Salute

  • Rapporto Coldiretti-Censis: figli italiani sempre più assuefatti alle merendine

    L’82% delle famiglie italiane chiede un piano pubblico per salvaguardare la salute dei propri figli, sempre più “drogati” di energy drinks, merendine e cibi ultra-trasformati, una vera e propria dipendenza che crea enormi pericoli per il loro sviluppo. Un grido d’allarme da parte dei genitori che vedono fallire il ricorso a divieti o altre forme di coercizione proprio mentre si levano più forti gli allarmi del mondo medico scientifico. E’ quanto emerge dal Rapporto Coldiretti/Censis presentato in occasione della giornata inaugurale del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Villa Miani, a Roma. Il forum è stato organizzato in collaborazione con The European House-Ambrosetti, alla presenza del presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, e del segretario generale, Vincenzo Gesmundo. Con loro anche Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive dell’università degli Studi di Genova, Alberto Villani, coordinatore funzionale dell’area clinica Pediatria universitaria ospedaliera dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù – università di Roma Tor Vergata, Esmeralda Capristo, professoressa in Scienze tecniche dietetiche applicate all’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Stefano Pisani, sindaco di Pollica.

    Per l’occasione sono state allestite due grandi tavole per mettere a confronto il cibo ultra-trasformato con quello naturale, simbolo della dieta mediterranea. Uno stile alimentare che i genitori italiani vogliono trasmettere ai propri figli – rilevano Coldiretti/Censis – poiché percepito come un insieme di abitudini che garantiscono che i giovani mangeranno bene. Un cibo equilibrato, sano, sicuro e genuino in linea con la tutela della salute personale e del pianeta. Uno sforzo quotidiano che si scontra però con la considerazione che appena ne hanno la possibilità i propri figli non mangiano in modo salutare. Un fenomeno, quello degli ultra-trasformati, che va combattuto – sottolinea Coldiretti – aumentando le ore di educazione alimentare nelle scuole e mettendo in campo campagne di sensibilizzazione per far conoscere i pericoli associati all’assunzione sistematica e continuativa di cibi ultra-trasformati, come chiesto dai genitori italiani. Un passo decisivo sarebbe la definizione di forme di etichettatura per evidenziare che un determinato prodotto appartiene alla categoria degli ultra-trasformati.

    Ma l’utilizzo di questi prodotti va anche vietato nelle mense scolastiche e nei distributori automatici diffusi negli edifici pubblici, a partire proprio dalle scuole, con precisi limiti anche alla pubblicità, seguendo l’esempio del Regno Unito che ha vietato le fasce orarie di maggiore esposizione per bambini e adolescenti. E del fatto che i propri figli appena possono scelgono cibi ultra-trasformati se ne è reso conto quasi un genitore su due (48 per cento). E non sembrano funzionare i divieti, una strada scelta dal 37 per cento di famiglie – secondo Coldiretti/Censis – che hanno imposto ai bambini di non mangiare merendine, caramelle, bibite gassate e junk food di vario tipo, anche dinanzi alle sempre più chiare evidenze scientifiche sui rischi ad essi collegati.

    Dinanzi al sostanziale fallimento di politiche coercitive non sorprende, dunque, che oltre otto famiglie su dieci pensino che sarebbe importante attivare una grande campagna, dalla scuola al web, rivolta ai ragazzi sul tema dell’educazione al mangiare bene. Riconoscere di aver bisogno di un aiuto esterno per il raggiungimento di tale obiettivo, è un chiaro segnale dell’importanza che attribuiscono all’insegnamento di una buona educazione alimentare, considerandolo un dovere imprescindibile. Una battaglia sostenuta da sempre da Coldiretti che è impegnata a promuovere nelle scuole italiane il progetto Educazione alla Campagna Amica, un percorso educativo che coinvolge oltre mezzo milione di bambini all’anno su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è quello di formare dei consumatori consapevoli per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e fermare così il consumo del cosiddetto junk food che mette a rischio la salute e fa aumentare l’obesità, come sostenuto unanimemente dalla scienza medica. Un cibo fatto in laboratorio che, entrando sempre più prepotentemente nelle abitudini alimentari quotidiane, fa inevitabilmente da apripista a quello artificiale.

  • La Commissione accoglie con favore la raccomandazione del Consiglio su misure rafforzate per ambienti senza fumo

    La Commissione accoglie con favore l’adozione da parte del Consiglio della revisione della raccomandazione del Consiglio relativa agli ambienti senza fumo. La raccomandazione riveduta è volta a proteggere meglio le persone, in particolare i bambini, dal fumo passivo e dagli aerosol. È inoltre mirata a denormalizzare e scoraggiare l’uso del tabacco e dei prodotti emergenti, in particolare tra i giovani, e a combattere la dipendenza dalla nicotina.

    Il consumo di tabacco e nicotina è il maggiore rischio evitabile per la salute e la principale causa di morte prematura nell’UE. La raccomandazione riveduta invita gli Stati membri a estendere le politiche in materia di ambienti senza fumo alle principali aree all’aperto, quali i parchi giochi pubblici, al di fuori dei locali adibiti all’assistenza sanitaria e all’istruzione e degli edifici pubblici e alle fermate dei trasporti. La raccomandazione si concentra in particolare su una migliore protezione dei bambini e dei giovani dagli effetti negativi del fumo passivo.

    La raccomandazione fa seguito e si basa sulle azioni già intraprese a livello nazionale da alcuni Stati membri. La Commissione sosterrà gli Stati membri nell’attuazione della raccomandazione, anche con i finanziamenti dell’UE a titolo del programma EU4Health. Spetta a ciascuno Stato membro valutare e attuare la raccomandazione in base al rispettivo contesto nazionale.

    Ogni anno nell’UE si perdono quasi 700.000 vite a causa del consumo di tabacco. L’obiettivo del piano europeo di lotta contro il cancro è ottenere entro il 2040 una generazione libera dal tabacco, in cui meno del 5% della popolazione dell’UE utilizzi prodotti del tabacco.

  • Nel Paese del ‘volemose bene’ dilaga la solitudine

    In Italia la percentuale delle persone che vivono da sole è aumentata dal 12,9% del 1971, al 35,5% del 2022. Osservando i numeri assoluti si scopre che le persone che vivono sole crescono: infatti si è passati dai 4,6 milioni nel 1998 ai 7 milioni nel 2010, per arrivare ai quasi 9 milioni nel 2022. Secondo una indagine di Eurostat, l’Italia è il Paese in Europa in cui ci si sente più soli: il 12-13% degli italiani, dai 16 anni in su, ha infatti dichiarato di non aver nessuno con cui parlare dei propri problemi, più del doppio della media Europea. L’istituto di Fisiologia clinica di Pisa sostiene che in Italia ci siano almeno 50 mila ragazzi Hikikomori, rinchiusi nelle loro camerette (gli hikikomori sono persone che si ritirano dalla società evitando qualsiasi contatto sociale, spesso adolescenti o giovani adulti).

    La solitudine ha peraltro ricadute sulla salute. Maoqing Wang, Yashuang Zhao e colleghi hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi di studi condotti tra il 1986 e il 2022, su un totale di 2.205.199 persone. Hanno scoperto che sia l’isolamento sociale (limitazione di contatto sociale con gli altri), sia la solitudine (quando una persona si disconnette consapevolmente dalla socialità) risultavano significativamente associati ad un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause e di mortalità per cancro, e che l’isolamento sociale era associato ad un aumento del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari.

    Il Corriere della Sera ha riferito che nel 2022 sono stati ritrovati a casa, dopo mesi, almeno 100 morti in solitudine in Italia, dato ovviamente sottostimato. In Giappone, invece, li hanno contati: sono 30mila i morti definiti “kodokushi” (tradotto significa “morte solitaria)”, di cui il 25% di questi tra i 40 e i 50 anni. Un problema serio affrontato nel 2021 con l’istituzione di un ministero apposito “alla solitudine”. Stessa scelta fatta dall’Inghilterra nel 2018 che ha dotato il nuovo ministero “alla solitudine” con 20 milioni di sterline per affrontare questo problema. In Italia? Un rapporto dell’Istituto superiore di sanità del 2017 stimava che la solitudine costi all’economia italiana circa 10 miliardi di euro l’anno, ma non esistono strategie per affrontarlo. Questo costo è dovuto alle spese sanitarie conseguenti alla condizione di solitudine, alla perdita di produttività e alla riduzione della qualità della vita delle persone sole. Un problema serio con sintomi per noi curiosi e incomprensibili: in Sud Corea si affittano compagni virtuali per pranzare e in Giappone dove invece si “pagano” le amicizie e i gesti affettuosi. Vivek Murthy, ovvero il massimo funzionario federale ad occuparsi di questioni di salute pubblica in America, parla esplicitamente della solitudine come di un’epidemia più pericolosa del Covid stesso. Secondo lui per affrontarlo servirebbe uno stanziamento di fondi gigantesco, capace di rivoluzionare i principi dell’assistenza sanitaria. La Scuola del Popolo non si avventura nel proporre soluzioni. Di certo, nel suo piccolo, ha dimostrato che è possibile intervenire e che l’animazione culturale favorisce l’interazione sociale “cambiando” le persone. Per questo proporre una riflessione su questi temi può diventare un suo impegno.

  • Da una relazione della Commissione e dell’OCSE emerge la necessità di promuovere ulteriormente l’invecchiamento in buona salute e di contrastare la carenza di personale sanitario

    La Commissione e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) hanno pubblicato l’edizione 2024 della serie di relazioni “Uno sguardo alla sanità: Europa”. Questa edizione evidenzia l’importanza della promozione della salute lungo tutto l’arco della vita e della prevenzione delle malattie per un invecchiamento in buona salute e sottolinea l’urgenza di affrontare la carenza di personale sanitario in tutta Europa.

    Dalla relazione emerge che – sebbene dopo la pandemia in Europa l’aspettativa di vita sia tornata a salire, raggiungendo una media di 81,5 anni – , persiste un divario di 8 anni tra i paesi con l’aspettativa di vita più alta e i paesi con quella più bassa. La relazione rileva anche le differenze di genere per quanto riguarda gli anni di vita trascorsi in buona salute: infatti, sebbene nell’UE le donne vivano in media più a lungo degli uomini, rispetto a questi ultimi trascorrono in media 5 anni in più in condizioni di salute insoddisfacenti.

    Viene sottolineata inoltre l’urgenza di intervenire per far fronte alla carenza di personale sanitario, stimata a 1,2 milioni tra personale medico, infermieristico e ostetrico nel 2022. Un terzo del personale medico e un quarto del personale infermieristico ha un’età superiore ai 55 anni: considerati i pensionamenti previsti nei prossimi anni è dunque necessaria un’azione decisiva per sostenere l’apporto garantito alla società dal personale sanitario europeo. Sono necessarie azioni su diversi livelli, tra cui maggiori investimenti, condizioni di lavoro migliori e maggiori opportunità di formazione.

  • La via Emilia (e Romagna) secondo Albasi: salute, sicurezza e territorio

    Salute, territorio e sicurezza sono i tre temi che Lodovico (Lello) Albasi, sulla base della sua esperienza come sindaco di Travo dal 2009 al 2024, viceprresidente dell’Unione Montana valli Trebbia e Luretta con delega alla scuola e ss45 (dal 2019 al 2024) e oggi di consigliere provinciale (con delega alla viabilità, trasporto e ss45), indica come prioritaria per l’Emilia Romagna, in vista del rinnovo del governo regionale alle elezioni del 17-18 novembre.

    Dire che la salute deve essere una priorità è facilissimo: primum vivere. Ma in concreto cosa significa?

    «Nonostante la recente buona partenza dei Cau (Centro di Assistenza Urgenza), dobbiamo proseguire a rafforzare l’offerta di cura ai cittadini adeguando i servizi della rete degli ospedali di comunità, migliorandone la regia per evitare sovrapposizioni e aprendo snelle strutture di prossimità nei quartieri. In tal modo si ridurranno drasticamente liste e tempi d’attesa, lasciando ai Pronto Soccorso solo la gestione delle emergenze. L’invecchiamento della popolazione impone la necessità di avere un occhio di riguardo per le persone anziane, sia per favorirne la qualità di vita, sia per ridurre il costo sociale delle patologie croniche. In questo caso la telemedicina può essere di grande aiuto per evitare trasferte disagevoli, anche riguardo i disabili, lasciandoli nel proprio ambito familiare, nel rispetto della loro dignità. Obiettivo che potremo raggiungere con la collaborazione dei medici di base che, se riusciamo a sgravarli da un carico burocratico troppo spesso oneroso, possono tornare ad offrire la propria professionalità ed avere un rapporto più stretto col paziente.

    Discorso a parte merita il nuovo polo ospedaliero che coprirà una superficie di 117mila metri quadri con 498 posti letto e 8 sezioni sanitarie. Oggi è più che mai urgente recuperare velocemente tutte le risorse necessarie e accelerare i lavori per portare a completamento l’intera opera e l’adeguamento delle infrastrutture viabilistiche».

    Ecco appunto: parliamo di sostenibilità di bilancio. La sanità pubblica non si paga, non direttamente. Eppure si paga, perché occorre trovare le risorse nel bilancio della pubblica amministrazione.

    «Il PNRR ha stanziato 1 miliardo di euro per realizzare 307 Ospedali di comunità entro il 2026. Si tratta di strutture sanitarie territoriali, rivolte a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale o familiare). Realizzare nella nostra provincia e soprattutto in quelle aree pedemontane penalizzate dai servizi, servizi diagnostici dislocati in punti strategici del territorio, per facilitare l’accesso in modo rapido e snello a tutti, sarebbe per me un traguardo di civiltà: le persone non possono sottostare a lunghi trasferimenti e attese, devono poter contare su un servizio di maggiore vicinanza».

    Primum vivere significa anche non dover gravare sulla sanità pubblica in seguito a violazioni della propria incolumità personale…

    «Mi piacerebbe che ci fosse un maggiore e migliore coordinamento tra i vari organismi preposti al controllo e alla sicurezza del territorio, introducendo anche il controllo di vicinato. Obiettivi che si possono raggiungere incrementando gli ausili di video sorveglianza e, soprattutto, potenziando le forze dell’ordine che attualmente sono sotto dimensionate».

    Anche la natura, mi si perdoni la mezza battuta, in Emilia Romagna pare piuttosto aggressiva, ogni anno…

    «Il cambiamento climatico sta mettendo in evidenza una fragilità dovuta troppo spesso alla mancanza di interventi non realizzati nel passato. Il dissesto idrogeologico ha ormai carattere di emergenza: è urgente fare un programma serio di messa in sicurezza e ripristino di aree trascurate che comprenda anche un progetto di viabilità. Facilitare l’accesso alle nostre valli consentirebbe anche di sviluppare un turismo di qualità, abbiamo un’offerta incredibile di borghi antichi, castelli medievali, boschi, percorsi enogastronomici, trekking. Sono luoghi unici, con identità esclusive, ricchi di eccellenze da scoprire che potrebbero favorire lo sviluppo di strutture ricettive diffuse. Le valli sono il polmone verde della nostra Provincia, tutelarle significa molto per la salute di tutti i piacentini».

    Stiamo parlando di tutela del territorio o di marketing territoriale?

    «È difficile fare una graduatoria delle bellezze e delle opportunità che offrono le nostre splendide valli, ma dovendo fare una scelta al primo posto metterei territorio e persone. Territorio come immensa varietà paesaggistica, biodiversità, storia, cultura, buona cucina e salubrità. Persone come depositarie di grandi valori legati alla tradizione, al reciproco sostegno, alla forza di carattere e a un bagaglio di preziose conoscenze che non può andare perduto. Sono cresciuto in queste zone e vado fiero del senso di comunità che mi è stato trasmesso. Quando mi guardo intorno e mi riempio di queste bellezze, quando osservo come vive e agisce la gente cresce in me un grande desiderio di migliorare le condizioni di vita, di offrire più opportunità ai giovani, di muovere l’economia, di valorizzare e tutelare queste terre. Affinché queste valli possano diventare luoghi veramente sostenibili, da ogni punto di vista: sociale, economico e ambientale».

    Touché, mi ha preso proprio alla lettera. Ma torniamo al nocciolo della domanda iniziale: la protezione rispetto alla natura matrigna.

    «Che la Pianura Padana sia una delle zone più inquinate d’Europa è cosa risaputa, la conformazione geografica, chiusa tra arco alpino e appenninico, non permette all’aria di circolare come dovrebbe. Piacenza mostra un carico di inquinamento maggiore a causa del traffico, del polo logistico e dell’agricoltura, un recente rapporto di Legambiente la colloca tra le 9 città più inquinate in Italia e la prima a livello regionale. Qualcosa è stato fatto per migliorare questo parametro, infatti le rilevazioni 2023 dell’Arpa hanno registrato un miglioramento, ma non è sufficiente soprattutto perché a breve entreranno in vigore le nuove direttive europee ancora più restrittive. Ritengo si debba superare l’abitudine ad intervenire con azioni di emergenza, come il blocco del traffico per esempio, e progettare un piano integrato che comprenda interventi più sostenuti sul fronte della viabilità (bike e car sharing), della transizione digitale, della transizione energetica, della riduzione di emissioni e del potenziamento del verde cittadino. Ci sono ampi margini per salvaguardare e incrementare il verde, penso per esempio che potremmo creare polmoni verdi attorno alla città con ampi parcheggi per limitare la mobilità in centro come suggerito dal progetto PUMS (Piano Urbano della Mobilità) già in essere e da potenziare. La congestione del traffico e l’aria inquinata si ridurrebbero con una positiva ricaduta sulla salute dei cittadini».

    Problema vero, non voglio passare per negazionista. Mi pare però che al momento sia più urgente quel che dal cielo è precipitato su larga parte della Regione piuttosto che quello di poco pulito che continua ad albergare nell’aria.

    «Se guardo al futuro della mia Regione e della terra nella quale sono nato e cresciuto, vedo gente capace di rialzarsi da terremoti e alluvioni mentre con le maniche della camicia arrotolate riesce a strappare un sorriso e a rinascere dalle rovine. Vedo la gente delle nostre valli così fiera di far parte di una comunità, vedo filari di vigne e alberi da frutto crescere nelle asperità di queste estati roventi, vedo bambini che corrono nei prati e vedo la mia città, Piacenza, che si colora a festa di bianco e di rosso per le celebrazioni della Primogenita d’Italia. Se chiudo gli occhi vedo gente orgogliosa delle proprie origini, sana, capace di fare rete, di accogliere. Vedo una comunità umana e la mia voglia di contribuire al bene comune si fa grande. Perché il benessere condiviso è la base della felicità».

  • Abusi scandalosi con la salute dei cittadini

    Le istituzioni passano attraverso tre periodi:

    quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

    François René de Chateaubriand

    “Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto”. Così cominciava il Giuramento scritto da Ippocrate tra il V ed il IV secolo avanti Cristo. Egli giurava, tra l’altro, “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”. E poi garantiva: “In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi”. Il testo del Giuramento finiva con l’affermazione: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Si trattava di un giuramento che doveva essere fatto da tutti coloro che si prestavano ad esercitare la professione del medico. Nel corso dei secoli il testo del Giuramento di Ippocrate è stato modificato, senza però cambiare la sostanza degli impegni solennemente presi. Il testo attualmente in vigore comincia con l’affermazione: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro….”. Un medico giura anche di attenersi “…ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona”. Il medico finisce il suo giuramento affermando: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Così giurano i nuovi medici, ovunque, prima di iniziare la loro professione, prima di impegnarsi a salvare vite umane.

    Questo giuramento lo hanno fatto tutti i medici che esercitano anche in Albania. Ma non tutti loro, purtroppo, hanno rispettato il giuramento fatto. Sono stati molti i casi in cui i pazienti sono stati costretti a pagare quello che doveva essere coperto/rimborsato dai fondi statali. E questo non era un fatto sconosciuto. Anzi! Lo testimonia anche quanto è stato reso pubblicamente noto martedì scorso, 25 giugno. Alcuni medici e specialisti dell’ospedale oncologico della capitale sono stati accusati del reato di abuso d’ufficio. Risulterebbe che loro, invece di trattare i pazienti oncologici presso l’ospedale, li orientavano presso delle strutture private. Disgraziatamente molti pazienti terminali sono stati costretti a pagare un servizio e delle cure che dovevano essere rese gratuitamente dall’ospedale pubblico. In più è stato reso noto che mancavano quasi tutti i medicinali che dovevano essere disponibili presso le strutture pubbliche. Mentre nelle cliniche private, dove esercitavano alcuni dei medici accusati, i medicinali non mancavano. Anzi! Però si doveva pagare caro. Purtroppo, non tutti i pazienti potevano affrontare simili spese, perciò sono state tante le fatali conseguenze. Risulterebbe che, addirittura, spesso i medicinali necessari per la chemioterapia, ma non solo, arrivavano nelle cliniche private anche dall’ospedale pubblico. Ma risulterebbe anche un altro fatto clamoroso che non poteva essere stato attuato solo dall’abuso dei medici. Si tratta dell’apparecchio per la cobaltoterapia. Un apparecchio che era stato installato presso l’ospedale oncologico della capitale nel 2021. Ma purtroppo, da allora ad oggi, risulterebbe che quell’apparecchio non sia stato mai messo in funzione. E non solo. In piena violazione delle normative internazionali per le sorgenti radioattive di cui è munito, l’apparecchio è stato messo in un ambiente non protetto dalle radiazioni. E tutto questo non poteva, mai e poi mai, accadere senza l’approvazione dei dirigenti. E non solo di quelli dell’ospedale, ma anche di quelli del ministero della Sanità. Come mai e chissà perché?! Ma le cattive lingue da anni parlano e dicono quello che è stato reso noto la scorsa settimana. Le cattive lingue non hanno parlato però solo di quello che accadeva presso l’ospedale oncologico. Hanno parlato e parlano tuttora anche di quello che accade in tutti gli ospedali pubblici, e non solo nella capitale albanese. Ma coloro che sono stati e sono i veri responsabili, a tutti i livelli, del funzionamento normale delle strutture ospedaliere ed ambulatorie in Albania non hanno fatto niente perché tutto ciò non si verificasse e non accadesse. E le conseguenze di una simile irresponsabilità, così come dell’irresponsabilità dei medici, anche se non di tutti loro, sono state spesso fatali per i semplici cittadini albanesi. Per tutti coloro che non potevano affrontare le spese presso le cliniche private dove lavoravano e/o erano proprietari anche medici del servizio pubblico.

    L’attuale primo ministro albanese ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, dopo aver vinto le elezioni il 23 giugno dello stesso anno. Uno dei “punti forti” della sua campagna elettorale allora era “il servizio sanitario gratuito”. Fatti accaduti da allora in poi, fatti tutti documentati e pubblicamente noti alla mano però, testimoniano la falsità di questa promessa. Anzi, tra i primi scandali con gli appalti pubblici, clientelistici e milionari ci sono stati proprio quelli effettuati nel sistema della sanità pubblica. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tali scandali. Nel novembre scorso il nostro lettore veniva informato che “…Nelle ultime settimane sono stati resi noti altri dati e fatti che riguardano alcuni altri scandali clamorosi nel settore della sanità pubblica. […]. Si tratta di scandali milionari che hanno privato i poveri cittadini albanesi dei servizi sanitari di prima necessità. Servizi vitali che loro non possono permettersi, finanziariamente, per averli nelle strutture private. Si tratta di scandali che da molti anni ormai stanno arricchendo gli amici sia del primo ministro che di alcuni ministri della Sanità. Tra i più noti e clamorosi ci sono lo scandalo del controllo sanitario, conosciuto come il servizio “Check up”, e quello degli sterilizzatori” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro; 27 novembre 2023). Alcuni anni fa, trattando l’irresponsabilità dei massimi rappresentanti governativi, primo ministro compreso, l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore: “Un altro peccato madornale quello loro, che invece di gestire responsabilmente un settore così importante come quello della Sanità pubblica, hanno parlato soltanto di immaginari successi e hanno sperperato i fondi pubblici devoluti alla Sanità, dividendoli con certi oligarchi, loro sostenitori elettorali” (Dio salvi l’Albania e gli albanesi!; 16 marzo 2020).

    Oggi, di fronte ad una simile e molto evidente realtà, il primo ministro albanese ha cercato di nuovo, come sempre, di scaricare le sue colpe ad altri. Oggi ha scelto i medici. Una preda facile, dopo lo scandalo sopracitato. Ma i medici hanno abusato, beneficiando di quello che il sistema corrotto, capeggiato proprio dal primo ministro, permette. Oggi, il primo ministro ha scoperto che quello che hanno fatto i medici dell’ospedale oncologico era “un crimine non semplicemente contro i malati, ma [contro] tutta l’umanità” (Sic!). Chissà come si dovrebbe chiamare allora quello che lui, il primo ministro ed i suoi collaboratori fanno ogni giorno contro i cittadini albanesi?!

    Chi scrive queste righe è convinto che alcuni medici hanno disonorato il Giuramento di Ippocrate.  Ma il primo ministri ha consapevolmente violato e disonorato la Costituzione della Repubblica, sulla quale ha giurato fedeltà. E, non a caso, durante questi anni si sono verificati anche degli abusi scandalosi con la salute dei cittadini. Aveva ragione François René de Chateaubriand: le istituzioni passano attraverso tre periodi: quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

  • Bruxelles registra progressi verso una politica sanitaria comune della Ue

    La Commissione ha adottato una comunicazione sull’Unione europea della salute che sottolinea i passi avanti compiuti dalla politica sanitaria dell’Ue negli ultimi quattro anni. L’Unione europea della salute, sottolinea una nota dell’esecutivo Ue, “è emersa nel bel mezzo della pandemia come una necessità per preservare la resilienza dell’Ue e contribuire al benessere sociale, all’autonomia strategica e alla stabilità geopolitica dell’Europa. È stata costruita sulla base dell’esperienza della crisi Covid e ha risposto alle chiare richieste dei cittadini di una presenza più forte dell’Ue nel campo della salute pubblica”. Presentata nel novembre 2020, la visione dell’Unione della salute è garantire che gli Stati membri siano meglio preparati a rispondere insieme alle future crisi sanitarie, sostenendo al contempo politiche sanitarie moderne e innovative per tutti i cittadini dell’Ue. Con ulteriori azioni in cantiere, l’Unione europea della salute, sottolinea la Commissione europea, finora ha prodotto misure di sicurezza sanitaria più forti, per rispondere meglio alle crisi future, che rendono l’Ue più equipaggiata per anticipare, prepararsi e rispondere a qualsiasi grave minaccia sanitaria.

    “Questo grazie a un quadro giuridico più solido per la cooperazione in materia di sicurezza sanitaria, al rafforzamento delle agenzie sanitarie dell’Ue e alla creazione dell’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera)”, continua la comunicazione. Inoltre, prosegue il testo è stato garantito l’accesso equo e tempestivo ai farmaci a prezzi accessibili per tutti i cittadini con la proposta di riforma farmaceutica dell’Ue, che “consentirà a 70 milioni di cittadini europei di accedere a nuovi farmaci, mantenendo un settore farmaceutico competitivo e migliorando la disponibilità di farmaci essenziali”. Fra le azioni intraprese, è stato anche lanciato il Piano europeo per la lotta contro il cancro, con una serie di azioni significative per affrontare la malattia in ogni sua fase, dalla prevenzione alla diagnosi e al trattamento, fino all’assistenza post-cancro e sostenuto da 4 miliardi di euro di finanziamenti dell’Ue; e sono state lanciate “iniziative rivoluzionarie per digitalizzare l’assistenza sanitaria”, tramite le quali i cittadini avranno accesso a un’assistenza sanitaria migliore in tutta l’Ue, grazie all’innovativo Spazio europeo dei dati sanitari (Ehds).

    Oltre a queste azioni, prosegue la nota della Commissione europea, l’Ue ha messo in campo un’azione globale per una migliore salute mentale per ogni individuo attraverso azioni di ampio respiro sostenute da oltre 1,2 miliardi di euro per promuovere il benessere mentale, migliorare la prevenzione e i servizi di sostegno e abbattere lo stigma in questo importante settore; ha deciso regole per aumentare la sicurezza dei pazienti e garantire la fornitura di medicinali; e un approccio “One Health” per affrontare i principali rischi per la salute riconoscendo il legame tra salute umana, animale e ambientale, che permette all’Europa di sviluppare politiche più incisive per affrontare le principali sfide sanitarie, come la resistenza antimicrobica e l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute.

  • Nel 2024 in Italia 197 casi di dengue, tutti importati dall’estero

    Sono aumentati a 197 casi di infezione confermata da virus dengue segnalati all’Istituto superiore di sanità (Iss) dall’inizio dell’anno al 13 maggio 2024. Non sono stati segnalati decessi. Tutti i casi segnalati – spiega l’Iss in una nota – sono stati contratti durante viaggi all’estero, ed in seguito notificati in Italia. La maggior parte delle infezioni risultano contratte in Brasile, uno dei paesi più colpiti dalla epidemia di dengue che si sta diffondendo in Centro e Sud America dall’inizio dell’anno, e alle Maldive. Nel primo trimestre del 2024, il numero di segnalazioni di casi confermati da virus dengue è aumentato di circa 6 volte rispetto allo stesso periodo del 2023, questo aumento è coerente con l’aumento diffuso della trasmissione del virus dengue negli ultimi anni a livello globale.

    “La trasmissione locale della Dengue in Italia, così come in altri Paesi europei, è un evento raro. La maggioranza dei casi è contratta all’estero – sottolinea Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie infettive dell’Iss -. Tuttavia, le condizioni climatiche e la presenza di una zanzara in grado di trasmettere il virus rendono possibile la trasmissione in alcuni mesi dell’anno, nel contesto di una elevata circolazione in molti paesi del mondo. L’attenzione nei confronti di questa infezione è alta nel nostro paese con un monitoraggio attento dei casi diagnosticati in Italia da parte delle Regioni/Pa, del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. Consigliamo a chi intraprende viaggi internazionali, di verificare se è nota la trasmissione di questo virus nelle aree visitate e di adottare tutte le misure di prevenzione raccomandate. Al rientro in Italia, in caso si manifestino sintomi, consigliamo di rivolgersi rapidamente al proprio medico di riferimento”.

  • ‘E’ ancora un gioco?’, il vademecum dei Carabinieri che aiuta a riconoscere i sintomi da ludopatia

    Pensi al gioco tutto il giorno, ti capita di nascondere il tuo vizio del gioco a quelli che ti stanno più vicino, ti poni dei limiti che poi trovi difficile rispettare. Sono alcuni dei comportamenti segnalati nell’opuscolo sui rischi della dipendenza da gioco d’azzardo, E’ ancora un gioco?, distribuito dal Comando provinciale dei Carabinieri di Piacenza. La pubblicazione aiuta a mettere tutti in guardia dai sintomi, spesso, e magari volutamente, sottovalutati di una vera e propria patologia, la ludopatia, che va ben oltre il desiderio di una vincita che possa aiutare a vivere economicamente meglio.

    Parlando di un problema, conosciuto sin dall’antichità, come ricerche archeologiche e antropologiche dimostrano, e riconosciuto ormai come malattia che pone al centro della vita quotidiana il gioco, la ricerca spasmodica di denaro per giocare mettendo a serio rischio la propria vita e quella dei familiari, l’opuscolo offre consigli per affrontare la dipendenza.

    Innanzitutto invita a capire che si è davanti ad un problema e a chiedere perciò aiuto ai propri cari per cominciare a risolverlo; parlare con il medico di famiglia per essere indirizzati in centri specializzati per curarsi con trattamenti terapeutici adeguati: provare ad organizzare un’attività ricreativa che possa sostituire il gioco d’azzardo; convincersi che non serve cercare di risolvere il problema da soli, ma che è necessario un aiuto esterno.

  • Oltre 11 milioni di under 19 europei soffrono di disturbi mentali

    Nell’Unione europea 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrono di disturbi mentali. Lo ha reso noto un comunicato dell’Unicef in occasione della Settimana europea della salute mentale (13-19 maggio). Sono pertanto circa 11,2 milioni – il 13% – i bambini e giovani entro i 19 anni nell’Unione europea che soffrono di un problema di salute mentale, secondo la pubblicazione “Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024”. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani fra i 15 e i 19 anni nell’Ue. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio nell’Ue, equivalenti alla perdita di circa 18 vite a settimana. La prevalenza del suicidio è diminuita nel corso del tempo nell’Ue, con il 20 per cento dei suicidi in meno nel 2020 rispetto al 2011. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni nell’Ue che muoiono per suicidio sono maschi. In Italia, tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni che hanno perso la vita intenzionalmente tra il 2011 e il 2020 il 43% erano ragazzi e circa il 36% ragazze.

    Circa la metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati. Nell’Unione europea i dati sull’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini sono limitati, ma le evidenze indicano che, nel 2022, per quasi la metà dei giovani adulti (tra i 18 e i 29 anni) i bisogni di assistenza per la salute mentale non erano soddisfatti. I livelli di alta soddisfazione della vita tra i quindicenni sono scesi da circa il 74% nel 2018 al 69% nel 2022 nei 23 Paesi per i quali sono disponibili i dati. Ciò equivale a oltre 220 mila ragazzi di 15 anni in meno in 23 Paesi dell’Ue con un’alta soddisfazione di vita nel 2022 rispetto al 2018.

    L’Unicef accoglie con favore l’attenzione costante e crescente dell’Ue all’agenda sulla salute mentale negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19. Ma attualmente, nei Paesi dell’Ue gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono esigui rispetto a quelli per la salute fisica. È necessario porre maggiore enfasi sull’affrontare le cause profonde dei problemi di salute mentale attraverso iniziative di prevenzione e la promozione di una salute mentale e di un benessere positivi. Lo scorso 6 marzo, una delegazione di Unicef Italia e dell’Ufficio regionale Unicef per l’Europa e l’Asia centrale hanno incontrato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, al quale sono state consegnate le oltre 21mila adesioni raccolte per la petizione Unicef “Salute per la mente di bambini e adolescenti” per chiedere azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale di bambine, bambini e adolescenti.

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