Democrazia

  • Dichiarazioni che non rappresentano la vera realtà

    La politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

    Franz Liszt

    Oggi, lunedì 14 aprile, a Lussemburgo si è riunito il Consiglio degli Affari esteri, presieduto dall’Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio Affari esteri è una delle strutture del Consiglio dell’Unione europea, ed è composto dai ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Unione. Non bisogna confondere però il Consiglio europeo con il Consiglio dell’Unione europea. Il Consiglio europeo è composto da tutti i capi di Stato o di governo dei Paesi membri dell’Unione europea e decide su importanti questioni di natura politica dell’Unione. Invece il Consiglio dell’Unione europea, noto anche come il Consiglio dei ministri europei, è composto a livello di ministri e rappresenta i governi degli Stati membri.

    Il programma della sopracitata riunione del Consiglio degli Affari esteri prevedeva la discussione su temi di attualità, tra i quali l’aggressione della Russia in Ucraina e gli ultimissimi sviluppi, dopo il bombardamento nella città ucraina di Sumy, durante la mattinata della Domenica delle Palme, che ha causato 34 vittime innocenti tra i quali anche due bambini. In più, nel corso di una colazione di lavoro lunedì mattina, i ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Unione europea hanno discusso dell’attuale situazione nei Balcani occidentali e dell’allargamento dell’Unione ai Paesi balcanici.

    Sempre nella mattinata di oggi, lunedì 14 aprile, il presidente del Consiglio europeo ha avuto un incontro a Bruxelles con il primo ministro albanese. Dopo quell’incontro, tutti e due hanno fatto delle dichiarazioni davanti ai giornalisti. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, che prima di diventare tale il 1o dicembre 2024 è stato per nove anni (2015-2024) anche primo ministro del Portogallo e per dieci anni (2014-2024) il segretario generale del partito socialista portoghese, è stato ottimista sul progresso dell’Albania nel suo percorso europeo. Ha detto ai giornalisti che “Prima di tutto è sempre un piacere incontrarsi e parlare con Rama (il primo ministro albanese; n.d.a.)”. In seguito il presidente del Consiglio europeo ha sottolineato che “…è molto incoraggiante vedere il progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso”.

    Invece il primo ministro albanese, in carica dal 2013 e presidente del partito socialista albanese dal 2005, sempre durante la comune conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, ha detto, riferendosi al presidente del Consiglio europeo che lo valuta “molto per la sua saggezza e la sua attenzione”. E poi ha aggiunto: “…Oggi è una giornata molto buona per noi, perché abbiamo un’altra conferenza ed apriamo altri capitoli (dei negoziati per l’adesione; n.d.a.)”. Poi riferendosi di nuovo al presidente del Consiglio europeo ha sottolineato: “…gli sono molto riconoscente per il tempo a me dedicato e per il [nostro] colloquio legato al nostro progresso in questo processo [europeo]. … Sono molto incoraggiato da questi sviluppi e ci siamo molto dedicati ad adempiere i nostri obblighi dell’ambizioso calendario per chiudere i negoziati nel 2027”.

    Il nostro lettore è stato informato nelle precedenti settimane che l’11 maggio prossimo in Albania si svolgeranno le elezioni parlamentari. Il nostro lettore è stato altresì informato che il primo ministro, non avendo mantenuto nessuna, proprio nessuna promessa elettorale fatta nelle precedenti campagne elettorali, quelle del 2013, 2017 e 2021, adesso, durante l’attuale campagna elettorale iniziata ufficialmente venerdì scorso, ha scelto di usare il “passaporto  europeo” come la carta vincente. Il primo ministro albanese ha impostato tutta la sua campagna elettorale sulla “promessa” che gli albanesi devono votare lui per entrare nell’Unione europea, perché solo lui lo può fare. Ed in questo ambito, ha usato anche l’occasione presentatasi oggi a Bruxelles con il presidente del Consiglio europeo. E sempre, nell’ambito della sua campagna elettorale, il primo ministro albanese aveva scritto già nel suo sito social che “Lunedì in Unione europea per la quarta conferenza dei negoziati ed un’altra serie di capitoli che si apriranno. Questi sono i più intensivi negoziati nella storia dell’integrazione. E quando pensi che il Montenegro sta negoziando dal 2012, mentre noi dall’anno scorso e quando pensi anche che il nostro calendario è solo di tre anni, cioè chiudiamo (i negoziati; n.d.a.) nel 2027 e siamo pronti ad entrare nell’Unione europea….”. Ed ha avuto, purtroppo, anche la tanto voluta ed ambita “valutazione” del presidente del Consiglio europeo per il “progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso [europeo].” (Sic!).

    Ma, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, si sa che la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese e ben diversa da quella “dipinta” dal primo ministro albanese. Si tratta di una realtà che non ha niente in comune neanche con quella a cui si riferiscono alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea, il presidente del Consiglio europeo compreso. Lo aveva fatto prima anche la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, durante una sua visita ufficiale in Albania tra il 12 ed il 14 marzo scorso. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito. Anche lei, la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, ha espresso la sua soddisfazione ed ottimismo per i progressi fatti dall’Albania nel suo percorso per l’adesione nell’Unione europeo. L’autore di queste righe scriveva due settimane fa per il nostro lettore che per la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato “…l’Albania è sulla giusta strada [perciò] merita ed ha un posto nell’Unione europea” (Sic!). In più, anche lei aveva dichiarato convinta che l’Albania concluderà con successo i negoziati, appena iniziati, con l’Unione europea entro il 2027.” (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).

    Riferendosi però agli obblighi che ogni Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, nonché alle esperienze precedenti e pubblicamente note, si sa che il percorso europeo è molto impegnativo. È stato tale per dei Paesi che non hanno avuto a che fare con l’abuso del potere, con la galoppante e ben radicata corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali. Il percorso europeo è stato molto impegnativo anche per dei Paesi che non hanno dovuto affrontare la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali, finanziariamente molto potenti. Il percorso europeo è stato, altresì, molto impegnativo per dei Paesi candidati dove i principi della democrazia sono stati sempre rispettati. Il percorso europeo è stato molto impegnativo per dei Paesi candidati dove è stato sempre rispettato anche il principio della separazione dei poteri di Montesquieu. Mentre in Albania l’abuso del potere, la galoppante e ben radicata corruzione, la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti, il controllo del sistema “riformato” della giustizia personalmente dal primo ministro sono, purtroppo, delle realtà pubblicamente note. Chissà perché questa realtà però “sfugge” ad alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea?! Ed, in più, in queste condizioni, come si potrebbero concludere i negoziati nel 2027, come è “convinto” il primo ministro albanese?!

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni, sia del presidente del Consiglio europeo, sia della commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato non rappresentano la vera realtà albanese. Dichiarazioni che potrebbero essere dovute a delle disinformazioni. E questo non è normale. Ma potrebbero essere dovute anche a delle attività lobbistiche, che spesso sostengono il primo ministro albanese in difficoltà. E proprio allora “l’opportunismo politico” entra in scena. Nonostante Franz Liszt, noto musicista, non avesse niente a che fare con la politica, aveva ragione però quando affermava che la politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

  • Di nuovo inganni elettorali di un autocrate corrotto

    Non si dimentichi mai che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti.

    La confusione dei fini risulterebbe nefasta.

    Giulio Andreotti; da “Il potere logora… ma è meglio non perderlo”, 1990

    “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità.”. Così è stato scritto all’inizio del testo originale della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, approvata il 2 luglio 1776 durante il Congresso di Filadelfia. Ne erano convinti gli autori del testo, i membri della “Commissione dei cinque”, composta da Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman. Solo due giorni dopo, la sera del 4 luglio, i rappresentanti delle tredici colonie della costa orientale del continente americano, noti come i Padri Fondatori (Founding Fathers; n.d.a.), hanno ratificato il testo della Dichiarazione. Testo che nei giorni successivi, è stato firmato da tutti i cinquantacinque delegati del Congresso di Filadelfia. Con quella firma i Padri Fondatori hanno proclamato l’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, composta allora da tredici Stati federali, dalla Corona britannica, rappresentata dal re Giorgio III.

    In seguito alla sopracitata frase iniziale della Dichiarazione dell’Indipendenza, gli autori del testo sottolineavano che “…ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. I membri della “Commissione dei cinque” che hanno scritto la Dichiarazione dell’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, riferendosi alle tante esperienze della società umana nel corso dei secoli, affermavano che “…l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire”. Proprio così.

    Da allora sono passati circa due secoli e mezzo. Ma quanto è stato scritto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America rimane ancora attuale. Si, perché in diverse parti del mondo anche adesso ci sono degli autocrati che abusano del potere conferito loro. E cercano di controllare tutti i poteri, calpestando anche i diritti inalienabili dell’essere umano e i principi sui quali si fondano le società democratiche. In diverse parti del mondo ci sono degli autocrati, dei dittatori, i quali hanno ideato e stanno attuando delle strategie, dei disegni per “ridurre gli uomini all’assolutismo”. Ragion per cui ribellarsi contro quegli autocrati/dittatori diventa un dovere ed un diritto dei cittadini. Rimane sempre molto significativo ed attuale anche quanto ha affermato uno dei membri della sopracitata “Commissione dei cinque”, Benjamin Franklin. Egli era convinto che “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio”.

    In diverse parti del mondo questa convinzione di Benjamin Franklin dovrebbe motivare e spingere i cittadini a ribellarsi contro gli autocrati. Anche in Albania. Si tratta di un Paese membro della NATO (North Atlantic Treaty OrganizationOrganizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord; n.d.a.) dal 2009. Mentre dal 2014 l’Albania è anche un Paese candidato all’adesione all’Unione europea. Un riconoscimento, quest’ultimo, dovuto ai progressi fatti durante gli anni precedenti. Ma purtroppo, dal 2013, da quando ha cominciato il suo primo mandato l’attuale primo ministro, il processo di adesione non ha fatto quasi nessun altro progresso. Anzi! Fatto questo confermato dalle continue decisioni del Consiglio europeo durante questi ultimi dieci anni. Il nostro lettore è stato informato spesso di questa situazione di stallo, sempre fatti documentati alla mano.

    In Albania, l’11 maggio prossimo, si svolgeranno le elezioni parlamentari. Ma siccome il primo ministro non ha mantenuto nessuna delle promesse elettorali che ha fatto durante le tre precedenti elezioni parlamentari, adesso sta cercando di ingannare di nuovo. Inganna perché ormai non è rimasto niente da promettere, visto che ha ingannato con le precedenti “promesse elettorali” che sono diventate in seguito semplicemente degli inganni elettorali. Mentre la realtà pubblicamente nota in Albania, la vera, vissuta e spesso sofferta realtà, testimonia ben altro. Testimonia di tanti, innumerevoli ormai, casi di malgoverno, come scelte prestabilite e consapevoli del primo ministro. Di colui che, invece, ha il dovere istituzionale di fare proprio il contrario, gestire nel migliore dei modi la cosa pubblica. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia anche innumerevoli casi di abuso del potere conferito ed in seguito anche usurpato. Così come testimonia, altresì, la consapevole violazione del principio della separazione dei poteri e l’oppressione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia continuamente ed inconfutabilmente gli innumerevoli casi della galoppante corruzione, partendo dai massimi livelli istituzionali, quello del primo ministro incluso.

    La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti pubblicamente ed ufficialmente noti e denunciati alla mano, il preoccupante e pericoloso controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro e/o di chi per lui. La realtà di questi ultimi anni in Albania testimonia chiaramente anche la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e l’uso di quest’ultima per garantire la “vittoria elettorale”. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, una continua, ben ideata ed attuata attività che permette il riciclaggio del denaro sporco a livello internazionale. Un fatto questo confermato ormai da alcuni anni anche dai rapporti ufficiali delle istituzioni specializzate come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.) e FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Ragion per cui, dal 2020, hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”.

    Ma soprattutto la realtà albanese, quella vera, vissuta e spesso sofferta durante questi ultimi anni, testimonia il consolidamento di una nuova dittatura sui generis, come espressione di un’alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Ed in una simile realtà, venerdì prossimo comincia ufficialmente la campagna elettorale in Albania. Ma siccome il primo ministro non ha niente da “promettere”, adesso ha scelto di ingannare gli albanesi con il “passaporto europeo”. Il nostro lettore è stato informato di questa “scelta” del primo ministro la scorsa settimana. (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).

    Chi scrive queste righe pensa che si tratta semplicemente di altri inganni elettorali di un autocrate corrotto ed in grosse difficoltà. Il primo ministro albanese, nelle condizioni in cui si trova, ignora consapevolmente il consiglio di Giulio Andreotti. E cioé che non bisogna mai dimenticare “che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti. La confusione dei fini risulterebbe nefasta”.

  • Soltanto per merito e non per interessi occulti

    I mediocri del ‘Politically Correct’ negano sempre il merito.

    Oriana Fallaci; da “La forza della ragione”, 2004 

    Il progetto dell’Europa unita, ideato dai Padri fondatori subito dopo la seconda guerra mondiale, si basava, tra l’altro, anche su nobili e pacifici interessi comuni a tutti i Paesi aderenti. Paesi che erano sei quando il 25 marzo 1957 si costituì la Comunità economica europea con la firma del trattato di Roma. Una Comunità che dal 1o novembre 1993, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, divenne l’attuale Unione europea. Su tutti i documenti ufficiali dell’Unione europea si fa rifermiento, tra l’altro, anche ai principi e ai valori fondamentali dell’umanità e agli interesi nobili e pacifici comuni a tutti i Paesi aderenti. E anche i Paesi che hanno avviato il loro percorso per aderire all’Unione europea,devono rispettare gli stessi principi, valori e interessi.

    Durante la seduta del Consiglio europeo a Copenaghen, nel 1993, sono stati approvati anche quelli che ormai sono noti come i criteri di Copenaghen. Si tratta di tre criteri che ogni Paese che ha ufficializzato la sua volontà a diventare Paese membro dell’Unione europea deve rispettare. Criteri che in seguito sono stati elaborati di nuovo durante la seduta del Consiglio europeo a Madrid nel 1995. I criteri di Copenaghen sono tre: il criterio politico, il criterio economico e quello dell’acquis comunitario. Il primo criterio, quello politico, obbliga ogni Paese che vuole aderire all’Unione europea ad avere delle “istituzioni stabili, che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro tutela”. Il secondo criterio, quello economico, chiede che ogni paese candidato deve garantire “l’esistenza di un’economia di mercato affidabile, con la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione”. Mentre il terzo criterio, quello dell’acquis comunitario (dal francese “[droit] acquis communautaire”, “[diritto] acquisito comunitario”; n.d.a.), rappresenta il dovere, per ogni Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, di “accettare gli obblighi derivanti dall’adesione e, segnatamente, gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria”.

    I tre criteri di Copenaghen devono essere adempiti e rispettati da tutti i Paesi che hanno avviato il loro percorso europeo. Anche dall’Albania, che ormai da più di venti anni ha ufficialmente espresso la sua volontà di diventare un Paese membro dell’Unione europea. Era il 31 gennaio 2003 quando l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi ha dichiarato l’apertura dei negoziati tra l’Unione europea e l’Albania per l’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione. Con la decisione del Consiglio europeo del 26 febbraio 2009, entrato in vigore il 1o aprile 2009, si conferma la “conclusione dell’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione tra l’Unione europea da una parte, e la Repubblica di Albania, dall’altra”. Il 28 aprile 2009 l’Albania ha presentato ufficialmente la richiesta per aderire all’Unione europea. In seguito, durante la seduta del 26 – 27 giugno 2014, il Consiglio europeo ha deciso la proclamazione dell’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea.

    Da allora sono ormai passati undici anni e, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, comprese diverse decisioni del Consiglio europeo, purtroppo l’Albania non ha fatto quasi nessun progresso nel suo percorso europeo, tranne l’apertura di sette dei complessivi trentatré capitoli previsti dal processo di adesione per ogni Paese candidato. E tutti solo alla fine dell’anno scorso. I primi cinque capitoli, che sono stati formalmente aperti il 15 ottobre 2024, sono il capitolo 5 (appalti pubblici), il 18 (statistiche), i 23 e 24 (i cosiddetti capitoli sullo Stato di diritto: sistema giudiziario e diritti fondamentali da un lato, giustizia, libertà e sicurezza dall’altro) ed il capitolo 32 (controllo finanziario). Mentre il 17 dicembre scorso sono aperti il capitolo 30 per le relazioni esterne e il capitolo 31 per la politica estera, la sicurezza e la difesa. Dalle precedenti esperienze degli altri Paesi che stanno attuando il loro percorso europeo risulta però che per concludere tutti i capitoli previsti dalle procedure dei negoziati tra il Paese candidato e le istituzioni dell’Unione europea occorrono non meno di quattro o cinque anni. Invece, sempre in base alle precedenti esperienze degli altri Paesi, occorrono anche non meno di due o tre anni per diventare poi parte integrante dell’Unione europea, come Paese membro.

    Nell’ambito dei negoziati dell’adesione all’Unione europea, ogni Paese candidato deve adempiere almeno tutto ciò che prevede il primo criterio di Copenaghen: il criterio politico. E cioè, come sopracitato, la presenza nel Paese candidato di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro tutela. Mentre la Commissione europea monitora la situazione nel Paese candidato ed in base alla realtà osservata redige poi, annualmente, un rapporto. Bisogna purtroppo evidenziare che, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, quasi tutti i rapporti annuali della Commissione europea sull’Albania, dal 2014 in poi, non sono stati realistici, anzi! Fatto questo confermato ogni anno dalle ragioni che hanno portato alle decisioni negative del Consiglio europeo sull’Albania. Il nostro lettore è stato spesso informato di questi sviluppi e di simili preoccupanti realtà, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, che hanno costretto il Consiglio europeo a prendere quelle decisioni. E sempre sono stati evidenziati casi clamorosi dell’abuso di potere, di malgoverno, della violazione del principio della separazione dei poteri, dell’oppressione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, nonché della galoppante corruzione, partendo dai massimi livelli istituzionali ed altro. Chissà perché però i rapporti della Commissione europea sull’Albania, dal 2014 ad oggi, sono stati sempre “ottimisti”. Le cattive lingue però hanno sempre detto convinte che dei gruppi lobbistici, finanziati da un noto multimiliardario speculatore di borsa statunitense, sostenitore dell’attuale primo ministro albanese, il quale ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, sono riusciti a “convincere” alcuni alti funzionari della Commissione europea a redigere quei rapporti sull’Albania.

    In Albania tra una decina di giorni comincia ufficialmente la campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Il primo ministro, per spostare l’attenzione dalla molto preoccupante realtà in cui sono costretti a vivere gli albanesi, sta usando la carta dell’adesione all’Unione europea. Lui, non potendo ormai offrire niente, cerca di nuovo di ingannare, questa volta con il “passaporto europeo”. E purtroppo, di nuovo, ha avuto il supporto degli alti funzionari della Commissione europea. Durante una visita in Albania, tra il 12 ed il 14 marzo scorso, la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato era molto soddisfatta e ottimista dei progressi dell’Albania nel suo percorso europeo. Per lei “…l’Albania è sulla giusta strada [perciò] merita ed ha un posto nell’Unione europea” (Sic!). Ed ha dichiarato convinta che l’Albania concluderà con successo i negoziati, appena iniziati, con l’Unione europea entro il 2027.

    Chi scrive queste righe pensa che simili dichiarazioni della commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato non hanno niente a che vedere con la vera, vissuta, preoccupante e sofferta realtà albanese. Allora perché lei, come altri suoi colleghi, appoggia il primo ministro albanese? Proprio lui che è il diretto responsabile della drammatica, preoccupante e molto pericolosa realtà albanese. Anche per altri Paesi europei. Chi scrive queste righe è convinto che l’Albania deve diventare un Paese membro dell’Unione europea soltanto per merito e non per interessi occulti. Mentre, come affermava Oriana Fallaci, i mediocri del ‘Politically Correct’ negano sempre il merito. Ed alcuni di loro sono anche alti funzionari delle istituzioni dell’Unione europea.

  • La democrazia americana

    Il presidente americano ha dato ragione a Vance che ha definito l’Europa patetica e scroccona, poi calcando la mano ha aggiunto che gli europei sono dei parassiti.

    Se questi sono i giudizi che vengono dal governo della nazione che è stata il più grande alleato dell’Europa nonché esempio per tanti giovani di ieri e dell’altro ieri cerchiamo subito di dare ai giovani di oggi altri punti di riferimento.

    Facciamoci coraggio: alla fine del primo quarto di secolo del nuovo millennio dobbiamo tutti rivedere le certezze che ci hanno guidato dalla fine della seconda guerra mondiale.

    1) Gli Stati Uniti, come dice la parola stessa, è un’Unione di stati molto diversi tra loro per cultura, abitudini, sensibilità. L’eroe buono, dei film del secolo scorso, è una utopia, una favola, un falso mito

    2) La democrazia, quella vera, non può basarsi su sistemi che impongono di iscriversi alle liste per poter votare, come avviene in America, e sulla non partecipazione al voto di milioni di elettori, come avviene ormai anche in Europa

    3) Le dichiarazioni e decisioni politiche basate sull’improvvisazione, che non tiene conto delle conseguenze, diramate dalla rete ed usate per dare risonanza a questo o a quel personaggio creano fratture profonde che rendono difficile raggiungere i necessari compromessi tra opposte visioni

    4) Le posizioni di Trump verso Putin e viceversa hanno ormai svelato il loro disegno, politico ed economico, e cioè dare vita in breve tempo ad un nuovo assetto mondiale, insieme alla Cina, nel quale non c’è spazio per l’Europa che non deve avere peso e per questo ogni giorno il presidente americano crea nuovi problemi, dà vita a nuove provocazioni contando sulla difficoltà europea a rispondere

    5) A breve Putin non intende aggredire i paesi europei ma, distruggendo sistematicamente l’Ucraina, si muove per renderli sempre più insicuri minando l’Unione dall’interno attraverso personaggi alla Orban o alla Salvini

    6) L’Europa non riesce trovare la necessaria unità per rivedere i trattati che impongono l’unanimità, un sistema ormai superato dalla storia e per il numero degli Stati membri, l’Europa non ha ancora compreso fino in fondo i reali pericoli, in ogni campo, non ha il coraggio, l’avvedutezza politica, di costruire quell’Unione politica e di difesa della quale parla invano da anni, in sintesi non ha leader politici sufficientemente capaci di avere una visione per l’immediato futuro

    7) Ci siamo cullati col sogno americano non perché, caro Trump, siamo parassiti ma perché vi avevamo visti per quel che non siete, nonostante i molti segnali negativi che arrivavano da tempo. Vi avevamo riconosciuta una leadership dovuta al vostro specifico contributo nello sconfiggere il nazismo, anche se ragionando avremmo dovuto ricordare che siete entrati in guerra solo dopo essere stati attaccati dai giapponesi e non prima per difendere i popoli europei aggrediti o gli ebrei sterminati.

    Gli Stati Uniti sono stati i primi a portare avanti i processi di globalizzazione, dalla rete ai mercati liberi, oggi vogliono ridurre il libero mercato a seconda degli interessi loro, anche a costo di mettersi d’accordo con dittatori liberticidi come Putin e a danno di paesi liberi, questa è la democrazia di Trump.

  • Altre proteste massicce, questa volta contro il regime turco

    Giunge un momento in cui la protesta non è più sufficiente:

    dopo la filosofia è necessaria l’azione.
    Victor Hugo, I miserabili, 1862

    Si protesta ancora nei Balcani. E non solo in Serbia. Si protesta contro gli autocrati che gestiscono ed abusano del potere conferito e/o usurpato. Da mercoledì scorso sono cominciate le proteste massicce anche in Turchia. Proteste come quelle cominciate il 28 maggio 2013 per proteggere la distruzione di Gazi Park ad Istanbul, un’area verde e molto nota in pieno centro della città, dove volevano abbattere 600 alberi. Questo prevedeva un progetto proposto dall’allora primo ministro Recep Tayyip Erdogan. I manifestanti a Gazi Park accusavano Erdogan di corruzione e appoggio a poteri occulti, mentre lui, che stava attuando la sua corsa per avere un potere possibilmente assoluto, si era scatenato allora contro tutti coloro, in Turchia e all’estero, che volevano ostacolare la realizzazione del progetto a Gazi Park. Ma da allora sono accaduti altri scontri e proteste in Turchia, come durante il colpo di Stato il 15 luglio 2016, ma non solo. E sempre si protestava contro l’autoritarismo di Erdogan. Colui che, diventato presidente della Repubblica nell’agosto del 2014, con il referendum del 16 aprile 2017 ha ufficializzato le modifiche della Costituzione che gli permettevano di rafforzare e consolidare ulteriormente la sua posizione come Presidente.

    La mattina di mercoledì scorso, 19 marzo, centinaia di poliziotti armati hanno circondato la casa del sindaco di Istanbul e poi lo hanno arrestato. Lui è stato accusato di corruzione e sostegno ad organizzazioni terroristiche. Bisogna però sottolineare che il sindaco di Istanbul non è l’unico ad essere stato arrestato. Sì, perché solo durante lo scorso anno sono stati destituiti o arrestati altri dieci sindaci, rappresentanti dell’opposizione. Il sindaco arrestato di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, è uno dei più noti dirigenti del Partito Popolare Repubblicano (in turco Cumhuriyet Halk Partisi – CHP; n.d.a.). Si tratta del maggior partito dell’opposizione in Turchia, che è anche il più antico partito politico della Turchia, fondato il 9 settembre 1923 dal generale Mustafa Kemal Atatürk, primo presidente della Turchia, noto anche come il fondatore della Turchia post imperiale. Il sindaco di Istanbul arrestato mercoledì scorso stava esercitando il suo secondo mandato dall’anno scorso, dopo aver avuto il suo primo incarico di sindaco nel marzo 2019. Ed aveva vinto dopo che, da venticinque anni, il partito del presidente Erdogan controllava Istanbul, la più grande città di Turchia con circa 16 milioni di abitanti. Il sindaco ormai arrestato di Istanbul aveva vinto il suo secondo mandato, sempre contro il candidato del partito di Erdogan, con un risultato convincente e molto significativo. Lui aveva dichiarato che sarebbe stato il candidato del CHP contro Erdogan nelle prossime elezioni presidenziali. E, guarda caso, le primarie del suo partito per eleggere il futuro candidato presidenziale erano previste per domenica 23 marzo, proprio cinque giorni dopo il suo arresto. Una “strana coincidenza” quella! Ma in Turchia accade di tutto, pur di garantire il sempre più ampio potere del presidente autocrate del Paese, che molti chiamano sultano.

    E per garantire il potere del presidente, nel corso degli anni, sono stati arrestati molti suoi avversari politici, ma non solo. Il sindaco di Istanbul era l’ultimo di una lunga lista. Bisogna sottolineare che soltanto dopo il tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016 sono stati arrestati, secondo fonti mediatiche ben informate, oltre 15 mila persone. Nei giorni successivi al 15 luglio 2016 sono stati, altresì, licenziati decine di migliaia di funzionari ed impiegati pubblici. Sono stati arrestati anche molti scrittori, giornalisti, ufficiali, giudici ed altri che erano contrari ai metodi dittatoriali usati da Erdogan per avere un sempre più vasto e personale controllo delle istituzioni e dei media.

    Subito dopo l’arresto del sindaco di Istanbul mercoledì scorso, alcuni media in Turchia hanno reso pubbliche anche le prime reazioni. Lo stesso sindaco appena arrestato aveva scritto sul sito da lui usato che “La volontà del popolo non può essere messa a tacere tramite intimidazioni o atti illeciti”. Mentre il presidente del Partito popolare repubblicano, di cui il sindaco arrestato era uno dei più noti rappresentanti, ha dichiarato mercoledì scorso, riferendosi alla vera, vissuta e spesso sofferta realtà in Turchia che “…attualmente, c’è un potere in atto che impedisce alla nazione di scegliere il prossimo presidente”. Lui ha definito l’arresto del sindaco di Istanbul come “…un tentativo di colpo di stato contro il nostro prossimo presidente“.

    Subito dopo l’arresto del sindaco di Istanbul, le autorità hanno dichiarato il divieto dei raduni e delle manifestazioni fino a domenica. Ma questa decisione delle autorità non ha impedito però a decine di migliaia di cittadini turchi di scendere nelle strade e nelle piazze di Istanbul e di altre città per protestare contro quell’arresto. In Turchia, un Paese con la stragrande maggioranza della popolazione di religione musulmana, questo mese è anche il sacro mese di Ramadan, durante il quale si digiuna dall’alba fino alle prime ore di sera e si osservano anche altre regole. E per onorare quanto prevede la religione musulmana, le proteste contro l’arresto del sindaco si svolgono in serata. Le manifestazioni pacifiche ma molto massicce, che si svolgono ogni sera ad Istanbul ed in altre città della Turchia da mercoledì scorso, si chiamano ormai le “notti della democrazia”.

    Già mercoledì sera, migliaia di cittadini si sono radunati presso la sede del Comune di Istanbul, per esprimere la loro solidarietà al sindaco arrestato. Mentre un giorno dopo l’arresto del sindaco di Istanbul, sfidando il divieto alle manifestazioni, sono scesi in piazza anche centinaia di studenti dell’Università della città. Hanno protestato pacificamente, chiedendo giustizia e rispetto dei principi della democrazia. Mercoledì scorso, dopo l’arresto del sindaco, ha reagito anche l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. “L’odierna detenzione del sindaco di Istanbul Imamoglu e gli arresti e le accuse mosse contro funzionari eletti, attivisti politici, rappresentanti della società civile e delle imprese, giornalisti e altri dall’inizio dell’anno, sollevano interrogativi in merito all’adesione della Turchia alla sua consolidata tradizione democratica”, ha dichiarato.

    Da mercoledì scorso, ogni sera, scendono nelle strade e nelle piazze di Istanbul e di altre città decine di migliaia di cittadini che protestano pacificamente. Mentre la polizia, come hanno evidenziato diversi media presenti sul posto, ha usato gas lacrimogeni, getti di idranti e proiettili di gomma contro i manifestanti ed ha arrestato alcune centinaia di loro. Venerdì sera, 21 marzo, ad Istanbul ci sono state, secondo fonti ben informate, circa 300 mila persone per protestare contro l’arresto del sindaco della città. Tutto, dopo che un giorno prima il presidente del Partito popolare repubblicano aveva dichiarato che “…Da ora in poi, nessuno si aspetti che il CHP faccia politica in sale o edifici. Da ora in poi, saremo nelle strade e nelle piazze”.

    Domenica scorsa le autorità hanno confermato l’arresto del sindaco di Istanbul, messo in atto il mercoledì 19 marzo, accusandolo solo di corruzione. Il sindaco arrestato è stato anche sospeso dall’incarico. Sempre domenica scorsa il Partito popolare repubblicano ha ufficialmente designato Ekrem İmamoğlu come candidato unico per sfidare Erdoğan alle prossime elezioni presidenziali.

    Chi scrive queste righe da anni e a tempo debito ha informato il nostro lettore sull’espressa volontà del presidente turco di controllare sempre più le istituzioni, ignorano consapevolmente i principi della separazione dei poteri e diventando così un dittatore, un vero sultano. Perciò, parafrasando Victor Hugo, anche in Turchia è giunto il momento in cui la protesta non è più sufficiente, ormai diventa necessaria l’azione. E nel frattempo le proteste continuano massicce in attesa delle azioni.

  • Ci siamo sbagliati?

    E se fosse quello espresso, in varie forme, da Trump il sentimento più profondo degli Stati Uniti? Non sono forse stati sterminati gli indiani? Ed i pochi sopravvissuti non vivono certo in condizioni ideali, derubati delle ricchezze delle loro terre, visti come una minoranza da sopportare, loro che erano i nativi americani.

    E nelle sterminate terre da conquistare all’agricoltura ed all’allevamento non è spesso accaduto che gli allevatori facessero guerra ai contadini e ci fossero violenze di ogni genere?

    La violenza, fisica e verbale, non è una novità e anche ogni progresso porta in se violenze, ingiustizie, prevaricazioni, nonostante tutti i passi avanti della scienza la legge del più forte prevale ancora.

    C’era però un tempo, o almeno così era sembrato a noi, che dall’America venivano messaggi positivi, nei film il cattivo soccombeva al buono, la giustizia trionfava, ciascuno poteva coltivare speranze sotto la Statua della Libertà.

    Ci siamo sbagliati? Forse sì perché è impossibile che un uomo, con tutte le caratteristiche di Trump, abbia potuto tornare nella Stanza Ovale, nonostante i processi e gli scandali, senza il consenso della gente e se è stato votato vuol dire che rappresenta almeno una buona parte dello spirito americano.

    Prima della campagna elettorale in molti ci eravamo chiesti come era possibile che una grande nazione come gli Stati Uniti avesse candidate per la presidenza solo due figure come Trump e Biden, l’uno che con le sue urla e atteggiamenti da bullo, l’altro ormai visibilmente troppo anziano e provato nella salute.

    È sbagliato il sistema elettorale? A nostro avviso sì, quando per esercitare il diritto al voto bisogna iscriversi alle liste elettorali è già un passaggio che lede la democrazia diretta.

    Ricordo come, durante la prima presidenza Trump, amici irlandesi, abituati per anni ad andare negli Stati Uniti ad incontrare parenti e a fermarsi per un certo tempo, ci avevano detto di non riconoscere più l’America, non si poteva commentare nulla, si sentiva che le persone avevano paura ad esprimersi liberamente, decisero di rinunciare ad andare in un mondo dove si stava perdendo il senso della spontaneità, della stessa libertà.

    Guardando le esibizioni di Musk e di Trump, i cappellini, i saltelli, le motoseghe, prende un profondo senso di repulsione e di scoramento, tutto è ormai uno spettacolo, un alzare l’asticella della provocazione, uno sminuire gli altri, un volersi accreditare con i peggiori del mondo, un tessere ricatti.

    Un po’ di responsabilità l’Europa l’ha certamente, nelle colonie inglesi e francesi furono mandate, in gran parte, persone che l’Europa non voleva in patria e oggi forse Trump cerca una rivincita?

    Nel nuovo ordine mondiale che Trump, Musk, Putin e Xi-Jinping stanno programmando spetta a noi europei decidere cosa vogliamo fare, restare vassalli o tornare ad essere il fulcro della democrazia e questa scelta passa anche dal futuro dell’Ucraina e dalla speranza che la maggior parte degli abitanti degli Stati Uniti non la pensino come Trump.

  • Altra misera ed illecita messinscena di un autocrate malvagio

    O quanto è malvagio chi attribuisce la propria colpa ad un altro.

    Publilio Siro

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato dell’arresto del sindaco di Tirana, il 10 febbraio scorso. Il sindaco è stato accusato di corruzione passiva e di riciclaggio di denaro, fatti insieme con altre persone. Ma le accuse che finalmente hanno portato all’arresto risultano essere minori in confronto a molte altre che da anni sono state ufficialmente depositate presso la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata che si occupa di simili casi. Si tratta di clamorosi abusi di potere del sindaco, di corruzione attiva e di evidenti, pesanti e facilmente verificabili violazioni delle leggi in vigore durante il suo operato, dal 2015 e fino al suo arresto.

    Il sindaco della capitale doveva essere stato arrestato, anni fa, per il suo diretto coinvolgimento in quello che ormai da anni è noto come lo scandalo degli inceneritori. Uno scandalo di cui il nostro lettore è stato informato nei dettagli da alcuni anni ormai. Il sindaco della capitale doveva essere arrestato già un anno fa anche per il suo diretto ed attivo coinvolgimento in un altro clamoroso scandalo, noto in Albania come lo scandalo “5D”. Uno scandalo, in cui erano coinvolti anche alcuni direttori importanti del comune della capitale, che aveva a che fare con molti appalti truccati e finanziamenti per delle società che esistevano solo sulla carta.

    La scorsa settimana l’autore di queste righe scriveva, tra l’altro, per il nostro lettore: “E proprio il fatto che il sindaco della capitale non sia stato accusato per lo scandalo degli inceneritori, in cui è direttamente coinvolto anche il primo ministro ed altri suoi stretti collaboratori, è un’altra inconfutabile e preoccupante conferma che il sistema “riformato” della giustizia tutto può fare tranne che svolgere il suo ruolo istituzionale per combattere la diffusa e galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali”. (Misere messinscene prima e dopo un arresto; 17 febbraio 2025). Nel frattempo il primo ministro, subito dopo l’arresto del sindaco della capitale, si è schierato a suo fianco e ha, addirittura, accusato i procuratori ed i giudici per le loro decisioni che hanno portato all’arresto. Il primo ministro è diventato così il suo più attivo protettore!

    Bisogna evidenziare però che il primo ministro albanese, da circa un anno aveva pubblicamente preso le distanze dal sindaco della capitale. Nei corridoi del potere già da allora si parlava di una specie di “rivalità” tra il primo ministro ed il sindaco, nonostante quest’ultimo continuasse, in pubblico, a mostrarsi ubbidiente al suo superiore. In più il primo ministro aveva anche sostituito il sindaco di Tirana come responsabile politico della capitale e la regione per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Ma, nonostante questi fatti pubblicamente noti, da alcune settimane, il primo ministro si è presentato di nuovo in pubblico con il sindaco della capitale e, addirittura, lodava l’operato del sindaco. Chissà perché?! Le cattive lingue però hanno subito detto che proprio adesso, prima delle elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo, al primo ministro conveniva consegnare il sindaco nelle mani delle ubbidienti istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. E così è stato. Anche di questa “convenienza elettorale” il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana. E dopo i primi tre giorni di espressa “amicizia”, il 13 febbraio scorso il primo ministro ha cambiato atteggiamento nei confronti del sindaco arrestato. Come aveva fatto in precedenza anche con altri suoi stetti collaboratori che, per convenienza, li aveva consegnati nelle mani della giustizia “riformata”. Da mezzogiorno del 13 febbraio scorso però il primo ministro albanese ha pubblicamente dichiarato che la battaglia legale del sindaco arrestato della capitale era “…una battaglia sua e dei suoi avvocati; non mia e del partito socialista”.

    Bisogna però sottolineare che subito dopo l’arresto del sindaco della capitale, il 10 febbraio scorso, il primo ministro è andato personalmente nella sede del Comune. E durante l’incontro con i cinque vice sindaci ed altri alti funzionari del Comune, dopo aver affermato tutto il suo sostegno al sindaco e dopo aver nominato uno dei vice sindaci come amministratore politico, ha fatto sapere che lui stesso, il primo ministro, si sarebbe preso cura delle principali attività del comune. E non a caso il primo ministro non ha dichiarato la rimozione del sindaco arrestato dall’incarico e non ha neppure chiesto ufficialmente al presidente della Repubblica di proclamare una data per le elezioni parziali ed anticipate del nuovo sindaco della capitale, come aveva fatto in simili casi in precedenza. Perché così lui, da una parte, dimostrava ancora il suo “sostegno” al sindaco arrestato e, dall’altra parte, si autodichiarava lui stesso, il primo ministro, anche sindaco ad interim della capitale. E le cattive lingue hanno detto subito che il primo ministro era sicuro che le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, nei prossimi mesi almeno, non dovrebbero dichiarare “innocente’ e poi liberare il sindaco arrestato, in seguito alle richieste da lui fatte per ottenere la sua libertà.

    Il 7 febbraio 2024 Tirana è stata dichiarata la “Capitale mediterranea della Cultura e del Dialogo”, insieme con Alessandria d’Egitto. Da allora il sindaco ormai arrestato della capitale ha fatto di questa nomina una parte importante della sua “vanteria pubblica”. La cerimonia ufficiale per celebrare questo riconoscimento era stato deciso di svolgerla il 12 marzo 2025. Ma così non è stato però. E non perché la data è stata cambiata. No, è stata semplicemente usata quella proclamazione per mettere in atto un’altra misera ed illecita messinscena del primo ministro albanese. Essendo adesso alla vigilia della campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo, la legge obbliga i partiti di informare la Commissione elettorale centrale per tutte le loro attività pubbliche. Nel frattempo il primo ministro aveva deciso, proprio da sindaco ad interim della capitale, di svolgere il 20 febbraio scorso, in pieno centro della capitale, un “raduno di lavoro” con tutto il personale del comune di Tirana. E perciò formalmente il partito socialista, da lui capeggiato, aveva chiesto il permesso alla Commissione elettorale centrale di svolgere la cerimonia della proclamazione di Tirana “Capitale mediterranea della Cultura e del Dialogo” il 20 febbraio scorso. Ma in realtà il “raduno” niente aveva a che fare con quella proclamazione. Quel “raduno di lavoro” voluto dal primo ministro era un’opportunità per lui di ufficializzare la sua decisione di essere, allo stesso tempo, sia primo ministro che sindaco della capitale. E non a caso, il vice sindaco, nominato proprio dal primo ministro, subito dopo l’arresto del sindaco, come “amministratore politico” del comune, durante la cerimonia svolta nel pomeriggio del 20 febbraio scorso ha detto, rivolgendosi al primo ministro: “Voglio augurare al primo ministro un prospero ritorno nella squadra di Tirana”. Ed ha pronunciato in dialetto il nome della capitale. Bisogna sottolineare che prima di diventare primo ministro nel 2013, lui è stato sindaco della capitale dal 2000 al 2011.

    Il “raduno di lavoro” con il personale del comune, obbligato ad essere presente, risulta però violare le leggi in vigore. Il primo ministro ha usato il “raduno” per motivi elettorali che non avevano niente in comune con la proclamazione di Tirana “Capitale mediterranea della Cultura e del Dialogo” e per presentare se stesso come il sindaco ad interim della capitale. E durante il suo lungo discorso ha usato anche un linguaggio offensivo e da coatto contro gli avversari politici.

    Chi scrive queste righe è convinto però che quel “raduno di lavoro” era un’altra misera ed illecita messinscena di un autocrate malvagio, il primo ministro albanese. Come quelle fatte subito dopo l’arresto del sindaco di Tirana il 10 febbraio scorso. Chi scrive queste righe trova sempre attuale l’affermazione fatta da Publilio Siro circa ventun secoli fa: “O quanto è malvagio chi attribuisce la propria colpa ad un altro”. E si sa, la malvagità è una delle caratteristiche del primo ministro.

  • Parlar di corda in casa dell’impiccato

    Non è necessario scomodare esperti dei complessi  meandri della mente, a qualunque scuola di pensiero si appartenga, per comprendere che le parole di Trump contro il presidente ucraino scaturiscano dal suo inconsapevole sapere di essere lui un narciso, un vecchio desideroso di lasciare, come Putin, un segno nella storia, prima di morire, e se quel segno sarà nefasto per molti e per molti anni cosa gli importa?
    Parlar di corda in casa dell’impiccato, Trump parlando di Zelensky parla in gran parte di se stesso.
    Un vecchio narciso, come dimostra il suo agire con il potere, con le donne, con le persone in genere, che cerca in Musk la linfa vitale, una linfa che unisce la follia di entrambi, l’uno che vuole guidare il mondo, l’altro che vuole asservire  i cieli, costi  quel che costi.
    Finito da tempo negli Stati Uniti il mito dell’eroe buono alla John Wayne ora è il tempo dei deboli di pensiero che si fanno forti colpendo altri deboli, il tempo  dei super ricchi, che possono licenziare in un giorno  decine di migliaia di persone, senza neppure sapere chi sono.
    Non si cerca la pace dando ragione al paese aggressore, delegittimando Zelensky con palesi menzogne, pensando di umiliare il popolo ucraino, e nell’insieme anche l’Europa.
    Trump e Putin andranno sicuramente d’accordo, almeno fino a che servirà ad entrambi, perché sono fatti della stessa pasta.
    L’Europa avrà tutti i difetti del mondo, i suoi leader saranno spesso indecisi ma qualunque Europa è meglio dell’America di Trump e noi saremo sempre con il popolo ucraino, con gli aggrediti e mai con gli aggressori, fisici o verbali che siano.

  • La Commissione europea si dà gli obiettivi da perseguire nel 2025

    La Commissione ha adottato il programma di lavoro per il 2025, che delinea l’ambizione di promuovere la competitività, rafforzare la sicurezza e migliorare la resilienza economica nell’Ue. Il programma concretizza gli impegni illustrati negli orientamenti politici e nelle lettere di incarico inviate dalla presidente von der Leyen.

    Il programma di lavoro si concentra sulle iniziative faro che la Commissione adotterà nel primo anno del suo mandato, in risposta alle questioni che più interessano gli europei. Rispecchia il bisogno di più opportunità, innovazione e crescita per i nostri cittadini e per le imprese, promuovendo in ultima analisi un’Ue più sicura e più prospera.

    Il programma di lavoro è accompagnato da una comunicazione sull’attuazione e sulla semplificazione. Illustra in che modo la Commissione intende, nei prossimi cinque anni, agevolare l’attuazione pratica delle norme dell’UE, ridurre gli oneri amministrativi e semplificare le norme. Contiene obiettivi e strumenti per contribuire a ridurre l’onere normativo, rafforzare la competitività e la resilienza e ottenere miglioramenti rapidi e significativi per i cittadini e le imprese.

    Ogni anno la Commissione adotta un programma di lavoro in cui sono elencate le azioni che prevede di realizzare nell’anno successivo. Poiché il nuovo collegio ha iniziato i lavori il 1º dicembre 2024, il programma di lavoro della Commissione per il primo anno del nuovo mandato è stato adottato l’11 febbraio 2025.

    Il programma di lavoro per il 2025 è fortemente incentrato sulla semplificazione. Comprende una prima serie di pacchetti e proposte omnibus volti a migliorare e accelerare il funzionamento delle politiche e della legislazione dell’UE, per rafforzare la competitività dell’UE.

    La prima proposta omnibus introdurrà una semplificazione di ampia portata nei settori dell’informativa sulla finanza sostenibile, del dovere di diligenza ai fini della sostenibilità e della tassonomia. Altre iniziative, come l’atto legislativo sull’accelerazione della decarbonizzazione industriale, semplificheranno le prescrizioni per il rilascio di permessi e autorizzazioni e per la rendicontazione. Una nuova definizione di piccole imprese a media capitalizzazione ridurrà il carico normativo e farà sì che le PMI affrontino meno ostacoli alla crescita.

    Le misure di semplificazione riguardanti la politica agricola comune e altri settori strategici che interessano gli agricoltori affronteranno ulteriormente le radici della complessità e degli oneri amministrativi eccessivi che gravano sulle amministrazioni nazionali e sugli agricoltori. Saranno esaminate ulteriori proposte di semplificazione, tra cui un eventuale omnibus nel settore della difesa per perseguire gli obiettivi di investimento che saranno definiti nel Libro bianco e consentire alle imprese innovative di prosperare.

    Questi i principali obiettivi del programma di lavoro della Commissione per il 2025:

    • prosperità e competitività sostenibili: la bussola per la competitività, varata di recente, guiderà gli sforzi di crescita sostenibile, mentre la strategia dell’UE per le start-up e scale-up migliorerà le capacità degli imprenditori con un migliore accesso al capitale. Al centro del piano collaborativo per la decarbonizzazione e la competitività sta il patto per l’industria pulita, che aprirà la strada a un obiettivo proposto di riduzione delle emissioni del 90% per il 2040.
    • difesa e sicurezza: in un contesto di tensioni nel panorama geopolitico, l’UE sta intensificando gli sforzi per tutelare la sicurezza e garantire la pace, presentando piani per costruire un futuro solido per la difesa europea. Investendo collettivamente e strategicamente nella cooperazione in seno alla NATO, l’UEmira a rafforzare la sua industria della difesa e a ridurre le dipendenze. La strategia dell’Unione in materia di preparazione rafforzerà l’anticipazione delle crisi e la resilienza, potenziata da iniziative dell’UE quali la strategia di costituzione di scorte e la normativa sui medicinali critici per garantire risorse essenziali
    • sostenere le persone e rafforzare le nostre società e il nostro modello sociale: al fine di consolidare il modello sociale, unico e prezioso, dell’Europa e di rafforzare l’equità, la Commissione guiderà gli sforzi volti a modernizzare le politiche di questo settore attraverso il nuovo piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali. Per promuovere l’adattamento alle trasformazioni tecnologiche, demografiche e settoriali, la Commissione presenterà l’Unione delle competenze per garantire che tutti i lavoratori ricevano l’istruzione e la formazione di cui hanno bisogno.
    • mantenere la qualità della vita: la Commissione presenterà una visione per l’agricoltura e l’alimentazione volta garantire un quadro stabile per gli agricoltori e delineerà una tabella di marcia per le principali proposte. Il patto per gli oceani creerà un quadro unificato per le politiche in campo oceanico, con l’obiettivo di preservare la salute degli oceani e promuovere l’economia blu dell’UE, mentre la strategia europea per la resilienza idrica adotterà un approccio dalla sorgente al mare per gestire efficacemente le risorse idriche, affrontando impatti dei cambiamenti climatici come inondazioni e siccità. Un pacchetto di semplificazione della politica agricola comune affronterà le radici della complessità e degli oneri amministrativi che gravano sugli agricoltori e sulle amministrazioni nazionali.
    • tutela della democrazia e difesa dei valori: iniziative come lo scudo per la democrazia affronteranno minacce quali l’aumento dell’estremismo e della disinformazione. La Commissione prevede anche di rafforzare le strategie per combattere la discriminazione basata su genere, disabilità, orientamento sessuale o razza, compresa una strategia rinnovata per l’uguaglianza LGBTIQ e una nuova strategia contro il razzismo.
    • un’Europa globale: fare leva sulla nostra forza e sui nostri partenariati: mentre lavorare per la libertà dell’Ucraina rimane una priorità, l’UE si impegna anche a garantire una pace giusta, globale e duratura in Medio Oriente basata sulla soluzione dei due Stati. Un patto mediterraneo e una strategia per il Mar Nero si concentreranno sulla cooperazione regionale, sugli investimenti economici e sulla sicurezza e una nuova agenda strategica UE-India adotterà un approccio globale per individuare settori di comune interesse strategico.
    • raggiungere insieme gli obiettivi e preparare l’Unione al futuro: la Commissione intende presentare un nuovo quadro finanziario pluriennale incentrato sulla semplificazione dell’accesso ai finanziamenti dell’UE e sul potenziamento dell’impatto finanziario per sostenere i finanziamenti nazionali, privati e istituzionali. Sarà dedicata un’attenzione particolare alle revisioni politiche pre-allargamento per valutare ulteriormente le conseguenze e l’impatto dell’allargamento su tutte le politiche dell’UE, garantendo che le nostre politiche possano continuare a produrre risultati efficaci in un’Unione più ampia.
  • Misere messinscene prima e dopo un arresto

    Colpevole. Trattasi sempre di un’altra persona.

    Ambrose Bierce, dal “Dizionario del diavolo”; 1911

    Era il primo pomeriggio del 10 febbraio scorso quando tutti i media in Albania hanno diffuso la notizia dell’arresto del sindaco della capitale Tirana, in carica dal 2015. Un arresto di cui si parlava da mesi. Un arresto però che, fatti accaduti ed ufficialmente denunciati dall’opposizione presso la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata alla mano, doveva essere attuato alcuni anni prima. Sì, perché si trattava di accuse denunciate nei minimi dettagli e che riguardavano sia il diretto coinvolgimento del sindaco della capitale, sia del primo ministro albanese e di alcuni suoi stretti collaboratori, tra i quali anche il Segretario generale del Consiglio dei ministri. Il nostro lettore è stato informato da alcuni anni di quello che in Albania è ormai noto come lo scandalo degli inceneritori. Sono molti gli articoli dell’autore di queste righe che hanno trattato questo argomento per il nostro lettore. Ma “stranamente” i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata hanno messo, ad oggi, in soffitta tutte quelle accuse. E pensare che una simile Struttura è stata costituita nel 2019 proprio per combattere ogni attività illecita, corruttiva ed abusiva dei rappresentanti politici ed istituzionali, partendo dai più alti livelli. Chissà perché però i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, il “vanto” del sistema “riformato” della giustizia, non hanno indagato sulle decisioni prese in piena violazione delle leggi in vigore in Albania, che riguardavano i tre inceneritori?! Bisogna sottolineare che l’inceneritore della capitale non è mai esistito fisicamente. Mentre gli due altri non hanno quasi mai funzionato. Ma nonostante i tanti fatti pubblicamente noti e facilmente verificabili che confermano una simile e grave realtà, i cittadini della capitale e di altre due città pagano delle tasse non trascurabili, come se tutto funzionasse regolarmente!

    L’arresto del sindaco della capitale è stato finalmente eseguito, ma non per le sopracitate accuse. Lui è stato accusato di corruzione passiva in almeno nove casi e di riciclaggio di denaro, fatto insieme con altre persone, tra cui anche sua moglie. Secondo i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata il sindaco della capitale avrebbe approvato molti permessi di costruzione edilizia nella capitale, a degli imprenditori con i quali poi divideva i guadagni. In più il sindaco è stato accusato di condivisione di ingenti fondi pubblici con delle imprese e delle organizzazioni non governative, tra cui anche alcune di sua moglie e/o da lei controllate direttamente e/o tra terze persone. Il sindaco della capitale non è stato però accusato per il clamoroso scandalo degli inceneritori. E neanche dello scandalo reso noto quasi un anno fa, in cui lui era coinvolto direttamente e/o tramite alcuni suoi stretti collaboratori e dirigenti del comune della capitale. Uno scandalo quello legato a molti appalti truccati e a finanziamenti per delle società che esistevano solo sulla carta. E proprio il fatto che il sindaco della capitale non sia stato accusato per lo scandalo degli inceneritori, in cui è direttamente coinvolto anche il primo ministro ed altri suoi stretti collaboratori, è un’altra inconfutabile e preoccupante conferma che il sistema “riformato” della giustizia tutto può fare tranne che svolgere il suo ruolo istituzionale per combattere la diffusa e galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali.

    Se il sindaco della capitale fosse stato arrestato per i veri e clamorosi abusi della cosa pubblica, allora si doveva arrestare per primo non il sindaco, bensì il primo ministro albanese. Sì, perché lui non solo sapeva tutto, ma ha condiviso, approvato, beneficiato e, addirittura ordinato gli abusi fatti dal sindaco. Anche questi sono fatti pubblicamente noti e denunciati dall’opposizione e da alcuni pochi e molto corraggiosi giornalisti investigativi. Alcuni dei quali, però e purtroppo, sono stati costretti a fuggire e chiedere asilo in altri Paesi europei.

    Il primo ministro, fino a pochissimi mesi fa, aveva accantonato e anche sostituito il sindaco di Tirana come responsabile politico della capitale e la regione, per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Ma “stranamente”, durante queste ultime settimane, il primo ministro si è presentato di nuovo in pubblico con il sindaco della capitale e, addirittura, lodava l’operato del sindaco. Anche questo inatteso atteggiamento del primo ministro ad alcuni attenti analisti generò dubbi. In più, subito dopo l’arresto del sindaco, il 10 febbraio scorso, il primo ministro diventò, per alcuni giorni, il suo più attivo protettore! Non solo, ma lui, per “difendere” il sindaco, accusò addirittura tutti i procuratori e i giudici del sistema “riformato” della giustizia che hanno permesso l’arresto. Per lui l’arresto del sindaco “ha passato ogni limite”, calpestando “gli standard democratici del Paese”. Per il primo ministro tutto ciò “non è normale, non c’è una flagranza, non c’è un crimine…”. E poi, convinto e determinato, ha affermato che “Il partito socialista (capeggiato proprio da lui; n.d.a.) non tacerà di fronte a [simili] flagranti violazioni”.

    Un simile comportamento del primo ministro era, però, semplicemente una misera messinscena, che finì dopo tre giorni dall’arresto del sindaco, il 13 febbraio scorso, poco dopo mezzogiorno. Da allora il primo ministro ha cambiato completamente discorso. Lui ha “abbandonato” alla sua sorte il sindaco. Il primo ministro ha dichiarato che la battaglia legale del sindaco era “…una battaglie sua e dei suoi avvocati; non mia e del partito socialista”.

    L’autore di queste righe pensa che al primo ministro, viste la vera realtà albanese e le innumerevoli difficoltà che lui deve affrontare quotidianamente, conveniva di più consegnare il sindaco della capitale nelle mani della giustizia “riformata” da lui personalmente controllata che averlo al suo fianco durante la campagna già in corso per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Sì perché così prendeva due piccioni con una fava. Eliminava tutte le accuse che gli avversari politici del primo ministro potevano giustamente fare nei confronti del sindaco. Ma, così facendo, tutto pesava anche sul partito e lo stesso primo ministro. Arrestato il sindaco, la potente propaganda del primo ministro adesso potrà dire che il colpevole è stato ormai arrestato. Ma non solo questo. La potente propaganda e lo stesso primo ministro adesso possono dire che il sistema della giustizia funziona. E così si cercherà di sfumare anche quanto sta emergendo ultimamente sui finanziamenti USAID per la “riforma” voluta e attuata con il diretto sostegno della Fondazione per la Società Aperta di George Soros. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò la scorsa settimana (Fallimento programmato e preoccupante di una ‘riforma’; 10 febbraio 2025).

    A proposito, proprio dopo la decisione presa dal presidente statunitense sui finanziamenti USAID e anche delle pericolose e ben presenti influenze di Soros in varie parti del mondo, adesso il primo ministro albanese ha cancellato dalle sue applicazioni in rete tutte le sue foto sia con George Soros che con suo figlio. Quest’ultimo, riferendosi al primo ministro albanese, lo ha continuamente chiamato  “il mio fratello”. Mentre il primo ministro si vantava di quelle considerazioni. Sì, si vantava e lo faceva vedere a tutti, fotografie comprese. Anche perché lui da anni ne ha ampiamente approfittato dell’amicizia con George Soros e della “fratellanza” con il Soros junior.

    Chi scrive queste righe è convinto che tutte le dichiarazioni fatte dal primo ministro albanese, sia prima che dopo l’arresto del suo “amico/nemico” sindaco della capitale, sono state semplicemente delle misere e forzate messinscene. Per lui, trovandosi in simili e troppo gravi difficoltà, è molto importante apparire come “vittima” di coloro che hanno approfittato ed abusato della sua fiducia. Per il primo ministro, parafrasando Ambrose Bierce, il colpevole è sempre un’altra persona.

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