fotografia

  • Giovanni Giusti non solo un fotografo

    La mostra “Anime pure” di Giovanni Giusti, inaugurata il 27 agosto nella Torre dell’Orologio di San Polo d’Enza, si concluderà sabato 15 ottobre, ancora pochi giorni per potere apprezzare le foto che l’artista ha scattato in uno dei suoi ultimi viaggi a Goa.

    “Anime pure” perché ogni foto rappresenta la purezza, la dignità di bambini che guardano avanti, non sono semplici ritratti o spaccati di vita presi a caso per commuovere o per fissare attimi fuggenti. Nelle sue foto Giovanni Giusti cerca e trova l’anima di chi è fotografato per poi parlare alle anime di chi osserva.

    Una ricerca la sua, quasi una missione che continua da anni, un lavoro costante di ricerca e di condivisione, il tentativo, ripetuto con passione e dedizione, di fare percepire a noi, così lontani dalle spiagge, dove alcuni vivono intensi periodi di turismo e molti altri, specie i bambini, rischiano ogni giorno di non vedere il giorno dopo, sensazioni e vite reali.

    Nessuna immagine violenta, cruda, angosciante ma solo realtà semplici e pure, quella purezza che non dovrebbe mai essere strappata ai bambini e che dovremmo, almeno un po’, conservare da adulti.

  • Mauro Balletti a Noto

    Quando è nata la sua passione per la fotografia? E quella per la pittura?

    Non parlerei di passioni ma di attitudine verso qualcosa che vedevo intorno a me sin dalla prima infanzia. Parlo della pittura. Mio nonno paterno era pittore, mio padre anche e mia mamma ha iniziato la sua attività di acquarellista verso i cinquant’anni. Quindi, anche da bimbo, nella casa dei nonni e nella mia non c’erano pareti vuote ma solo distese di quadri. Ho trovato recentemente le mie pagelle scolastiche delle elementari e delle medie e ho scoperto che ho avuto sempre 10 in disegno. Non me lo ricordavo affatto! A dipingere e a disegnare con vera coscienza ho iniziato solo verso i 18 anni. Ancora adesso guardo le matite colorate e i tubetti dei colori come se fossero edibili, come articoli di una meravigliosa pasticceria.

    Per quando riguarda la fotografia, il primo seme del riconoscimento della forza delle immagini impressionate sulla pellicola me l’ha donato mio padre portandomi quando avevo circa 8 o 9 anni nell’allora unico Cineforum di Milano, al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, tutte le settimane, di sera.

    Ho visto immagini grandiose, storiche, epiche, geniali e ipnotizzanti che mi sono rimaste impressionate sulla retina per sempre, con la certezza e il riconoscimento della loro artisticità. Scorrono spesso sullo schermo della mia memoria.  Erano film come “Ordet” di Carl Theodor Dreyer, “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, “Alexander Nevsky” di Sergei Eisentein e “la Strada” di Federico Fellini. In quelle immagini riconoscevo il genio, la follia, l’arte dell’estetica fotografica moderna; si sono sedimentate in me con tranquillità e mi hanno poi aiutato per sempre nel distinguere l’immagine intelligente da quella banale. Poi nel 1973 Mina Mazzini (che avevo conosciuto da poco grazie alla determinazione e alla caparbietà adolescenziali dell’amore assoluto che avevo per lei e la sua Arte), sapendo che io disegnavo mi chiese di farle delle fotografie durante la realizzazione di alcuni Caroselli. Accettai. Non avevo neppure una macchina fotografica e non avevo mai fatto una fotografia. Mi feci prestare una Nikon da un amico e realizzai delle fotografie che furono subito utilizzate per le copertine dei nuovi Album di Mina pochi mesi dopo. Iniziai così, con amore e totale incoscienza, a fare anche il fotografo.

    Ci sono tecniche fotografiche e pittoriche che ama maggiormente?

    In pittura amo molto disegnare con la china sulla carta; sentire il rumore (crr crr crr) che procura lo scorrere del pennino sulla carta è davvero meraviglioso! Ma disegno anche volentieri con le matite e i pastelli-gessetti. Sulla tela dipingo con i colori acrilici e i pastelli ad olio morbidi, ma sto tornando ad usare i classici colori ad olio. Nella fotografia la mia tecnica prioritaria è la ricerca della luce che meglio si adatta al viso della persona che sto ritraendo; ho una grande attrazione per il bianco e nero, tecnica che, con l’arrivo della fotografia digitale, è divenuta ancor maggiormente un motivo di ricerca estetica. Si ottiene in maniera diversa dalla fotografia analogica del secolo scorso. Le tonalità dei grigi, i contrasti, la luminosità sono ora ottenuti tramite il computer; ma il risultato è sempre una questione di scelte personali ed è quasi identico a quello ottenuto con la pellicola in ripresa e la successiva stampa su carta sensibile in camera oscura.

    Ci sono artisti che l’hanno ispirata maggiormente? 

    In pittura sono sempre in ginocchio davanti a Picasso, alla sua evoluzione geniale e rivoluzionaria. Amo tantissimo Giotto, il Beato Angelico, Michelangelo, El Greco, Ingres, Francis Bacon, Lucian Freud, Umberto Boccioni, Caravaggio (“Canestra di frutta” è uno dei capolavori assoluti della storia dell’Arte), Giorgio Morandi, Klimt. Recentemente ho scoperto Puvis de Chavannes, grande pittore francese dell’Ottocento, che Picasso aveva “guardato” con molta attenzione. Inoltre trovo modernissimi nelle pennellate libere (come solo poi a fine ‘800 accadrà) tutti i ritratti di El Fayum (durante l’impero Romano in Egitto). Per quanto riguarda la moderna arte concettuale, l’arte che parte principalmente da un’azione o da un concetto e in esso si sviluppa, mi attrae solo se il concetto è molto forte, come in Lucio Fontana. Il virtuale è meraviglioso come fonte di una coscienza collettiva primordiale dell’evoluzione artistica. In generale m’interessa e mi attrae molto la calligrafia pittorica, scultorea e mentale dell’artista. Se rimane solo concettuale senza personalità e carattere, mi appassiona di meno.

    Se le chiedessero di dare un consiglio ai giovani che si avvicinano alla pittura e al mondo dell’arte in generale, cosa si sentirebbe di consigliare loro? 

    Di fare, dal punto di vista artistico, solo quello che vogliono e di seguire il loro istinto senza ascoltare alcuno, ma solo le sirene del futuro, dopo aver conosciuto e studiato l’Arte del passato.

    Qual è la sua prossima mostra? 

    “Disegno, Pittura e Fotografia”, presso la Galleria di Palazzo Nicolaci a Noto dal 22 maggio al 25 luglio. Mostra curata dalla Presidente dell’Associazione Altera Domus, Paoletta Ruffino, e organizzata con il Patrocinio del Comune.

  • Displaced, la prima mostra antologica del fotografo Richard Mosse al MAST di Bologna

    Si intitola Displaced la prima mostra antologica dell’artista Richard Mosse presentata dalla Fondazione MAST di Bologna e curata da Urs Stahel, visitabile, ad ingresso gratuito (solo su prenotazione), fino al 19 settembre 2021. Ampia la selezione delle opere del fotografo irlandese, un’esplorazione tra la fotografia documentaria e l’arte contemporanea su migrazione, conflitto e cambiamento climatico che ha l’intento di mostrare quel confine in cui si scontrano i cambiamenti sociali, economici e politici.

    Esposte 77 fotografie di grande formato, inclusi i lavori più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Oltre a queste straordinarie immagini, la mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).

    Nella sua intera opera, frutto di lavori realizzati in Bosnia, Kosovo, Striscia di Gaza, frontiera fra Messico e Stati Uniti, Congo, Turchia, Grecia, Amazzonia brasiliana Mosse rinuncia a scattare foto ad immagini iconiche legate all’evento preferendo raccontare le circostanze e il contesto, l’obiettivo è mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione. “Le sue fotografie – spiega il curatore Urs Stahel – non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, in altri termini il momento culminante, ma il mondo che segue la nascita e la catastrofe”.

  • La vita del popolo sahiwaliano raccontata attraverso gli scatti Sohail Karmani

    Frammenti di vita quotidiana in cui i volti si intrecciano con i riti, i rituali e le cerimonie di un territorio dove è ancora parzialmente intatta la naturalità della condizione umana. Sono gli scatti racchiusi in The Spirit of Sahiwal di Sohail Karmani, professore ordinario presso la New York University di Abu Dhabi e appassionato fotografo che ha sviluppato nel tempo un proprio linguaggio narrativo incentrato sulla gente, i viaggi, la strada e la fotografia documentaria.

    Di origini pakistane, nel 2010 si è recato per la prima volta a Sahiwal, città di suo padre, nel distretto centro orientale di Punjab, meglio conosciuto come il sito dell’Antica Civiltà della Valle dell’Indo risalente al terzo millennio a.C. e ha fatto dei colori vividi, dei volti e delle storie di quei luoghi i protagonisti dei suoi scatti che altro non sono che un omaggio alla bellezza, all’umanità, alla dignità e allo straordinario spirito di resilienza di quel popolo. Lungi dal volere rappresentare la miseria e la sofferenza, il libro di Karmani regala uno spaccato della società sahiwaliana in cui i contrasti cromatici e la luce intensa si innestano nella vitalità di una natura umana feconda e autentica, cristallizzata in immagini capaci di generare grande coinvolgimento emotivo con lo spettatore.

     

  • Come una bella anima, il racconto di Cuba di Massimo Tramontana tra immagini e parole

    Partivo senza meta, aspettando che la strada me la indicasse. Volevo che fosse lei, la Isla, ad ispirarmi. A me toccava capire cosa volesse propormi. Sono rimasto in attesa. In attesa di segnali profondi”. E’ un passo di Come una bella anima, libro di debutto di Massimo Tramontana, imprenditore di professione, artista poliedrico e fotografo per passione. La bella anima è l’acronimo di Cuba, ma è anche e soprattutto il riferimento alla bellezza dell’anima dei bambini. Come una bella anima, infatti, è un progetto, da tempo nel cassetto, realizzato da Tramontana solo quando è riuscito a trovare la motivazione giusta per dare un senso più concreto alla vita: supportare con la donazione dei proventi del libro e di tutte le iniziative ad esso correlate l’Associazione CAF, Onlus che accoglie e cura bambini e ragazzi vittime di abusi e gravi maltrattamenti. Come una bella anima è una sequenza di immagini ambientate nell’isola di Cuba che colgono istanti di vita quotidiana, espressioni e sentimenti di persone vere, immagini che trasmettono emozioni profonde. E’ un viaggio intimo che racconta una Cuba insolita, lontana dagli stereotipi, la cui destinazione è solo un pretesto per guardare la realtà con gli occhi dell’anima.

  • Il mondo animale secondo lo sguardo di Steve McCurry

    Il MUDEC di Milano si arricchisce di un nuovo spazio espositivo, MUDEC PHOTO, e lo inaugura mettendo in mostra gli scatti di uno dei fotografi più iconici del mondo, Steve McCurry, che presenterà al pubblico Animals, un progetto appositamente creato per il Museo delle Culture, a cura di Biba Giacchetti, che rimarrà aperto fino al 31 marzo 2019. MUDEC PHOTO coniuga la più alta ricerca e indagine artistica con la capacità di narrazione innata tipica della cosiddetta “ottava arte” e Animals, con le sue immagini vivide e forti non può che essere il miglior viatico per questa nuova idea. Sessanta scatti, famosi e meno noti, racconteranno il mondo animale come pochi sono riusciti e riescono a farlo. Animali protagonisti della vita quotidiana e dell’indissolubile rapporto con l’uomo, un affresco corale dell’interazione, della condivisione, che tocca i temi del lavoro e del sostentamento che l’animale fornisce all’uomo, delle conseguenze dell’agire dell’uomo sulla fauna locale e globale, dell’affetto che l’uomo riversa sul suo “pet”, qualunque esso sia.

    Il progetto Animals nasce nel 1992 quando McCurry si reca nel Golfo, durante la guerra, per documentare il disastroso impatto ambientale e faunistico nei luoghi del conflitto. Tornerà con alcune delle sue più celebri immagini “icone”, come i cammelli che attraversano i pozzi di petrolio in fiamme e gli uccelli migratori interamente cosparsi di petrolio. Con questo reportage vincerà nello stesso anno il prestigioso Word Press Photo. Il premio fu assegnato da una giuria molto speciale, la ChildrenJury, composta da bambini di tutte le nazioni. Da sempre l’arte di McCurry pone al suo centro le storie legate alle vite più fragili: bambini, civili nelle zone di guerra, etnie in via di estinzione, conseguenze dei disastri naturali. E dopo il reportage del 1992 McCurry ha aggiunto ai suoi ‘sguardi’ quello sugli animali con le loro storie di sopravvivenza, di sfruttamento, di compagnia per alleviare sofferenze e solitudine.

    Animals al MUDEC è un unico affresco sulle diverse condizioni degli animali che lascia allo spettatore la libertà di addentrarsi in un percorso in cui scoprire i contrasi del variegato modo animale, dalla durezza e miseria ad una grande leggerezza e positività. E così accanto a immagini forti, in cui la natura mostra tutto il suo volto più duro, capace di sconvolgere per sempre il territorio e la vita gli animali che si trovano a sopravvivere con gli uomini e la loro disperazione, si affiancano ritratti più dolci, leggeri e ironici come il cane tinto di rosa a Hollywood, il serpente a guisa di collana in un supermercato americano, una capra, una scimmia, un’iguana o due topolini bianchi scelti come “testimonial” di questa mostra. Steve McCurry offre così un viaggio nella contiguità del pianeta animale, parla di relazioni e di conseguenze; le sue immagini indelebili sono prive di tempo e, come accade a chi viaggia instancabilmente per raccontare storie, sembra mostrare nostalgia per un mondo in continua e pericolosa trasformazione che lui può solo documentare. Organizzata da Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con SUDEST57, Animals sarà visitabile dal 16 dicembre 2018 al 31 marzo 2019.

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