La Commissione ha adottato la relazione sul mercato del carbonio, che analizza e presenta il funzionamento del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) nel 2023 e nel primo semestre del 2024. Nel 2023 l’EU ETS è stato caratterizzato da una riduzione storica del 16,5% delle emissioni prodotte dagli impianti, trainata dal settore dell’energia elettrica. La produzione di tale energia da fonti rinnovabili, principalmente energia eolica e solare, è aumentata notevolmente, ed è ripresa la tendenza a sostituire il carbone con il gas per produrre energia elettrica. Grazie a questo sviluppo, le emissioni ETS prodotte dagli impianti sono inferiori di circa il 47,6% rispetto ai livelli del 2005. L’ETS è inoltre sulla buona strada per raggiungere la riduzione del 62%, obiettivo fissato per il 2030.
Inquinamento
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Riduzione storica del 16,5% delle emissioni di impianti elettrici e industriali grazie a stabilità e buon funzionamento del mercato
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Responsabilità antropica del cambiamento climatico
Chi continua a sostenere che il cambiamento climatico sia dovuto alla presenza di grandi quantità di CO2 e di altri “gas serra” creati dall’uomo farebbe bene ora anche a riflettere su un fatto nuovo accaduto recentemente in Lombardia.
Grazie al ritiro dei ghiacciai, a un’altitudine di più di 3000 metri, si sono scoperti incisioni rupestri che denotano in loco la presenza umana durante l’età del bronzo (in Europa 2300-1100 A.C.).
Due considerazioni andrebbero fatte a questo proposito ma non sembra che i nostri giornalisti le abbiano ancora fatte:
– Uomini organizzati vivevano, o almeno frequentavano, quelle altitudini in maniera costante. Tanto è vero che si presero la briga di farvi dei disegni perenni. Non era troppo freddo per starci a lungo?
– Sicuramente non scavarono il ghiacciaio per poter disegnare sulle rocce sottostanti. All’epoca in quelle montagne, seppur sopra i 3000 metri, non c’erano ghiacciai perenni. Ovviamente il clima era diverso e più caldo degli anni nostri (così come lo fu nei tempi romani). I ghiacciai si formano e spariscono nel corso dei secoli da sempre su questo pianeta. Esistevano, all’epoca, uso diffuso dei combustibili fossili, delle industrie, dei riscaldamenti ovunque? A cosa era dovuto il “riscaldamento climatico” dell’età del bronzo?
P.S. 1) Grazie all’aver messo in ginocchio molte industrie in Europa, la Commissione è riuscita ad ottenere una qualche piccola riduzione delle emissioni di gas considerati pericolosi per il clima. L’Europa produceva circa il 7% delle emissioni mondiali e ora, forse, siamo al 6 e qualcosa. Nel frattempo, la Cina che ne produceva più o meno il 36% ha aumentato la sua percentuale grazie all’apertura di nuove centrali a carbone. Così ha fatto l’India e stanno facendo gli Stati Uniti. La nostra fortuna è che potremo comprare molti più prodotti fabbricati in quei Paesi invece di quelli soliti (oramai noiosi) che producevamo da noi.
2) Sembrerebbe che a Baku, per parlare di come combattere la CO2 internazionalmente, tra delegati e giornalisti siano presenti in tutto circa 51.000 persone (non cambierebbe drasticamente anche se fossero solo 5.000). Sono tutti arrivati in bicicletta o a piedi? Oppure in carrozze trainate da cavalli?
3) Una cosa è battersi contro l’inquinamento di aria e acque, atteggiamento doveroso e salutare. Un’altra è inventarsi cause di un cambiamento climatico che gli stessi “inventori” definiscono inarrestabile, se non parzialmente. Se sappiamo davvero che le acque oceaniche sono destinate ad alzarsi, perché invece di prendere decisioni masochiste sprecando enormi ricchezze non pensiamo a cosa fare per delocalizzare chi ne potrebbe restare sommerso? E perché non attrezzare intere società per i cambiamenti che, sembra, comunque arriveranno?
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Questa è la civiltà, bellezza!
Mentre Musk diventa il tutore del nuovo, vecchio, presidente degli Stati Uniti ed i grandi della terra devono comunque fare i conti con l’uomo più ricco del mondo i comuni mortali sono sempre più vittime della rete, come dimostra anche il caso della giovane donna morta in un ambulatorio medico scelto su Tik Tok.
Decisioni sconclusionate sul clima, mentre tragedie ambientali continuano a mietere vittime, non aiutano né l’economia né la difesa dell’ambiente e della nostra salute.
Lo scontro tutto italiano tra politica e magistratura, frutto anche, ammettiamolo, di un eccessivo pressappochismo nel prendere certe decisioni sull’immigrazione e la soluzione albanese, oltre che di una eccessiva politicizzazione di alcuni magistrati, ha solleticato l’ego di Musk che di tutto si deve impicciare, si vede non gli basta l’America.
Siamo in un’epoca nella quale aumentano le schiavitù fisiche e la povertà ma anche le schiavitù mentali, psicologiche, quelle che fanno credere ai più di essere liberi mentre ogni giorno, anche in occidente, le libertà sono sempre meno perché siamo controllati in ogni nostro movimento.
Pagamenti e spese controllati dalle nostre carte bancarie, preferenze identificate dalle cento tessere di negozi e supermercati, telecamere ovunque, che però non riprendono quasi mai chi commette un reato, droni che ci sorvolano e ci vedono anche nel giardino di casa, per chi c’è l’ha, annunci pubblicitari e truffe ogni giorno che ci raggiungono su internet dove diventa sempre più difficile non farsi hackerare e ancora? Obbligo di cambiare la macchina pena non circolare più nelle città, e non importa se i mezzi pubblici sono ancora obsoleti ed inquinanti e non sappiamo dove elimineremo le batterie cinesi, obbligo di non accendere i caminetti a legna e presto ci toglieranno anche i caloriferi e dovremo andare con le pompe ad aria anche se abbiamo l’artrosi cervicale.
L’Italia è la nazione che risulterebbe con un inquinamento molto inferiore alla media europea ma questo conta poco, dobbiamo dismettere i nostri mezzi inferiori ad euro 5, poi questi stessi veicoli saranno mandati nei paesi poveri, specie in Africa, come se il problema inquinamento fosse risolto così mentre i venti e le piogge ci riportano quei gas di scarico che abbiano eliminato dal nostro territorio.
Sempre meno libertà perché la legge non è uguale per tutti, noi giustamente abbiamo eliminato alcuni prodotti chimici nocivi o pericolosi ma gli europei che producono in Africa e poi, con la nota triangolazione, importano i loro prodotti a basso costo in Europa non hanno regole da seguire ed avvelenano migliaia di lavoratori dei paesi più poveri costretti a lavorare in situazioni gravemente nocive per la loro salute.
Ma questa è la civiltà, bellezza, il progresso dove tu, piccolo uomo, piccola donna, ti devi adeguare mentre l’uomo più ricco del mondo viaggia per diletto con i suoi amici miliardari, infischiandomene allegramente delle conseguenze ambientali, nelle spazio, auguriamogli di raggiungere Marte e di restarci.
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Il benessere dell’umanità
“Il benessere dell’umanità è sempre l’alibi dei tiranni”, Albert Camus
Da sempre l’ideologia rappresenta lo strumento attraverso il quale giustificare una scelta anche di natura economica la quale altrimenti sarebbe ingiustificabile. Questo è quanto accade, ora, in merito alla transizione verso una mobilità elettrica, sostenuta proprio da quelle compagini politiche che hanno visto crollare i propri modelli politici e di sviluppo con la caduta del Muro di Berlino lasciandoli senza riferimenti. L’attenzione e la sete di riscossa politica si spostano quindi verso il modello di vita e consumi occidentale.
In questo contesto allora ecco la lotta alla mobilità indipendente possibile grazie all’utilizzo delle autovetture private ed al loro “impatto”.
L’auto risulta responsabile dell’1% delle emissioni di CO2, la cui riduzione del 50% sarebbe ottenibile semplicemente attendendo la normale conversione delle vecchie auto o magari attraverso una incentivazione fiscale alle classe di emissione euro 6.
Quindi, in considerazione del fatto che l’Italia risulta responsabile dello 0,7% delle emissioni totali e l’intera Europa del 6,5%, tanto le emissioni attuali di CO2 (1%), attribuibile alle auto, quanto la loro riduzione del 50% risulterebbero già di per sé marginale in rapporto alle conseguenze economiche e sociali legate ad un avvento dell’auto elettrica cinese. Basti ricordare, infatti, come il settore Automotive in Europa rappresenti dodici milioni di posti di lavoro, circa mille miliardi di entrate fiscali ed il 12% del PIL.
In relazione, poi, alle polveri sottili andrebbe ricordato come ad un grammo emesso da un motore endotermico ne corrispondano 1850 grammi attribuibili alla resistenza al rotolamento dei pneumatici che diventano 3850 nel caso di una guida più nervosa, ma comunque all’interno dei limiti imposti dal Codice della strada.
Come logica conseguenza emerge evidente come il problema dell’impatto ambientale nella mobilità sia più legato, in relazione alle polveri sottili, agli pneumatici che non al motore endotermico.
Viceversa, la deriva strategica intrapresa dall’Unione Europea e soprattutto dalla sua Commissione trova la propria ragione in una scelta puramente ideologica nella quale la leva ambientalista rappresenta il fattore scatenante.
Contemporaneamente in Cina negli ultimi due anni sono stati autorizzate le produzioni di 218 GW da centrali a Carbone (1 GW, 1 miliardo di Watt), quindi sono centinaia le centrali a carbone che la Cina sta costruendo in questo momento per alimentare il proprio sviluppo, e quindi anche l’industria automobilistica cinese, con un vita media compresa tra i 50 e i 75 anni, quindi operative fino alla fine del secolo in corso.
In questo contesto basti ricordare come le emissioni delle centrali a carbone rappresentino un quinto di quelle totali e metà sia localizzata in Cina ma in continua crescita.
Pensare di utilizzare i prodotti di una economia malsana, con il primato mondiale dell’impatto ambientale, rappresenta, all’interno di una politica attenta ad un equilibrio ambientale, sia nel settore Automotive come in precedenza avvenne con il tessile abbigliamento,
la strategia a più alto tasso di inquinamento che la UE potesse adottare.
La sola giustificazione che possa sostenere il blocco della vendita e produzione dei motori endotermici a partire dal 2035 può venire considerata solo come espressione in un cieco furore ideologico che da sempre rappresenta il modo per sostenere quanto altrimenti risulterebbe assolutamente ingiustificabile e sempre in nome del bene comune.
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Diminuite di oltre l’8% nel 2023 le emissioni di gas a effetto serra dell’UE grazie alla crescita delle energie rinnovabili
La Commissione europea ha pubblicato la relazione 2024 sui progressi dell’azione per il clima, da cui emerge che le emissioni nette di gas a effetto serra dell’UE sono diminuite dell’8,3% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Si tratta del più marcato calo annuo degli ultimi decenni, con l’eccezione del 2020, quando la pandemia di COVID-19 comportò riduzioni delle emissioni del 9,8 %. Le emissioni nette di gas a effetto serra sono oggi inferiori del 37% rispetto ai livelli del 1990, mentre nello stesso periodo il PIL è cresciuto del 68%, a dimostrazione della sempre crescente disassociazione delle emissioni dalla crescita economica. L’UE rimane dunque sulla buona strada per mantenere l’impegno di ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030.
Mentre la relazione contiene notizie incoraggianti sulle riduzioni delle emissioni dell’UE, bisogna sottolineare anche che durante l’anno scorso a causa dei cambiamenti climatici si sono verificati più eventi catastrofici e più perdite di vite umane e di mezzi di sussistenza, mentre le emissioni globali non hanno ancora raggiunto il loro picco. È quindi necessaria un’azione costante per garantire che l’UE raggiunga i suoi obiettivi per il 2030 e si avvii sulla strada giusta per conseguire l’obiettivo prefissato per il 2040 e il traguardo di azzerare le emissioni nette entro il 2050. L’UE deve inoltre proseguire il suo impegno internazionale, a partire dalla COP29 del mese prossimo, per fare sì che anche i nostri partner internazionali adottino le misure necessarie.
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2024-1957: è ufficiale, si torna indietro
Dalle ultime rilevazioni risultano 387.600 auto e furgoni commerciali prodotti nei primi nove mesi nell’anno in corso a differenza dei 567.525 del 2023. Un dato che riporta il Paese al lontano 1957. Contemporaneamente i lavoratori sono passati dai 52.000 del 1989 ai 15.000 attuali.
La specificità italiana della crisi dell’automotive si inserisce all’interno dell’Unione Europea con un delirio ideologico che vede colpire l’intero settore industriale dell’automobile (che vale circa 12 milioni di posti di lavoro il 12% del PIL e 1.000 di tasse) per l’applicazione di protocolli ambientalistici assolutamente irraggiungibili i quali, per contro, tendono a favorire la sola Cina. Questa, va ricordato, come non solo finanzi le prime cinque case automobilistiche cinesi ma fornisce loro un’energia a basso costo prodotta dalle centrali a carbone, in quanto interpreta l’auto elettrica come un elemento decisivo per conseguire l’obiettivo di allargare all’Europa la propria ingerenza politica ed economica.
Ammesso, allora, che ci sia ancora la possibilità di invertire questo trend, quali potrebbero essere le prime scelte operative e strategiche da adottare?
In puro ordine numerico:
- Rinvio di cinque anni dell’introduzione delle normative Euro7.
2. Annullamento immediata del divieto di vendita e produzione di motori endotermici nell’Unione Europea fissata al 2035, anche in considerazione che si è passati dal cavallo al motore a scoppio non certo attraverso un decreto regio - Sostegno fiscale a tutte quelle aziende che diminuiscano, per unità di prodotto, l’energia utilizzata indipendentemente dalla sua natura.
- Abbandono dell’utopia di una decarbonizzazione a favore di una riduzione fiscalmente incentivata dell’utilizzo di ogni forma di energia, in quanto anche quella cosiddetta green richiede una quantità di risorse finanziarie pubbliche, e quindi di un costo sociale insostenibile e che drena risorse al bilancio statale riducendo la stessa spesa sociale.
- L’adozione di un protocollo sulla base del quale ogni iniziativa economica e strategica in Europa venga giudicata in rapporto ai posti di lavoro creati a tempo indeterminato e con una retribuzione dignitosa, piuttosto che sulla base di deliranti visioni politiche ed ideologiche.
6. Incentivazione fiscale per ottenere progressivamente nel giro di 5/10 anni un parco macchine circolante di automobili Euro 5 o Euro 6 il quale permetterebbe la riduzione del 50% dell’attuale quantità di CO2 emessa dalle auto, pari al solo 1% delle emissioni complessive del nostro Paese.
7. La distruzione della filiera del tessile abbigliamento in Italia ed in Europa successivamente alla sospensione dell’accordo Interfibre dovrebbe suggerire lo scenario futuro riservato al settore Automotive europeo esposto ad una totale transizione verso una insensata mobilità elettrica di pura genesi ideologica ed interesse politico.
8. Considerare la Cina come un partner commerciale ma non certo un alleato e, viceversa, favorire ogni alleanza politiche e strategica con l’India la quale rappresenta l’unico contrappeso politico ed economico all’interno dei Brics.
9. Riportare il sistema industriale al centro dello sviluppo in quanto, seppur ancora oggi in termini energetici venga considerato energivoro, presenta un fabbisogno energetico decisamente inferiore a quello richiesto dalle sole Major dell’economia digitale.
10. Colpire l’automobile credendo di diminuire le emissioni offre lo spessore della “ideologica competenza” in quanto in Irlanda i Data System inquinano più delle abitazioni mentre Google e Microsoft inquinano quanto la Croazia. - In termini europei, in più, solo il riconoscimento delle specificità economiche dei diversi paesi che compongono l’Unione può assicurare un supporto decisivo al conseguimento dei traguardi di sviluppo e sostenibilità, e non certo attraverso un’unica ed onnicomprensiva politica economica ma solo attraverso diverse politiche specifiche per ogni realtà economica.
Ma soprattutto, e siamo al punto 12, riportare il concetto del lavoro, e la dignità che è in grado di assicurare, al centro dell’attenzione della politica come elemento fondamentale per assicurare una vita democratica ad ogni cittadino europeo.
N.B. si fa notare come il termine “dazi” non si stato usato in quanto, pur rappresentando un legittimo strumento di difesa, certifica troppo spesso il ritardo, da verificare se colposo o peggio doloso, di una intera classe politica e dirigente nella comprensione delle dinamiche di mercato ampiamente prevedibili.
- Rinvio di cinque anni dell’introduzione delle normative Euro7.
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Coral bleaching: Fourth global mass stress episode underway – US scientists
Coral around the world is turning white and even dying as recent record ocean heat takes a devastating toll.
It has triggered the fourth global mass coral bleaching event, according to the US National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).
Bleaching happens when coral gets stressed and turns white because the water it lives in is too hot.
Coral sustains ocean life, fishing, and creates trillions of dollars of revenue annually.
Ocean heat records have been falling for months but this is the first global evidence of how this episode is affecting sea life.
The US National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) confirmed the mass stress in all oceans (the Atlantic, Pacific and Indian Ocean) after weeks of receiving reports from scientists globally.
The bleached coral can look beautiful in pictures but scientists that dive to examine the reefs say that up close the coral is clearly ill and decaying.
Scientists in the US, Australia, Kenya and Brazil told BBC News about feeling dismay and even anger as they watched the coral they love threatened or killed by warm oceans.
The first warning signs were in the Caribbean last year when bathers found the water off the coast of Florida was as warm as a hot tub.
That heat moved into the southern hemisphere. It has now affected more than half the world’s coral including in Australia’s Great Barrier Reef, and in coastlines in Tanzania, Mauritius, Brazil, Pacific islands, as well as in the Red Sea and Persian Gulf.
Last August the global average ocean temperature broke its all-time record, and has been above average almost every day since.
Climate change is driving up sea surface temperatures as the warming gases emitted when we burn oil, coal and gas are absorbed by the oceans.
El Niño – a natural climate event – has also contributed to warmer temperatures since last June, though there are signs it is now weakening.
For 10 days in February scientist Neal Cantin flew a plane over the Great Barrier Reef for Australia’s Institute of Marine Science. The UN heritage site stretches 2,000km, or roughly the length of the US east coast.
“For the first time ever we’ve documented very high levels of bleaching in all three areas of the Great Barrier Reef Marine Park,” Dr Cantin says. The levels are likely to kill lots of coral, he adds.
Coral is vital to the planet. Nicknamed the sea’s architect, it builds vast structures that house 25% of all marine species.
Stressed coral will probably die if it experiences temperatures 1C above its thermal limit for two months. If waters are 2C higher, it can survive around one month.
Once it has died, creatures like fish that navigate using coral noise can struggle to find their way home.
For three decades scientist Anne Hoggett has dived at Australia’s Lizard Island – a beautiful reef that featured in the Netflix film Chasing Coral. She’s seen widespread bleaching again since February.
Like many researchers, she was shocked when she saw coral turning white in the first mass bleaching in 1998. “Now I’m just angry that this is being allowed to happen again,” she says from Australian Museum’s Lizard Island Research Station.
Coral can recover from heat stress but it needs time – ideally several years. When weakened, it is susceptible to disease and can easily die.
“If given a chance, coral are actually resilient and can recover. But as bleaching becomes more frequent and stronger in intensity, we’re really narrowing that window,” says Dr Emma Camp at the University of Technology Sydney, Australia.
The last mass global bleaching was in 2014-2016. Since then, ocean temperatures have become so much warmer that NOAA had to introduce three new heat alert levels.
From Kenya, ecologist David Obura gets messages from hundreds of rangers, scientists and fishing communities in the Indian Ocean when they see bleaching. In February it started in Madagascar, then spread to Tanzania and Comoros.
Fishermen know the corals intimately, he says, and immediately know when something is wrong. They are worried about the future of fishing, he says because if coral dies, it affects the feeding patterns of fish and in turn their livelihoods.
Research published last week gave some hope that coral that living in cooler, deeper water – at between 30-50m depth – in the Great Barrier Reef can survive for longer than shallow corals as the planet warms.
The research shows that deeper water coral could survive global warming of up to 3C compared to pre-industrial times, says Jennifer McWhorter at NOAA who authored the research with the university of Exeter
But all the coral scientists BBC News spoke to said that we must accept that reefs as we know them will permanently change and small-scale restoration work cannot save coral globally.
Only a rapid and global reduction in greenhouse gas emissions that limits ocean warming will guarantee we have at least some coral left, they say.
“It’s like going from corals providing houses and buildings for marine life to just being scaffolding. What really wants to live in scaffolding?” Dr McWhorter says.Coral reefs are an early warning system for the impacts of a warming planet on nature. “We need to learn from this to not do this to other ecosystems,” says Dr Obura.
Graphics by visual journalist Erwan Rivault
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L’inquinamento tra le cause delle morti per malattie respiratorie
L’inquinamento porta a diversi morti all’anno ed ad un considerevole numero di ammalati, le polveri sottili che rimangono per molto tempo nell’aria penetrano nel profondo dell’apparato respiratorio delle persone, come degli animali, causando gravi e spesso irreversibili danni.
Tosse cronica, bronchiti, infezioni e dispnea sono molto frequenti specie nelle città dove l’inquinamento, soprattutto in certe aree meno ventilate, ristagna, basta guardare dall’aereo l’aeroporto sul quale stiamo atterrando per renderci conto della diversità tra le zone di campagna o collinare e quelle adiacenti alle città.
Spesse volte, nel passato, Cristiana Muscardini ha sostenuto che certi atteggiamenti e scelte delle persone, compreso il personale politico, che portavano a risultati negativi, potessero essere dovuti ai danni dell’inquinamento verso il sistema neurologico.
Il professore Giuseppe Iannoccari, dell’Università Statale di Milano e presidente di Assomensana ha reso noto che, secondo recenti studi, vi sono effetti dello smog sul sistema neurologico, “infatti gli inquinanti penetrano nel circolo sanguigno attaccando i tessuti e gli organi. Le polveri sottili superano la barriera della materia encefalica, la difesa naturale che protegge il cervello dalle sostanze nocive, e diventano tossiche anche per i neuroni”.
Di fatto mentre immettiamo in bocca qualcosa di sgradevole in genere ce ne accorgiamo quando respiriamo aria inquinata lo facciamo senza avvertire il pericolo.
La rivista americana Analysis of Neurology ha pubblicato una ricerca che dimostra come l’esposizione all’inquinamento procuri danni alla materia bianca, alla parte di cervello composta da cellule gliali e fibre nervose ricoperte di mielina, riducendo di conseguenza la funzionalità del cervello che, per funzionare bene, ha bisogno di molto ossigeno di qualità.
Un altro studio ha dimostrato, proprio sul tema ossigeno, che le persone che fanno attività fisica, anche in età avanzata, hanno maggiore capacità mnemonica, migliori ricordi visivi.
“Quando a volte ci si sente meno reattivi, si ha una sensazione di nebbia, diminuzione della velocità di pensiero e di interazione, senso di stanchezza e mal di testa dobbiamo ritenere questi come segnali che ci avvertono che il nostro cervello è in sofferenza”.
Per contrastare l’inquinamento siamo tutti in attesa di misure concrete, che non possono essere che prese a livello internazionale oltre che locale, nel frattempo ognuno di noi può cercare di trascorre il maggior tempo libero possibile in aree meno urbanizzate, tra boschi e comunque natura più libera da agenti inquinanti e avere regole di vita: un buon sonno, possibilmente in una camera che non abbia strumenti ed oggetti inquinanti sotto ogni aspetto, una buona alimentazione, con frutta e verdura per contrastare l’impatto ossidante degli elementi atmosferici, sono sicuramente un aiuto che ci possiamo dare.
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Delhi è la capitale più inquinata del mondo
Delhi è stata la capitale più inquinata al mondo nel 2023. A rivelarlo uno studio condotto da IQAir, gruppo di monitoraggio della qualità dell’aria con sede in Svizzera, secondo il quale non solo la capitale non gode di buona salute ma addirittura l’intero Paese, l’India, è il terzo più inquinato al mondo dopo i vicini Bangladesh e Pakistan. L’aria è peggiorata dal 2022, quando era l’ottavo Paese più inquinato.
Gli esperti affermano che la rapida industrializzazione unita alla debole applicazione delle leggi ambientali hanno avuto un ruolo importante nell’aumento dell’inquinamento. L’India, infatti, ha visto un grande sviluppo negli ultimi decenni, ma la scarsa regolamentazione industriale fa sì che le fabbriche non seguano le misure di controllo dell’inquinamento. A questo si aggiunge anche la rapida escalation edilizia che ha contribuito all’aumento dei livelli di inquinamento.
Il rapporto di IQAir afferma che il livello medio di PM2,5 dell’India – particolato fine che può ostruire i polmoni e causare una serie di malattie – è pari a 54,4 microgrammi per metro cubo. A livello globale, l’aria che contiene da 12 a 15 microgrammi per metro cubo di PM2,5 è considerata sicura da respirare, mentre l’aria con valori superiori a 35 microgrammi per metro cubo è considerata malsana.
La qualità dell’aria di Delhi è peggiore della qualità dell’aria complessiva dell’India con una lettura di PM2,5 della città di 92,7 microgrammi per metro cubo. Delhi è inquinata durante tutto l’anno, ma l’aria diventa particolarmente tossica durante l’inverno. Ciò accade a causa di vari fattori, tra cui l’incendio dei resti dei raccolti da parte degli agricoltori negli stati vicini, le emissioni industriali e dei veicoli, la bassa velocità del vento e lo scoppio di petardi durante i festival. L’anno scorso, il governo ha chiuso scuole e università per diversi giorni consecutivi a causa dell’aria tossica.
Nel frattempo, la città di Beguserai nel nord del Pese e la città di Guwahati nel nord-est sono state classificate come le due città più inquinate al mondo.
Solo sette Paesi hanno rispettato la linea guida annuale PM2.5 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che corrisponde a una media annua di 5 microgrammi per metro cubo o meno. Tra di essi si annoverano Australia, Nuova Zelanda, Islanda e Finlandia. Secondo IQAir, questi dati sono stati raccolti da oltre 30.000 stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria posizionate in 134 paesi, regioni e territori.
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Nuovo grido d’allarme sul clima
Il rapporto annuale dell’Organizzazione meteorologica delle Nazioni Unite, che ha sede in Svizzera, lancia un nuovo preoccupante grido d’allarme sul clima.
Nel 2023 le temperature hanno superato tutti i record precedenti, la situazione è stata particolarmente drammatica per la continua erosione dei ghiacciai, anche nelle montagne più alte e nelle aree più fredde del pianeta, e per il sensibile aumento delle temperature dei mari con la conseguente morte o collasso, in diversi posti, non solo dei pesci ma anche delle barriere coralline e la conseguenza è stata un nuovo stravolgimento dell’ecosistema marino.
Secondo il rapporto l’anno scorso, ultimo di 10 anni di caldo sempre in crescendo, la temperatura media è stata ormai vicinissima alla soglia che, nell’accordo di Parigi del 2015, gli Stati avevano stabilito di non superare.
“È un allarme rosso per il mondo“, ha detto Andrea Celeste Saulo, capo dell’Omm, sottolineando che è motivo di ancor maggior preoccupazione la perdita del ghiaccio marino antartico e del 19% dei ghiacciai alpini.
Mentre i ghiacciai marini si sciolgono, con le conseguenze evidenti anche per la flora e la fauna, si alzano ovviamente i livelli degli oceani.
I cambiamenti climatici, basti pensare al prolungato caldo torrido di questi giorni in Brasile ed alle alte, ed assolutamente inconsuete, temperature in Spagna e nel Regno Unito, stanno mettendo a dura prova le popolazioni colpite anche, dopo la grande calura, gli incendi e la siccità, da altri eventi estremi come le piogge torrenziali,i tornado e le inondazioni.
Le conseguenze sono ormai purtroppo note ed in continuo peggioramento: insicurezza alimentare o carestie, grave perdita di biodiversità ,sia nel campo della flora che della fauna, mentre continuano i rischi per patologie vecchie e nuove, epidemie e rimangono i problemi legati ai molti virus per ora silenti.
Il grave inquinamento e surriscaldamento non si può combattere solo in un continente o guardando ad alcuni aspetti ignorandone altri, se ad esempio bisogna ridurre notevolmente le fonti fossili è altrettanto evidente che lo smaltimento di immondizie e residui rimane un problema aperto e la corsa all’elettrico non è una soluzione che, al momento, è in grado di garantire sicurezza ed effettivo risparmio di anidride carbonica ed altre sostanze pericolose per l’aria.