Plastica

  • La Commissione adotta metodologie per combattere la presenza di microplastiche nell’acqua potabile

    La Commissione ha adottato una metodologia standardizzata per misurare la presenza di microplastiche nell’acqua e un atto delegato per garantire il riutilizzo sicuro delle acque reflue trattate per l’irrigazione agricola. Queste due nuove misure contribuiranno a rafforzare la resilienza idrica e a migliorare la qualità e la quantità di acqua in tutta l’Ue.

    Questa metodologia armonizzata e standardizzata aiuterà gli Stati membri a raccogliere informazioni sulla presenza di microplastiche nella propria catena di approvvigionamento idrico. Ciò renderà il confronto e l’interpretazione dei risultati ottenuti più facili rispetto alla situazione attuale in cui gli Stati membri utilizzano metodi differenti.

    La normativa sul riutilizzo delle acque chiarisce la procedura che le autorità nazionali dovranno seguire per gestire in modo proattivo i rischi connessi all’uso delle acque reflue per l’irrigazione. Si tratta in particolare di individuare tali rischi.

    Queste nuove norme relative alle acque si aggiungono a un avviso pubblicato all’inizio di questa settimana per aiutare gli Stati membri a definire il “buono stato ecologico” degli oceani. Ciò aiuterà in particolare gli Stati membri a sostenere gli attori economici nell’uso sostenibile del mare, evitando al contempo danni significativi o irreversibili alla vita o agli habitat marini.

    Il commissario Sinkevičius ha dichiarato: «Vogliamo garantire che l’acqua che utilizziamo, dalle bevande all’irrigazione, soddisfi sempre gli standard di sicurezza più elevati. Grazie alle norme attuali i cittadini avranno la certezza che l’acqua potabile sarà attentamente controllata per scongiurare la presenza di microplastiche, che qualsiasi acqua riutilizzata sarà sicura e che verrà limitata l’estrazione eccessiva di acqua, contribuendo a ripristinare il ciclo dell’acqua interrotto. Tuttavia, per ripristinare realmente questo ciclo dobbiamo anche proteggere i nostri mari. Conto quindi sugli Stati membri per garantire che le nostre ambizioni in materia di uso sostenibile dell’ambiente marino si concretizzino nelle loro prossime strategie in questo ambito».

  • L’acqua in bottiglia contiene molte più nanoplastiche di quanto si credeva

    Che l’acqua in bottiglia contenga micro e nano plastiche, frammenti di materiale dalle dimensioni di una cellula batterica, ma che possono avere effetti nocivi sulla salute e sull’ambiente è noto, ma una recente ricerca americana fa emergere che il problema è molto più grave di quanto si sapesse finora. La ricerca, condotta da un gruppo di scienziati americani e pubblicata di recente sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), ha evidenziato che in ogni litro d’acqua sono presenti una media di 240mila minuscole particelle, un numero da 10 a 100 volte superiore alle stime pubblicate in precedenza. Avvalendosi di una potente tecnica per l’analisi rapida delle nanoplastiche, in grado di rilevare granuli di plastica con una grandezza che va dai 50 ai 100 nanometri, i ricercatori hanno analizzato le bottiglie di tre aziende produttrici di acqua minerale, scoprendo che ogni litro d’acqua analizzato conteneva tra le 110mila e le 370mila particelle di plastica: il 90% erano nanoplastiche e il 10% microplastiche. Il tipo più comune era il nylon, probabilmente proveniente dai filtri di plastica usati per purificare l’acqua, seguito dal polietilene tereftalato (pet), usato per produrre le bottiglie.

    Le micro e le nano plastiche sono presenti non solo nelle bottiglie, ma anche nei flaconi di prodotti cosmetici, nei capi d’abbigliamento in pile e in tessuti sintetici, hanno implicazioni per la salute umana perché sono in grado di passare attraverso il tratto gastrointestinale e i polmoni ed una volta entrati nel flusso sanguigno possono depositarsi nel cuore e nel cervello e possono persino attraversare la placenta nei bambini non ancora nati. Per ora, quello che sembra certo è che chi beve l’acqua del rubinetto tende ad avere meno contaminazione da plastica rispetto a chi beve acqua in bottiglia.

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo politico sul rafforzamento del controllo sulle esportazioni di rifiuti

    La Commissione accoglie con favore l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sulle spedizioni di rifiuti, che garantirà che l’UE si assuma una maggiore responsabilità dei rifiuti che produce e non esporti le proprie sfide ambientali in paesi terzi. Le norme agevoleranno inoltre l’uso dei rifiuti come risorsa. L’accordo contribuisce all’obiettivo del Green Deal europeo di ridurre l’inquinamento e promuovere l’economia circolare.

    Sarà vietata l’esportazione di rifiuti di plastica dall’UE verso paesi non appartenenti all’OCSE. Solo se sono soddisfatte rigorose condizioni ambientali, i singoli paesi potranno ricevere tali rifiuti cinque anni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme. Alla luce dei problemi globali legati all’aumento della quantità di rifiuti di plastica e alle sfide per una loro gestione sostenibile, con questa misura i legislatori dell’UE mirano a prevenire nei paesi terzi il degrado ambientale e l’inquinamento causati dai rifiuti di plastica prodotti nell’UE.

    Altri rifiuti idonei al riciclaggio saranno esportati dall’UE in paesi non appartenenti all’OCSE solo se questi ultimi garantiranno di poterli smaltire in modo sostenibile. Al tempo stesso, grazie a moderne procedure digitalizzate,sarà più facile spedire rifiuti destinati al riciclaggio all’interno dell’UE. Saranno inoltre rafforzate l’applicazione delle norme e la cooperazione nella lotta contro il traffico di rifiuti.

  • La Commissione propone misure per ridurre l’inquinamento da pellet di plastica

    La Commissione propone per la prima volta misure volte a prevenire l’inquinamento da microplastiche dovuto al rilascio accidentale da pellet di plastica.

    Ogni anno vengono rilasciate nell’ambiente tra le 52 e le 184 mila tonnellate di pellet a causa di una cattiva gestione lungo l’intera filiera. La proposta odierna ha lo scopo di assicurare che tutti gli operatori che trattano pellet nell’UE adottino le misure precauzionali necessarie. Ciò dovrebbe ridurre il rilascio di pellet fino al 74%, portando a ecosistemi più puliti, contribuendo a rendere i fiumi e gli oceani privi di plastica e riducendo i potenziali rischi per la salute umana. Misure comuni a tutta l’UE contribuiranno inoltre a garantire condizione eque agli operatori.

    La proposta riguarda in particolare migliori pratiche per gli operatori in materia di lavorazione del pellet, la certificazione obbligatoria e le autodichiarazioni, nonché una metodologia comune per stimare le perdite. Alle piccole e medie imprese si applicheranno prescrizioni meno stringenti per aiutarle a conformarsi. La proposta sarà ora portata avanti dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria.

  • La Commissione adotta misure per limitare le microplastiche aggiunte intenzionalmente

    La Commissione ha adottato misure che limitano l’aggiunta intenzionale di microplastiche a prodotti disciplinati dalla legislazione REACH dell’UE sulle sostanze chimiche. Con queste nuove norme, che impediranno il rilascio nell’ambiente di circa mezzo milione di tonnellate di microplastiche, sarà vietata la vendita di microplastiche in quanto tali e di prodotti contenenti microplastiche aggiunte intenzionalmente e che liberano microplastiche quando utilizzati. Nei casi debitamente giustificati si applicheranno deroghe e periodi transitori per consentire agli interessati di adeguarsi alle nuove norme.

    La restrizione adottata si basa su un’ampia definizione di microplastiche, in cui rientrano tutte le particelle di polimeri sintetici inferiori a cinque millimetri che siano organiche, insolubili e resistenti alla degradazione. L’obiettivo è ridurre le emissioni di microplastiche intenzionali dal maggior numero possibile di prodotti. Fra i prodotti comuni interessati da questa restrizione vi sono:

    • il materiale granulare da intaso utilizzato per le superfici sportive artificiali, che costituisce la principale fonte di microplastiche utilizzate intenzionalmente nell’ambiente;
    • i cosmetici, nel cui ambito le microplastiche sono utilizzate per molteplici scopi, quali l’esfoliazione (micrograni) o l’ottenimento di una specifica consistenza, fragranza o colore;
    • detergenti, ammorbidenti per tessuti, glitter, fertilizzanti, prodotti fitosanitari, giocattoli, medicinali e dispositivi medici eccetera.

    I prodotti utilizzati nei siti industriali o che non rilasciano microplastiche durante il loro impiego sono esentati dal divieto di vendita, ma i relativi fabbricanti dovranno fornire istruzioni su come utilizzarli e smaltirli per evitare emissioni di microplastiche.

    Le prime misure, come il divieto di micrograni e glitter sciolti, inizieranno ad applicarsi tra 20 giorni, con l’entrata in vigore della restrizione. In altri casi il divieto di vendita sarà applicato dopo un periodo più lungo, per dare ai portatori di interessi il tempo di sviluppare e adottare alternative.

  • L’UE chiede un accordo mondiale per porre fine ai rifiuti di plastica

    Lunedì inizierà a Parigi il dodicesimo ciclo di negoziati ad alto livello sulle modalità di conclusione di un trattato mondiale contro l’inquinamento da plastica. Il Commissario Sinkevičius rappresenterà la Commissione alla riunione ad alto livello organizzata dalle Nazioni Unite. Di fronte alla triplicazione della produzione di plastica prevista entro il 2060, l’UE cercherà di ottenere disposizioni giuridicamente vincolanti sulla produzione primaria di plastica, per garantire una produzione e un consumo sostenibili. Oltre mille delegati di governi, ONG, industrie e società civile discuteranno allo scopo di decidere, entro la fine del 2024, un nuovo strumento giuridicamente vincolante per mettere fine all’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino.
    L’Unione europea proporrà anche misure destinate a eliminare e limitare i prodotti di plastica il cui utilizzo può essere evitato o sostituito, che generano rifiuti o che costituiscono un rischio significativo per la salute umana e per l’ambiente. Allo stesso tempo, i prodotti di plastica che devono restare nell’economia dovrebbero essere concepiti in modo più sostenibile, soprattutto aumentando l’utilizzo della plastica riciclata.

  • Una mostra ‘dedicata’ alla plastica del Po

    Si intitola Il Po Antropocene Archeologia di Plastica la mostra allestita nel Padiglione San Corrado a Calendasco (PC) vistabile dall’8 al 13 maggio. Decine gli “oggetti” rigorosamente di plastica ma non solo, paccottiglia che è emersa, nel vero senso della parola, dal letto del Po in quest’anno di secca straordinaria.

    La plastica affondata, spinta dalla corrente insabbia, imprigiona anche le cose più inaspettate: pezzi di giocattoli, arnesi d’uso quotidiano, scarpe, palloni, oggetti di “bellezza” quali rossetti, creme, flaconi vari. La patina grigio-nera o verdognola che li ricopre è la prova provata della loro lunga permanenza in acqua.

    Plastica “archeologica”, dopo decenni nell’acqua è ancora intonsa e dove non dovrebbe essere.

    La mostra è stata allestita e pensata da Umberto Battini, cultore del Po e storico locale con la collaborazione dell’artista Bruno Grassi che ha messo a disposizione l’antico hospitale medievale francigeno di Calendasco.

  • In Italia vengono riciclati più di 7 imballaggi su 10 all’anno

    In Italia più di 7 imballaggi su 10 ogni anno possono avere una seconda vita e, con oltre 170 milioni di tonnellate di imballaggi riciclati negli ultimi 24 anni, il nostro Paese conferma, in Europa, la sua posizione di leadership in questo settore dell’economia circolare. Nel riciclo pro-capite siamo infatti al secondo posto, dietro al Lussemburgo e davanti alla Germania. A fare il punto di un settore dell’economia circolare italiana che riguarda quasi il 30% dei rifiuti urbani è Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, garante per l’Italia del raggiungimento degli obiettivi Ue, presentando i risultati di 25 anni di attività. Tra il 1998 e il 2021 il sistema consortile ha versato ai Comuni italiani 7 miliardi e 370 milioni di euro, per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata dei materiali di imballaggio una volta giunti a fine vita. A questi si aggiungono più di 4 miliardi di euro destinati dal sistema al finanziamento di attività di trattamento, riciclo e recupero, per un totale di oltre 11 miliardi. Risorse, ha sottolineato il presidente Conai Luca Ruini, provenienti da “tutte le aziende che costituiscono il consorzio: sono state loro a farsi carico dei costi del corretto fine vita degli imballaggi con l’obiettivo che questi, diventando rifiuti, non abbiano un impatto sull’ambiente”. Conai, ha spiegato Ruini riassumendo i benefici derivanti dall’attività di recupero, “gestisce poco più della metà degli imballaggi avviati a riciclo. Un impegno che, a oggi, ha già evitato il riempimento di circa 183 nuove discariche di medie dimensioni”, evitando al contempo l’emissione in atmosfera di circa 56 milioni di tonnellate di anidride carbonica, pari a 130.000 voli Roma-New York andata e ritorno. Notevole anche il risparmio di materia: quasi 63 milioni di tonnellate, l’equivalente in peso di 6.300 torri Eiffel. Ma in questi 24 anni si è registrato anche un importante risparmio di energia, pari a quella che consumano circa 200 milioni di persone in un anno.

    Un trend che è cresciuto costantemente nel tempo. Nel 1998, infatti, meno di un anno dopo la nascita del sistema Conai, l’Italia avviava a riciclo poco più di 3 milioni e 300.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio all’anno, circa il 30% dell’immesso al consumo. Negli ultimi anni ha triplicato questo numero, arrivando a oltre 9 milioni e mezzo annui: “Più di sette imballaggi su dieci ogni anno possono avere una seconda vita”, ha sottolineato Ruini.

  • La direttiva della Ue sulla plastica fa tremare anche carta. Confindustria vede a rischio 20mila posti di lavoro

    Dal 3 luglio piatti, bicchieri, forchettine usa-e-getta in plastica saranno banditi dall’Europa. In tutto il Vecchio continente entrerà infatti in vigore la direttiva 904 del 2019 nota come Sup (Single Use Plastics). Una norma fortemente voluta dagli ambientalisti che impone divieti o limitazioni alla vendita di alcuni articoli monouso in plastica.

    La guerra europea alla plastica potrebbe però travolgere anche il mondo della carta. E l’Italia sarebbe una vittima d’eccezione, in quanto detiene il primato europeo – con circa il 35% del mercato – per quanto riguarda le stoviglie destinate alla ristorazione. Un settore che vale tra gli 1 e i 2 miliardi di euro. Bicchieri di carta, ma anche cartoni del latte o piatti monouso devono infatti essere foderati con una pellicola di materiale plastico per diventare impermeabili ai liquidi o alle sostanze contenute. Solitamente la percentuale in plastica di questi prodotti è pari al 5%. Per questo anche le associazioni degli industriali della carta si scagliano contro le regole anti-plastica. “C’è un po’ di confusione. E’ una questione che ci preoccupa”, ha spiegato all’agenzia di stampa LaPresse Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta. A breve la Commissione europea dovrà pubblicare le sue linee guida sulla direttiva. Nell’interpretazione di Bruxelles “sta prevalendo l’idea di considerare plastica anche i prodotti fatti quasi esclusivamente di carta. Così la direttiva passa dall’essere contro la plastica monouso a contro il monouso in generale”, ha aggiunto Medugno, secondo cui “in prospettiva potrà anche essere che i bicchieri vengano fatti completamente in carta, ma questo avverrà tra molti anni, non il 4 di luglio”.

    Ci vorrà tempo, dunque. Anche se agli occhi degli industriali del settore il governo italiano si sta muovendo nella direzione giusta e risulta “abbastanza attento” a recepire la direttiva in modo appropriato. Assocarta chiede però all’esecutivo anche di avere un “atteggiamento pratico per quanto riguarda lo smaltimento delle scorte. Ovviamente bisogna trovare un equilibrio tra quello già immesso sul mercato e le nuove produzioni”.

    Sul tema sono intervenuti anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e diversi esponenti del mondo politico. Per Bonomi le raccomandazioni che la Commissione Ue si appresta a pubblicare risultano “estensive di una serie di prodotti che potrebbero fortemente incidere sull’eccellenza dell’industria italiana del packaging mettendo a rischio oltre 20 mila posti di lavoro”. Bonomi ritiene che “si stia andando verso un integralismo della sostenibilità ambientale, senza tener conto degli altri due fattori”, ovvero sostenibilità sociale ed economica. Anche il leader della Lega Matteo Salvini ha parlato di “20mila posti di lavoro a rischio, una follia” e ribadito che “rispetto dell’ambiente e tutela delle imprese e dei lavoratori, ecologia ed economia devono andare avanti insieme”. Da Bruxelles il capo delegazione della Lega al Parlamento europeo Marco Campomenosi ha sottolineato a LaPresse che la direttiva penalizza solo i produttori e non i comportamenti dei cittadini: “Si può fare un lavoro con lo stesso risultato sull’ambiente senza penalizzare l’industria”.

  • La Commissione fornisce orientamenti per l’applicazione armonizzata delle norme sulla plastica monouso

    La Commissione europea ha fornito orientamenti sulle norme sulla plastica monouso e ha adottato una decisione di esecuzione relativa al monitoraggio e alla comunicazione degli attrezzi da pesca immessi sul mercato e dei rifiuti di attrezzi da pesca raccolti. Tali norme mirano a ridurre i rifiuti marini derivanti dai prodotti di plastica monouso e dagli attrezzi da pesca e a promuovere la transizione a un’economia circolare basata su modelli commerciali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili.

    In base alle norme dell’UE del 2019 in materia di plastica monouso, entro il 3 luglio di quest’anno gli Stati membri devono garantire che determinati prodotti di plastica monouso non siano più immessi sul mercato dell’Unione. Gli orientamenti mirano a garantire che le nuove norme siano applicate correttamente e uniformemente in tutta l’UE. Il recepimento armonizzato nella legislazione nazionale è importante per il corretto funzionamento del mercato interno per quanto riguarda i prodotti disciplinati da tali norme. Gli orientamenti illustrano le definizioni e i termini chiave e sono stati sviluppati attraverso ampie consultazioni con gli Stati membri e interazioni con un’ampia gamma di parti interessate.

    La decisione di esecuzione relativa al monitoraggio e alla comunicazione degli attrezzi da pesca e dei rifiuti di attrezzi da pesca raccolti consente agli Stati membri di adempiere all’obbligo di riferire, a partire dal 2022, sugli attrezzi da pesca contenenti plastica immessi sul mercato e sugli attrezzi da pesca raccolti in mare. L’obiettivo è incentivare il recupero di tutti gli attrezzi da pesca e migliorarne la gestione attraverso regimi di responsabilità estesa del produttore. Maggiori informazioni sono disponibili nel comunicato stampa e nelle domande e risposte.

    Fonte: Commissione europea

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