dogane

  • Dall’UE il primo regolamento europeo sul benessere dei cani e dei gatti

    La criminalità organizzata continua il suo business anche con il traffico illegale di cani e gatti e la Commissione Europea denuncia che dal luglio 2022 a luglio 2023, attraverso la cooperazione tra gli Stati, sono state scoperte diverse illegalità che hanno già portato ad avviare 35 procedimenti giudiziari.

    Come già abbiamo scritto sul Patto la pubblicità on line e l’uso scorretto dei social ha consentito e consente ai criminali di contattare facilmente il vasto pubblico di coloro che cercano un animale da compagnia.

    I paesi dai quali provengono di più gli animali illegali sono Romania e Bulgaria per l’Europa e Russia, Serbia, Bielorussia e Turchia per fuori Europa.

    Gli animali viaggiano in pessime condizioni ed in età troppo giovane e molti cuccioli arrivano a destinazione gravemente ammalati e forniti di documenti falsi, si traffica anche in falsi timbri, microchip e documenti contraffatti come i passaporti sanitari.

    La Commissione ritiene urgente affrontare il problema con un sistema multiforme e cioè leggi più idonee, maggiori controlli, collaborazione tra le diverse autorità giudiziarie e sanzioni più severe in tutti i paesi dell’Unione.

    Certamente la riforma dell’Unione doganale, proposta nel maggio del 2023 ma ancora non entrata in funzione, contribuirà a controlli più attenti e mirati alle frontiere.

    I diversi sistemi infatti non aiutano la piena collaborazione tra Stati, mentre in Italia i servizi veterinari collaborano attivamente con la polizia in altri paesi i veterinari hanno rapporti con le autorità doganali o le associazioni non governative, comunque la cooperazione, che ha preso avvio nel luglio 2022, ha già dato i primi evidenti risultati.

    La Commissione europea, per debellare il traffico illegale di animali, propone varie iniziative.

    Tutti i cani e i gatti prima di essere venduti dovranno essere identificati e dotati di microchip per essere registrati e così consentire agli acquirenti di verificare che siano state rispettate le norme europee per l’allevamento ed il trasporto. Gli allevamenti devono essere riconosciuti, i venditori dovranno dimostrare che le norme siano rispettate e fornire tutte le informazioni agli acquirenti.

    La Commissione ha anche chiesto agli Stati membri di prevedere sanzioni adeguate per i trasgressori.

    L’obiettivo è di arrivare ad una tracciabilità europea dei cani e dei gatti e delle attività che si occupano del loro commercio.

    I problemi restano molti non solo perché non si riesce ad effettuare un controllo su quanto avviene via internet, infatti spesso la commercializzazione è fatta sotto mentite spoglie e non viene registrata nel sistema Traces, ma anche perché le norme di identificazione degli animali, attraverso i microchip, sono diverse tra paese e paese, addirittura in Italia non c’è ancora un registro nazionale per verificare i cani o i gatti chippati nelle diverse regioni.

    Un passo, avanti, per sconfiggere uno dei business della criminalità organizzata, è stato fatto ma vi è ancora molto da fare e ci auguriamo che tutti gli Stati si mettano al passo per sconfiggere una piaga che porta sofferenze agli animali, danni morali ed economici agli acquirenti e un fiume di denaro sporco ai criminali.

  • Tutte le operazioni soggette ad accisa nell’UE diventano interamente elettroniche

    A seguito di un aggiornamento della direttiva relativa al regime generale delle accise, a partire dal 13 febbraio gli Stati membri inizieranno ad applicare nuove norme in materia di accise. Le norme renderanno completamente dematerializzata la tassazione dell’alcol, del tabacco e dei prodotti energetici in tutta l’UE. Il passaggio allo scambio digitale e immediato di informazioni sulla circolazione di tali prodotti nell’Unione aiuterà le autorità a combattere le frodi in materia di accise, un problema che ogni anno costa agli Stati membri milioni in contributi di bilancio.

    Al tempo stesso, il nuovo sistema elettronico standardizzato semplificherà la vita dei commercianti, in particolare dei fornitori di energia e dei piccoli produttori di alcol, e contribuirà ad accelerare gli scambi nei settori interessati. In precedenza le procedure digitali in materia di accise erano disponibili solo per chi operava nell’ambito della cosiddetta procedura di sospensione dall’accisa. Fino ad ora, le merci dovevano essere accompagnate da dichiarazioni fisiche cartacee al momento della contabilizzazione immediata delle accise a destinazione.

    In base alle nuove misure, che entrano in vigore lunedì, tutti gli operatori che trasportano prodotti sottoposti ad accisa da uno Stato membro dell’UE a un altro dovranno presentare solamente informazioni digitali sulle transazioni nel sistema d’informatizzazione del controllo dei movimenti dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS). Il sistema consentirà la raccolta e il trattamento online delle informazioni sui movimenti, la convalida dei dati inseriti e la notifica in tempo reale della spedizione e del ricevimento dei prodotti soggetti ad accisa. Consentirà inoltre lo scambio immediato di messaggi online sicuri contenenti informazioni specifiche sulle spedizioni e sui movimenti tra Stati membri, sgravando così le imprese dei costi amministrativi, liberando tempo e risorse, e fornendo alle autorità le informazioni necessarie per combattere più efficacemente le frodi.

    Insieme a una serie di altre misure relative alle accise, la direttiva sosterrà un mercato unico più coeso digitalizzando le dichiarazioni, riducendo gli oneri amministrativi a carico degli operatori del settore e prevenendo ulteriormente la frode fiscale.

  • La Commissione europea apre a controlli nell’area Schengen: “ma sia un’eccezione”

    Ripristinare i controlli ai confini all’interno dell’area Schengen in caso di “massicci” flussi migratori. La Commissione europea si accinge ad aprire il vaso di Pandora del dossier flussi con una prima proposta di intervento che sembra strizzare l’occhio a quei Paesi membri da anni allarmati dai cosiddetti movimenti secondari. Nella proposta di modifica del codice Schengen l’esecutivo europeo, in casi di estrema eccezionalità e dietro adeguata motivazione, permetterà a Stati come Germania, Olanda o Francia, di istituire controlli alle frontiere per impedire l’accesso di migranti dai Paesi di primo ingresso. Si tratta, al momento, di una proposta che plausibilmente potrebbe ricadere nel ben più ampio Patto sulla Migrazione e l’Asilo. L’Italia, però, già ha drizzato le antenne e, sebbene il tema non sia formalmente in agenda, potrebbe anche dire la sua al Consiglio europeo di giovedì 16 dicembre.

    Sul tavolo del summit dei leader, si parlerà innanzitutto della dimensione esterna del dossier migranti, ovvero della parte dove il consenso tra i Paesi membri è pressoché unanime. Ma l’ombra dei movimenti secondari è dietro l’angolo e la proposta della Commissione Ue potrebbe aprire una breccia nel dibattito. Il testo dell’esecutivo europeo prende spunto da una duplice emergenza: la crisi pandemica, che nel 2020 portò i Paesi membri a muoversi in ordine sparso sulla chiusura dei confini; e l’attacco ibrido della Bielorussia, che due settimane fa ha indotto Bruxelles a sospendere alcune fattispecie delle procedure d’asilo per Polonia, Lituania e Lettonia. L’obiettivo della proposta è quello di un maggior coordinamento tanto che, nel caso un Paese reintroduca i controlli ai confini, sarà il Consiglio Ue ad essere coinvolto sugli aspetti legati all’iniziativa. Si tratterebbe, in ogni caso, di una extrema ratio, lasciata ad un Paese che, in mancanza di soluzioni alternative, si trova ad affrontare un massiccio flusso di persone alle sue porte.

    L’esecutivo Ue inviterà poi gli Stati membri a pattugliamenti congiunti delle frontiere e ad accordi bilaterali ad hoc, sul modello di quelli conclusi dall’Italia con i Paesi confinanti, proprio per evitare un uso indiscriminato di eccezionalità nell’area Schengen.

    Eppure per Roma già nelle scorse ore è scattato l’allarme: la posizione del governo è sempre stata quella di analizzare i movimenti secondari e quelli primari in un approccio organico. Evitando di restare soli nel salvataggio dei migranti in mare trovandosi, allo stesso tempo, con altri richiedenti asilo respinti ai confini Nord della Penisola. Non a caso, fonti europee spiegano come già la proposta della Commissione sia frutto di una mediazione. Il risultato, tuttavia, resta quello di “facilitare” il respingimento di migranti alla frontiera per i Paesi dell’Europa del Centro-Nord. Sul dossier tornerà quasi certamente la presidenza francese dell’Ue, che da gennaio lavorerà ad una profonda revisione dei regolamenti di Dublino. “Responsabilità accompagnata alla solidarietà” resta la linea rossa tracciata dall’Italia. I fari sui migranti restano accesi. A margine del Consiglio Affari Esteri Ue, Luigi Di Maio ha avuto un bilaterale con suo omologo del Qatar Al-Thani tutto incentrato sul dossier afghano e su quello libico. “La sicurezza e il controllo dei flussi migratori continuano a essere tra le nostre priorità”, ha sottolineato il titolare della Farnesina.

  • Dogane: un sistema di gestione dei rischi moderno aiuta le autorità doganali a scambiarsi informazioni in tempo reale

    La Commissione europea ha varato un nuovo sistema doganale di gestione dei rischi (CRMS2) per rafforzare i controlli doganali dell’UE e proteggere i cittadini e le imprese dell’Unione, nonché gli interessi finanziari di quest’ultima. Il nuovo sistema, che entrerà ufficialmente in funzione il 1º gennaio 2022, facilita lo scambio in tempo reale di informazioni sui rischi tra le amministrazioni doganali.

    Il ventaglio dei possibili rischi oggetto del sistema è ampio e comprende ad esempio i rischi per la sicurezza connessi agli esplosivi, i rischi per la sicurezza relativi a salute e ambiente, la sicurezza dei prodotti, i rischi finanziari e commerciali, inclusi i diritti di proprietà intellettuale e i controlli sul denaro contante. Lo scambio di informazioni si è rivelato particolarmente utile durante la pandemia di COVID-19, che ha richiesto che grandi quantità di prodotti medicali venissero rapidamente controllate e sdoganate per l’uso.

    Questo nuovo sistema apporterà enormi vantaggi alle autorità doganali europee” – ha dichiarato Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia. “Quando merci pericolose verranno fermate in un punto della frontiera esterna dell’UE, l’informazione sarà immediatamente condivisa tra gli uffici doganali di tutta l’Unione. Il nuovo sistema doganale di gestione dei rischi darà un enorme impulso alla lotta contro le frodi e agli sforzi per garantire la sicurezza dei cittadini“.

    Il sistema doganale di gestione dei rischi mette in collegamento le autorità doganali dei 27 Stati membri dell’UE e, ad esempio, della Norvegia. Sono compresi tutti i porti internazionali, gli aeroporti, i principali valichi di frontiera terrestri e tutti i centri nazionali di analisi dei rischi. In totale, circa 900 uffici doganali e centri nazionali e 6 500 funzionari doganali ed esperti in materia di rischi sono collegati al sistema, che riguarda la frontiera esterna dell’UE nella sua interezza.

    Fonte: Commissione europea

  • L’UE propone la modernizzazione dell’Organizzazione mondiale delle dogane a sostegno di un ordine multilaterale rafforzato

    Per la prima volta, l’UE presenta la sua iniziativa per un’ampia riforma dell’Organizzazione mondiale delle dogane (OMD), il forum mondiale che informa le norme internazionali e l’azione comune nel settore delle dogane. L’iniziativa di modernizzazione consentirebbe di rafforzare la posizione dell’OMD quale istituzione multilaterale e di aiutarla a fronteggiare meglio gli sviluppi dell’attuale contesto commerciale internazionale in costante mutazione, sostenendo allo stesso tempo le transizioni verde e digitale. L’iniziativa dell’UE sarà presentata a tutti i membri dell’OMD in occasione della sessione del consiglio dell’OMD, che inizia oggi.

    L’OMD ha oltre 180 membri, compresi l’UE e gli Stati membri. In quanto unica organizzazione mondiale in materia doganale, l’OMD tratta un importante numero di argomenti settoriali nonché quelli riguardanti il commercio internazionale. Dalla sua fondazione quasi 65 anni fa tuttavia, l’OMD non ha mai subito una riforma di ampia portata, nonostante i profondi cambiamenti verificatisi nel commercio mondiale e le nuove sfide cui devono far fronte le amministrazioni doganali in tutto il mondo. In particolare, l’UE ritiene necessari una più chiara assegnazione di priorità nei lavori dell’OMD, in linea con le sfide dei prossimi decenni, e miglioramenti della sua governance e del processo decisionale nonché della sua efficienza.

    L’iniziativa di modernizzazione presentata dall’UE questa settimana assume la forma di una serie di raccomandazioni nelle quali si sottolineano le attività centrali dell’Organizzazione e allo stesso tempo si indica chiaramente la direzione che dovrà seguire il futuro operato per migliorare la sua posizione internazionale e farne un attore più efficace ai fini della promozione di scambi commerciali sicuri e legittimi. In sintesi la presentazione dell’UE include un approccio in tre fasi verso la riforma strategica.

    Innanzitutto, l’OMD dovrebbe concentrarsi maggiormente sulle priorità strategiche che rispecchino meglio le principali sfide del XXI secolo. In particolare l’OMD dovrebbe concentrarsi sull’informatizzazione delle dogane e sull’uso dei dati, anche in relazione all’espansione del commercio elettronico e allo scambio di informazioni; il contributo delle dogane alla protezione dell’ambiente e l’agenda verde; lo sviluppo di approcci basati sullo sportello unico e su una gestione coordinata delle frontiere onde semplificare le pratiche doganali per le imprese; e potenziare la gestione dei rischi da parte delle autorità doganali.

    Quindi, si dovrebbero ulteriormente rivedere i metodi di governance dell’OMD, affinché l’Organizzazione possa svolgere pienamente il suo ruolo in un ambiente internazionale dinamico. È necessario migliorare la trasparenza e i processi istituzionali e decisionali, avvalendosi al meglio delle risorse a disposizione dell’Organizzazione.

    Infine, si dovrebbero esaminare i mezzi di finanziamento dell’OMD al fine di garantire la sostenibilità sul lungo termine dell’Organizzazione e migliorarne la posizione nell’architettura globale multilaterale, in particolare alla luce della pandemia di COVID-19 e nel quadro della ripresa economica.

    Dalla sua fondazione nel 1952 l’OMD non è mai stata oggetto di una riforma globale e, sebbene nel passato siano state presentate diverse proposte di modernizzazione, l’UE ha adottato la posizione secondo cui occorre adottare un approccio più ampio e coerente.

    L’odierna presentazione è allineata con gli obiettivi stabiliti nella recente Comunicazione sul riesame della politica commerciale della Commissione, in particolare per disporre di un quadro di riferimento basato sulle regole per potenziare la resilienza e la sostenibilità delle catene di approvvigionamento nonché favorire le transizioni verde e digitale. Tale iniziativa sarebbe inoltre coerente con la strategia della Commissione e del SEAE intesa a rafforzare l’ordine multilaterale e a consentire all’UE di svolgere un ruolo di primo piano nelle sedi multilaterali, esprimendosi con un’unica voce.

    In seguito alle conclusioni questa settimana del consiglio dell’OMD, si prevede che quest’ultima approfondirà le discussioni sull’iniziativa di modernizzazione presentata dall’UE nelle sue successive riunioni e la includerà in quanto programma strategico per il suo nuovo ciclo politico.

    Fonte: Commissione europea

  • Dal Pireo l’espansionismo della Cina e sui mercati

    Mentre in Italia si sta ancora disquisendo su come ricostruire il ponte di Genova e mentre da anni il porto del capoluogo ligure è additato come uno dei più lenti per lo smaltimento dei container di merci provenienti da fuori Europa, il progetto infrastrutturale di Pechino, “nuova via della seta”, è sempre più in espansione in Grecia e non solo. Questo progetto conta ormai sei corridoi di trasporto che toccano più di sessanta nazioni tra Asia, Europa  e Nord Africa e, di fatto, sta già spostando gli assetti politici ed economici dando alla Cina sempre maggiore centralità non solo nelle attività commerciali.

    In una intervista il pro rettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, Prof. Giuliano Noci, ricorda come la maggior parte delle merci cinesi, dirette in Europa, viaggi per mare e proprio attraverso i porti del mediterraneo la Cina riduce della metà i tempi di trasporto. La Cina ha in mano il porto del Pireo in Grecia e sta già guardando allo sviluppo del porto di Patrasso, città affacciata sul mare Ionio! Il porto del Pireo è lungo più di trenta chilometri e la Repubblica Popolare cinese, che ha investito quasi mezzo miliardo di euro, controlla l’intero scalo anche se la maggior parte dei dipendenti non hanno un contratto collettivo ma sono impiegati attraverso agenzie interinali. La Grecia ha comunque beneficiato degli accordi con Pechino anche per quanto riguarda la presenza di centinaia di migliaia di turisti già arrivati o previsti per i prossimi anni ma è evidente che la sempre maggiore espansione cinese nei porti greci e del mediterraneo (vedi Italia e Spagna) comporta un immenso aumento delle merci cinesi nei nostri paesi e dell’apertura di attività commerciali che per prezzi sono particolarmente concorrenziali con i nostri. Vi sono anche risvolti politici importanti visto che la Grecia ha impedito che l’Unione europea emettesse una condanna unanime sulla situazione dei diritti umani in Cina  e si aumentassero i controlli sugli investimenti cinesi in Europa. Vi è inoltre notizia che una flotta militare cinese, nell’estate, abbia navigato fino al Pireo e anche le preoccupazioni espresse dalla Merkel non hanno fino ad ora smosso le autorità nazionali, oltre che europee, per mantenere una propria capacità nei porti del mediterraneo che possa contrastare l’espansionismo cinese che solo nel 2017 ha operato su quattro milioni di container in Grecia.

    Fino a che l’Europa e i paesi del mediterraneo non comprenderanno la necessità di sviluppare nell’immediato le proprie infrastrutture portuali e non daranno vita ad una armonizzazione dei sistemi doganali continueremo ad avere non solo un espansionismo massiccio e pericoloso in termini economici e non solo, della Cina ma anche un continuo incremento delle merci illegali e o  contraffatte che entrano in Europa, a tutto danno dei consumatori e delle imprese manifatturiere e di conseguenza il declino continuerà.

  • Per Ue e Uk un conto di 58 miliardi di sterline in caso di divorzio senza accordo

    Una Brexit senza accordo costerebbe alle imprese del Regno Unito e dell’Ue 58 miliardi di sterline (65 miliardi di euro) all’anno, ma il costo potrebbe essere di soli 31 miliardi di sterline se il Regno Unito rimanesse in un’unione doganale. Lo sostiene un’analisi flash pubblicata da Oliver Wyman, una società di consulenza britannica, e Clifford Chance, uno studio legale, secondo la quale i costi supplementari deriveranno da barriere (tariffarie e non, nonché regolamentari) conseguente alla sottoesposizione degli scambi tra Ue e Uk alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio invece che alle attuali norme del mercato unico dell’Ue.

    In assenza di accordi, le imprese britanniche si troverebbero ad affrontare costi per 27 miliardi di sterline, quelle della Ue a 27 costi per 31 miliardi di sterline nello scenario di assenza di accordi, mentre la divisione sarebbe di 17 miliardi di sterline e di 14 miliardi di sterline in caso Londra concordasse di restare nell’unione doganale europea. I costi colpirebbero più duramente cinque settori del Regno Unito: prodotti chimici e plastici, metalli e miniere, aerospaziale, servizi finanziari e scienze della vita; per quanto riguarda l’Ue, interesserebbero principalmente i settori aerospaziale, automobilistico, chimico e delle materie plastiche, dei metalli e delle miniere e delle scienze della vita.

    A risentire maggiormente dei costi sarebbero Londra, nel Regno Unito e 4 Land tedeschi a forte concentrazione di aziende automobilistiche e manifatturiere: Baviera, Baden-Württemberg, Renania settentrionale-Vestfalia e Bassa Sassonia. Anche il settore agricolo irlandese subirebbe pesanti ripercussioni.

  • Dopo il Pireo in Grecia la Cina acquisisce un porto in Belgio

    La China Ocean Shipping Company (COSCO), nota per aver acquistato parte del porto del Pireo in Grecia, ha recentemente acquistato il terminal del porto di Zeebrugge, il secondo del Belgio per flusso di navi e container. La scelta non è casuale perché Zeebrugge si trova in una posizione strategica: permette infatti di raggiungere facilmente altri porti nel nord Europa e città nell’entroterra. Il porto potrà accogliere anche i container che viaggiano sui treni attraverso il continente eurasiatico, lungo la nuova Via della Seta, e da qui salpare verso la Gran Bretagna e altre destinazioni. Si stima che il numero di container in entrata nell’Unione Europea dalle rotte terrestri crescerà esponenzialmente nei prossimi anni. Ciò cambierà il volto del sistema commerciale europeo, che in parte sarà gestito da compagnie cinesi. La notizia non può non suscitare preoccupazione sull’adeguatezza dei controlli delle merci illegali o contraffatte portando ancora una volta alla ribalta il problema, discusso ma mai veramente vicino ad una soluzione, dell’armonizzazione del sistema doganale all’interno dell’Unione europea.

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