Palestina

  • Un altro e preoccupante conflitto in corso

    La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri.

    Hannah Arendt

    Circa tre mila anni fa era una regione popolata da tribù nomadi. Ma anche da diverse popolazioni che si sono stabilizzate in una vasta area, parte della quale era desertica. Popolazioni che erano ben organizzate dal punto di vista sociale e della gestione del potere. In quella vasta regione c’erano però anche degli insediamenti urbani molto più antichi. Dati storici affermano comunque che circa 3200 anni fa in quel territorio si stabilirono, altresì, dei coloni che arrivarono dalla vicina isola di Creta. In quel periodo tutta la regione era controllata dagli egizi. Poi è stata occupata e dominata da diversi invasori durante l’antichità. Sempre dati storici alla mano, risulta che i primi sono stati gli assiri dall’830 a.C.. In seguito, nel 597 a.C., la regione è stata occupata dai babilonesi fino al 332 a.C., quando sono arrivati i macedoni di Alessandro Magno. Nei secoli successivi parte della regione entrò sotto il controllo di alcuni sovrani della Grecia antica. Poi, nel 63 a.C., arrivarono i romani. Circa sette secoli dopo la regione cadde nel dominio degli arabi. Un dominio, quello arabo, che è stato interrotto dall’arrivo degli eserciti del Impero ottomano nel 1517. All’inizio del ventesimo secolo, quando l’Impero ottomano cominciò a indebolirsi, la regione entrò sotto il controllo del Regno Unito. Ed è proprio quella regione dove si svolgono tutte le storie, dove vivono ed operano tutti i personaggi, profeti e santi, compreso anche Gesù Cristo, che sono state molto bene testimoniate nelle Sacre Scritture. Una regione, nota anche come la Terra Santa dalle tre maggiori religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, dove, per circa tre mila anni, hanno vissuto gli ebrei ed i palestinesi.

    Per dei motivi ben noti, testimoniati dalle Sacre Scritture e legati alla vita, alla crocifissione e alla risurrezione di Gesù Cristo, gli ebrei sono stati perseguitati e costretti a lasciare i territori in cui hanno vissuto per molti secoli. Mentre i palestinesi sono rimesti in quei territori che condividevano anche con gli ebrei. Molti degli ebrei sono arrivati in Europa ed in Russia. In molte città dove si sono insediati hanno vissuto quasi sempre confinati in quelli che sono noti come i ghetti degli ebrei. Ma dalla seconda metà del diciannovesimo secolo cominciò un ritorno degli ebrei nelle terre dei loro antenati. Tutto è dovuto ad una proposta, fatta nel 1840, dall’allora primo ministro del Regno Unito, Lord Palmerson. Egli lanciò l’idea di istituire un insediamento permanente per gli ebrei nel territorio della Palestina. Secondo il proponente, quel rientro degli ebrei nei territori da loro lasciati sulla costa orientale del mare Mediterraneo doveva permettere al Regno Unito di mantenere sempre aperta “la Porta d’Oriente per i commerci e le truppe inglesi”. Passarono non più di una ventina di anni e si verificarono i primi flussi di rientro degli ebrei, molti dei quali partiti dalla Russia, nei territori dove la maggior parte della popolazione era quella arabo palestinese. Loro, una volta arrivati, compravano dei territori e lì si stabilivano. All’inizio tutto progrediva tranquillamente, ma i palestinesi, con il passare del tempo, cominciarono a preoccuparsi di un simile e crescente flusso di rientro degli ebrei. Era il 1891 quando ebbero inizio le prime proteste dei palestinesi contro la vendita dei terreni agli ebrei. Tre anni dopo in Francia scoppiò uno scontro politico e sociale, noto come Affaire Dreyfys (Affare Dreyfus). Uno scontro che continuò dal 1894 al 1906. Tutto era legato ad un processo giudiziario contro un capitano dell’esercito, di origine ebrea, Alfred Dreyfus, condannato con l’accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania, il nemico storico della Francia. Già dall’inizio del processo erano non pochi coloro che difendevano e proclamavano innocente il capitano ebreo Alfred Dreyfus. Tra loro anche Émile Zola, che il 13 gennaio 1898 scrisse una lettera aperta nel giornale L’Aurore, intitolata J’accuse (Io accuso). Con quella lettera aperta il noto scrittore francese difendeva l’innocenza di Dreyfus. Ebbene dovevano passare ben dodici anni prima che venisse riconosciuta finalmente l’innocenza di Dreyfus. Prendendo spunto dall’Affare Dreyfus, un altro scrittore, l’ungherese Theodor Herlz, scrisse e pubblicò nel 1896 un libro intitolato “Lo Stato degli ebrei”. Un libro con il quale l’autore si metteva contro un crescente movimento antisemita in Europa e auspicava che gli ebrei potessero avere uno Stato indipendente nella loro “Terra dei padri”. Nel frattempo in diversi Stati europei  era nato il sionismo, un movimento politico e religioso che chiedeva la costituzione di “uno Stato ebraico sovrano ed indipendente” in cui potevano ritornare per ricongiungersi tutti gli ebrei che si trovavano in vari Paesi europei, in Russia ed altrove. Ebbene, soltanto un anno dopo la morte di Theodor Herlz, il settimo congresso internazionale sionista decise che lo Stato indipendente degli ebrei doveva essere costituito in Palestina. In quel periodo Israel Zangwill, uno dei dirigenti del movimento sionista affermava che “La Palestina è una terra senza popolo per un popolo senza terra”. Mentre David Ben Gurion, il fondatore, il 14 maggio 1948, dello Stato d’Israele ed il suo primo ministro, affermava circa all’inizio delle attività del movimento sionista, che la Palestina era “primitiva, abbandonata e derelitta”. Da dati ufficiali risultava che nel 1906 in Palestina si trovavano circa 645.000 arabi palestinesi e 55.000 ebrei. Bisogna sottolineare che per gli ebrei la “Terra dei padri” era proprio la “Terra promessa” di cui si fa ampiamente riferimento nelle Sacre Scritture. Gli ebrei rientrati nel territorio della Palestina nel 1909 istituirono il primo villaggio in cui gli abitanti condividevano la terra che lavoravano insieme. Quel tipo di villaggio è stato nominato kibbutz (parola ebraica che significa comune, riunione; n.d.a). Da dati storici risulta che tra il 1908 ed il 1913 sono state istituite nel territorio palestinese undici nuove colonie di ebrei. Il che suscitò delle forti reazioni dei palestinesi che erano diventati convintamente contrari alla vendita dei terreni agli ebrei. Ragion per cui, sempre dati storici alla mano, i rapporti tra gli arabi palestinesi e gli ebrei, che prima convivevano pacificamente, con il passare del tempo, diventarono sempre più agguerriti. E la storia ci insegna che dall’inizio del secolo scorso ad oggi i rapporti tra le due popolazioni sono tutt’altro che pacifici.

    La storia, questa grande maestra, ci insegna che le scelte fatte e le decisioni prese, soprattutto dagli Stati grandi ed importanti nell’arena internazionale, nel bene e nel male, sono sempre motivate e/o condizionate da ragioni geopolitiche e geostrategiche. E proprio per garantire una significativa e continua presenza del Regno Unito nel territorio palestinese, il 2 novembre 1917, l’allora ministro degli Affari esteri Arthur James Balfour scrisse una lettera ad uno dei fondatori del movimento sionista, Lord Rotschield. Quella lettera, nota anche come la Dichiarazione Balfour, ormai viene considerata anche come l’avvio dei rapporti di collaborazione tra il Regno Unito ed il movimento sionista. In quella lettera si confermava che “Il governo di Sua Maestà vede favorevolmente la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”. Bisogna evidenziare che il territorio dove si doveva costituire quel “focolare nazionale per il popolo ebraico” era ancora sotto il dominio dell’Impero ottomano che, in quel periodo, si stava però sgretolando. Era un territorio dove si trovavano quella che ormai è nota come la Cisgiordania, la parte meridionale dell’attuale Libano, la Striscia di Gaza e le alture del Golan. La dichiarazione Balfour è stata una breve lettera, ma molto apprezzata dal movimento sionista. Nel frattempo, più di un anno prima, visto il continuo e vistoso indebolimento dell’Impero ottomano, si sono incontrati i rappresentanti della Francia e del Regno Unito, con il pieno consenso  della Russia. Dovelano prendere delle decisioni geostrategiche, in base alle quali stabilire e sancire anche le zone di influenza nel Medio Oriente. Il 16 maggio 1916 sono stati firmati segretamente quegli che ormai sono noti come gli Accordi Sykes-Picot (dai nomi dei rappresentanti del Regno Unito e della Francia; n.d.a.). Secondo quegli Accordi, il territorio della Palestina viene messo sotto il controllo del Regno Unito. La dichiarazione Balfour è diventata parte integrante anche del Trattato di Sèvres. Con quel trattato, firmato a Sèvres (cittadina francese; n.d.a.) il 10 agosto 1920, si ufficializzava la resa dell’Impero ottomano e si stabilivano i rapporti tra la Turchia e i vincitori della prima guerra mondiale. Anche nel Trattato di Sèvres il territorio della Palestina veniva assegnato e messo sotto il controllo del Regno Unito. Dal primo censimento ufficiale della popolazione, svolto nel 1919, risultava che lì abitavano circa 700.000 arabi e 70.000 ebrei. In seguito, nel luglio 1922 la Società delle Nazioni riconosceva il diritto al Regno Unito, assegnandogli anche un apposito mandato ufficiale, di preparare la costituzione di uno Stato nazionale ebraico. Sempre dati alla mano, tra il 1924 ed il 1928 risulta che più di 60.000 altri ebrei sono rientrati nei territori della Palestina. La storia ci testimonia che da allora si sono accentuati gli attriti tra i palestinesi e gli ebrei. I palestinesi consideravano gli ebrei come degli intrusi ed invasori. Mentre gli ebrei finalmente si ritrovavano nella “Terra dei padri”, nella Terra promessa da Dio.

    Nel periodo tra le due guerre mondiali, gli ebrei  sono continuati a ritornare nel territorio a loro assegnato. Nel 1936 i palestinesi cominciarono quella che è nota come la Grande rivolta contro il sionismo ed il controllo del territorio da parte del Regno Unito. La reazione britannica è stata molto dura. Nel frattempo però, in Germania prima e poi in altri Paesi europei, dopo l’approvazione nel settembre 1935 delle due leggi di Norimberga, comincia la persecuzione degli ebrei. Purtroppo durante la seconda guerra mondiale gli ebrei hanno subito delle ineffabili atrocità nei campi di sterminio di massa. Ragion per cui in seguito tutti quelli che sono riusciti a sopravvivere, ma anche gli altri che erano riusciti a mettersi in salvo, sentivano il bisogno di avere un loro Paese dove vivere in pace. Ragion per cui, nell’aprile del 1947 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha nominato una apposita commissione d’inchiesta internazionale, il cui rapporto, in seguito, ha raccomandato la creazione di uno Stato ebraico e uno Stato arabo in Palestina. Il 14 maggio 1948, si costituisce lo Stato d’Israele. Ma da allora molti scontri armati si sono svolti tra gli ebrei e gli arabi, sia quelli palestinesi che di altri Paesi con loro confinanti.

    L’ultimo conflitto armato è stato avviato sabato scorso, 8 ottobre. Un conflitto che è cominciato dopo l’attacco con razzi da parte dei militanti dell’organizzazione Hamas (l’acronimo di Harakat al-Muqawwama al-Islamiyya – Movimento Islamico di Resistenza; n.d.a.). Sono stati centinaia i morti già dopo le prime ore dell’attacco. Soprattutto cittadini israeliani, ma sono stati presi in ostaggio più di cento altri cittadini ebrei e altri con doppia nazionalità. In seguito è stata durissima anche la risposta dell’esercito israeliano che ha causato centinaia di morti nella Striscia di Gaza. Oggi, al quinto giorno di quella che il primo ministro d’Israele ha considerato come una guerra, il numero delle vittime purtroppo sta aumentando, sia israeliani che palestinesi. Ieri, 10 ottobre sono stati trovati morti in un kibbutz anche circa 40 bambini, alcuni di essi decapitati. Orrori della guerra che continua e che, dall’inizio, ha attirando tutta l’attenzione pubblica, politica e mediatica.

    Chi scrive queste righe ha scelto di non riportare le tante e continue notizie che ora dopo ora molte agenzie stanno diffondendo in tempo reale di quest’altro e preoccupante conflitto in corso. Egli, continuerà a seguire gli sviluppi e riferire ai nostri lettori. Chi scrive queste righe, come la storia ci insegna e come affermava Hannah Arendt, è convinto che, purtroppo, la guerra non restaura diritti ma ridefinisce poteri.

  • La pace in Medio Oriente, e nel mondo, passa per il riconoscimento dello Stato di Israele

    Fino a che non sarà da tutti riconosciuto e rispettato lo Stato di Israele non ci sarà pace in Medio Oriente, non ci sarà pace nel mondo, i palestinese, che hanno anch’essi il diritto di vivere in pace e sicurezza, abbiano la forza di imporre ai lori amici ed alleati il riconoscimento definitivo di Israele ed il coraggio di eliminare ogni frangia terroristica.

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