stipendio

  • Giornata della parità retributiva: il divario nell’UE rimane al 13%

    Nell’Unione europea le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, con un divario retributivo medio pari al 13%. Ciò significa che, per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna riceve solo 0,87 €. La Giornata della parità retributiva, che quest’anno si è celebrata il 15 novembre, segna la data che simboleggia il numero di giorni aggiuntivi che le donne devono lavorare fino alla fine dell’anno per guadagnare quanto gli uomini nello stesso anno. Sebbene La parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, sancita dal trattato di Roma nel 1957, sia uno dei principi fondanti dell’UE, quest’anno tuttavia i progressi verso l’eliminazione del divario retributivo di genere sono in fase di stagnazione e nel corso degli anni sono stati lenti. “Ciò ci ricorda che gli stereotipi di genere continuano a colpire le donne e gli uomini in tutti gli ambiti della vita, anche sul luogo di lavoro, e che sono necessarie azioni specifiche per attuare il principio della parità retributiva”, hanno dichiarato in una nota congiunta Věra Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza, e Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza.

    La Commissione lavora senza sosta per promuovere la parità di genere nell’UE, come dimostra l’entrata in vigore, a giugno di quest’anno, della direttiva sulla trasparenza retributiva.

  • Nuova relazione Eurydice: differenze significative tra gli stipendi degli insegnanti di paesi europei diversi

    In occasione della Giornata mondiale degli insegnanti, celebrata il 5 ottobre, la rete Eurydice della Commissione ha pubblicato la relazione annuale sugli stipendi e le indennità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, che riguarda le scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie per il periodo 2021-2022.

    Dalla relazione emergono grandi differenze in termini di retribuzione degli insegnanti in Europa, che riguardano non solo gli stipendi iniziali, ma anche la possibilità che questi aumentino nel corso della carriera. In media gli insegnanti della scuola dell’infanzia tendono a guadagnare meno rispetto a quelli della scuola secondaria superiore, sebbene in alcuni paesi europei lo stipendio a inizio carriera sia lo stesso per tutti gli insegnanti. In nove paesi lo stipendio annuo iniziale degli insegnanti adeguato per tenere conto dell’inflazione è diminuito per tutti i livelli di istruzione tra il 2014/2015 e il 2021/2022.

    Le conoscenze, le competenze e la dedizione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici sono fattori essenziali per conseguire risultati educativi di alta qualità; per questo motivo docenti e formatori sono al centro della politica europea dell’istruzione.

    Nell’ambito della creazione dello spazio europeo dell’istruzione, la Commissione collabora con gli Stati membri e le parti interessate per affrontare tali questioni, in particolare mediante un gruppo di lavoro per le scuole, che si riunisce regolarmente e in cui vengono condivise esperienze e pratiche per ispirare cambiamenti positivi in tutta l’UE. Tali esperienze e pratiche vengono poi diffuse attraverso corsi e risorse per lo sviluppo professionale sulla piattaforma europea per l’istruzione scolastica. Entro il 2025 verranno sviluppate 27 accademie degli insegnanti Erasmus+, al fine di offrire sostegno agli insegnanti all’inizio e nel corso della carriera. Annualmente la Commissione organizza inoltre il premio europeo per l’insegnamento innovativo, allo scopo di celebrare e riconoscere il lavoro degli insegnanti e delle scuole. Nel febbraio 2023 la Commissione ha pubblicato orientamenti per lo sviluppo di quadri di carriera nazionali degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. La rete Eurydice spiega e mette a confronto i sistemi di istruzione in Europa. La relazione odierna fornisce una sintesi comparativa delle politiche e delle misure adottate nei sistemi di istruzione di 39 paesi.

  • Quest’anno le colf costeranno il 9,2% in più alle famiglie

    Datori di lavoro e sindacati non sono riusciti a mettersi d’accordo su un’eventuale dilazione temporale degli incrementi salariali di colf, badanti e baby sitter. E per questo da gennaio le retribuzioni dei lavoratori del settore domestico, adeguandosi all’inflazione, aumenteranno del 9,2%. In base a quanto previsto dall’articolo 38 del contratto nazionale, per i salari minimi del comparto è previsto un adeguamento al costo della vita secondo l’indice Istat all’80% per i salari e al 100% per le indennità di vitto alloggio e le associazioni dei datori di lavoro avevano proposto di scaglionare gli aumenti dovuti agli assistenti familiari nel corso dell’anno, in modo da limitare l’impatto economico dei rincari sui budget familiari.

    Una badante formata convivente livello D super (per una persona non autosufficiente) potrà costare fino a 1.384 euro al mese oltre a 194 euro di indennità e la quota di mensilità aggiuntive quali tredicesima e Tfr. Le variazioni sono in vigore dall’1 gennaio 2023 e dalla stessa data vanno aggiornati anche i valori dei contributi che secondo l’Assindatcolf dovrebbero crescere di circa l’8%.

    Per una badante non formata di persona non autosufficiente ci vorranno almeno 1.120 euro al mese oltre a quote di tredicesima e Tfr mentre per il livello A (assistente familiare generico convivente, ad esempio addetto alle sole pulizie) basteranno 725 euro. Se si ha bisogno di una baby sitter o di una assistente di persone autosufficienti (livello BS) la retribuzione minima contrattuale mensile sarà di 988,90 euro mentre per un assistente con specifiche conoscenze di base (ad esempio un cuoco), livello C ci vorranno almeno 1.054,85 euro oltre alle quote delle mensilità aggiuntive.

    Per i lavoratori domestici non conviventi la retribuzione oraria minima andrà da 5,27 euro per il livello A (colf generica) a 9,36 euro l’ora per l’assistente familiare D super passando per la retribuzione oraria minima per la baby sitter di 6,99 euro. Nel caso di persone non autosufficienti le famiglie dovranno mettere in programma però spese molte più alte perché oltre alla retribuzione per la badante e ai contributi dovranno considerare anche le sostituzione nei giorni di riposo e nelle ferie oltre all’assistenza notturna. Per l’Assindatcolf per la figura professionale più formata e qualificata del comparto la famiglia potrebbe spendere fino a quasi 2mila euro al mese senza considerare le sostituzioni. Dall’Associazione però fanno sapere che la maggior parte dei contratti per le badanti riguardano i livelli CS ovvero quelli per le assistenti che seguono persone non autosufficienti senza avere le abilitazioni per un totale mensile compresi i contributi che supera i 1.500 euro.

  • Trasparenza per colmare il divario retributivo di genere nell’UE

    Lo stesso lavoro merita parità di retribuzione: si tratta di un principio fondante dell’Unione europea. Non è possibile affrontare il problema dell’ingiustizia del divario retributivo di genere senza modificare gli squilibri strutturali della società. Per questo motivo la Commissione ha raddoppiato gli sforzi a favore della parità di genere e delle cause profonde della disuguaglianza retributiva”. E’ quanto hanno dichiarato congiuntamente Věra Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza, e Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza in occasione della Giornata europea della parità retributiva caduta quest’anno il 15 novembre. “Ci troviamo ora nella fase finale per rendere l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione una realtà in tutta l’UE. Abbiamo già introdotto nuovi diritti che consentono a donne e uomini di avere una scelta più ampia e di condividere meglio le responsabilità di assistenza e il lavoro. E contiamo sugli Stati membri per garantire che l’istruzione prescolastica e l’assistenza a lungo termine siano accessibili, abbordabili e di buona qualità come prerequisito per la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Dobbiamo emancipare le donne affinché possano realizzare il loro potenziale.

    Manca tuttavia un elemento importante del puzzle: la trasparenza retributiva. La trasparenza contribuisce infatti a porre fine ai pregiudizi retributivi di genere fin dall’inizio e consente ai lavoratori di far valere il loro diritto alla parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Chiediamo al Parlamento europeo e al Consiglio – concludono Jourová e Dalli –  di adottare senza ingiustificati ritardi la nostra proposta di direttiva sulla trasparenza retributiva. Tutti ne beneficiano, quando tutti sono ugual”.

  • Gli italiani guadagnano 15mila euro meno dei tedeschi

    Le retribuzioni italiane restano basse e, anzi, si amplia il divario salariale con altri grandi Paesi Ue, come la Francia e la Germania. Con i francesi la differenza in busta paga supera i 10 mila euro in un anno, ma è con i tedeschi che lo stacco è maggiore e raggiunge i 15 mila euro. A rilevare la stagnazione dei salari ed il gap retributivo in Italia è il rapporto della Fondazione Di Vittorio della Cgil, in un confronto con le principali economie dell’Eurozona. Proprio nel giorno in cui la Germania dà il via libera definitivo ad un salario minimo da 12 euro all’ora. Milioni di lavoratori tedeschi ne avranno diritto a partire dall’1 ottobre. La legge è stata approvata dal Bundesrat, il Senato federale tedesco: si tratta di una delle misure cardine del programma di governo, voluta dai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz. Mentre nel nostro Paese prosegue il dibattito dopo l’accordo sulla direttiva europea per il salario minimo, in attesa che vada avanti l’esame in commissione Lavoro del Senato del disegno di legge che propone i 9 euro l’ora, di cui è prima firmataria l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5s), che ora, dopo l’ok tedesco, sostiene non ci sia più alcun “alibi in Italia”.

    Un tema su cui certamente intervenire, come ribadito dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, secondo cui con la direttiva europea “siamo più forti”. L’obiettivo è “avvicinarci ai Paesi con salari più alti e contenere i fenomeni di dumping salariale”. Come farlo è il nodo da sciogliere tra le forze politiche e sociali, ma certamente la definizione di un salario minimo anche in Italia non potrà che passare per “il dialogo sociale”, ripete il ministro. Mentre le forze politiche restano divise: il M5s in primis insiste sulla necessità di approvare la legge, rimarca il presidente Giuseppe Conte. Obiettivo che il Pd, con il segretario Enrico Letta, auspica si possa raggiungere “prima della fine di legislatura”. Il centrodestra no. Altro tema da affrontare quello delle pensioni: la legge Fornero “va cambiata”, afferma Orlando, per costruire flessibilità in uscita, incidere sui lavori più gravosi e tenere conto del lavoro anche familiare che le donne sono costrette ad affrontare.

    Tra dinamiche occupazionali che vedono l’exploit dei contratti a termine, il proliferare dei contratti ‘pirata’ e i rinnovi da portare a casa cercando di recuperare l’inflazione alle stelle, le retribuzioni italiane segnano il passo. E restano sotto la media dell’Eurozona. In Italia, secondo il rapporto della Fondazione della Cgil, il salario lordo annuale medio, pur recuperando dai 27,9 mila euro del 2020 ai 29,4 mila euro del 2021, rimane ad un livello inferiore a quello pre-pandemico (-0,6%). Nel 2021, nell’Eurozona si attesta invece a 37,4 mila euro lordi annui (+2,4%), in Francia supera i 40,1 mila euro, in Germania i 44,5 mila euro. Il risultato è che i salari medi italiani segnano così una differenza di 10,7 mila euro in meno rispetto ai francesi e di -15 mila rispetto ai tedeschi. Un andamento negativo su cui influisce anche l’alta percentuale di lavoratori poveri: sono 5,2 milioni i dipendenti (il 26,7%) che nella dichiarazione dei redditi del 2021 denunciano meno di 10 mila euro annui, rileva ancora la Fondazione Di Vittorio. Una “piaga”, dice la Cgil, che va sconfitta combattendo il lavoro precario e rafforzando la contrattazione. Di qui, la posizione sul salario minimo da definire – rimarca – attraverso il Trattamento economico complessivo (Tec) dei Ccnl firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative (come sostenuto anche da Cisl e Uil). Il riferimento al centro della proposta di Orlando, su cui dovrà andare avanti il confronto. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ripete che i contratti dell’associazione “sono tutti superiori” ai 9 euro l’ora previsti dalla proposta di legge sul salario minimo. “Se il governo lo vuole fare, non depotenzi la contrattazione  nazionale”. Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, torna invece a sottolineare come l’introduzione sarebbe “uno shock positivo” soprattutto per quei settori che soffrono di più la carenza di manodopera, come il turismo e la ristorazione.

  • Rinnovato il contratto collettivo dei lavoratori agricoli, aumenti salariali del 4,7% in due anni

    Un importante segnale di responsabilità di imprese e lavoratori del settore agricolo nazionale che hanno saputo fare fronte comune ad un’emergenza alimentare di portata mondiale. E’ lo spirito con cui è stato rinnovato il contratto collettivo di lavoro che interessa circa 1,2 milioni di persone impegnate nelle campagne, operai agricoli e florovivaisti, che avranno un aumento in busta paga del 4,7% in due anni. Ad appena 5 mesi dalla scadenza del precedente contratto, lo hanno sottoscritto le organizzazioni datoriali e del sindacato Fai-Cisl, Uila-Uil e Flai-Cgil. La prima tranche salariale del 3% arriverà il 1 giugno 2022 per tutti i lavoratori impegnati nelle grandi campagne di raccolta estive. Una novità rispetto al passato, come anche l’impegno ad incontrarsi a settembre 2023 per verificare l’inflazione reale del biennio della durata del contratto e rivalutare l’adeguamento economico. In pratica per un lavoratore stagionale qualificato l’aumento equivale a 72i euro a regime nell’arco di 12 mesi. Tra i punti qualificanti del rinnovo si conferma il modello contrattuale che si articola a livello nazionale e provinciale. Grande rilievo viene dato alla bilateralità, con diverse novità in tema di welfare tra cui l’istituzione della Cassa Rischio Vita. Particolare attenzione è stata prevista poi per le attività di agriturismo, della vendita diretta e delle fattorie sociali e didattiche, creando le condizioni affinché alla contrattazione provinciale sia data la possibilità di prevedere forme aggiuntive di flessibilità. Rivisto anche il regime di classificazione degli operai florovivaisti, con l’inserimento di nuovi profili professionali e l’integrazione di figure già esistenti che necessitavano di un aggiornamento.

    Soddisfatte tutte le organizzazioni del rinnovo del contratto in vigore fino al 2025. Il presidente Coldiretti Ettore Prandini sottolinea “l’importanza di sostenere il potenziale produttivo agricolo del Paese”, il presidente di Cia Agricoltori Italiani Cristiano Fini lo definisce “un grande sforzo da parte di tutto il mondo agricolo in un contesto economico complicato e difficile”, mentre Massimiliano Giansanti di Confagricoltura rimarca “il senso di responsabilità che ha qualificato l’intera trattativa”. Plaudono i segretari dei sindacati agricoli: per Giovanni Mininni di Flai “è un rinnovo di qualità che dà effettiva tutela alle persone che rappresentiamo, per Stefano Mantegazza di Uila “mette subito soldi freschi in tasca ai lavoratori”, mentre per Onofrio Rota di Fai “è un sostegno concreto al made in Italy che dovrà fare sempre più leva sul lavoro dignitoso e di qualità».

  • Gli europei reclamano dall’Unione il salario minimo e pari diritti

    I cittadini europei raccomandano “l’introduzione di un salario minimo per garantire una qualità di vita simile in tutti gli Stati membri” e hanno le idee precise per una società più giusta dove tutte e tutti abbiano pari diritti. Sono alcuni esempi tratti dalle 48 proposte del panel di cittadini tenutosi l’ultimo weekend di febbraio a Dublino nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa. Passate come da regolamento con almeno il 70% dei voti favorevoli, le raccomandazioni di questo weekend si concentravano su economia, giustizia sociale, lavoro, istruzione, cultura, sport e trasformazione digitale. Tre non hanno superato il quorum.

    La proposta del salario minimo è stata votata con l’88% dei voti favorevoli. Il lavoro è stato un tema caldo di questi giorni: per esempio, si chiede una legislazione rafforzata per regolare lo “smart working” e una revisione del quadro esistente in materia di orario di lavoro. Per quanto riguarda la giustizia sociale, il panel ha votato per l’uguaglianza dei diritti, in particolare per l’accesso alla salute, agli alloggi decenti e allo sport. Inoltre, il 78% chiede l’intervento dell’Ue per sostenere le cure palliative e la morte assistita.

    Ma la proposta che ha avuto più successo, sfiorando il 95% dei voti, è quella che vorrebbe conferire all’Ue più poteri per combattere la diffusione di contenuti online illegali e la criminalità informatica attraverso un aumento delle risorse impiegate, così come l’armonizzazione delle sanzioni previste nei vari Stati membri e interventi rapidi ed efficaci. Sempre sul fronte della digitalizzazione, andrebbero perseguiti il diritto alla connessione e allo stesso tempo quello alla disconnessione nel tempo libero. Bruxelles dovrebbe poi promuovere l’educazione sulle fake news già a scuola. Come ha dimostrato la pandemia, il digitale tocca sempre più da vicino l’apprendimento. Eppure la tecnologia non deve lasciare indietro la generazione più anziana, ricordano i cittadini. Infine, l’economia del futuro dovrebbe soprattutto essere sostenibile. Lo chiede l’85% dei partecipanti al panel che ha votato per l’abbandono della plastica monouso e il 90% che ha votato per un’etichettatura più trasparente.

    Le 48 raccomandazioni finali di Dublino sono le ultime a passare il vaglio dei cittadini e saranno dibattute insieme a tutte le altre durante il weekend dell’11-12 marzo al Parlamento europeo di Strasburgo. In quell’occasione, 80 cittadini ambasciatori parteciperanno alla sessione plenaria insieme ai rappresentanti dell’Eurocamera, dei parlamenti nazionali degli Stati membri, dei governi, della Commissione europea e della società civile.

  • Istruzione: notevoli differenze tra gli stipendi degli insegnanti nei diversi paesi europei

    La rete Eurydice della Commissione europea ha pubblicato la relazione annuale sugli stipendi degli insegnanti. La relazione mostra che il reddito degli insegnanti varia considerevolmente tra i paesi europei, generalmente in base al tenore di vita. Queste differenze riguardano non solo gli stipendi iniziali degli insegnanti, ma anche l’evoluzione nel corso di tutta la carriera.

    La Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, Mariya Gabriel, ha dichiarato: “Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale nella nostra società. La retribuzione e le prospettive di carriera degli insegnanti dovrebbero essere parte integrante delle politiche volte ad attrarre e trattenere gli insegnanti più qualificati. Ciò vale soprattutto in un’epoca in cui molti paesi europei devono far fronte alla crisi professionale che da qualche anno attraversa questo settore, alla mancanza di insegnanti e al loro invecchiamento.”

    La relazione esamina gli stipendi di insegnanti e dirigenti di scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie nell’anno 2019/2020 in 38 sistemi d’istruzione europei. In media nella scuola dell’infanzia gli stipendi sono più bassi mentre nell’istruzione secondaria superiore sono più elevati, nonostante in alcuni paesi europei tutti gli insegnati ad inizio carriera ricevano lo stesso stipendio. In un quarto dei sistemi d’istruzione gli stipendi iniziali (al netto dell’inflazione) sono rimasti identici o sono diminuiti nel corso degli ultimi cinque anni. Il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione in vista di uno spazio europeo dell’istruzione mette gli insegnanti e i formatori al centro della politica dell’istruzione.

    Fonte: Commissione europea

  • I salariati italiani hanno perso 40 miliardi per via del Covid

    L’Italia ha perso nel 2020, anno dell’arrivo della pandemia da Covid, oltre 39,2 miliardi di salari e stipendi con un calo del 7,47% sul 2019, il dato peggiore nell’Ue a 27. L’Eurostat pubblica nelle tabelle sui principali componenti del Pil i dati sulla massa salariale, secondo i quali l’Italia è passata da 525,732 miliardi nel 2019 a 486,459 nel 2020. Nello stesso periodo in Francia sono stati persi 32 miliardi, ma su una massa salariale più ampia, passata da 930 a 898 miliardi (-3,42%). In Germania sono stati persi dai lavoratori dipendenti appena 13 miliardi su oltre 1.500 (-0,87%) mentre nell’Ue a 27 il calo del monte salari è stato dell’1,92%.

    Il dato in Italia è legato al lungo periodo di lockdown deciso dal Governo per evitare il contagio all’inizio dell’epidemia e alle altre restrizioni decise successivamente per contenere la diffusione del virus con centinaia di migliaia di posti di lavoro persi (soprattutto tra i lavoratori con contratti a termine) e milioni di persone in cassa integrazione e quindi con buste paga più basse. Il blocco dei licenziamenti e il massiccio utilizzo degli ammortizzatori ha fatto sì che la situazione per i lavoratori dipendenti non fosse ancora peggiore. Per questo i sindacati chiedono che sia prolungato il blocco dei licenziamenti e che siano messi in campo investimenti per rilanciare l’economia.

    La massa dei salari in Italia a prezzi correnti nel 2020 (486,59 miliardi) è inferiore ai livelli 2016 (quando era a 490,6 miliardi) e di fatto azzera la crescita registrata sui salari a partire dal 2015 con la decontribuzione sulle assunzioni introdotta dal governo Renzi. Nello stesso periodo nei maggiori Paesi della Ue la riduzione è stata minore, mentre in alcuni come l’Olanda si è registrato addirittura un aumento della massa salariale (+3,29%). Un calo paragonabile a quello italiano lo ha avuto la Spagna con 28,37 miliardi di stipendi in meno pari a un calo del 6,44% ma con una riduzione più sostanziosa dell’occupazione. In Spagna nell’anno della pandemia si sono persi quasi 600.000 occupati a fronte dei 464.000 in meno in Italia, dati che comunque non tengono conto delle nuove regole di calcolo secondo le quali chi è in cassa integrazione da oltre 3 mesi non è considerato occupato.

    I contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti dai 194,2 miliardi del 2019 a 184 nel 2020 con una riduzione del 5,24%. Nello stesso periodo in Ue i contributi sociali, sempre a prezzi correnti si sono ridotti dell’1,37%. Tra il 2019 e il 2020 il prodotto interno lordo a prezzi di mercato (prezzi correnti) secondo Eurostat è diminuito da 1.790,94 miliardi a 1.651,59 con un calo del 7,78% (-8,9% la contrazione calcolata invece dall’Istat in volume).

    “Le importanti misure di protezione del lavoro e del reddito, prese in questi mesi di pandemia – sottolinea la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti – non hanno però potuto impedire né la perdita di posti di lavoro, né il calo del reddito dei lavoratori, messo a dura prova da molti mesi di cassa integrazione. Investimenti pubblici e privati e piano di assunzioni a partire dai settori pubblici sono necessari e urgenti”. “La prospettiva di uno sblocco dei licenziamenti – avverte il segretario confederale della Cisl Giulio Romani – non potrebbe che peggiorare la situazione” sulla massa salariale “sia in termini assoluti che comparativi.  Anche la Uil chiede di confermare il blocco dei licenziamenti “senza il quale il dato sarebbe più grave” e di rinnovare al più presto i contratti nazionali. Il sindacato sostiene anche la necessità di “agire sulla leva fiscale procedendo alla riforma dell’Irpef”, che “pesa per oltre il 90% sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati”.

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