s biggest trial on the effects of psilocybin on depression, added that more research was needed to determine the long-term outcomes of the therapy.

    Australia’s Therapeutic Goods Administration (TGA) shocked many in the medical and science world in February when it reclassified MDMA and psilocybin so they could be used for therapeutic purposes.

    It declared the drugs “relatively safe” when used in a “medically-controlled environment” for patients “with serious mental health conditions”. Otherwise, both MDMA and psilocybin are illegal in Australia.

    The TGA acknowledges that there are unknowns and inconclusive evidence, but says “there are promising signs” that controlled therapeutic use of the drugs may improve mental health for some people and that the “benefits for some patients… will outweigh the risks”.

    The regulator says there are currently no approved products that contain MDMA or psilocybin. However the reclassification means psychiatrists will be able to access and legally supply certain medicines that contain them, even if they have not been evaluated for safety or effectiveness.

  • Ripicca della Ue per Aukus: rinviato il negoziato per il libero scambio con l’Australia

    Non si sono ancora rimarginate le ferite aperte dal Patto Aukus. Nonostante la dichiarazione congiunta di Joe Biden ed Emanuel Macron e la riuscita del Consiglio commercio e tecnologia Ue-Usa di fine settembre, sono ancora diversi gli strascichi lasciati dal patto siglato tra Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti. A cominciare dalle trattative sull’accordo commerciale tra l’Ue e l’Australia, che hanno subito un rallentamento ma non uno stop. La Commissione europea conferma che “il round dei negoziati”, che era previsto per il 12 ottobre, “è stato rinviato di un mese” e la decisione è stata presa “qualche giorno fa”, ha riferito una portavoce dell’esecutivo Ue. La motivazione ufficiale è la necessità di approfondire i contenuti ma il sospetto è che Bruxelles voglia fare un dispetto al governo di Canberra.

    “Come abbiamo sempre detto la sostanza prevale sulla velocità, quando si tratta di negoziati. Questo mese in più ci consentirà di prepararci meglio per il prossimo negoziato. Posso anche confermare che questa non è la fine dei negoziati – ha aggiunto – ci sono questioni ancora aperte, come l’accesso al mercato, le regole di origine, gli acquisti pubblici, la proprietà intellettuale e lo sviluppo sostenibile. C’è ancora non poco lavoro da fare in queste aree e per questo abbiamo bisogno di un po’ di tempo per riflettere sui prossimi passi”. Il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer, ha detto che non si tratta di una punizione, rispondendo a chi gli chiedeva se il rinvio fosse una ritorsione nei confronti dell’Australia per aver stretto il patto Aukus con Usa e Regno Unito e ritirato la commessa sui sottomarini alla Francia. “Non è nell’interesse della Ue punire nessuno, l’Australia è un partner dell’Ue con cui abbiamo dei negoziati sul commercio in corso. La sostanza dei negoziati richiede molti sforzi, non è insolito che venga presa una decisione come questa”, ha commentato.

    I negoziati con l’Australia vanno avanti dal giugno 2018, quando l’Ue, con la Commissione Juncker, aveva già deciso di puntare in quell’area del mondo. Da poco erano stati conclusi gli accordi con il Giappone e il Messico ed era entrato in vigore quello con il Canada. “Il futuro accordo tra l’Ue e l’Australia rafforzerà ulteriormente l’impegno dell’Unione nella regione Asia-Pacifico”, aveva detto all’epoca la Commissione europea. Il prossimo round negoziale, in videoconferenza, era previsto per la metà di questo mese. Un funzionario con conoscenza diretta della questione ha affermato che all’origine del rinvio c’è la tensione legata ai sottomarini, ma ha insistito sul fatto che le parti non sarebbero comunque state pronte a siglare l’intesa.

    Dall’altra parte del mondo, il ministro del commercio australiano, Dan Tehan, ha annunciato che restano in vigore i suoi piani di incontrare la prossima settimana la controparte dell’Unione europea, Valdis Dombrovskis, per discutere delle trattative sul libero scambio. “Comprendiamo la reazione francese alla nostra decisione sui sottomarini, ma alla fine ogni nazione deve agire nel proprio interesse nazionale – ed è ciò che l’Australia ha fatto”, ha affermato Tehan.

    Intanto, la Francia sembra continuare la sua battaglia attraverso relazioni bilaterali. L’Europa ha mostrato qualche segno di solidarietà ma non vuole essere coinvolta in una partita che riguarda una commessa commerciale di un paese. Il 4 ottobre il Segretario di Stato Usa Antony Blinken è atterrato a Parigi per presiedere la riunione del Consiglio ministeriale dell’Ocse e commemorare il 60° anniversario dell’organizzazione. Blinken ha colto l’occasione per “continuare le discussioni sull’ulteriore rafforzamento della vitale relazione Usa-Francia su una serie di questioni tra cui la sicurezza nella regione indo-pacifica, la crisi climatica, la ripresa economica dalla pandemia di Covid-19, le relazioni transatlantiche, e il lavoro con gli alleati e partner per affrontare le sfide e le opportunità globali”. La regione indo-pacifica, appunto, quella su cui sembrano convergere gli interessi delle potenze mondiali per i prossimi anni. E su cui sia il Patto Aukus che la Strategia Ue sull’Indo-pacifico puntano, cercando di tenere fuori le mire espansionistiche di Pechino.

  • Daintree: World Heritage rainforest handed back to Aboriginal owners

    Australia’s Daintree – the world’s oldest tropical rainforest – has been returned to its Aboriginal custodians in a historic deal.

    The Unesco World Heritage site is over 180 million years old and has been home to generations of Aboriginal people.

    The Eastern Kuku Yalanji people will now manage the national park with Queensland’s state government.

    The Daintree borders the Great Barrier Reef and is one of Australia’s top tourism drawcards.

    It is famed for its ancient ecosystem and rugged, natural beauty which includes forest vistas, wild rivers, waterfalls, gorges and white sandy beaches.

    The deal also includes other Queensland national parks including Cedar Bay (Ngalba Bulal), Black Mountain (Kalkajaka) and Hope Islands – a combined area of over 160,000 hectares.

    In handing formal ownership back to the Eastern Kuku Yalanji people on Wednesday, the Queensland government recognised “one of the world’s oldest living cultures”.

    “This agreement recognises their right to own and manage their Country, to protect their culture, and to share it with visitors as they become leaders in the tourism industry,” said Environment Minister Meaghan Scanlon in a statement.

    It followed four years of discussions, local media reported.

    The Eastern Kuku Yalanji people wished to eventually solely manage the forests and other wet tropics regions, said negotiator Chrissy Grant.

    “Bama [people] across the wet tropics have consistently lived within the rainforest. That in itself is something that is pretty unique to the world heritage listing,” she told Guardian Australia.

    The agreement takes in both the Mossman Gorge and Cape Tribulation sides of the forest.

    The Daintree region attained World Heritage listing in 1988, following a campaign in Canberra to push back against logging and agricultural clearing endorsed by the then state government.

    Unesco recognises it as an “extremely important” site of rich and unique biodiversity, with over 3,000 plant species, 107 mammals, 368 bird and 113 reptile species.

    The area is also the largest tract of land in Australia that has continuously persisted as a rainforest.

    The Daintree contains the relicts of the great Gondwanan forests that covered Australia and parts of Antarctica before the continents split up 50 to 100 million years ago.

    As such, the rainforest “presents an unparalleled record of the ecological and evolutionary processes that shaped the flora and fauna of Australia”, says Unesco.

    “Its living flora, with the highest concentration of primitive, archaic and relict taxa known, is the closest modern-day counterpart for Gondwanan forests,” says the UN body.

  • Molto made in Italy tra i nodi da risolvere per l’accordo di libero scambio Ue-Australia

    Prosecco, grappa e gorgonzola, ma anche i formaggi feta e gruyere figurano nella lista che il ministro australiano del Commercio Simon Birmingham ha diffuso per rendere noti i 172 prodotti alimentari e i 236 vini e alcolici su cui Australia e Ue si stanno confrontando nella discussione di un accordo di libero commercio. L’Unione Europa reclama la protezione di origine di tali prodotti come condizione dell’accordo di libero commercio perché la protezione di indicazione geografica permette a coltivatori e produttori di proteggere nomi basati su una località (se possono provarne la rilevanza). Si tratta di condizioni che l’Ue ha già imposto in simili accordi stipulati con Canada, Giappone e Corea del Sud e che sono sul tavolo da un anno circa, da quando cioè sono iniziate le trattative con Canberra (con cui Bruxelles mira a rafforzare le relazioni dopo la Brexit). 

    Dall’accordo l’Australia conta di ottenere di esportare più prodotti agricoli e di allevamento, come grano, zucchero e carne, verso l’Ue che è già il secondo partner commerciale e la terza destinazione dell’export. Il Governo di Canberra dedicherà i prossimi tre mesi a consultazioni con i settori che con più probabilità subiranno l’impatto delle condizioni richieste. “Vogliamo consultarci direttamente con gli agricoltori e gli imprenditori australiani, in modo da poterli rappresentare pienamente nei negoziati con l’Ue”, ha detto il ministro Birmingham.

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